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Autore: DramioneMalfoy    06/07/2017    1 recensioni
Essere la figlia di uno dei più influenti gerarchi nazisti può essere un vantaggio o una condanna ai primordi del terzo reich. Lo sa bene Kathrein Bergmann, costretta a mentire e dissimulare i propri pensieri. All'esordio di una nuova era è costretta a fronteggiare la realtà della pura razza ariana di cui fa parte e scendere a patti con la propria coscienza, non senza un coinvolgimento emotivo straordinario che si snoda attraverso esperienze al limite e affetti inseguiti sino in fondo al baratro. In questo connubio di sentimenti e colpi di scena Kathrein si lascia trasportare dalle sue emozioni e dall'affascinante e misteriosa vicinanza dello standartenführer Diedrich Schneider, con il quale vivrà un'intensa e passionale storia d'amore che sarà lo spiraglio di luce nel tunnel degli orrori della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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I segreti del Terzo Reich

 

Parigi, 1 settembre 1939

Era una calda giornata di fine estate quando accadde l'irreparabile.

Kathrein Bergmann stringeva tra le mani la posta che era stata recapitata erroneamente, e per l'ennesima volta, in campagna piuttosto che in città.

Affrettava il passo, calcandosi spasmodicamente il cappello sulla testa nel tentativo di riparare, quanto più le riuscisse, la sua pelle diafana dal sole.

L'aria afosa le sferzava sulle gambe lasciate scoperte dal vestitino a fiori che aveva comprato con sua madre l'ultima volta che aveva fatto ritorno a Berlino circa due mesi prima.

Parigi era molto diversa dalla sua città natale e, nonostante ancora qualcuno si ostinasse a guardarla con ostilità e a chiamarla "bambolina tedesca", aveva subito trovato amicizie vere e dopo otto anni che viveva lì conosceva ogni angolo più recondito del paese.

Nel tragitto per tornare a casa di sua zia Ruth decise di passare per il mercato della città e salutare i suoi anziani commercianti che avevano sempre qualche storia interessante da raccontarle.

Kathrein ammirava quei volti segnati e quelle mani rese rugose dalle armi nel caso degli uomini e dalle fabbriche nel caso delle donne durante la guerra.

La ragazza ascoltava con vero interesse i loro racconti e si chiedeva quanto davvero potesse essere duro vivere sotto un cielo costantemente sorvolato dagli aerei di caccia nemici.

Quando Kathrein nacque, nel 1915, e negli anni successivi, la guerra imperversava sanguinolenta con le battaglie della Marna, quella di Tannenberg, di Somme, di Verdun e di molte altre che laceravano l'Europa dal sud al nord, dal fronte occidentale a quello orientale e che coinvolsero anche stati extraeuropei, facendo del pianeta uno dei più atroci teatri di carneficine, uccisioni e barbarie.

I racconti di quelle persone, marchiate a vita dall'indimenticabile ricordo dell'assedio tedesco ai danni della Francia, le rendevano più chiari i motivi degli sguardi carichi di risentimento che alcune persone le lanciavano per strada. La Germania non aveva risparmiato nessuna delle manovre militari che avevano piegato la Francia. L'accanimento dei tedeschi aveva strappato giovani ragazzi dalle braccia delle proprie madri e fidanzate. Alcuni di loro non avevano poi fatto ritorno e, questo, aveva alimentato l'odio verso i tedeschi che, alla fine della guerra, erano stati indicati come unici responsabili del conflitto e dei crimini avvenuti.

Kathrein non ricordava nemmeno della partenza di suo padre al fronte e, molte volte, si era ritenuta fortunata a non aver vissuto la guerra sulla propria pelle, ma anche sua madre e tutte le donne tedesche, esattamente come quelle francesi, piangevano e supplicavano ogni sera un Dio che sembrava non ascoltarle per il ritorno dei propri uomini.

La guerra divideva le fazioni e schierava i popoli su posizioni nettamente diverse, contrastanti e deleterie. Ma la guerra accomunava le anime in pena, i loro timori, le loro paure e il desiderio di prevalere sull'altro per avere salva la vita.

Suo padre non le raccontava mai della guerra e sua madre aveva preferito dimenticare i momenti di terrore in cui la sua compostezza era stata intaccata. Su molti punti il carattere di Kathrein divergeva da quello dei suoi genitori, ma se c'era una cosa che avevano in comune era proprio l'orgoglio di non farsi vedere mai deboli da nessuno.

Eppure c'era stato un lungo e travagliato momento di ripresa per il popolo tedesco che, reo degli sbagli dei suoi diplomatici, aveva subito e incassato i danni che una guerra da loro indesiderata aveva creato. La classe contadina era stata costretta a lavorare il doppio per pagare i pesanti tributi di guerra che erano stati imposti con i trattati di pace.

La Germania era stata designata come la nazione maggiormente colpevole ed era stata duramente sanzionata. Era il paese che aveva perso di più. I suoi civili erano stati incolpati di crimini non commessi e avevano faticato per riabilitare il proprio nome.

I trattati di pace come quello di Versailles e i quattordici punti stilati dal presidente americano Wilson avevano arginato qualsiasi speranza tedesca di ristabilire la propria economia e il reparto militare in poco tempo.

Alla Germania, colpevole di aver indotto la corsa agli armamenti, era stata impedita la riorganizzazione militare ed era pesantemente ridotta la produzione del materiale bellico. Per lungo tempo il popolo tedesco era stato additato e condannato per gli errori commessi dagli uomini avidi di potere che si trovavano al comando in quel periodo.

Suo padre faceva parte di quella porzione di eroi di guerra che erano stati trattati con i guanti di seta al momento del ritorno in patria. La famiglia Bergmann godeva del lusso e del prestigio che la fedeltà di Heinfried aveva dimostrato alla sua nazione anche nei momenti più aspri del conflitto, quando le diserzioni e le esecuzioni sommarie erano all'ordine del giorno.

Per anni la sua famiglia era stata su un podio di oro, ammirata ed invidiata da tutti. A volte Kathrein sentiva il peso degli sguardi di astio che le venivano rivolti. Lei non si sentiva responsabile di una guerra di cui non ricordava nemmeno l'inizio o la fine, ma il cognome che si portava dietro le imponeva di mantenere un certo distacco con la classe operaia e, quindi, non aveva mai avuto l'occasione di parlare con loro e spiegargli che nemmeno lei appoggiava le azioni di quegli uomini come suo padre che avevano portato sul lastrico gran parte della società tedesca.

Kathrein non sapeva cosa suo padre avesse fatto in guerra e cosa le medaglie sulla sua divisa valessero, perché adesso quella divisa logora dalle battaglie e dal tempo era chiusa in fondo ad un baule. Ma era comunque sicura che tutto quello che aveva potuto fare gli era valso un posto di spicco nel governo tedesco.

"Non serve ricordare i momenti tristi per la nostra nazione, Kathrein. Bisogna imparare dai propri errori e puntare sempre più in alto con fierezza. Adesso la Germania si sta riprendendo e si prepara a rientrare nel mercato europeo e a dominarlo."

Era questo ciò che una volta le aveva detto. Kathrein non era sicura che suo padre avesse mai davvero patito gli effetti collaterali e la fame del dopo guerra, e gli sguardi di rancore che la classe più povera gli rivolgeva non sembravano minimamente scalfirlo. Heinfriend Bergmann calpestava qualsiasi cosa si frapponesse tra lui e i piani di Hitler e non si era mai dimostrato pentito di quello che aveva fatto in guerra.

Con l'ascesa al potere del nazionalsocialismo nel '33, la posizione eminente di Heinfried non aveva potuto che rafforzarsi ulteriormente e, nonostante il partito si proclamasse estremo difensore di tutti gli strati della società, l'avvento di Hitler alla cancelleria di Germania aveva schiacciato ancora di più i contadini, ricoprendo di lustri e onori gli alti ufficiali e burocratici del paese.

Per lei la Francia era stata una boccata d'aria dalla gelida prigione di cristallo fatta di finti sorrisi e falsità in cui era costretta a vivere a Berlino. Nonostante la sua austera educazione e il suo aspetto tipicamente tedesco invidiato da ogni donna, anche Kathrein molto spesso si sentiva a disagio tra le occhiate languide di viscidi ufficiali e nei discorsi frivoli delle sue coetanee.

Il suo primo obiettivo non era sposarsi e fortunatamente il suo fidanzato era dello stesso avviso. Kathrein voleva trovare prima se stessa e Diedrich, sotto la guida del generale Bergmann e di Hitler, si dedicava all'avanzamento della sua carriera militare e dei suoi successi.

A parte le conversazioni con la sua dolce e ormai defunta Geli, di cui conservava gelosamente il ricordo, la Bergmann non aveva mai trovato un vero punto di confronto con le persone che la attorniavano e allora aveva preferito mostrarsi indifferente alle loro salotterie da pochi spiccioli.

Con il tempo il suo distacco era stato scambiato per cinismo e freddezza. Il suo atteggiamento pacato e impenetrabile la rendeva ancora più appetibile alla gola maschile e odiosa agli occhi delle altre ragazze che ne agognavano la bellezza e lo stuolo di giovani soldati e ufficiali che le facevano la corte.

Proprio il suo carattere apparentemente snob e superiore le era valso il vezzeggiativo di

Proprio il suo carattere apparentemente snob e superiore le era valso il vezzeggiativo di "bambolina tedesca" in Francia.

Tuttavia molti francesi, che sembravano provare astio nei suoi confronti, non la colpevolizzavano per il cognome intimidatorio che portava come facevano i contadini tedeschi, ma la guardavano sempre con circospezione perché faceva comunque parte della nazione che solo qualche anno prima aveva terrorizzato Parigi e dilaniato la Francia intera.

Nonostante il suo sprezzante menefreghismo, all'ultimo ricevimento a Berlino, con grande costrizione da parte di sua madre, aveva provato ad essere gentile con la Braun e a scambiare due parole con lei. L'attenzione della ragazza, però, sembrava focalizzarsi e incentrarsi solamente su Adolf Hitler e sui suoi grandi piani per la Germania.

Kathrein, in quell'occasione, si ritrovò a pensare che, nonostante Eva non spiccasse per le buone maniere, la compostezza o il buon senso, sarebbe comunque stata una figlia più che gradita per suo padre. 
Heinfried Bergmann, infatti, rimproverava sempre l'atteggiamento atipico che sua figlia assumeva e, più di una volta, l'aveva ragguagliata sullo smussare e addolcire quel lato di lei che non sarebbe stato accettato da nessun buon partito tedesco, tantomeno da uno come Diedrich.

Eva, invece, era docile e sapeva soprassedere e sottomettersi senza la minima opposizione. Tutto ciò che le veniva imposto alle sue orecchie era captato come semplice senso morale e del dovere nei confronti di un uomo incurante della sua reale esistenza.

Kathrein, contrariamente, non si era mai dimostrata simpatizzante per le idee nazionalsocialiste e, questo, era costato non poche grane al suo vecchio. Certo non si mostrava nemmeno contrariata o scontenta all'avvento del partito di suo padre al potere. Semplicemente restava sulle sue e non esternava alcun pensiero.

Tuttavia quando una donna tedesca di buona famiglia non si proclamava ardentemente sostenitrice della politica hitleriana, l'astensione a volte veniva scambiata per tradimento e severamente punita.

Suo padre non se ne preoccupava più di tanto, però, convinto del fatto che un uomo potente e allo stesso tempo affascinante come Diedrich Schneider, avrebbe saputo raschiare via la patina di ghiaccio che accompagnava ogni movenza e pensiero di Kathrein.

Agli occhi del führer, in fondo, e di tutta la Germania che contava, i Bergmann erano una delle famiglie più fedeli al Reich e più influenti in ogni ambiente burocratico. I due coniugi avevano lavorato molto per arrivare al vertice e soprattutto Heinfriend non si era fatto problemi a schiacciare qualsiasi inetto provasse ad ostacolarlo.

Così avevano conquistato la fiducia e i favori di Hitler e godevano di una particolare immunità economico-sociale. Tutto ciò che usciva dalla bocca di Heinfried Bergmann diventava legge e, proprio per questo, insieme a Joseph Goebbels, divenne uno dei più abili propagandisti del Reich e assunse l'appellativo di rispetto di herr doktor.

Ad ogni modo, la fonte più grande di fierezza per Heinfried ed Elsbeth Bergmann era proprio la loro unica figlia Kathrein.

Infatti, pur non essendo di inclinazione particolarmente docile e mansueta, Kathrein era leale, fedele e ligia al dovere. Le sue movenze erano eleganti e posate e la sua educazione impeccabile. Sapeva suonare il pianoforte, dipingere, parlare molte lingue e intrattenere qualsivoglia conversazione di qualsiasi natura e con qualsiasi personalità illustre ed eccelsa della società. La sua bellezza dagli occhi color ghiaccio e i fulgidi capelli biondi che seguivano i movimenti del suo viso, incorniciandolo perfettamente e oscillando dolcemente sulla sua schiena, accompagnavano perfettamente tutte le qualità che possedeva.

Elsbeth aveva cresciuto sua figlia con dedizione e, lo riconosceva, a volte con un po' troppa severità. Ma ciò non toglieva nulla all'amore sconfinato che lei e suo marito provavano per il loro piccolo miracolo. Kathrein era cresciuta in un modo fatto di bellezza e perfezione formale e, ancor prima di poter godere della sua infanzia, aveva dovuto imparare la buona educazione e assumere atteggiamenti decisamente da adulta.

Tuttavia, in una posizione così di slancio come quella in cui si trovava la loro famiglia, Elsbeth doveva assicurarsi che sua figlia non venisse plagiata dall'invidia e dalla cattiveria di nessuna di quelle donne civettuole che frequentavano.

Dopo qualche minuto Kathrein si ritrovò davanti al portone di casa di sua zia. In realtà Ruth, la dolce e anziana donna che la ospitava da otto anni a questa parte, era la sua prozia materna ma le era così tanto affezionata come una nipote diretta.

Lei stessa aveva convinto sua nipote Elsbeth a far studiare sua figlia in Francia e a permetterle di uscire dal grigiore di Berlino che non poteva che soffocare una mente brillante come quella di Kathrein.

Proprio così era iniziata la sua meravigliosa avventura alla ricerca di nuovi posti del mondo e alla scoperta di nuovi studi e culture.

Kathrein parlava molto bene il francese e, a dispetto delle sue fattezze tipicamente tedesche, avrebbe potuto tranquillamente essere scambiata per una parigina.

Spinse la porta di casa e la richiuse velocemente dietro di sé, beandosi del cambio di temperatura decisamente più fresco che l'aveva investita sulla soglia dell'abitazione.

«Zia sono tornata» la sua voce risuonò chiara e nitida tra le pareti color crema del salotto.

Un silenzio irreale avvolgeva la casa e insospettì la ragazza al punto di controllare ogni stanza. Sua zia e la governante Meredith erano due instancabili chiacchierone e raramente l'abitazione piombava nel mutismo.

Una voce sconosciuta, molto simile a quelle vocalizzate dei giornalisti proveniva dalla stanza in fondo al corridoio. Così Kathrein affrettò il passo per raggiungerla.

Entrò in cucina e finalmente le vide. Meredith accovacciata malamente accanto alla radio, imprecava e tentava di capire come si abbassasse quell'affare.

Nel frattempo agitava un ventaglio nella direzione di zia Ruth che, seduta in maniera stranamente disordinata rispetto alla sua consueta compostezza, pareva decisamente pallida e debole.

Kathrein abbandonò la posta e il cappello sul tavolo di mogano e si precipitò a spegnere il frastuono infernale che proveniva dall'apparecchio.

Anche in paese aveva notato del fermento per le strade della città e, stranamente, nessuno aveva fatto caso a lei, alla 'bambolina tedesca snob', che attraversava le vie. Qualcosa di importante aveva animato la quotidianità degli abitanti di Parigi.

In quel momento, però, se ne curò poco e prese posto accanto a sua zia.

«Cos'è successo?» chiese alla governante, mentre versava dell'acqua da una brocca in un bicchiere e lo porgeva a sua zia.

Questa fece per risponderle, ma prontamente Ruth parlò al posto suo lanciandole uno sguardo di ammonimento. Rivolse un sorriso stanco a Kathrein, nel tentativo di tranquillizzarla.

«Nulla tesoro. Un semplice calo di pressione. Con questo caldo alla mia età può capitare»

La ragazza non ne fu convinta e l'espressione eloquente di Meredith le fece capire che c'era dell'altro sotto, ma in quel momento preferì non approfondire e prendersi cura di sua zia. Effettivamente, man mano che avanzava con l'età, gli sforzi che Ruth poteva sostenere erano sempre più minimi e, a volte, il semplice dibattito con l'argutezza di Kathrein la debilitava.

Da parte sua, invece, Kathrein non era mai stata abituata a dover provvedere a qualcuno e tantomeno a doversene prendere cura.

Per tutti i suoi e altrui bisogno avevano sempre fatto fronte le domestiche e la servitù dei suoi genitori. Inoltre non era abituata ad esternare alcun tipo di sentimento e, il suo atteggiamento distaccato, nel tempo aveva forgiato maggiormente questa sua caratteristica.

Tuttavia, un profondo senso di gratitudine la legava alla zia di sua madre e, nel corso degli anni, aveva imparato il valore dell'affetto per qualcuno che non fossero solo i suoi genitori o Diedrich.

Zia Ruth le aveva offerto un luogo di fuga dalla monotonia e dal piedistallo su cui viveva in Germania. 
Prendersi cura di lei, per Kathrein, risultava naturale e doveroso.

L'accompagnò a letto e si assicurò di lasciare metà finestra aperta per permettere all'aria di circolare.

Accostò una sedia accanto al letto di sua zia e le tenne compagnia per tutto il tempo sino a quando non sprofondò in sogni più tranquilli. Le lasciò un bacio tra i morbidi capelli al profumo di lavanda che cominciavano a tingersi di striature bianche in alcune ciocche e uscì dalla camera, lasciando la porta leggermente schiusa.

«Sei una cara ragazza. Non permettere a quei mostri di cambiare i tuoi ideali» le aveva detto con voce flebile poco prima di addormentarsi.

Kathrein non le chiese mai a chi si riferisse sua zia. Forse, però, lo capì con il senno di poi.

Quello scongiuro dettato dalla poca lucidità dell'anziana le bastò a capire che qualche avvenimento di grande entità aveva sconvolto il suo pomeriggio al punto da condurla sull'orlo di uno svenimento.

Per questo Kathrein tornò in cucina da Meredith in cerca di spiegazioni e la trovò già seduta ad aspettarla come se le avesse letto nel pensiero.

«Allora, cosa sta succedendo?» domandò spazientita dopo pochi minuti di silenzio che a lei parvero ore.

La governante la scrutò ancora per un attimo e i suoi occhi parvero addolcirsi in un sentimento quasi di commiserazione. A Kathrein non piacque quello sguardo. Non prometteva nulla di buono e cominciava ad essere davvero stanca di quel mistero.

Dopo altri infiniti secondo di silenzio, Meredith si decise a parlare e a spiegare la situazione.

«La Germania ha invaso la Polonia, Kathrein. Tua zia non ha retto la notizia. Siete di nuovo in guerra, presto lo saremo tutti» mormorò tristemente chinando il capo in avanti e socchiudendo appena gli occhi. Alcune lacrime rigarono il suo viso cereo e segnato già dagli orrori della guerra precedente.

Kathrein non seppe come alleviare il suo dolore. Fu impreparata davanti alla reazione del tutto inaspettata di Meredith. In otto anni non l'aveva mai vista piangere e, nonostante la guerra le avesse portato via un figlio, si era sempre dimostrata una donna forte e combattiva.

Ma fu maggiormente pietrificata non dallo sfogo della donna, del tutto comprensibile, ma dalla notizia stessa.

La Germania, il suo paese natale, aveva di nuovo commesso il medesimo errore. Incurante delle atrocità, del sangue di troppi innocenti e sprezzante delle barbarie già commesse, i tedeschi avevano invaso il territorio polacco e, ben presto, anche il resto delle nazioni si sarebbero schierate a seconda delle alleanze e degli accordi diplomatici precedenti.

Hitler aveva surclassato ogni limite e, complice la sua mente instabile, aveva condannato un popolo, già da tempo oppresso, sino al punto di non ritorno.

Kathrein sapeva che la Francia, se si fosse schierata, non l'avrebbe fatto di certo a favore della Germania.

Chiuse un attimo gli occhi e l'immagine della sua casa a Berlino in fiamme a causa delle bombe si materializzò vivida e straziante come le tasse che sarebbero incrementate ancora per i contadini, la fame e i bambini nelle fabbriche.

In men che non si dica l'Europa si sarebbe trasformata in una scacchiera, i cui giocatori decidevano chi avrebbe potuto vivere e chi sarebbe dovuto morire. La vita di migliaia di giovani avrebbe avuto la medesima importanza di uno scacco che veniva mandato in prima linea per proteggere i poteri alti.

Egoisticamente il fatto che suo padre fosse molto vicino a Hitler in quel momento la rassicurò. Pur facendo parte delle SS, il führer non avrebbe mai rinunciato all'aiuto propagandistico e diplomatico del suo generale più fidato mandandolo al fronte.
Heinfried aveva già combattuto una guerra e non era neppure troppo in là con l'età e, secondo molti, era ancora un uomo in forma e prestante. Ma Kathrein non era del tutto sicura che a metà dei 40 anni avesse la stessa capacità di azione di quando ne aveva 20.

Il suo pensiero corse a Diedrich e, per un attimo, il suo cuore perse un battito.

Il loro strano rapporto era iniziato da quella sera di quel lontano settembre 1931 ed era proseguita, con incertezze e tentennamenti, nei sporadici momenti in cui entrambi tornavano a Berlino

Il loro strano rapporto era iniziato da quella sera di quel lontano settembre 1931 ed era proseguita, con incertezze e tentennamenti, nei sporadici momenti in cui entrambi tornavano a Berlino.

Era stata ufficializzato poi poco più di un anno prima.

Heinfried Bergmann non poteva che esserne orgoglioso. Schneider era stato per lungo tempo un suo attendente e, ora che avanzava sempre di più di carriera, ammetteva senza esitazione che il ragazzo era destinato a grandi cose.

Ciò che a Kathrein piaceva di lui era il fatto che non la apprezzasse solo per la sua bellezza come tanti altri. Nonostante qualche volta l'avesse scoperto a guardarla con quell'ammirazione tutta maschile a cui era abituata, Diedrich preferiva le sue forme di pensiero più che quelle del suo corpo e ne ascoltava i progetti e le aspettative.

Lei, invece, lo confessava senza remore, prima di tutto era stata attratta dalla fierezza nordica dei suoi lineamenti. Infatti, se si fosse dovuta basare sul suo carattere, probabilmente non si sarebbero mai avvicinati così tanto. I loro ideali e le loro ambizioni divergevano su posizioni nettamente contrastanti.

Diedrich era votato con fedeltà alla causa per cui si era arruolato e, sebbene avesse iniziato come semplice soldato alle direttive di suo padre, non ci aveva messo molto a diventare uno stretto collaboratore dei ranghi più alti delle SS.

La sua mentalità tipicamente militare e la sua dedizione e lealtà al Reich, alla Germania e alla difesa della razza ariana alcune volte avevano minato la possibilità di un rapporto con Kathrein.

Nonostante ciò, si poteva dire che il loro legame si basava sulla reciproca stima e ammirazione.

Kathrein non condivideva del tutto i principi del suo fidanzato, ma apprezzava l'audacia e ne rispettava la purezza della costanza. Non sapeva esattamente quale grado ricoprisse adesso, ma vedeva l'obbedienza che molti gli dimostravano e questo le fece capire che al momento si trovava ai vertici della gerarchia nazista.

Diedrich, da parte sua, vedeva nella figlia del generale Bergmann una ragazza molto più che bella alla ricerca di un buon partito tedesco. Per lui Kathrein, nonostante fosse già in età da marito, rappresentava l'ebrezza di libertà e Paradiso insieme. Di freschezza e innocenza, al riparo dalla durezza e dagli orrori del mondo esterno.

Kathrein chiuse nuovamente gli occhi e un ricordo di qualche mese prima le balzò fulmineo nella mente.

«Kath oggi tuo padre mi ha richiamato nel suo ufficio» la informò Diedrich interrompendo l'inusuale silenzio che alleggiava nella stanza, scandito solamente dal ticchettio del pendolo dell'orologio sulla parete di fronte.

Distesi sul letto della sua camera, lei e il suo fidanzato stavano fissando il soffitto senza scambiarsi una parola. Erano superflue. Ciò che più contava era godersi la pace e bearsi della tranquillità che solo i momenti passati insieme lontani dalla Francia, da Hitler e da tutta la società in cui vivevano sapevano regalare l'uno all'altra.

Kathrein assorbì quella notizia distrattamente e voltò il viso nella sua direzione, inarcando un sopracciglio e facendo cenno di continuare.

«Ci sono stati dei problemi nella mia precedente base militare, a Est. Sembrerebbe che alcune spie abbiano passato informazioni importanti su alcuni affari di stato alla Polonia. Verrätern-traditori» sputò con veemenza e disgusto.

Kathrein sussultò al tono aspro e così ferocemente indignato del militare accanto a lei. Si obbligò a ingoiare il groppone che le si era formato in gola e allungò una mano a sfiorare quella grande e venosa di Diedrich che, prontamente, la catturò in un bacio delicato.

Si chiedeva spesso come facesse ad alternare in maniera così singolare momenti di rabbia e momenti di gentilezza. 
Poi fece presente a se stessa che questi repentini cambi di umore gli riuscivano solo con lei.

Nonostante Kathrein si vantasse di conoscere Diedrich meglio di chiunque altro, sapeva che la sua considerazione sul valore delle donne era esattamente la stessa del resto della società. Forse ancora più radicata in lui.

"Kinder, Kirche, Küche: figli, chiesa, cucina. È questo che ogni ragazza tedesca desidera e tutto ciò a cui una brava ariana deve essere educata" le aveva detto una volta.

Con lei, però, agiva in maniera del tutto diversa e la rispettava in tutti i modi in cui in passato non aveva mai avuto il piacere di esserlo da altri uomini.

"Tu sei diversa" le ripeteva seccamente ogni qualvolta affrontassero quell'argomento. Non le aveva mai saputo dire in cosa lo fosse e, per adesso, Kathrein non aveva fretta di scoprirlo. Le bastava avere quella certezza per annullare qualsiasi altro dubbio.

Non la guardava solo con desiderio erotico e i suoi sguardi non indugiavano più del dovuto sul suo corpo. La sua compostezza militare, quella vera e non quella che fingevano di avere tutti quegli ufficiali che di notte potevi trovare in qualche bordello tra le braccia di qualche donna sinuosa, non l'avrebbe comunque permesso.

Diedrich aveva grandi progetti per la sua carriera e non avrebbe mai lasciato al caso la possibilità che la scoperta di qualche suo comportamento indecoroso ne compromettesse la realizzazione. 
Per lui tutti quegli idioti dei suoi compagni che si crogiolavano nel tepore di donne dalla nazionalità sconosciuta per la passione di una notte erano vergognosi.

A dispetto dei suoi giovani 26 anni, Diedrich era arrivato molto più in alto di tanti altri militari più anziani di lui. Molti di loro erano suoi sottoposti. A Diedrich piaceva il potere e, nel tempo, Kathrein non seppe definire se fosse un bene. Lo esercitava con una naturalezza che qualche volta la lasciava interdetta. Nessuno osava contraddire un suo ordine e molti sembravano intimoriti dalla sua persona. Il suo fidanzato le sembrava così diverso dal semplice soldato che aveva conosciuto otto anni prima.

Di quel ragazzo di appena 18 anni era rimasta solo la bellezza eterea. Negli anni la loro relazione si era rafforzata, nonostante la distanza e, ogni volta che Kathrein faceva ritorno a Berlino, qualcosa in Diedrich era cambiato.

Non solo l'avanzamento di carriera. La disciplina aveva scolpito i muscoli del suo corpo e aveva forgiato ulteriormente la freddezza calcolatrice del suo carattere. Non aveva mai visto il suo fidanzato in azione, ma sapeva che la posizione in cui si trovava lo costringeva spesso al faccia a faccia con ribelli e traditori ed era del tutto sicura che il senso di timore che incuteva ai suoi sottoposti derivasse da qualcosa in particolare che succedeva durante i suoi interrogatori.

Tuttavia, anche Kathrein pensava fosse giusto che i traditori della Germania fossero imprigionati. A volte, però, aveva quasi la sensazione che il lavoro di Diedrich si spingesse oltre. Ad ogni modo, non le era concesso sapere gli affari privati dell'esercito.

Si concentrò sul suo viso e sulle labbra ancora ad un centimetro dalle sue nocche. Poi deglutì la saliva inesistente e si sforzò di chiedere più spiegazioni.

«Si, papà mi ha accennato qualcosa sui problemi che avete con i confini. Che cosa è successo a quelle spie?»

«Fucilati. Il führer è stato più clemente di quanto non lo sarei stato io» il distacco che Diedrich aveva utilizzato la disorientò completamente. A volte aveva la sensazione che non provasse emozioni e che gli unici sentimenti che esternasse fossero quelli per lei.

Più in la si rese conto che aveva ragione.

I suoi occhi azzurri, così penetranti, la scrutavano attentamente quasi a voler cogliere qualsiasi cenno di turbamento sul suo viso. Questa era la prima differenza che vedeva in Kathrein. Lei aveva un cervello e lo usava per pensare, a differenza delle altre oche tedesche che pensavano soltanto a compiacere i propri uomini anche nel più sanguinoso dei progetti senza riflettere.

L'intelligenza era un aspetto che gli piaceva della sua fidanzata, ma al tempo stesso poteva rappresentare la loro rovina e condanna. Nonostante facesse di tutto per nasconderlo, Kathrein era fragile e Diedrich aveva paura che la minima cosa potesse distruggerla. In quel caso, non avrebbe mai potuto essere sua moglie e stargli accanto accettandone ogni decisione e incarico militare.

Kathrein era nata e cresciuta in un mondo perfetto, dove tutto ciò che voleva si prostrava ai suoi piedi senza alcuna esitazione. Non sapeva quanto suo padre avesse sottomesso e terrorizzato per fare in modo che fosse così. Non aveva la più pallida idea delle insidie che il mondo lì fuori potesse nascondere o riservarle.

Heinfried sapeva che, con un uomo come Diedrich, sua figlia avrebbe continuato a condurre questo tenore di vita e ciò lo rassicurava. Sia lui che il suo pupillo, però, ignoravano che Kathrein non fosse più una bambina e non sarebbe rimasta in disparte per sempre.

A volte Diedrich stesso si convinceva che per un uomo come lui sarebbe potuta andare bene solo una di quelle ariane che accettavano di buon grado qualsiasi situazione che le venisse imposta. Molte di loro avrebbero fatto le follie più assurde per passare almeno una notte con l'ufficiale Schneider.

Nonostante ciò, Diedrich era fedele a Kathrein quanto alla sua divisa. Rifiutava categoricamente l'idea di rinunciarvi e, sebbene il dubbio che lei non potesse reggere determinati comportamenti e compromessi tornasse prepote nei suoi pensieri, più volte promise a se stesso che non le avrebbe mai raccontato i particolari più crudi del suo lavoro. L'avrebbe tenuta lontana dal sangue e dalle violenze che i popoli inferiori lo costringevano a commettere.

Si convinse che questo sarebbe bastato.

Era anche per questo che accettava senza problemi che Kathrein studiasse in Francia. Voleva proteggerla da qualsiasi strazio potesse spezzarla irrimediabilmente. 
Non voleva che si trovasse nel mezzo di una guerra che, quasi sicuramente, sarebbe scoppiata di lì a poco.

La Germania stava crescendo ma ad Hitler non bastava più. Voleva conquistare sempre più territori e la Polonia si stava dimostrando l'ostacolo maggiore. Non ci sarebbe voluto molto per raccogliere tutte le forze militari e invadere il territorio nemico.

Ma più di tutto, Diedrich non voleva che Kathrein vedesse o fosse a conoscenza di ciò che compiva per servire la nazione.

Ad ogni modo la ragazza incassò la notizia impassibile e non mostrò nessuno dei pensieri e dei timori che le turbinavano dentro.

«Cosa c'è peggio della morte, Diedrich?» domandò con fare ovvio e falsamente incurante. Avrebbe voluto ritirare la mano dalla sua così calda e tentatrice, quasi come se si fosse scottata, ma la stretta ferrea del ragazzo glielo impediva e lei non voleva dimostrarsi debole.

"I miei interrogatori" pensò in quel momento il ragazzo, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce.

«Non posso dirti molto Kath, ma stanno preparando dei campi. Dei centri di lavoro per i traditori della razza. Chi non è stato in grado di onorarla e ringraziare per aver avuto l'occasione di farne parte, dovrà lavorare per il benessere e l'economia degli ariani. Da qui ad un anno dovrebbero essere attivi, nel frattempo le carceri non sono abbastanza capienti per contenerli tutti»

Detto così a Kathrein sembrò giusto e rasserenò il suo animo. Anche lei, seppur in maniera molto meno conservatrice, riconosceva qualche dogma tradizionale. Sebbene non vedesse in Hitler nulla che facesse intendere che fosse la persona migliore per ricondurre la Germania alla sua antica grandezza, Kathrein sosteneva che nemmeno i traditori avrebbero aiutato nel processo di acquisizione della gloria tanto agognata per il suo amato paese.

Ucciderli sarebbe stato uno spreco di braccia per una Germania basata soprattutto sull'agricoltura e sulle fabbriche, ma soprattutto un'atroce ingiustizia. Per Kathrein nessuno, oltre Dio, aveva potere di decisione sulla vita o morte di un altro. Chiunque si fosse avvalso di tale diritto durante l'ultima guerra non meritava il perdono di Dio.

Nonostante le atrocità, Diedrich le diceva sempre che uccidere in guerra era una realtà necessaria per non morire. Per lui la carneficina causata dai tedeschi dal 1914 al 1918 era giustificata dal fatto che non si dovesse finire vittime o schiacciati dai popoli nemici. Molto spesso Kathrein pensava che a Diedrich fosse dispiaciuto non aver potuto partecipare alla guerra in prima persona. Lui amava l'azione e tutti gli onori e i lustri che ne derivavano. Era più che sicura che, se mai ce ne fosse stato bisogno, lui sarebbe partito volentieri per una guerra nel nome del suo prezioso Reich.

Ciò non rendeva comunque tollerabile alcuni comportamenti agli occhi di Kathrein che, dopo molti anni dalla fine della guerra, continuavamo a perpetrarsi. Nonostante i traditori non le fossero mai piaciuti, Kathrein non condannava la loro vita solo per la codardia di non essersi schierati sin da subito dalla parte opposta.

«Perché proprio tu?»

«Cosa vuol dire questo, süße-dolcezza? Se mi viene assegnato un compito è così e basta, non importa perché o come. È giusto portarlo a termine e contribuire alla crescita tedesca. Quello che facciamo viene fatto anche per voi donne. Voi ariane pure meritate ricchezze e rispetto molto più di quelle che si macchiano di rassenschande* e noi uomini abbiamo il diritto di garantirvelo e di garantire a noi stessi una società libera da ogni contaminazione sociale»

Nel frattempo Diedrich si era accesso un sigaro e si era affacciato alla finestra della camera, scrutando oltre le siepi e captando il minimo movimento. Questo atteggiamento costantemente sull'attenti era la normalità per lui dopo essere stato la prima volta a Est. Al confine con i popoli nemici impari ad osservare e anticipare qualsiasi mossa fatale del tuo avversario.

«E poi dovresti essere contenta. Hitler in persona è intervenuto perché io riprenda il comando in quelle zone. A quanto pare sotto la mia supervisione non è mai accaduto nulla del genere» parlò compiaciuto non riuscendo a trattenere un sorriso mentre sbuffava via del fumo che andava dissolvendosi nell'aria.

"Ne sono sicura" pensò Kathrein che all'udire quel nome che ora le sembrava più ostile che mai avrebbe voluto storcere il naso.

Prima le aveva sottratto molto del tempo che suo padre le dedicava e adesso rispediva il suo fidanzato chissà dove, perché non le era dato conoscere la sua corretta ubicazione per motivi di sicurezza. Proprio ora che avrebbero potuto passare un po' più di tempo insieme.

Si sollevò leggermente dal materasso, appoggiando la guancia sulla mano e puntellandosi con il gomito.

«E quando partirai?»

«Entro la fine della settimana, può darsi anche domani. Dipende quando la Reichsbank stanzierà il denaro necessario per lo spostamento dei miei uomini. Sono sicuro che data l'urgenza del caso non ci impiegherà molto, ma spostare un intero reparto richiede comunque una somma ingente» le spiegò causticamente.

Quella risposta la deluse sopra ogni immaginazione e il motivo per Diedrich non fu così difficile da scovare.

«So che la prossima settimana c'era la nostra festa di fidanzamento ma ho già parlato con tuo padre anche di questo. È solo rimandata meine liebe, risolverò i problemi nel minor tempo possibile e tornerò prima di quanto pensi. Potrai passare ancora del tempo con tua zia in Francia e ti scriverò quando potrò» la rincuorò avvicinandosi e sedendo sul bordo del letto.

Non interruppe mai la connessione dei loro sguardi e posò due dita sotto il mento della ragazza per poter ammirare il colore dei suoi occhi da più vicino.

Diedrich non aveva mai dovuto consolare qualcuno se non sua madre quando era ancora molto piccolo e suo padre era morto da poco. Con la morte anche di sua madre, però, aveva totalmente accantonato la voglia di rassicurare qualcuno e si era dedicato unicamente ai suoi obiettivi. Diedrich non voleva che nessuno si affidasse a lui o dipendesse dalla sua persona, perché lui non voleva dipendere da nessuno. 
Sino a quando non conobbe Kathrein, però, per la quale sentiva la necessità impellente di sostenerla e farle capire che molte delle cose che faceva erano soprattutto per il loro futuro.

«Ti aspetterò» quella promessa risuonò dalle labbra della ragazza e apparve forte e possente, come il suo sguardo che trasudava amore e determinazione. Riecheggiò con veracità tra di loro, aleggiando nella stanza come un incantesimo che non poteva essere spezzato.

Diedrich alzò un angolo della bocca in un sorriso accennato e le accarezzò una guancia. Indugiò un attimo con lo sguardo sulle sue labbra e senza attendere oltre, poi, le fece unire con le sue in una fusione di promesse e aspettative.

Kathrein ritornò con la mente al presente e si chiese se fossero le sue le truppe che avevano invaso la Polonia, se stesse bene e se fosse a conoscenza della guerra e dei piani di Hitler da molto tempo.

Forse era proprio per questo che era così felice di essere rinviato a Est. Avrebbe potuto partecipare operativamente al riscatto tedesco.

Si chiese se fosse così sicuro che questa volta la Germania avrebbe vinto, se agisse lucidamente o solo guidato dai piani di un folle o dal desiderio di potere che, in cuor suo, sapeva essere implacabile in Diedrich.

Si chiese ancora se lo scoppio del conflitto fosse il motivo per cui ultimamente la loro corrispondenza era diventata sempre più difficile e le notizie che lui le mandava sempre più sporadiche.

Forse lui sapeva ancor prima di partire, quel pomeriggio trascorso insieme, che non sarebbe tornato poi così presto e che la guerra sarebbe tornata drammatica nelle vite di tutti.

Kathrein si sentiva quasi tradita da quell'omissione e la consapevolezza che le loro esistenze sarebbero state limitate da una nuova sanguinolenta battaglia le contorceva lo stomaco in spasmi incontrollabili.

Il cuore le palpitava rabbioso nella gabbia toracica, ma poi ricordò la promessa di quel giorno e la certezza con cui aveva pronunciato quelle parole. Sarebbe tornato da lei e avrebbero dimenticato la furia omicida che l'invasione tedesca stava scatenando. O almeno sperava.

Abbassò lo sguardo sul tavolo e, mentre Meredith si ricomponeva asciugandosi le lacrime, notò una scatola dalla forma rettangolare e dal colore blu elettrico poggiata sul tavolo. Prima nel trambusto non l'aveva neanche vista.

«È per te, è arrivata questa mattina»

La aprì immediatamente senza pensarci troppo e al suo interno vi scoprì un meraviglioso collier di diamanti tempestato da zaffiri. 
Un biglietto scritto con una grafia elegante ed ordinata le fece intuire immediatamente il mittente.

È perfetto con i tuoi occhi.

A presto,
Diedrich.

Recitava solamente il pezzo di carta macchiato dall'inchiostro. Il messaggio era asettico come lo era anche Diedrich. Può sembrare strano da una ragazza di appena 24 anni, ma Kathrein non sognava la favola del principe azzurro come tutte le sue coetanee. Diedrich era un militare e lei stessa non era abituata alle smancerie. Il loro rapporto non si basava sulle paroline dolci, ma sulle promesse concrete e questo bastava a entrambi per non perdersi mai nemmeno nei momenti di mancanza piu difficili.

"A presto"

Rileggeva quelle due parole quasi perforando il foglio con lo sguardo, interrogandosi sulla concezione temporale che Diedrich aveva di quell'affermazione.

Non lo vedeva da ormai sei mesi e l'ultima volta che era tornata a Berlino era stata costretta a passare noiosissimi pomeriggi con sua madre e le sue amiche, pensando che la città fosse ancora più grigia senza la sua compagnia e le loro chiacchierate. Diedrich era molto più colto di quanto servisse per essere un militare e, infatti, molti suoi colleghi erano rozzi e poco interessanti.

Lei, invece, nonostante avesse passato metà della sua vita a studiare, aveva sempre qualcosa di nuovo da imparare da Diedrich e dai racconti dei suoi viaggi.

«Il tuo uomo deve essere avanzato di molti gradi se ti fa regali del genere» la voce della governante arrivò ovattata alle sue orecchie e Kathrein si accorse solo allora che fosse ancora lì.

Meredith era una signora molto dolce e gentile, ma era davvero una pettegola irrecuperabile e questo non poteva che divertire Kathrein.

«Sì ne sono sicura» mormorò con non troppa felicità, ma ugualmente fiera del suo fidanzato «Sa quel che vuole e ammiro la sua dedizione nel perseguirlo e ottenerlo» finì semplicemente chiudendo il discorso.

Quella scatoletta inaspettata le aveva fatto piacere e le aveva aperto una porta sulla felicità. Non per la bellezza del gioiello in sé, ma per la certezza che Diedrich stesse bene e la pensasse nonostante il tempo, la distanza e tutte le belle ragazze che, era più che certa, gli gravitavano attorno.

Passò in rassegna anche la posta e, oltre le innumerevoli lettere dei nipoti di sua zia, vide che c'era una busta per lei.

Proveniva da Berlino. Il timbro postale, seppur sbiadito, era riconoscibilissimo dalla scritta "Deutsches Reich" del francobollo.

Aprì la busta e lesse tutto d'un fiato ciò che suo padre aveva da comunicarle, senza interrompere o fermarsi un attimo.

Ciò che lesse, però, la lasciò confusa e interdetta. Il contenuto di quella busta era destinato a cambiare, inevitabilmente, un pezzo della sua vita. Per poco la lettera non le cadde dalle mani e fu costretta a rileggere più volte alcuni righi per catturarne il concetto.

Improvvisamente ciò che per anni era stata la sua vita adesso le veniva strappata così ferocemente. Il corso della guerra la stava già cambiando e stava condannando ogni suo sforzo, sacrificio e speranza nei cassetti più oscuri di un futuro irrealizzabile.

_______________________________

*rassenschande era il termine con cui i nazisti indicavano il reato commesso dai traditori della propria razza, cioè gli ariani che mischiavano il proprio sangue attraverso rapporti sessuali con gli ebrei.

Eccomi quii, come state?
Innanzitutto vorrei ringraziare chi segue la storia in silenzio e soprattutto chi mi ha lasciato un parere personale. Per me vale davvero tanto visto che è la mia prima storia di questo genere e devo ancora imparare molte cose sia storicamente che stilisticamente. 
Questo primo capitolo mostra un po' di più sulla vita di Kathrein in generale. Racconta qualcosa del suo passato, spiega cosa è successo negli otto anni che lo separano dal prologo e c'è anche uno spaccato di vita quotidiana con Schneider che, dopo quella sera, è diventato più che un semplice conoscente. 
I personaggi nelle gif mostrano un po' come io me li immagino, ma ovviamente ognuno può immaginarli nel modo che più preferisce. 
Grazie ancora per leggere le mie follie e fatemi sapere cosa ne pensate. 
Vi mando un bacio grandissimo, a presto. 
HeyC😘

  
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