Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    06/07/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il sacrificio

Joyce si gettò sul letto, esausta. Le aveva provate tutte e aveva fallito. Se Gono aveva ragione, l'unico modo per liberarsi della maledizione era trovare un guaritore o uccidere Fennir.
Non poteva rivolgersi a un guaritore senza sollevare domande scomode e non voleva commettere un omicidio.
Che altre soluzioni aveva?
Poteva scappare, ma non sarebbe andata lontano. Entro due giorni la maledizione l'avrebbe uccisa in ogni caso tra dolori lancinanti.
Forse la sentenza per pratiche magiche contro natura sarebbe stata più veloce della maledizione.
Quei processi potevano durare a lungo. Nel frattempo l'avrebbero curata o solo tenuta in vita giusto fino alla sentenza? Quanto avrebbe sofferto?
E quanto avrebbe sofferto la sua famiglia?
E Vyncent?
Lui avrebbe sofferto quanto gli altri o di più?
Aveva rovinato tutto.
Se non si fosse messa in testa di giocare con poteri più grandi di lei non sarebbe successo niente di tutto questo.
Voleva tornare indietro e buttare quel maledetto libro, strapparlo e darlo alle fiamme.
Si asciugò le lacrime e si alzò dal letto. Piangere era inutile. Tanto valeva andare subito da suo padre e confessare tutto. Almeno si sarebbe tolta un peso.
Sì, avrebbe fatto così, era la cosa giusta. Il re doveva saperlo per primo. Lei avrebbe accettato il suo volere.
Non c'era altro da fare.
Andò alla porta e l'aprì.
"Speravo che fossi qui" disse Fennir, in piedi di fronte alla sua stanza.
Joyce non comprese subito.
Lo stregone sollevò il braccio e le puntò la lama alla gola. "E ora noi due faremo un bel discorso."
Joyce indietreggiò, la lama appoggiata alla gola.
Fennir entrò e chiuse la porta. "Non urlare o dovrò farti male."
Joyce non sapeva se essere terrorizzata o sollevata.
Alla fine Fennir l'aveva riconosciuta. Per qualche motivo non l'aveva denunciata e adesso era venuto a fare giustizia. Almeno sarebbe stata una cosa rapida a giudicare dalla sua espressione.
"Mi dispiace" riuscì a dire.
"Dispiace di più a me" disse Fennir. "Ma ora devi stare zitta. Ti dirò io quando puoi parlare."
Joyce si azzittì. Sentiva il freddo della lama premere sulla sua gola. La mano dello stregone sembrava ferma.
Cosa stava aspettando?
"Tra poco dovremmo esserci" sussurrò.
Ci fu un rombo distante seguito da una lieve scossa che fece tremare le pareti.
"È il momento di andare" disse afferrandola per un braccio e spingendola verso la porta.
Joyce si ritrovò nel corridoio. Dietro di lei Fennir la spingeva con la mano. La sua presa era dolorosa.
C'era del fumo nel castello e puzza di bruciato. Sentiva grida e rumori di passi distanti ma non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
"Fermati" le ordinò lo stregone.
Joyce ubbidì.
Due guardie arrivarono di corsa. Una rallentò per guardare meglio, allora Fennir sollevò il braccio ed esplose due dardi magici contro il petto del soldato.
L'uomo stramazzò al suolo.
L'altro tentò di estrarre la spada ma venne raggiunto da un dardo al petto e crollò senza vita.
"Se non avesse rallentato sarebbe ancora vivo" disse lo stregone costringendola a superare i corpi dei due soldati.
Joyce non capiva cosa stava succedendo, ma le cose non stavano andando come pensava. Se era possibile, stavano andando anche peggio.
Fennir la condusse in un'ala adiacente al padiglione riservato agli alloggi della famiglia reale.
Si muoveva a suo agio per i corridoi, come se li conoscesse a memoria.
"Fermati."
La costrinse ad appiattirsi contro la parete.
Due soldati salirono su per le scale e passarono oltre ignorandoli. Almeno questa volta l'incontro non si era trasformato in un bagno di sangue.
Fennir la trascinò giù per le scale e poi per un lungo corridoio, alla fine del quale sbucarono nelle cantine del palazzo.
Era una antro buio dove Joyce non era mai scesa prima di allora. C'era odore di muffa e putrefazione. Decine di botti di vino erano allineate lungo le pareti.
Fennir la guidò fino a una porta di legno e l'aprì.
L'aria fresca dell'esterno fu un toccasana per Joyce dopo l'atmosfera pesante delle cantine. Uscendo si ritrovarono nei giardini, in una zona dove erano stati piantati alberi dall'ampio fusto. C'erano solo le stelle a squarciare il buio.
Joyce stava cominciando a capire. Quella non era una esecuzione, ma un rapimento. Fennir la stava portando da qualche parte. Ovunque fossero diretti, lei era sicura di non volerci andare, anche se l'alternativa era la morte.
Doveva lottare, si disse.
Fennir era uno stregone esperto e lei non aveva alcuna speranza contro di lui, ma aveva la sorpresa dalla sua parte.
"Dove mi stai portando?"
Fennir serrò la presa sul braccio. "Ti ho forse dato il permesso di parlare?"
"Ti prego, non farmi del male."
"Stai tranquilla. Lord Malag ti vuole tutta intera."
Joyce finse di inciampare e si liberò della presa di Fennir.
Lo stregone si chinò per afferrarla e allora Joyce divenne invisibile. Rotolò di lato sottraendosi a un esterrefatto Fennir.
Quando si rialzò aveva nella mano un dardo magico pronto a colpire.
Fennir girò la testa di scatto. I suoi occhi luccicavano al buio.
Joyce sollevò il braccio e lasciò partire il dardo.
Troppo tardi!
Fennir evocò uno scudo magico e deviò il colpo. Nella sua mano apparve un dardo. "Chi sei?" domandò.
Joyce si spostò di lato. Aveva un dardo già pronto a colpire, ma Fennir la seguiva con i suoi occhi che potevano vedere l'invisibilità.
"Eri tu che ci spiavi alla riunione?"
Joyce non rispose. Ma che importanza poteva avere per Fennir? Ormai era inutile continuare quel gioco. Uscì dall'invisibilità e si mostrò allo stregone. Per la prima volta non si stava nascondendo dietro il volto di Sibyl. Era lei la maga.
Lo stregone parve divertito. "Lord Malag ha cambiato i suoi piani? Non mi ha avvertito. Stai tranquilla, il tuo segreto verrà nella tomba con me."
Joyce non capì subito cosa stava accadendo. E non si avvide dell'ombra che era apparsa dietro Fennir e correva contro di lui.
Il riflesso di una lama balenò nel buio. "Lasciala stare" urlò una voce.
Joyce vide Mythey sbucare dall'ombra, la spada sollevata sopra la testa e pronta a calare contro Fennir.
Lo stregone si voltò di scatto ed evitò il primo affondo.
Mythey si raddrizzò e tentò di colpirlo con un fendente, ma Fennir con innaturale agilità evitò anche il secondo attacco e balzò indietro di una decina di passi.
Mythey si preparò a caricare di nuovo, ma stavolta Fennir era pronto. Puntò contro il vecchio cavaliere il braccio e fece partire un dardo magico.
Mythey venne passato da parte a parte.
Joyce sobbalzò e gridò alla vista del cavaliere che veniva ferito.
Mythey continuò ad avanzare.
Fennir alzò il braccio e con tutta calma esplose un altro dardo colpendo il cavaliere all'addome.
Mythey si piegò in due ma non crollò. Con le ultime forze, sorreggendosi su gambe malferme, alzò la spada sopra la testa.
Fennir sollevò il braccio e con espressione annoiata colpì il cavaliere per la terza volta.
Mythey crollò al suolo insieme alla sua spada.
Joyce si accovacciò accanto a lui. "Mythey" disse con voce rotta dal pianto. "Mi dispiace." Non riuscì a dire altro mentre il cavaliere esalava l'ultimo respiro tra le sue braccia. "Perché?" chiese rivolta allo stregone.
"Ha scelto lui di morire" disse Fennir con aria gelida. "Ti lascio alla tua missione. Lunga vita a Lord Malag."
"Dove vai così di fretta?"
Bryce apparve dall'altra parte del giardino. Indossava la sua tunica del circolo di Valonde e il suo volto era una maschera di rabbia.
"Bryce?" Joyce era sorpresa di vederla lì.
Fennir la guardò stupito.
"Prima dell'esplosione ho notato che sei sparito" disse Bryce. "E in questi giorni mi sono accorta che te ne andavi in giro per il castello. Stavi studiando il tuo percorso di fuga?"
Fennir ghignò.
"E la spia era solo un modo per distogliere la nostra attenzione dal tuo vero obiettivo, immagino" aggiunse Bryce.
Fennir, come aveva promesso, mantenne il segreto su Joyce. "Hai vinto tu, strega."
"Perché l'hai fatto?" chiese Bryce. "Sei uno stregone anziano del circolo. Tutti ti rispettano."
"Da tempo prepariamo il ritorno di lord Malag" spiegò Fennir. "Da prima che tu nascessi. All'epoca ero solo un giovane e inesperto stregone."
"Hai sempre finto?"
Fennir annuì. "In verità mi disgustate. Tutti voi. È stata una sofferenza immane sopportarvi per tutti questi anni. Sono felice di essere stato scoperto. Allevia il mio fardello."
"Ne ho abbastanza" disse Bryce evocando due dardi magici, uno per ogni mano. Li lanciò verso Fennir, che evocò lo scudo e li deviò.
Bryce si gettò in avanti e con una capriola raggiunse Joyce, impietrita per la sorpresa, proteggendola con lo scudo magico.
Fennir ne approfittò per voltarsi e scappare.
"Ci penso io a lui" disse Bryce. "Tu resta qui."
Joyce ubbidì. L'eco della battaglia tra Bryce e Fennir si affievolì mentre si allontanavano. Poteva immaginare i due lottare a colpi di dardi magici e altri incantesimi.
A un certo punto dagli alberi si levò un grido e poi ci fu silenzio.
Bryce tornò qualche minuto dopo. "È finita" disse accovacciandosi vicino alla sorella.
Joyce non riuscì a trattenere oltre le lacrime.
 
Si scoprì che al momento dell'esplosione Mythey era corso verso la stanza di Joyce. Il vecchio cavaliere, ubbidendo a un istinto atavico, aveva fatto il suo dovere fino in fondo. Trovando la porta di Joyce spalancata, aveva seguito la scia di sangue lasciata da Fennir e con un po' di intuito li aveva raggiunti nel giardino.
Bryce aveva seguito un altro percorso. Dopo l'esplosione aveva cercato Fennir, ma non trovandolo aveva pensato di perlustrare i giardini mentre tutti erano impegnati altrove.
Il sacrificio di Mythey e l'intelligenza di Bryce avevano impedito a Fennir di portare a termine il suo piano.
"Lord Malag deve essere disperato se cerca di rapire una ragazzina" disse Persym.
"Il suo era un piano senza rischi" disse Roge. "Joyce non ha poteri e non poteva opporsi. Poverina. Se avesse tentato di rapire uno di noi avrebbe avuto pane per i suoi denti."
Tutti concordarono con la ricostruzione di Persym e le parole di Roge.
Joyce aveva ancora negli occhi il povero Mythey. Gliene aveva fatte passare tante, con i suoi capricci e le sue proteste e lui aveva dato la sua stessa vita per proteggerla.
Si sentiva così in colpa.
Non era stata in grado di proteggerlo quando c'era stato bisogno. Gli altri potevano anche pensare che era una debole e patetica ragazzina nata senza poteri magici, ma lei sapeva di averli. Li aveva imparati e fino a quel momento ne aveva ricavato soltanto guai.
Con la morte di Fennir la maledizione era sparita del tutto. Già poche ore dopo la macchia era regredita a tal punto da essere solo un alone sbiadito sulla pelle.
Era l'unica nota positiva di quella drammatica serata.
Il resto erano solo brutte notizie.
Dodici guardie erano morte, dieci delle quali nell'esplosione provocata da Fennir. Due stregoni erano gravemente feriti. Parte dell'ala est del palazzo era inagibile per chissà quanto tempo.
Il re era adirato con se stesso e i suoi uomini di fiducia.
Nonostante ciò, aveva presenziato egli stesso ai funerali dei caduti. Soprattutto quello di Mythey.
"Il suo corpo riposerà nella cripta di famiglia" sentenziò alla fine della cerimonia. Poi convocò Oren per parlargli.
Non aveva idea di cosa si fossero detti, ma al termine dell'incontro il re gli aveva proposto di prendere il posto di Mythey.
Oren aveva accettato. Joyce l'aveva visto una sola volta e non aveva osato avvicinarsi a lui. Era troppo grande il senso di colpa che provava.
Oren era tornato ai suoi alloggi e vi era rimasto per sistemare le sue cose e quelle dello zio.
L'ultimo atto di quella lunga giornata fu l'ordine di suo padre di chiudere il castello a chiunque. Nessuno sarebbe potuto entrare senza il suo esplicito ordine.
Nei giorni seguenti molti messaggeri partirono dal palazzo e altrettanti ne arrivarono con le risposte alle missive.
Joyce rimase per quasi tutto il tempo in camera sua a sistemare alcune cose. Nascose in un armadio il mantello e il libro che aveva rubato al circolo di Valonde. Studiò un nuovo incantesimo dal compendio di Lacey e decise che avrebbe imparato tutto quello che poteva sugli incantesimi. Non era sufficiente conoscerne di nuovi. Doveva sapere tutto su quelli che avrebbe potuto incontrare. Fennir l'aveva quasi smascherata con la sua vista speciale. Non doveva più accadere. Da qualche parte, nel compendio, sapeva che esisteva un incantesimo che le avrebbe permesso di superare quell'ostacolo e molti altri. Se per gli stregoni era una questione di nascita e d'istinto, per lei sarebbe valsa la regola opposta: studio e dedizione.
E poi, la mattina del giorno dopo, Vyncent tornò dalla sua missione segreta.
 
Appena arrivato Vyncent fece rapporto al re. Restarono chiusi nello studio per quasi un'ora, tempo che Joyce passò attendendo impaziente.
Al termine della riunione Vyncent andò da lei.
"Sei andato via senza dirmi niente" lo rimproverò.
"Mi spiace, ma non potevo parlarne con nessuno" si giustificò lui."
"Ma a Bryce sì."
"È diverso" cercò di spiegarle.
Joyce decise che le scuse bastavano. Era troppo felice di rivederlo tutto intero. "Posso almeno sapere se è stato un successo?"
Lui sorrise. "Assolutamente. Joyce, la guerra potrebbe finire tra poche settimane, se siamo fortunati."
"Sarebbe meraviglioso" disse Joyce.
Poi Bryce informò Vyncent  di quanto era accaduto in sua assenza.
"Non mi è mai piaciuto quel tizio" disse dopo essersi assicurato che Joyce stesse bene. "Ed è una fortuna che tu fossi lì, Bryce."
"Gran parte del merito è di Mythey" rispose lei.
"È lo zio di Oren, vero?" domandò Vyncent.
Joyce avvertiva una fitta allo stomaco ogni volta che glielo ricordavano. Annuì.
"Non ha altri parenti?"
"Credo sia solo al mondo, adesso" ammise Bryce.
"Questo è davvero terribile. Andrò a parlargli per ringraziarlo. In fondo ora prenderà il suo posto, no? Almeno per un po'."
Quell'ultima frase ricordò a Joyce una cosa. "Non hai ancora parlato con mio padre..."
"Gli parlerò non appena ne avrò l'occasione, promesso" rispose lui. "Ho già chiesto un'udienza per domani."
"Bene, perché oggi faremo una cena nei giardini."
"Prima voglio cambiarmi e poi andrò da Oren. La cena può attendere."
 
Oren non avrebbe mai dimenticato la notte più lunga e terribile della sua vita, almeno fino a quel momento.
Era tornato dalla sua uscita con Sibyl spossato, esausto. Era così stanco che si era addormentato appena toccato il letto.
Fu l'esplosione a svegliarlo.
"Cosa?"
Suo zio Mythey era già in piedi. Condividevano l'alloggio fin da quando era arrivato al castello. "Resta qui" disse afferrando la spada.
Oren fece per alzarsi.
"Niente rischi inutili" disse lo zio.
Quella fu l'ultima volta che lo vide in vita.
Ore dopo le guardie portarono il corpo di Mythey dai guaritori in modo che lo preparassero per la sepoltura.
Il re aveva ordinato che riposasse nella cripta di famiglia dopo i funerali.
Oren presenziò indossando il suo abito migliore, l'uniforme che lo zio gli aveva procurato qualche giorno prima per la loro visita alla città.
Le guardie gli avevano restituito la spada e il mantello che lo zio aveva indossato quella notte. Oren li ripose entrambi in un baule.
Dopo il funerale vene dispensato da ogni obbligo. Il re lo fece convocare nel suo studio poco dopo pranzo.
Era la prima volta che gli parlava.
"Siediti" disse re Andew indicando una delle sedie.
Oren ubbidì.
Il re sembrava rattristato. "Ho conosciuto tuo zio durante un viaggio. All'epoca lui era un mercenario, come tutti i guerrieri provenienti dalla tua terra. Noi davamo la caccia a uno stregone fuorilegge di cui non ricordo nemmeno il nome. Eravamo in tre, ma ci servivano dei soldati per fare la guardia all'accampamento. Così ingaggiamo dei mercenari, tra i quali tuo zio. La prima notte il fuorilegge ci attaccò. Nel frattempo aveva radunato una bella banda con un paio di streghe e stregoni. Ce la vedemmo brutta. Eravamo circondati e in inferiorità numerica. I mercenari scapparono via non appena videro volare i primi incantesimi. Tuo zio fu l'unico a rimanere. Mi coprì le spalle fino a che non riuscimmo a respingere l'attacco. Pochi giorni dopo catturammo lo stregone fuorilegge e la sua banda. Fu allora che decisi si portare tuo zio con me e lo elevai al rango di cavaliere."
Oren ascoltò in silenzio tutto il racconto.
Re Andew sospirò. "Un re ha molti sudditi, qualcuno più fidato e altri meno. Può avere una moglie più o meno devota e una famiglia, ma avrà sempre pochi, veri amici. Tuo zio era uno di quelli. La sua spada ora è la tua. Anche il suo posto è tuo, se lo desideri."
Oren cercò di usare le parole giuste. Non aveva mai parlato a un re. "Non so se ne sono capace."
"Questo ce lo dirà il tempo, ma se hai la metà del coraggio e del senso dell'onore di tuo zio, per me è già abbastanza."
Oren accettò l'offerta. Il re lo congedò e poté tornare al suo alloggio.
Si stava preparando per la sera quando bussarono alla porta.
Quando aprì si ritrovò di fronte lo stregone dai capelli color platino.
Vyncent.
Suo zio aveva insistito perché imparasse a memoria i nomi di tutti quelli che frequentavano il palazzo, la famiglia del re o la principessa.
"Vostra grazia" si affrettò a dire.
"Evitiamo questa formalità, Oren. Vorrei che mi chiamassi Vyncent."
"Mio zio non sarebbe d'accordo..."
"Devoto fino alla fine. È un tratto di famiglia. Ti va di fare due passi?"
Oren annuì.
Parlarono mentre passeggiavano nei giardini.
"Avrai saputo che tengo particolarmente alla principessa, no? Mi riferisco a Joyce."
Oren aveva sentito delle voci. Qualcuno aveva notato gli sguardi e gli incontri sotto ai gazebo. Nel palazzo si parlava di un fidanzamento imminente. Suo zio gli aveva detto di ignorare le voci e concentrasi sulle sue mansioni e così aveva fatto. Per senso di cortesia annuì.
"Per molti mesi ancora, finché la guerra non sarà finita, la sua vita sarà nelle tue mani e in quelle di poche altre persone. Mi occuperei di persona della sua sicurezza, ma non sarebbe... onorevole, non so se riesci a capirmi."
Oren ci riusciva.
Era stata una delle prime domande che aveva fatto a suo zio. "A cosa serviamo noi, se gli stregoni sono così forti?"
"Oren, tu non conosci queste persone" aveva risposto Mythey assumendo il tono di chi tiene una lezione. "Entrambi veniamo da una terra in cui la stregoneria non esiste, ma io ho vissuto a lungo in mezzo a loro. Uno stregone non è un soldato di ventura o un mercenario. Anche quando fa parte di uno dei loro circoli non è vincolato da nessun giuramento. Certo fino a che resta nel circolo deve rispettare i suoi confratelli, ma non fanno voto di ubbidienza totale. Sono dei guerrieri scelti, il meglio che si possa trovare nei tre continenti. Se a uno di loro venisse ordinato di fare da balia a una ragazza, seppure la figlia del loro re, si sentirebbero mortalmente offesi. È gente che manipola le forze della natura, non possono degradarsi a fare simili lavori."
"E come possiamo difendere la principessa o noi stessi se uno stregone davvero potente ci attacca?"
"Nessuno stregone, per quanto forte, attaccherebbe la figlia di re Andew. A meno che non sia pazzo. Il nostro re è uno degli stregoni più forti al mondo e si suoi figli sono i suoi degni successori."
Si sbagliava. Esistevano stregoni abbastanza folli da provarci. Fennir era uno di questi e aveva finito per ucciderlo.
Suo zio non aveva esitato a sguainare la spada davanti a morte certa pur di compiere fino in fondo il suo dovere. Lui sarebbe stato capace di fare lo stesso?
"Se qualcuno facesse del male a Joyce ne soffrirei moltissimo" proseguì Vyncent. "Anche tu avrai delle persone care a cui tieni, no?"
Oren annuì di nuovo. Aveva un paio di zie e di conoscenti che abitavano nelle sue terre, ma nessun vero legame profondo. "In effetti ci sarebbe una persona..."
Il viso di Vyncent si illuminò d'interesse. "Bene. È un'ottima cosa. Perché non me ne parli?"
Oren si stava già pentendo di quello che aveva detto. Ma che gli era saltato in mente? "Io non credo che interesserebbe a vostra grazia..."
"Vyncent" lo corresse lui.
"Vyncent."
"Si tratta di una ragazza?"
Oren arrossì.
Vyncent sorrise. "Lo immaginavo. Con me puoi parlarne. Ormai siamo amici, giusto?"
Oren non pensava a lui come un amico, ma non voleva offenderlo, perciò decise di fornirgli qualche dettaglio. "Sì, è una ragazza. Ma non deve parlarne con nessuno."
"Sul mio onore" disse Vyncent mettendosi la mano sul cuore. "Che tipo di persona è?"
"Interessante" rispose mantenendosi sul vago.
"Solo?"
"È intelligente, è arguta, è intrepida e non ha paura di niente."
"Sembra davvero una persona eccezionale" convenne Vyncent. "Ha anche un nome?"
Oren sospirò. "Sibyl."
"Non è molto comune a Valonde."
"Infatti viene dal vecchio continente."
"Ragazza affascinante da un luogo esotico. Sei molto fortunato, Oren. Ti auguro di avere ogni fortuna con lei."
"Non credo di avere molte speranze."
"Se mai ti servisse un consiglio e io fossi nelle vicinanze, non esitare a venire da me, intesi? Dico sul serio."
"Lo terrò a mente."

NOTA
Da oggi in poi i capitoli saranno più lunghi e distanziati di qualche giorno.
Fatemi sapere se la novità vi piace o meno :)


Prossimo Capitolo: Domenica 9 Luglio
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor