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Autore: Mary P_Stark    05/07/2017    4 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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6.
 
 
Atene – 27 agosto 1827
 
 
Era stupefacente camminare tra le rovine dell’Acropoli, mentre la città si estendeva sotto di loro nella nebbiolina del mattino.

Quella sgambata antelucana era costata a tutti una levataccia, ma quale spettacolo poteva offrire ai loro occhi, tanto sforzo?

L’alba scorta da quel punto privilegiato della città era qualcosa di impagabile, qualcosa che in Inghilterra non avrebbero mai potuto provare.

Poco importava se si erano sfiancati nell’arrampicarsi lungo i sentieri ghiaiosi, rischiando di perdere Keath per il troppo sonno.

Avevano dovuto assicurarsi ogni minuto che il loro amico non si fermasse lungo la via, approfittando della frescura mattutina, per schiacciare un pisolino su un masso sporgente.

Alla fine, però, erano riusciti a raggiungere la vetta e, quando il sole era scivolato sulle bianche colonne marmoree, ogni fatica era svanita, soppiantata dalla meraviglia.

“D’accordo, lo ammetto, ne è valsa la pena” dichiarò a un certo punto Keath, dando fondo al suo sandwich, confezionato nelle cucine del loro albergo proprio in previsione di quella scampagnata.

“Meno male che lo ammetti” gli replicò Leonard, strimpellando alcune note con il suo violino. Non era insolito che suonasse per loro, quando l’occasione era propizia.

“Il nostro Keath non è un camminatore?” domandò Patrick, arrampicandosi agilmente su alcune colonne cadute per meglio ammirare la città e il panorama.

“Solo dopo le undici del mattino. Prima, per me, il mondo non esiste” sottolineò Keath, spazzolandosi i pantaloni prima di issarsi in piedi e raggiungere Patrick. “Bello… non c’è niente da dire. Londra non apparirebbe così carina, se si potesse vedere dall’alto.”

“Troppo fumo da carbone” assentì Patrick. “Ci sono andato solo una volta, ma mi è bastata. Preferisco le campagne scozzesi.”

Ghignando, Keath lanciò un’occhiata ad Andrew e ciangottò: “Lui ti direbbe che niente può battere le colline di York.”

Punto sul vivo, il giovane Spencer mugugnò: “Piantala, Keath. Non è colpa mia se abiti in un luogo piatto e umido come Carlisle. E poi, le colline di York sono veramente belle.

Patrik e Keath risero nello scendere dalla colonna e il giovane scozzese, nell’avvicinarsi ad Andrew, domandò: “Quanto, di questa bellezza, è dovuto alla tua innamorata, e quanto all’effettiva meraviglia dei luoghi?”

Era stato catartico parlare loro di Violet, dopo essersi aperto con Leonard, ma ora doveva subire l’assalto quasi quotidiano dei suoi amici sull’argomento.

Non che non fosse utile: lo aiutava a ragionare con coscienza su quell’annoso problema, anche se si sentiva un idiota a doverne parlare a voce alta con loro.

Storcendo la bocca, Andrew allora disse: “Green Manor, dove sono nato, sorge su un’altura arrotondata e circondata da un bosco di latifoglie. Tutt’attorno si estendono i nostri terreni, che sono composti da dolci declivi in ogni direzione si possa perdere lo sguardo. York dista mezz’ora a cavallo, perciò penso possa essere visto come un buon luogo, dove crescere.”

“Detta così, suona bene. E a me piacciono le colline” assentì Patrick. “Ci si cavalca che è una meraviglia.”

“La tua testa è monotematica. O pensi alle donne, o ai cavalli” lo prese in giro Solomon, dandogli una pacca sulla spalla con ironia.

“Sono una persona semplice, Sol. E i cavalli ti amano senza restrizioni, e senza doppiogiochismi. Cosa che non si può dire di molte persone” replicò Patrick, con un mezzo sorriso.

“Amen” assentirono in toto i ragazzi.

“Resta la mia domanda, però. La bella Violet ti fa amare di più la tua terra natia?” insisté comunque Patrick, accomodandosi al fianco dell’amico.

“Saperlo sarebbe d’aiuto ma no, credo che amerei comunque la mia terra, indipendentemente da Violet.”

“E ameresti Violet indipendentemente da dove ti trovassi?” gli ritorse contro Patrick con un sogghigno furbo.

“Cosa vuoi…?” iniziò col dire Andrew, prima di bloccarsi a metà di una frase.

Keath e Leonard assentirono compiaciuti, come se quella domanda l’avessero fatta loro stessi e Andrew, nel rendersi conto dell’assoluta serietà di Patrick, a dispetto del ghigno, rimuginò attentamente sulla risposta da dare.

Pur se la questione era stata posta con ironia, aveva degli strascichi assai più profondi.

Si era innamorato di lei perché faceva parte del suo ambiente quotidiano o, indipendentemente da tutto, avrebbe fatto breccia nel suo cuore, anche se non fosse cresciuta con lui?

Senza dare una risposta all’amico, Andrew si levò in piedi per passeggiare nella quiete dell’acropoli ed Eli, nel dare una pacca sulla spalla a Patrick, mormorò: “E bravo Pat. Hai colto nel segno.”

“Si stava scervellando troppo, ed era il caso di scrollarlo un po’. Si vede che ho azzeccato le parole giuste, nel momento giusto” scrollò le spalle Patrick.

“O venivano dalla persona giusta” soggiunse Leonard. “Noi siamo suoi amici da una vita e, forse, da noi si aspetta un certo genere di ragionamenti. Dette da te, che lo conosci da meno tempo, forse le tue parole hanno avuto maggior peso.”

Keath assentì e Sol, pensieroso, domandò loro: “Ma non è che, dopo, si confonderà ancora di più? Dopotutto, la sua bella non è qui, e non può testare con mano le teorie cui arriverà dopo tutto questo gran scervellarsi.”

“Che ci vuoi fare, Sol. Il mondo non è perfetto, sennò il nostro ragazzo, qui, sarebbe ad Aberdeen a fare la corte alla sua bella” sospirò Eli, osservando spiacente Andrew mentre, come un’anima in pena, passeggiava per l’acropoli.

“Ragazzi… dovesse capitare a me, sparatemi. Chissà che non rinsavisca per il male” chiosò a un certo punto Keath. “Non voglio ridurmi così per una donna.”

Tutti risero di quel commento ma Andrew, lontano da loro, neppure se ne accorse, troppo concentrato sulle parole di Patrick per udirli.

Keath e Leonard gliel’avevano detto un sacco di volte, con parole diverse, ma la sostanza era sempre stata la stessa.

Lui amava Violet perché erano cresciuti assieme, o perché amava lei in quanto tale?

Patrick, però, aveva allargato il tiro, mettendolo di fronte alla realtà pura e semplice.

Violet non era solo la donna che amava, ma c’era di mezzo anche il contesto in cui l’aveva conosciuta.

Un luogo ameno, due famiglie cresciute assieme, l’amicizia radicata negli anni; ogni cosa aveva cospirato contro di lui, o tutto ciò era stato ininfluente, ai fini del suo amore?

Forse, non ininfluente ma, nel ripensare alle tante occasioni passate con Violet, non poté che sorridere.

No, non importava che fossero cresciuti assieme. Anzi, era stato solo un privilegio.

Ma se anche l’avesse incontrata a Londra come Alexander aveva fatto con Lizzie, sarebbe ugualmente scattata la scintilla.

Lui sapeva bene di avere un istinto di protezione ben radicato dentro di sé, perciò avrebbe comunque provato l’impellente bisogno di proteggerla.

Veniva naturale, con lei, come veniva naturale ascoltarla, poiché l’intelligenza di Lettie era molteplice e variegata, e lui ne era affascinato.

Forse, sarebbe stato solo più difficile farla affiorare, visto quanto Violet era timida con gli sconosciuti, ma essa sarebbe giunta a galla, e lui si sarebbe perso nell’ascoltare la sua voce.

Sì, si sarebbe comunque innamorato di lei, di tutta quanta lei, la persona delicata e compassionevole, così come la donna volitiva che voleva solcare i mari per dimostrare al mondo di esserne in grado.

Ridendo tra sé, pensò a quanto fosse assurdo, il destino.

Tutti si erano preoccupati che lui, portando il nome del suo defunto zio, avrebbe potuto sviluppare l’amore per il mare che tanto aveva stregato Andrew Campbell.

Alla fine, invece, era capitato a Lettie.

Grazie allo zio Andrew, comunque.

Mamma era stata la fautrice prima di questo amore, avendo regalato a Violet uno dei libri preferiti del fratello alla ragazza.

Il resto, era venuto da sé, e Andrew ne era stato il testimone silenzioso e assorto.

Ricordava ogni attimo di quei momenti, in cui una sempre più eccitata Violet gli aveva spiegato tutto ciò che quel libro le aveva insegnato.

E a quello ne erano seguiti altri, che Randolf le aveva donato dalla sua collezione personale, appartenuta un tempo al padre scomparso.

Il fratello si era divertito un mondo nel vedere la sorella appassionarsi tanto all’argomento, e Andrew si era prestato volentieri ad ascoltarla.

Non ne capiva granché, ma ascoltare lei gli era sempre piaciuto.

Perché? Perché, quando c’era di mezzo l’amore, niente era difficile.

Bloccandosi a metà di un passo, Andrew tornò dai suoi amici e, con un rinnovato sorriso, disse loro: “Devo andare in missione.”

“E cioè?” esalò Eli, confuso e sorpreso.

“Devo scovare dei libri per Violet. O delle pergamene… poco importa. Ma tutto ciò che può renderla felice, dovrà tornare con me in Inghilterra” dichiarò Andrew con decisione.

I ragazzi sorrisero compiaciuti e, annuendo all’unisono, esclamarono: “Si va a caccia, allora!”

“Dove puntiamo?” domandò poi Keath, mettendosi in cammino assieme al gruppo per tornare ad Atene.

“Biblioteche, il porto de Il Pireo… ovunque io possa trovare qualcosa sul mare e le navi” spiegò Andrew, spinto da quel rinnovato sentimento di fiducia.

“Già mi piace” assentì Solomon.

“E pensi che le piaceranno più di sete e smeraldi?” gli domandò retorico Keath.

“Io la conosco, Keath. So chi è, e la amo per questo.”

“Amen!” esclamarono allora i suoi amici, aumentando l’andatura lungo il sentiero.

***

Aberdeen – 29 agosto 1827
 
Le teste chine sul tavolo del salottino, mentre Elizabeth era impegnata a ricamare un cuscino, Violet mormorò pensierosa: “E se noi ampliassimo il ponte di almeno una decina di piedi? Raggiungere le impavesate sarebbe più comodo per i marinai, non impediti dalla presenza delle gomene sulla coperta.”

“Ottima osservazione, Violet. Potremmo comunque usufruire della forma slanciata dello scafo, ma otterremmo più superficie calpestabile e maggiore fruibilità della coperta. Sì, direi che potrebbe funzionare” mormorò a sua volta Lucius, afferrando pennino e righello per apportare le modifiche appena accennate.

Violet si stiracchiò soddisfatta, ammirando il progetto dell’amico prendere forma sotto i suoi occhi e Lizzie, nel levare gli occhi dal ricamo, disse: “Se potete fermarvi un attimo, farei portare della limonata e dei pasticcini. Vi vanno?”

“Molto volentieri, cugina. E poi, non vorrei annoiare troppo Violet con questi progetti. E’ già anche troppo generosa nell’offrirmi il suo parere competente, senza doverla tenere chiusa in casa tutto il giorno a fissare un foglio di carta a causa mia” sorrise Lucius, levandosi in piedi per stiracchiarsi a sua volta.

Sgranando gli occhi, Violet replicò: “Oh, ma… ma io non sto facendo niente, Lucius. Sareste arrivato alle mie stesse considerazioni anche senza il mio apporto.”

Lucius le rise beatamente in faccia, asserendo: “Siete uno strano miscuglio di ingenuità e intelligenza, Violet. Perché dovete denigrare così il vostro genio? Lo avete, perciò mostratelo con orgoglio.”

Elizabeth sorrise tra sé, a quelle parole, trovandosi più che d’accordo con il cugino, ma Lettie non fu di quell’avviso.

“Voi vi prendete gioco di me, Lucius. Non sono così geniale come volete farmi apparire” sussurrò vergognosa la ragazza. “Inoltre, nessun nuovo troverebbe affascinante sentire una donna parlare di impavesate, vele di trinchetto o quant’altro.”

Lucius la fissò scettico, replicando: “L’uomo che non trovasse il vostro conversare più che affascinante, sarebbe un uomo stolto e vanesio, perciò non avreste perso nulla, Violet.”

La padrona di casa suonò il campanellino sul tavolino al suo fianco e, mentre attendeva l’arrivo della cameriera, aggiunse all’invettiva di Lucius: “E’ anche colpa nostra, se non si fida di se stessa. Le siamo stati troppo addosso, quand’era piccola, e ora è timorosa.”

Violet arrossì a quel commento, ma Lucius non si scompose e replicò: “Oh, beh, sempre meglio questo, rispetto a mio padre che insisteva con mia sorella Sabine perché mostrasse sempre il meglio di sé, e in ogni situazione. La poveretta arrivò a maledirlo, e solo allora mio padre capì di avere esagerato, con lei. Fortunatamente, ora vanno d’amore e d’accordo, ma non dimenticherò mai quel litigio.”

“Mi spiace molto” mormorò sorpresa Violet.

“Non dovete. Ora è tutto appianato ma, visto che non dovete avere timore di incontrare il biasimo di nessuno, perché non esprimere ciò che avete dentro? Si vede benissimo che siete un’eccellente progettatrice e, anche se non ne ho mai conosciute del vostro sesso, ciò non significa che voi non possiate essere la prima” le ricordò Lucius, mentre la cameriera entrava nel salotto.

Sorridendo a Bernadette, Elizabeth le chiese di portare loro il necessario per una merenda frugale e, dopo averla vista uscire, asserì: “Lucius ha ragione, Violet. I tempi cambiano e, anche se forse non sarai tu ad avere la prima firma su un progetto, non necessariamente vuol dire che tu non debba dimostrare le tue capacità. Non solo con noi, insomma.”

“Lizzie…” esalò timorosa Violet.

“Non occorre che tu rimanga sempre entro la nostra ombra, tesoro. E noi l’abbiamo davvero estesa un po’ troppo, attorno a te” dichiarò spiacente Elizabeth. “Noi ci saremo comunque, anche se tu camminerai al di fuori di questa ombra senza la nostra presenza al fianco.”

“E ci sarò io con voi, in ogni caso, a ricordarvi che potete farlo” la incoraggiò Lucius, sorridendole speranzoso.

Violet sorrise appena, annuendo, e mormorò: “Quindi, dite che… che potremmo firmarlo assieme?”

“Io direi che dovreste pretenderlo. Assolutamente” asserì convinto Lucius.

Quando, una decina di minuti dopo, giunse la merenda richiesta, i due giovani stavano ancora discutendo di linee di flusso e archi ed Elizabeth, nel servire loro la limonata, li osservò con attenzione.

Erano diversi giorni che Lucius, in quei caldi pomeriggi di agosto, si recava presso di loro per venire in visita a Violet, e la cosa era piaciuta molto ai genitori di lei.

Quando erano infine ripartiti per tornare a York, Myriam si era quasi convinta che, entro la fine dell’estate, avrebbero potuto festeggiare un fidanzamento tra i due.

Con Elizabeth, Myriam si era raccomandata di stare attenta alla situazione, e lei a questo si stava attenendo.

Pur se con le dovute modifiche rispetto al piano originale pensato da lady Thornton.

Certo, avrebbe pensato a controllare che tra i due non succedesse niente di scandaloso, ma al tempo stesso avrebbe anche controllato le reazioni di Violet.

Sapeva per sua bocca dell’affetto profondo che la legava ad Andrew – alla fine lo aveva ammesso – perciò era vitale, per lei, capire se la presenza di Lucius stesse cambiando questi sentimenti.

Non voleva per suo fratello un matrimonio meno che felice e, se si fosse accorta che, nel cuore di Violet, le cose erano cambiate, lo avrebbe messo in guardia, pregandolo di desistere con lei.

Da quello che poteva vedere, però, sembravano in tutto e per tutto molto affiatati e presi dai loro progetti… ma in modo del tutto amichevole.

Le sarebbe spiaciuto per Lucius, se lui si fosse innamorato, non corrisposto. Ma altrettanto le sarebbe spiaciuto se fosse successo il contrario.

Dopotutto, era stata lei a caldeggiare quell’amicizia, sapendo quanto entrambi quei giovani amassero il mare.

Alexander si era un po’ arrabbiato per questo suo azzardo ma, alla fine, aveva convenuto che i due sembravano andare davvero molto d’accordo.

Già, ma quanto?

Quando si avvicinò con i bicchieri di limonata, entrambi si voltarono per riceverli e ringraziarla, e questo rincuorò un poco Elizabeth.

Non erano così presi l’uno dall’altra da non accorgersi di lei. E quegli sguardi erano complici, ma non carichi di tensione amorosa.

Forse, dopotutto, non ho combinato un pasticcio, Andrew, pensò tra sé Elizabeth, andando alla finestra per osservare il panorama.

Il tempo splendido e soleggiato prometteva di durare per tutto il giorno così, ben decisa ad approfittarne, si volse a mezzo e domandò: “Mi accompagnereste per una passeggiata in calesse?”

I due giovani si guardarono vicendevolmente e, annuendo, Lucius si levò in piedi per dire: “Corro a far preparare il phaeton. Va bene, Lizzie?”

“Certo, Lucius. Noi ti aspettiamo qui” assentì Elizabeth, vedendolo correre via spensierato.

Rimasta sola con la cugina, lady Chadwick si avvicinò a Lettie e domandò: “Ti disturba che vi abbia interrotti?”

“Oh, no, anzi. E’ bello passare del tempo fuori, osservando il mare all’orizzonte” sorrise Violet, scrollando le spalle.

“E dimmi… vorresti vivere per sempre in un luogo col mare sull’orizzonte?”

La cugina la fissò per alcuni attimi, senza capire, prima di aprirsi in una risatina imbarazzata ed esalare: “Oh, cara, Lizzie! Sei preoccupata per me e per Lucius?”

“Dipende da quello che sta succedendo.”

“Mamma ti ha detto di spingermi verso di lui, per caso?” le domandò a quel punto Violet, curiosa.

“Spingere è una parola grossa. Diciamo che non dispiacerebbe a nessuno dei tuoi familiari. Hanno visto quanto andate d’accordo, ed è un ragazzo di buona famiglia, con la testa sulle spalle. Un po’ esuberante, ma questo non guasta” scrollò le spalle Elizabeth, lasciando volutamente il tono leggero e divertito.

Violet, però, non ci cascò, e replicò: “Quindi, lui andrebbe bene, come partito. Ma non Andrew.”

“Tesoro mio, devi chiederlo a loro. Anzi, forse, prima dovresti chiederlo ad Andrew, e poi ai tuoi genitori. Io non avrei problemi, e anzi, mi farebbe molto piacere ma, se temi il loro giudizio, devi primariamente metterli alla prova, non pensare a priori che ti diranno di no” sostenne Elizabeth, non sapendo quanto dire alla cugina.

Dopotutto, aveva promesso il dono del silenzio, al gemello.

Sospirando, Violet passeggiò per il salottino con aria combattuta, asserendo: “Dirlo a Andrew! Lui mi considera come una sorellina, Lizzie! Sarebbe scioccato da questo mio sentimento, e rovinerei per sempre la mia amicizia con lui!”

“Tacere sarebbe meglio, Lettie? Sai che le bugie divorano l’animo” sottolineò lady Chadwick, avvicinandola.

“Sì, lo so, e infatti il mio è ridotto a brandelli” assentì fiacca la giovane, crollando a sedere su una poltroncina.

“E allora ascolta il consiglio di Lucius e accetta ciò che hai dentro. Mostralo. Senza paura alcuna” mormorò con veemenza Elizabeth, chinandosi su di lei per stringerle le mani con forza.

“Se mi dicesse di no?” sussurrò spaventata Violet.

“Anche se non lo credi, so che saresti abbastanza forte per sopportarlo. Quello che ti sta uccidendo non è un’eventuale risposta negativa, ma il dubbio portato dal silenzio. Devi dirglielo.”

Annuendo stancamente, Lettie mormorò: “Quando tornerà, cercherò di farlo.”

“Cercare non basta. Dovrai mostrare tutta la tua forza, e farlo.”

“E io possiedo questa forza?” ironizzò Lettie, levandosi in piedi.

Elizabeth la abbracciò e, nel batterle le mani sulla schiena, sussurrò: “Le acque chete distruggono i ponti, amica mia.”

Violet rise sommessamente, a quel commento e, quando Lucius tornò, si scusò un momento per raggiungere le sue stanze e recuperare un cappellino.

Lucius ne approfittò per domandare alla cugina: “Aveva gli occhi lucidi. E’ successo qualcosa?”

“Comincia a credere di potercela fare” si limitò a dire Elizabeth.

“Mi sembra ovvio che possa farcela” dichiarò semplicemente Lucius. “A fare cosa, nello specifico?”

“Problemi di cuore verso una persona che non hai ancora conosciuto.”

“Oh, allora avevo visto giusto” sorrise compiaciuto Lucius, sorprendendo un poco la cugina. “Mi era parso che fosse in pensiero per qualcosa, e che quel qualcosa fosse un uomo. Temevo fossi io, ma mi rincuora sapere che non c’entro.”

“Non trovi la mia amica una compagna degna di tale nome?” esalò Elizabeth, un po’ piccata.

Scoppiando a ridere, Lucius negò e replicò: “Affatto. Sarebbe una moglie splendida, sotto molti punti di vista. Semplicemente, le voglio bene come ne voglio a Sabine, e sarebbe stato terribile se lei si fosse innamorata di me, visto che non potrei ricambiarla.”

“Beh… se mi dici che anche tu non hai problemi, con questo argomento, sto meglio” sospirò sollevata Lizzie, e Lucius sospirò di sollievo a sua volta, sorridendole.

“Cospirare è difficile, quando ci sono di mezzo i sentimenti, vero?” ironizzò dopo qualche attimo il cugino, vedendo sogghignare la donna.

“Non so di cosa tu stia parlando, Lucius caro” mormorò soltanto Lizzie.

“Certamente, Elizabeth. Tu non sai nulla… e io farò finta che sia così, perché ti apprezzo molto.”

“Troppo buono” sorrise la donna, mentre Violet tornava verso di loro. “E… una cosa…”

“Dimmi pure.”

“Continua a spronarla. Sembra che a te dia ascolto.”

“Non sarà un problema. Desidero davvero che Violet primeggi. E' una perla rara, e merita di essere incastonata in una montatura perfetta.”

Quando infine Lettie li ebbe raggiunti, Lucius offrì il braccio a Elizabeth e, assieme, si avviarono verso il cortile antistante la villa, dove il phaeton li attendeva.

Nel raggiungerlo, a Lettie sembrò che il sole brillasse in modo diverso, con più forza.

O forse, semplicemente, era lei a provare quella rinnovata fiducia in se stessa.
 
 
 

 

Note: Eliminato alla radice il problema "triangoli amorosi", che non amo proprio, il più sarà vedere se: 1, Andrew scoprirà la totale estraneità di Lucius da qualsiasi approccio romantico nei confronti di Violet, prima che lui gli spacchi la faccia, 2, Violet riuscirà a dire tutto ad Andrew prima che lui travisi, 3, non intervengano prima i genitori di entrambi, creando ancor più confusione. ^_^
Finalmente, comunque, Andrew ha fatto chiarezza nei propri sentimenti e, grazie all'aiuto dei suoi amici, ora tenterà di mostrare in ogni modo possibile quanto tenga a Violet, a tutta quanta lei.
  
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