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Autore: in rotta per il paradiso    07/07/2017    2 recensioni
Cecco e Max sono due ragazzi figli della strada. Sono cresciuti tra risse e droga e ne sono diventati campioni. L'unica cosa che può salvare Max è la piccola Benedetta, la sorellina del suo migliore amico. E quando tutto sembrava​ andare bene, qualcosa li travolge.
Dedicato a coloro che hanno qualcosa per cui vivere e talvolta anche per morire...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Benedetta detestava la sala d'attesa degli ospedali più di qualsiasi altra stanza. Le incuteva ansia e le provocava uno stato mentale agitato, forse causato da tutto quel bianco asettico che la circondava oppure dall'odore pungente del disinfettante. Odiava di meno quella stanza quando non era sola, poiché smezzava gli stessi stati d'animo con il fratello maggiore, quindi avvertiva di meno quel forte senso d'impotenza che la opprimeva. Quel pomeriggio nessuno sarebbe andato a trovare Max in ospedale, chi per un motivo e chi per un altro, tuttavia lei non voleva correre il rischio che lui si svegliasse e non trovasse nessuno; a tale scopo aveva falsificato la firma della madre che “autorizzava la figlia ad uscire un'ora prima da scuola per una motivazione famigliare.”
Con i mezzi pubblici aveva impiegato un'ora e mezza per raggiungere la clinica e ora era lì ad attendere l’apertura dell'orario delle visite per i conoscenti e gli amici.
Un'infermiera con il camice verde le domandò se stesse aspettando per vedere qualcuno, la ragazzina acconsentì e le comunicò il nome dell'interessato.
«È il tuo ragazzo?»
A quella domanda, Benedetta abbassò lo sguardo affranta e imbarazzata. «No, è solo il mio migliore amico e quello di mio fratello…» le rispose accennando un sorriso.
«Penso di aver capito di chi stai parlando. Sai, dovresti aprirgli il tuo cuore… Lui percepisce ciò che gli accade intorno e magari la tua confessione potrebbe donargli la volontà di aprire gli occhi».
Non rispose, intenta a pensare a come tutti riuscissero così facilmente ad individuare i suoi sentimenti più reconditi per Massimiliano.
«Come hai fatto a capirlo?»
«Cosa, tesoro?» le disse l'infermiera confusa.
«Che gli voglio bene…»
La donna, la quale non poteva avere più di trentacinque anni, abbozzò un sorrisetto.
«Dagli occhi malinconici che hai. Dicono che sono lo specchio dell'anima ed è vero. Quando mi hai risposto che era il tuo migliore amico, sembrava stessi convincendo solo te stessa, sembrava che ti stessi rassegnando. Non farlo, dagli una possibilità…»
Erano giunte davanti la porta della camera di Max, l’infermiera la salutò e Benedetta entrò.

Massimiliano era steso sulle lenzuola bianche ed era coperto fino al busto da una trapunta leggera bianca. L'idea che lui potesse svegliarsi e vedersi circondato dall'unico colore che detestava per poi imprecare, strappò un sorriso dalle labbra della ragazza. Anche in quelle condizioni, pensò che fosse bellissimo: i capelli castani erano arruffati, le palpebre erano serrate e impedivano la vista delle iridi scure che, grazie alla luce, si schiarivano divenendo brillanti, la pelle pallida gli concedeva un fascino quasi nobiliare, inoltre metteva in risalto il colore rosato della bocca carnosa. Per lei, nessun ragazzo era alla sua altezza né mai lo sarebbe stato.
Accanto al muro era adagiata una sedia di legno, la prese e l'avvicinò al letto. Aveva condotto delle ricerche sulla sua condizione ed era venuta a conoscenza che bisognava farlo reagire agli impulsi esterni per velocizzare il suo processo di ripresa.
«Ciao Max, oggi solo io sono riuscita a venire a trovati, però non devi rimanerci male. Sentiamo tutti la tua mancanza… Sono cambiate tante cose da quando sei qui: Cecco è a pezzi, il suo mondo non ha senso se non sei con lui; i tuoi genitori sono sempre qui fuori, aspettano che tu apra gli occhi. In realtà, è l'unica cosa che aspettiamo tutti…».
La voce di Benedetta s'incrinò per lasciare libero sfogo ai singhiozzi. Nel vederlo così inerme e indifeso, le si spaccava il cuore.
«Che stupida! Dovrei darti la forza di svegliarti e invece non sono capace di fare niente. Perdonami…» gli disse tra le lacrime.
Appoggiò la propria mano su quella più grande di Max e la fronte sul suo braccio, nell'intento di coprirsi il volto. Inspirò ed espirò cercando di calmarsi e con il dorso della mano si asciugò il viso.
«Sai, ho seguito il tuo consiglio. Ho deciso di cambiare scuola, ho finalmente scelto qual è la mia strada. Diventerò medico e salverò molte vite! Riusciremo a cambiare strada io, te e Cecco».
La ragazza sembrò trovare nuovamente il buonumore mentre gli raccontava la sua novità. In quel frangente, le loro dita rimasero strette l'una alle altre; come fosse la cosa più semplice del mondo incastrare le loro dita, i loro cuori, la testa di lei sulla spalla di lui… D'altronde l'amore nient’altro è se non un gioco a incastro…
Il silenzio occupò la stanza e il cuore di Benedetta iniziò a battere freneticamente. L'unico motivo che la spinse a volergli confidare i suoi sentimenti, fu la speranza che si potesse svegliare.
«Sono mesi che mi pento di non avertelo detto, magari se te lo avessi fatto notare sarebbe andata diversamente… È impossibile, lo so, però…»
Benedetta abbassò lo sguardo sulle loro mani, sognando che potessero rimanere così tutta la vita.
«La verità è che ti amo…» gli disse in un sussurro.
Sperò che questo bastasse, tuttavia non bastò e gli occhi di Max rimasero chiusi, mentre lei scoppiò in lacrime. Per un attimo, uno solo, le sembrò che le sue dita venissero strette più forte, però non diede peso a quel gesto frutto della sua fantasia. Forse...
   
 
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