Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Crilu_98    05/07/2017    4 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Dopo la cortese visita dell'ispettore Nelson ero tesa come non mai e quando qualcuno bussò nuovamente alla porta sobbalzai. Connor non era ancora tornato dalla sua passeggiata ed io ero incerta se aprire o meno. Poi, però, la voce familiare di Tony mi fece sorridere:
-Elizabeth? Sei in casa?-
Spalancai l'uscio e rimasi stupita dal ragazzo che mi trovai davanti: aveva i riccioli pettinati all'indietro, una camicia pulita e dei pantaloni ed una giacca quasi eleganti che non gli avevo mai visto indosso. Tra le mani, invece, teneva il solito berretto da pescatore grigio, consunto dall'uso.
-Tony!- esclamai, fissandolo sorpresa. -Cosa succede?-
Lui abbozzò un sorriso:
-E' domenica. Torno adesso dalla Santa Messa!-
Mi passai una mano sulla fronte, stupefatta: non tanto per aver mancato la funzione (erano dieci anni che non mettevo piede in una chiesa) ma per il fatto che gli eventi mi avevano travolto a tal punto da farmi perdere la nozione del tempo.
-Ero passato a vedere come stavi.- continuò Tony, ora più serio. -E mi chiedevo se avessi voglia di passeggiare ancora con me. Dopotutto, me lo devi, ricordi?-
Scoppiai a ridere e preso il soprabito lo seguii per le scale.
-Ho delle novità per te!- mi disse, mentre camminavamo lungo le vie del quartiere che sembrava più moderno, giovane e molto frequentato rispetto ai giorni settimanali. Anche la bruma che solitamente avvolgeva Fisherman's Wharf si era diradata e un pallido sole invernale illuminava il mercato rionale.
-Davvero?- chiesi, con gli occhi che brillavano.
-Già. Stuart, l'uomo che stavo seguendo l'altra sera, è morto.-
-Morto?- strillai, attirando l'attenzione di alcuni passanti.
-Purtroppo sì, non ci potrà essere di nessuna utilità… Mi dispiace.-
-Come è morto?-
-Annegato cadendo dal molo. Dicono che fosse ubriaco come al solito, ma io non ci credo. Vedi, è vero che negli ultimi due giorni l'ho visto solo di sfuggita, ma era diverso: più sospettoso, quasi spaventato da qualcosa… Credo sapesse cosa lo aspettava.-
-Intendi dire che qualcuno lo ha ucciso?-
Tony si guardò intorno a disagio, poi accostò le labbra al mio orecchio:
-Io non l'ho detto, capisci? Nessuno lo dice… Ma molti lo pensano.-
-Comprendo…- mormorai, pensierosa.
Passeggiammo fino al pomeriggio e anche se Tony costituiva un'ottima distrazione dalle preoccupazioni, i miei pensieri tornavano sempre all'ubriaco morto annegato…
"Ti sei infilata in qualcosa più grande di te, Lizzie. Cosa ne sai tu di omicidi? Beh, a pensarci bene, forse ne so fin troppo…"
Fu allora che incrociammo Connor, scuro in volto. Pensai che fosse perché ero uscita senza preavviso, ma lui parve fare appena caso alla presenza di Tony al mio fianco:
-C'è un problema.- affermò, nervoso.
-Ha sentito anche lei di quell'uomo?- intervenne subito l'italiano.
-Eh?- sbraitò Price, con gli occhi stralunati -Quale uomo?-
-Quello che seguivamo l'altra sera… Che è morto annegato…-
-Ah, no, no… Notizia interessante, ma quella che ho da riferirvi io è più urgente. Elizabeth, dobbiamo andare, svelta!-
-Ma dove?- domandai, mentre lui mi prendeva per un braccio, come d'abitudine, ed iniziava a trascinarmi via con sé. Tony inarcò la fronte davanti a quel gesto, ma ci seguì senza commentare. Non credevo che Connor avrebbe risposto alla mia domanda, invece dopo un po' lo fece:
-Alla fabbrica di Calloway. Gli operai minacciano di occuparla.-
 
Quando arrivammo davanti alla fabbrica ebbi difficoltà a scorgerne i cancelli oltre la folla rumoreggiante. Apparve subito evidente che gli operai dovevano aver chiamato a protestare anche altri colleghi che non lavoravano lì; alla testa del gruppo più facinoroso vidi Ezra Clarke intento ad inveire contro un uomo che sostava dall'altra parte dei cancelli chiusi. Non c'era bisogno che Connor mi spiegasse chi fosse: la somiglianza tra Thomas Calloway e sua figlia Barbara era, in effetti, impressionante.
L'uomo fissava Clarke con puro disprezzo, incurante dei sassi e degli altri oggetti che gli venivano lanciati attraverso le sbarre.
-Inutile gridare così, Clarke!- ruggì, con una voce insolitamente potente per un uomo della sua età
-Fra poco vi sgombereranno!-
Già si intravedevano, ai lati della strada, alcuni agenti pronti ad intervenire…
-Sarà un massacro!- bisbigliò Tony, sgomento.
Senza pensarci due volte mi infilai tra i lavoratori che rumoreggiavano inferociti, fino a raggiungere Clarke. Dietro di me sentii i richiami allarmati di Connor, ma non ci badai ed afferrai il sindacalista per la manica della giacca:
-Cosa sta succedendo?-
L'uomo mi guardò con gli occhi stralunati, poi sorrise ai suoi compagni:
-Guardate, la sorella di Mark è venuta a protestare con noi!-
Prima che quegli uomini potessero inghiottirmi con entusiasmo nel loro corteo, costrinsi Clarke a fissarmi negli occhi:
-Cosa sta succedendo?- ripetei -Cosa state facendo? Vi farete ammazzare così!-
Lui fece un cenno con il capo a Calloway, che seguiva da lontano il nostro discorso; avvertivo il peso del suo sguardo attento sulla nuca.
-Lo chieda a lui, signorina Walker. Ha minacciato di chiudere la fabbrica e di licenziarci tutti finché non denunciamo il colpevole di certi ammanchi nei carichi… Lascerà senza salario e senza pane decine di famiglie!-
Il rumore della folla era sempre più forte ed il numero degli agenti che la circondavano sempre più grande… Mi guardai attorno, ma non riuscii a ritrovare né Tony né Connor. Allora fischiai, come mi aveva insegnato mio padre per richiamare il suo cavallo Tasunke: un sibilo potente e prolungato ottenuto con due dita infilate in bocca. Molti degli operai si fermarono, sorpresi; anche alcuni poliziotti si arrestarono per vedere cosa sarebbe successo. In una strada un po' più silenziosa, ma non per questo meno tesa, mi avvicinai al cancello, fino a trovarmi a pochi palmi di distanza dal volto affilato e rugoso di Thomas Calloway. Ci fissammo attraverso le sbarre e a differenza di quanto mi aspettassi non provai disagio o paura, ma sostenni calma il suo sguardo.
-Mi faccia entrare.- mormorai, conciliante. L'uomo sorrise senza scoprire i denti:
-Non vedo il motivo, signorina Walker. Se aprissi il cancello, questa gentaglia si riverserebbe in massa nella fabbrica e farebbe a pezzi il sottoscritto!-
-Non sono bestie inferocite, signor Calloway!- puntualizzai, leggermente irritata -Mi faccia entrare, la prego, io… Devo parlarle!-
-Di suo fratello, per caso?-
-Anche. Ma in particolar modo di certi furti da lei subiti…-
Una scintilla di interesse brillò negli occhi di Calloway, che borbottò, diretto alle guardie armate che presidiavano l'entrata:
-Fateli stare indietro…-
Poi aprì di poco il cancello, appena il necessario affinché riuscissi a scivolare nell'ampio cortile della fabbrica. Mentre ci dirigevamo all'interno dell'edificio mi voltai solo una volta: in mezzo ai lavoratori che avevano ripreso a vociare scorsi Connor, aggrappato alle sbarre del cancello nonostante qualche agente cercasse di tirarlo via. Aveva le nocche sbiancate dallo sforzo di non muoversi da lì e si reggeva ben saldo sulle gambe, così che gli altri uomini non riuscivano a spostarlo neanche di pochi pollici. Mi fissava con un'intensità simile a quella dimostrata da ubriaco e sembrava voler aprire a forza il cancello per venire con me; i suoi occhi castani trasmettevano un messaggio ben preciso.
"Stai attenta, tigre."
 
Ero seduta su una comoda poltrona damascata all'interno dell'ufficio di Thomas Calloway, ma non mi ero mai sentita così a disagio. Mi guardai intorno, chiedendomi come un ambiente così ordinato e lussuoso potesse trovar posto in quella fabbrica di umili mattoni e ferro battuto.
Il proprietario si era accomodato dall'altra parte della scrivania e per un attimo mi chiesi se non mi fossi infilata da sola nella tana del lupo:
"Come posso essere così sicura che non ci sia lui dietro tutto questo? Che non sia stato lui a creare ad arte la faccenda dei furti per coprire i suoi traffici e che abbia incastrato Mark una volta che gli era diventato scomodo?"
Ma a supportarmi avevo le parole ferme e sicure di Barbara ed il mio istinto, di cui avevo imparato a fidarmi per leggere le persone. Osservai Calloway senza proferire parola, passando dai folti capelli bianchi ai baffi ben curati, per poi scendere sul petto ampio e sulle spalle squadrate. Sgranai gli occhi, sorpresa:
-Lei è malato, signor Calloway?-
L'espressione dell'uomo, vagamente annoiata e divertita, si fece allarmata:
-Come lo sa? Chi gliel'ha detto?-
-Il suo respiro. E' stentato, ma fa di tutto per non mostrarlo, vero? Eppure lei sa che non potrà continuare ancora a lungo…-
Quell'intuizione inaspettata mi poneva in una posizione di vantaggio e mi predisposi ad affrontare quel colloquio con maggiore sicurezza. Il vecchio sembrò perdere di colpo gran parte delle sue energie e della sua alterigia:
-Ha ragione, signorina Walker: non potrà andare avanti così per molto, ormai.-
-Chi altri ne è a conoscenza?-
-Solo il mio medico di fiducia, per il momento. Ho già abbastanza grattacapi senza che qualcuno venga a pretendere la mia eredità prima che il mio corpo diventi freddo nella bara!-
-Credevo che il patrimonio passasse a sua figlia…-
Gli occhi azzurri di Calloway si venarono di tristezza:
-I soldi, certamente. Ma tutto il resto? La fabbrica, i commerci, i contratti… Non sono cose che Barbara potrebbe gestire. E' una donna e sarebbe indecoroso che si mettesse a discutere di quante e quali armi vendere a chissà chi… E poi non voglio costringerla alla vita che ho fatto io, inghiottito dal mio lavoro.-
Si interruppe, abbozzando un sorriso:
-Sa, adesso noto la somiglianza con suo fratello. Avete entrambi la pericolosa capacità di far parlare le persone senza che esse si rendono conto di ciò che stanno rivelando!-
Io piegai il capo di lato, riflettendo:
-Si fidava di Mark?-
L'uomo strinse i pugni, adirato:
-Sì, gli avevo concesso fiducia e credevo che la meritasse. Invece lui mi ha tradito!-
-Non è vero!-
-Sì, invece! Aveva promesso di mantenere il segreto sui furti ed eccola qui, pronta a ricattarmi!-
-Sta dicendo delle assurdità!- sbottai -Lei è offeso dal fatto che l'umile operaio che aveva preso a benvolere le avesse nascosto qualcosa. Sa almeno perché Mark ha ucciso quell'uomo, tanti anni fa?-
Lui scosse la testa ed io continuai, sempre più infervorata:
-Perché io ero in pericolo. Lui mi ha difeso, perché Mark difende sempre le persone a cui tiene. E non ha detto una parola su di lei; è stato il suo amico, Connor Price, a raccontarmi come sono andate le cose, quando sono arrivata a San Fransisco.-
Mi adagiai contro la poltrona, respirando affannosamente:
-Mio fratello voleva chiederle aiuto una volta scovato il colpevole dei furti. Ma Roger Jefferson, istigato da qualche criminale implicato in questa storia, gliel'ha impedito… Quello che le chiedo ora, signor Calloway, è del tempo. Tempo che ci sarà utile per capire chi c'è dietro a tutto questo, ma sarà tutto inutile se lei chiuderà la fabbrica! Cosa spera di risolvere, in questo modo?-
-Tempo!- borbottò l'uomo, esasperato -Si rende conto che mi sta chiedendo l'unica cosa che non ho? Barbara è nubile e quando io non ci sarò più cosa ne sarà della fabbrica o degli operai? Non sono un bastardo senza cuore, signorina Walker! Solo, non voglio vedere ciò che ho costruito cadere a pezzi per colpa di un miserabile ladruncolo! E chiudere mi sembra l'unica soluzione logica affinché le mie armi non scorrazzino per la città in mano a gangster non paganti!-
Mi chinai in avanti, con gli occhi lucidi per la tensione e l'amarezza:
-La prego, signor Calloway…-
-Roger Jefferson è morto.- disse lui dopo qualche istante, molto lentamente -Immagino che questo rallenterà il processo nei confronti di suo fratello almeno di qualche settimana. E' tutto il tempo che posso concederle.-
 
 
Angolo Autrice:
Finalmente libera :D
Purtroppo, visto che mi trasferirò al mare non so se e quando avrò internet per riaggiornare, perciò oggi posterò anche i capitoli di Fables e Fidati di me.
Finalmente arriva sulla scena Thomas Calloway: cosa ne dite, colpevole o innocente?
 
Crilu 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Crilu_98