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Autore: Lanonimoscrittore93    05/07/2017    0 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Dopo aver lasciato Elle sola in classe, andai da Clark per informarlo degli ultimi avvenimenti accaduti. In così poco tempo erano successe davvero un sacco di cose, chissà come l'avrebbe presa.
Quando entrai nel suo studio; eccolo lì che mi aspettava con una certa impazienza, era peggio di una vecchia zitella pettegola.
"Allora, com'è andata con lei?", mi chiese quando mi fui accomodato sul sofà.
"Da ieri siamo ufficialmente fidanzati".
"Come, scusa?". Era in evidente stato di shock, decisamente non se lo aspettava.
"Le ho regalato un anello e abbiamo ufficializzato il nostro fidanzamento".
"E la dottoressa Grace come l'ha presa?". Come credeva che l'avesse presa? Male, ovvio.
"Male come al solito, ma non m'interessa minimamente di lei o di quello che pensa", feci spallucce.
Si grattò il capo per un attimo. "Quindi non vuoi più morire?".
"Ma io sto per morire", affermai.
"Sam, sappiamo che hai deciso tu di voler morire", mi disse con un espressione contrariata.
"È vero".
"Come mi hai detto, sei innamorato di lei, no?".
"Anche questo è vero, e con ciò?". Cosa voleva ottenere?
"Sam, non vorresti vivere per lei?". Questa era una domanda spinosa.
"Quante probabilità ho di sopravvivere al trapianto? Quante probabilità ho che il mio organismo non rigetti il nuovo cuore? Sempre e solo probabilità".
"Ma almeno ci avrai provato a vivere".
"Provare a vivere dice? Non crede che abbia bisogno di un motivo per farlo?".
"Non hai la tua Elle, lei non è un buon motivo per vivere?", mi chiese in fine.
"No, ho bisogno che lei mi ami".
"E lei non ti ama per caso?". Amare me? E come potrebbe. Nessuno potrebbe mai amare una persona vuota e sbagliata come me.
"Non penso", gli dissi con un filo di voce.
"Ti invito a pensarci su".
"E io la invinto a non dirle niente".
Sospirò rassegnato. "Come vuoi, alla fine è una tua decisione".
"Bene". Non volevo che gli altri si intromettessero nelle mie faccende.
"Piuttosto, perché non la porti qui qualche volta?". Perché voleva parlare con lei? Stava benissimo, non era come me.
"Perché dovrei?".
"Per sapere come si sente, quali sono le sue sensazioni. Credimi Sam, i giovani hanno sempre qualcosa su cui parlare o sfogarsi, come ben sai la vita non è facile, specialmente alla vostra età". Ora che ci pensavo. Elle aveva avuto dei problemi, in specialmodo con il padre e la matrigna.
"Va bene, la prossima volta la porterò con me, basta che non la metta in imbarazzo con le sue sciocche domande".
"Va bene", furono le sue parole prima che qualcuno spalancasse la porta con irruenza. Chi era che disturbava? Erano due ragazze.
"Sam, ti stavamo cercando", dissero all'unisono ansimando per la corsa.
"Cosa volete, non vedete che ho da fare?", dissi loro irritato.
"Victoria e il suo gruppo hanno portato Eleonora nel bagno delle ragazze", esclamò una delle due. Chi era Victoria, ma soprattutto, cosa voleva fare alla mia Elle?
Mi alzai di colpo, per rivolgermi a Clark: "Vada a chiamare mio padre, subito!".
"Sì". Mi guardò allarmato e preoccupato allo stesso tempo.
"Portatemi da lei", mi rivolsi alle ragazze che semplicemente annuirono.
Mentre mi stavo allontanando, Clark mi richiamò: "Sam, non fare sciocchezze", mi raccomandò.
"Non garantisco nulla", furono le mie ultime parole prima di allontanarmi da lì.
Quelle due correvano davvero veloci e il mio cuore sentiva già la fatica della corsa, batteva frenetico come se volesse esplodere, era anche agitato e preoccupato per Elle. Chi erano questa Victoria e il suo gruppo? Questo nome, perché non mi era poi così nuovo? Cercai di ricordare, di dare un volto a questo nome. Ma certo, era quella stupida che aveva tirato una pallonata in faccia alla mia Elle. Non l'era bastata la lazione? Dopo questa l'avrebbe pagata cara, lei e i suoi amici snob, nessuno può o deve osare far qualcosa di brutto alla ragazza che amo, alla mia fidanzata. Ad un tratto mi girò la testa. Mi mancava l'aria. Stupido cuore, lei ha bisogno di noi, perciò collabora!
Ripresi a correre raggiungendo le ragazze.
"Ci siamo quasi", mi disse una delle due, non saprei quale, ero troppo occupato a respirare, e poi non sapevo i loro nomi.
Finalmente arrivammo. Quando mi fermai presi un gran lungo respiro profondo.
"Hanno chiuso la porta". Cosa? Avevano perfino chiuso la porta. Che cosa le stavano facendo quelle fecce!?
Presi dalla giacca il flacone delle mie medicine prendendone due sperando che agissero abbastanza in fretta. Presi un altro lungo respiro ed iniziai a tirar calci alla porta facendola spalancare. La scena che mi si parò davanti mi fece ribollire il sangue nelle vene. La mia Elle era in lacrime e praticamente seminuda, le avevano strappato i vestiti quelle fecce. Posai lo sguardo su di loro, erano un po' in disordine e a uno di loro colava del sangue dal naso, a quanto pare la mia ragazza picchia forte.
Entrai nel bagno con passo lento. Loro mi guardarono con timore e io guardai l'oro dall'alto verso il basso. Ero il padrone.
"Cosa sta succedendo qui?", chiesi con voce controllata e autoritaria.
"Niente, ci stavamo solo divertendo un po'", mi disse con un ghigno quello con il naso sanguinante, che tra l'altro era praticamente sopra la mia Elle.
Cercai di mantenere la calma e mi avvicinai a lui. "E sentiamo, in che modo?".
"In un modo che tu non conosci", si prese gioco di me e quegli altri idioti riserò con lui.
"Volevi per caso abusare di lei?", gli chiesi con calma.
"Hey, hey, mi voglio solo divertire, cosa c'è di male?", disse in sua difesa. "Però questa bambolina è una selvaggia, vedessi come scalcia". Adesso era fin troppo.
"Oh, ma davvero?".
"Oh sì! Ma la domero a dovere e dopo se vuoi, puoi tornare ai tuoi esperimenti con lei, io intanto le farò sperimentare qualcos'altro", ridacchiò. Esperimento? Elle era la mia fidanzata, non uno stupido esperimento!
Con tutta la rabbia che avevo in corpo gli tirai un calcio dritto nello stomaco facendolo piegare in due dal dolore.
"Esperimento, eh!". Mi abbassai prendendolo per i capelli. "Lei è la mia fidanzata, stupido idiota, e l'unico che può toccarla sono io, intesi!?".
"S-sì", piagnucolò.
"Adesso, allontanati da lei". Fece come gli fu detto.
Mi alzai e rivolsi la mia attenzione verso la causa di tutto questo. "Tu! Lo so che c'entri con tutto questo!", le urlai contro.
"Ma certo, deve imparare a stare al suo posto, è solo una poveraccia, non è una di noi, tu meriti il meglio".
"Tipo te?". Nei tuoi sogni!
Si avvicinò a me con fare civettuolo. "Ma certo, io sono la più popolare, ma soprattutto, sono bella e molto ricca". Cercò di toccarmi i capelli ma la scansai in modo brusco schiaffeggiandole la mano.
"Sei disgustosa e non ti trovo tutto questo granché".
"Sciocchezze! Tutti mi vogliono".
"Solo perché hai i soldi presumo".
"Perché ho i soldi, perché sono bella, ma soprattutto, perché sono una bomba a letto", mi fece l'occhiolino. Disgustoso. "Scommetto che dopo una notte con me non dirai più di essere assessuato".
"Non lo sono a quanto pare, ma sai, a farmi scoprire questo lato di me è stata la mia fidanzata Elle, e non tu, brutto scorfano!". Indietreggiò indignata.
"Ma come osi!".
"Oso eccome. E per quanto riguarda ciò che avete fatto alla mia fidanzata, la pagherete molto cara, verrete espulsi".
"Non puoi fare questo!".
"Posso eccome, la scuola è mia". Adesso ero io quello che rideva. "Dovrei anche picchiarvi tutti per aver osato toccare la mia fidanzata, dovete anche sperare di non essere riusciti nel vostro intento, in quel caso, non risponderò di me". Mi sfilai la cravatta e tolsi la giacca gettandoli sul pavimento freddo del bagno, ero pronto a sporcarmi le mani.
"Sam, cosa stai facendo!?". La sua voce mi riportò per un attimo alla realtà.
Rivolsi lo sguardo con dolore su di lei, era conciata davvero male, aveva dei graffi qua e là e i capelli erano in disordine. "Sto per dare loro una bella lezione, così imparano a toccarti".
"No! Non farlo!", mi urlò disperata.
"Perché non dovrei farlo!", mi alterrai.
"Ti prego...". Sapevo il perché, il mio stupido cuore.
Mi inginocchiai di fronte a lei. "Non posso lasciarti sola per qualche minuto che già ti cacci nei guai", sospirai.
"Mi dispiace, sono un vero disastro", iniziò a singhiozzare.
Mi avvicinai a lei baciandola sulle labbra. "Mi dispiace, sono un pessimo fidanzato, non ti lascerò più da sola".
"Sei il miglior fidanzato del mondo invece". Negai con la testa. "Sei venuto a salvarmi, questo fa di te il miglior fidanzato del mondo".
"Se lo dici tu", sorrisi.
"Sam!". Alla buon ora!
"Finalmente sei arrivato, papà!".
"Mi dispiace, ho dovuto avvisare Grace". Non poteva chiamarla dopo?
"Sei un idiota!", gli urlai, "e ora pensa ad espellere queste fecce, prima che li massacra di botte!".
"S-sì".
"Tu", mi rivolsi a Clark. "Prendi Elle, deve andare in infermeria, subito!". Fece come gli fu chiesto.
Prima che me ne rendessi conto, prima che mi alzassi dal pavimento, l'oscurità mi avvolse.

Sentivo delle voci in sottofondo, cercai di aprire gli occhi ma una forte luce mi accecò. Dove mi trovavo? Sentivo un tocco delicato che mi carezzava i capelli. Che bella sensazione, chi era mai? Provai ad aprire di nuovo gli occhi. Vidi una figura sfocata accanto a me.
"Chi sei?", biascicai.
"Sono io, Eleonora". Eleonora? Elle! Cos'era successo?! Cercai di alzarmi mettendo a fuoco la stanza.
"Sta' giù", sentii dire da una voce di donna a me familiare. Era la dottoressa Grace. Fantastico.
"Sto bene", biascicai. Avevo la bocca impastata.
"Giù, hai appena avuto un malore". Mi spinse con forza sul lettino. Era davvero forzuta.
"Brutta megera, tua figlia è stata aggredita e tu pensi al mio stupido malore", le urlai contro.
"Brutta megera a chi?". Mi lanciò uno sguardo omicida.
"Grace, sta' calma, ricorda che ha appena avuto un malore", intervenne prontamente mio padre prima che lei mi staccasse la testa.
"Oh sì, giusto", rinsavì. "Sta' giù", m'intimò. Decisi di fare come mi era stato chiesto, solo per questa volta però.
Mi voltai verso una Elle preoccupata e con gli occhi rossi e gonfi. Aveva pianto, e questo, mi rendeva molto triste. Allungai una mano verso di lei accarezzandole una guancia.
"Non piangere...", le sussurrai.
"Ero così preoccupata per te... ho creduto di perderti...". Altre lacrime le scesero prepotenti.
L'attirai a me. "Shh, non piangere, sono ancora vivo come vedi, e poi, sono solo svenuto. Tu piuttosto, come ti senti?".
"Me la caverò".
"Quegli idioti, se mi capitano davanti...".
"Per favore, basta, ti agiti solamente, non ne vale la pena". Non ne valeva la pena! Sì, invece! Lei ne avrebbe sempre valso la pena.
"Oh, sta' zitta", protestai.
"Dov'è!?", sentii improvvisamente urlare da un uomo.
Mi voltai verso la porta, e chi non era se non il padre di Elle con al seguito quella strega. Fantastico, non poteva andare peggio di così. Alzai gli occhi al cielo per la frustrazione.
"Eleonora!", esclamò per poi guardarmi con un cipiglio. "Sta' alla larga da mia figlia, moccioso!", si avvicinò a me furente. Cosa?
"Non osare avvicinarti a mio figlio". Intervenne prontamente papà. Era un grande, non l'avevo mai visto così.
"Oh, sei tu, Richard", si rivolse a lui per poi guardarmi con disprezzo, o era disgustoso? "Così quello è il deviato di tuo figlio, altro che gay". Cosa? Io deviato?
"Non osare parlare così di mio figlio!", lo ammonì mio padre. Ben detto papà! 
Il padre di Elle si mise faccia a faccia col mio con aria di superiorità. "Tuo figlio è un deviato, lo sapeva anche la tua cara mogliettina. Era così disgustata da lui che ha deciso di farla finita". Cosa? Papà gli assestò un pugno che lo fece cadere a terra.
"Fuori dalla mia scuola!". Non l'avevo mai visto arrabbiato, ma soprattutto, picchiare qualcuno. E poi cos'era questa storia della mamma? Possibile che fosse vero? No, non volevo assolutamente crederci.
Il padre di Elle si alzò dal pavimento e con il labbro spaccato. "E va bene". Si rivolse alla dottoressa Grace. "Ti lascio mia figlia e guarda cosa succede. Si mette con un elemento del genere e viene aggredita. Non finisce qui, mia figlia tornerà a vivere con me, avrai notizie dal mio avvocato", detto questo, uscì furioso con la moglie al seguito.
Calò il silenzio assoluto nella stanza. Cosa era appena successo? Non ci capivo più niente.
"Mamma si è suicidata?", ruppi quel silenzio assordante, dovevo sapere.
Papà assunse un'aria addolorata. "Sam, non ascoltare le parole di quell'uomo".
"Tuo padre ha ragione", si intromise la dottoressa Grace. Ora basta, ero stufo.
"Basta mentire!", urlai. "Non sapete fare altro voi due?".
"Sam...".
"Dimmi la verità, la mamma si è suicidata?".
Si accasciò sul pavimento affranto. "Sì", furono le sue uniche parole che mi fecero crollare il mondo addosso.
Mi alzai dal letto correndo via senza avere una metà precisa. Volevo andare via, lontano da tutti e da tutta questa amarezza e dolore che mi perseguitava.

Come sempre mi ritrovai qui, in questo parco e sotto quest'albero. Davvero mamma si era suicidata per colpa mia? Era così disgustata dal mio essere da togliersi la vita? Avevo sempre pensato di essere uno sbaglio, in famiglia non mormoravano altro alle mie spalle, nella convinzione che io fossi all'oscuro di ciò.  Mi ranicchiai  a terra ed iniziai a piangere. Era tutta colpa mia se lei non c'era più. Ero solo uno sbaglio. Uno stupido sbaglio che nessuno voleva.
"Sapevo di trovarti qui", mi disse la mia dolce Elle con la sua voce gentile e confortante mentre mi accarezzava i capelli con delicatezza. Anche se aveva uno scarso senso dell'orientamento, riusciva sempre a trovare questo posto.
"Sono solo uno sbaglio...", sussurrai. Mi sentii stringere dalle sue dolci e confortevoli braccia.
"Non dire così, tu non sei uno sbaglio".
Alzai il capo per guardarla negli occhi e non m'importava se vedeva le mie lacrime. "Si è uccisa per colpa mia. Per colpa mia!", urlai in preda alla disperazione. Era solo colpa mia.
"Non dire così, non sappiamo come sono andate le cose in realtà, e forse non lo sapremo mai, però, potremmo chiedere a tuo padre".
"No! Con lui non parlerò mai più". Era solo un bugiardo.
"Sam...", sospirò.
Distolsi lo sguardo. "Voglio tornare a casa, sono stanco".
"Come vuoi...".
Ci alzammo dall'erba per tornare a casa. La presi per mano, era un po' fredda. In effetti faceva freddo e lei aveva solo una felpa della scuola addosso.
"Hai freddo?", le chiesi.
"Solo un po', e tu? Hai solo una camicia addosso".
Le sorrisi. "Io non ho mai freddo, se vuoi ti riscaldo", le feci l'occhiolino.
Si accigliò. "Tu non riesci ad essere serio per più di cinque minuti, eh?".
Feci finta di pensarci su. "Mmm... non credo".
Scosse il capo. "Sei una causa persa:.
"Può essere...". Sentii arrivare una goccia d'acqua. Oh no, stava iniziando a piovere. "Che seccatura".
"Oh no, e adesso?".
L'attirai a me. "E adesso ti bacio". Poggiai le mie labbra alle sue in un dolce bacio umido.

"Siete tutti bagnati, dove siete stati!? Andate a fare un bagno caldo, prima che prendiate un malanno!", ci rimproverò la dottoressa Grace quando rincasammo bagnati da capo a piedi.
"Non parlarmi così, non sei il mio capo!".
Mi lanciò un'occhiataccia. "Ragazzino, non parlarmi in questo modo", mi additò.
"Ti parlo come mi pare e piace", le dissi furioso.
"Adesso basta", si frappose fra noi Elle. "Andiamo Sam, dobbiamo metterci dei vestiti asciutti", mi spinse via lontano da sua madre, prima che potesse accadere il peggio.
"Non voglio essere disturbo, e se avrò fame chiamerò la mia cuoca dall'interfono dalla mia camera", urlai alla dottoressa Grace.
"Sam, devi smetterla di litigate con mia madre", mi additò furiosa quando fummo in camera nostra.
La guardai accigliato. "Facciamo così dall'alba dei tempi", le spiegai, per noi era la norma.
"Ah....", abbassò il dito. "Potevate dirmelo!", si imbroncio. Com'era carina.
"Vado a preparare la vasca". Andai nel bagno ed aprii l'acqua calda e fredda, mettendo un po' di doccia schiuma.
"Sam?". Mi sentii chiamare da Elle alle mie spalle.
"Cosa c'è?".
"Se vuoi puoi fare tu il bagno per primo". Sentii una punta di imbrarazzo nella sua voce.
"Perché non fai il bagno insieme a me?", le proposi. Era una buona idea? In fondo eravamo fidanzati, e poi... volevo che lei vedesse il vero me, quello nascosto dai vestiti. Sì, ero pronto per mostrarmi a lei. Ma lei lo era?
"Co- cosa?", balbettò in imbarazzo.
Chiusi l'acqua della vasca, che oramai era abbastanza piena e mi voltai verso di lei per guardarla. "Fa il bagno con me, voglio che tu mi veda:.
Distolse lo sguardo in imbarazzo. "Ma tu vedrai me".
Mi avvicinai a lei prendendola per i fianchi e facendo aderire il suo corpo al mio. "Elle, quando ti metterai in testa che sei bellissima e vai bene così come sei?".
"Io...".
"Non devi ascoltare quello che ti dicono gli altri, sono solo degli imbecilli invidiosi senza cervello".
"Hai ragione, però...".
"Però cosa?".
"Mi vergogno", mi confessò in imbarazzo. Com'era tenera.
"È naturale vergognarsi la prima volta". Le diedi un tenero bacio sulla fronte. "Anch'io sono un po' in imbarazzo ti confesso". Si appoggiò alla mia spalla e la sentii ridere. "Allora, lo facciamo questo bagno o no?".
"Sì, però non guardarmi mentre mi cambio". Si staccò da me e mi fece girarare dall'altra parte con una forza che non credevo che possedesse.
"Ok, come vuoi", ridacchiai. "Ne approfitto per cambiarmi anch'io ed entrare dentro la vasca". Mi cambiai il più velocemente possibile ed entrai nella vasca, il tutto senza voltarmi verso di lei. "Puoi entrare, Elle".
"Non guardarmi".
Sbuffai mettendomi le mani sugli occhi. "Ho gli occhi chiusi, perciò entra senza fare altre storie o ti ci butto di peso dentro questa vasca".
"Ok, ok, non fare il prepotente però". Io non ero prepotente.
La sentii entrare dentro la vasca, così tolsi le mani dagli occhi. Mi dava le spalle, si sentiva così furba? L'attirai a me e questo gesto la fece urlare in un modo poco dignitoso.
"Non urlare o tua madre con quell'udito che si ritrova penserà che qualcuno ti stia aggredendo", le morsi leggermente la spalla che la fece gemere. Questa era una cosa nuova. "Prima mi dai le spalle perché ti vergogni e adesso gemi di piacere?", le sussurrai con voce roca all'orecchio.
"Non... è vero", protestò. Era una pessima bugiarda.
"Ah no?". La presi dai fianchi per farla voltare per essere faccia a faccia con lei, ma questo gesto la fece gridare di nuovo. "Se urli un'altra volta ti sculaccio".
Mi guardò qualche istante negli occhi ma fece come gli fu chiesto e tenne la bocca chiusa. Le presi la mano destra e con titubanza l'avvicinanai al mio petto, precisamente sulla mia cicatrice al centro. "Questa è la cicatrice che mi porto con me da anni". La sfiorò appena con le dita titubante. "È stata aperta e chiusa più volte in questi anni", le spiegai. "E poi be'... come vedi c'è il resto che cerco di nascondere da anni, ciò che mi rende diverso dagli altri ragazzi...". Le lasciai andare la mano però lei non l'abbassò, sfiorando leggermente il mio petto e tracciando con il dito una linea lungo la mia cicatrice. "Questo sono io", le dissi in fine.
Mi guardò negli occhi per qualche attimo, e poi mi baciò. "A me piaci così come sei. Non m'importa se hai una cicatrice sul petto o se sei uguale a me, per me sei e resterai sempre il mio Sam". Ecco perché la amavo, lei era unica e speciale. Per lei non ero uno stupido sbaglio. Per lei ero solo Sam.





Nota autore:
Chiedo scusa se non posto da un po', è stato un periodo un po', come dire: turbolento.
  
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