10
Vincere e Perdere
Il pubblico rumoreggiava,
trepidava elettrizzato e feroce in attesa che il combattimento
cominciasse. Erano tutti assembrati ai margini del palco, spettatori e
combattenti, a uno o due passi dalle linee rosse. Persino l'arbitro si
teneva a debita distanza.
L'odore di sudore, sangue, vomito e umidità era
così intenso da farle girare la testa, le invadeva la gola e
le narici privandola dell'ossigeno necessario per essere lucida. Zahra
le girava attorno, fissandola con i suoi occhi di bragia,
più rossi delle linee di delimitazione, più scuri
del ferro ossidato. Nemeria la seguiva con la coda dell'occhio, i pugni
ben alzati a proteggere il viso e i gomiti vicini al corpo. Non era
brava a fare a botte, le poche volte che non era riuscita ad evitare il
conflitto ne era sempre uscita perdente. Non era una guerriera.
- Cosa preferite? - Zahra aprì le braccia e
incitò il pubblico, - Volete che la massacri a suon di pugni
come semplice Alatfal'yl o volete che sfoderi il mio potere? -
- Potere! -
- Vogliamo vedere i Dominatori! -
- Ho pagato per vedere i Dominatori, non due mocciose che si prendono a
schiaffi! -
- E sia. - sibilò Zahra suadente e si scrocchiò
il collo.
Com'era successo quel pomeriggio, la pelle si spaccò e venne
sostituita dallo strato di rocce nere, che, come creature piccole e
indipendenti, presero a moltiplicarsi, sdoppiandosi e ammassandosi
sulle mani fino a costituire dei guanti di pietra. D'istinto Nemeria
indietreggiò.
- Hai paura? - Zahra riprese ad ancheggiare attorno a lei, gli occhi
che brillavano nella semioscurità, - Non ti preoccupare,
fiammella, non ti ucciderò. È contro le regole. -
Un altro passo indietro. Alcuni tra il pubblico fischiavano, sputavano
insulti. Nemeria si sforzò di ignorarli e al tempo stesso
tentò di ricordare le lezioni di lotta di Fakhri, le sue
raccomandazioni, i suoi consigli.
Non vide arrivare il pugno. Si ritrovò a terra, la guancia
contro la pietra e il sapore del sangue, del suo sangue, in bocca.
- Cazzo, che colpo. -
- Zahra, vacci piano o la rompi davvero. -
- Macché, continua così! -
La prima voce scoppiò in una risata sguaiata, e le altre la
seguirono a ruota. Nemeria si puntellò sulle ginocchia, fece
forza sulle braccia per mettersi a carponi e strinse i denti. Le faceva
male tutta la faccia, ogni singolo centimetro di pelle era in fiamme.
- Sono sorpresa, pensavo non ti rialzassi più. -
Zahra l'afferrò per la spalla e la costrinse a inarcarsi. Il
respiro era spezzato e la vista sfocata. L'unica cosa nitida erano gli
occhi di Zahra e le sue labbra nere schiuse sui denti scheggiati.
- Di solito mando tutti al tappeto dopo il primo o il secondo colpo.
È divertente vedere questi qui eccitarsi alle prime gocce di
sangue. - commentò divertita.
Le unghie affondarono nel tessuto, lo bucarono e si aprirono la strada
nella carne viva. Nemeria urlò, si divincolò, ma
più si muoveva più la ferita si allargava, la
pelle si slargava come un vecchio vestito.
- Potrei arrivare fino all'osso e strappartelo. Una volta l'ho fatto e
il mio avversario ha smesso di venire agli incontri. Mi hanno riferito
che adesso si sveglia di notte gridando e con il materasso bagnato del
suo piscio. -
La sbatté a terra con violenza. Nemeria riuscì a
non crollare di faccia solo perché ebbe i riflessi di
mettere le mani avanti.
- Su, piccola fiammella, alzati. Sono tutti qui per te, per vedere il
tuo potere e la tua potenza. - la spronò per poi volgere
l'attenzione verso gli astanti, - Pubblico, fate sentire il vostro
incoraggiamento, su! Non vedete? La nostra Dominatrice è
timida, non vuole mostrarci di cosa è capace. Sono certa che
se le farete sentire il vostro calore, si impegnerà di
più. -
Qualcuno ridacchiò, ma poi un coro di incitazioni si
levò alto. Il terreno cominciò a tremare sotto il
battito sincrono dei loro piedi.
- Meno parole, più botte! -
- Non abbiamo pagato per sentire chiacchiere! -
- Piegala, rompila, spezzala! - risposero altri in coro,
Nemeria non sapeva se quell'incitamento era rivolto a lei o a Zahra.
Riuscì a mettersi in ginocchio, poggiò il piede
sinistro in avanti e fece perno sul destro per issarsi. Non si era
ancora rimessa in piedi che Zahra la colpì con una
ginocchiata alla bocca dello stomaco, tanto forte da sollevarla appena
da terra. Nemeria sputò la poca aria che aveva in corpo e si
accasciò di nuovo tenendosi la pancia. Uno spasmo e si
accartocciò su se stessa, vomitando la cena.
Urla, fischi e risate si alzarono dal pubblico.
- Mi sporchi il palco così, fiammella. - la
schernì l'avversaria.
Un calcio al fianco, e un altro e un altro ancora. Le prime costole
scricchiolarono e infine cedettero di schianto. Il dolore
accecò Nemeria, si diffuse come una scarica elettrica in
tutto il corpo e la inchiodò a terra.
- Peccato che non hai capelli, sarebbe stato comodo usarti come
straccio. -
Ridendo, Zahra le artigliò la nuca e la costrinse
giù, proprio sulla pozza di vomito. Se avesse avuto altro
nello stomaco, Nemeria lo avrebbe rigurgitato adesso.
Il pubblico ululava, batteva i piedi e le mani a ritmo, un marasma
cacofonico di voci che si fondevano in una sola.
- Piegala, rompila, spezzala! -
Zahra allentò la presa e per un istante Nemeria
pensò di avere una chance, di potercela fare. Non aveva
nemmeno appoggiato i palmi sul pavimento che la mano si
serrò di nuovo e la Dominatrice la sbatté la
faccia contro la pietra. Già al primo colpo, il naso si
ruppe e il sangue le si riversò in gola, caldo e denso come
olio bollente. Le viscere si contrassero con violenza, ma tutto quello
che poteva vomitare era già lì, sul suo viso e
sui suoi vestiti.
“Non ce la faccio...”
- Usa il tuo maledetto potere, forza! -
La obbligò supina e si sedette sopra il suo bacino. La
colpì sulle braccia, sul volto, sulla testa, accanendosi con
una furia bestiale. Nemeria sentiva ogni pugno vibrarle nelle ossa,
spaccandole i pensieri e strappandole le energie. Uno le ruppe lo
zigomo e un altro due denti, li mandò in pezzi con una tale
violenza che alcuni frammenti le si conficcarono nella lingua. La
cisterna era sparita, non c'era altro che dolore e una cortina di
nebbia rossa che oscurava ogni cosa.
- La bambina non è più in grado di difendersi,
basta! -
La voce dell'arbitro era lontana, era come se provenisse da sotto
l'acqua.
- Cazzo, fermatela, così l'ammazza! -
Un rapido rumore di passi, agitazione, caos. Un pugno le
arrivò all'orecchio e i suoni si unirono in un fastidioso
ronzio.
- Porca puttana, Zahra, ora basta! -
Qualcuno le pestò la mano, ma era solo una fastidiosa
pressione in confronto all'incendio che era il suo corpo. La sua
avversaria si dimenò sopra di lei, scalciò,
ringhiò. Nemeria vide la sua ombra protendersi per colpirla
di nuovo, ma altre due figure la trattennero e la trascinarono via.
“Sei debole, non potrai mai salvare nessuno.”
Quella considerazione squarciò per un istante il velo che le
avvolgeva gli occhi. Era più dolorosa di tutte i calci, di
tutti i pugni, di tutte le botte che aveva ricevuto. Si sarebbe
abbandonata al pianto se solo le fossero rimaste le lacrime. Nemmeno la
bile le era rimasta, solo il sapore acido del vomito mischiato al
sangue.
Delle mani l'afferrarono sotto le ascelle e sotto i piedi. Quando la
sollevarono da terra, senza quasi più la percezione di avere
un corpo, Nemeria perse conoscenza.
Camminava sul fondo del mare. Pesci viola, rossi, gialli,
argentei e di tutti i colori le passavano accanto. A volte la
sfioravano con le code o le pinne e fuggivano via, nuotando veloci, non
appena tentava di acchiapparli. La luce penetrava attraverso la
superficie in fasci brillanti che doravano la sabbia, rischiaravano le
grotte e tratteggiavano il profilo delicato dei clivi e dei suoi
abitanti, anemoni viola, dimore di piccoli pesci pagliaccio, e delle
alghe che ondeggiavano sospinte dalle correnti.
Una barriera corallina si estendevano a perdita d'occhio ben
oltre il suo campo visivo. Nemeria riuscì a scorgerne solo
una minima parte. Lo spettacolo dii coralli simili a rami, ventagli di
pizzo, funghi, margherite e fiori da campo era sufficiente a lasciarla
a bocca aperta.
Sorrise inginocchiandosi per osservarne uno da vicino. Quando
allungò la mano per sfiorarlo, un piccolo ippocampo si
protese da un anemone rosso e cominciò a girarle intorno.
Aveva gli occhi azzurri e la cresta dello stesso colore. Nemeria rise e
tentò di acchiapparlo.
Non le sembrava strano essere lì, anzi, si sentiva
a casa. Non capiva come fosse possibile, eppure inconsciamente sapeva
che non c'era alcun pericolo. Per un attimo si chiese se la Madre
l'avesse accolta tra le sue braccia.
Il cavalluccio marino si fermò davanti al suo naso
e colpì la punta con la coda. Nemeria allungò il
dito e questi si attorcigliò con la coda attorno
all'anulare, cominciando a tirarla.
- Va bene, va bene, ti seguo! -
La sabbia sotto i piedi era morbida, tiepida, le si infilava
tra le dita e le faceva il solletico, mentre la corrente le gonfiava la
tunica a ogni passo. Non capiva dove la stesse portando il suo nuovo
amico, ma non le importava. In un posto così magnifico non
poteva accaderle niente di male.
- Vai piano, se tiri troppo cado. -
Incespicò e quasi ruzzolò a terra, ma
il cavalluccio marino riuscì a sostenerla. Sembrava avesse
una grande fretta di portarla verso la barriera corallina, o almeno
questa era l'impressione di Nemeria. E che forza che aveva! Era
riuscita addirittura a non farla cadere.
- Mi vuoi dire dove stiamo andando? Non ti piace stare qui?
Non fa nemmeno caldo. -
Il cavalluccio si girò a guardarla per un istante,
poi ripartì più veloce di prima. Un gruppo di
meduse fluorescenti passarono al loro fianco e una di queste, un
esemplare rosa pastello con i tentacoli corti e tozzi, si
staccò dalle altre e si accodò. Il suo compagno
rallentò per permettere alla medusa di raggiungerlo e
riprese a tirare la bambina, stavolta con un po' meno forza.
Dal canto suo, Nemeria era un po' intimorita dalla presenza
della medusa. A Rakhsaan piacevano molto, si divertiva a giocare con
loro e quelle sembravano gradire la sua compagnia, ma lei ed Etheram
non riuscivano nemmeno a fare il bagno se solo ne scorgevano il
profilo. Sua sorella aveva smesso di preoccuparsene quando aveva
acquisito il dominio dell'acqua, ma lei era rimasta la solita fifona .
Chissà, un giorno sarebbe riuscita a vincere la sua paura.
All'improvviso venne pervasa da un'improvvisa tristezza e il
sorriso le morì sulle labbra: il suo fratellino non c'era
più, sua madre non c'era più, tutta la sua gente
non era altro che cenere. Il ricordo del giorno in cui li aveva persi
le cadde addosso come un macigno e Nemeria si sentì
sopraffatta, di nuovo in lacrime.
L'acqua divenne torbida, nera e densa come catrame, la sabbia
divenne fango. Il cavalluccio marino rinserrò la presa sul
suo dito e tirò con maggiore forza, mentre la medusa
vorticava attorno a lei, i tentacoli che fendevano il vuoto contro
nemici che Nemeria non riusciva a vedere. Avrebbe voluto correre,
lasciarsi trasportare via dalla corrente che la sospingeva in avanti,
ma affondava fin oltre le caviglie e a ogni passo doveva combattere per
tirare fuori i piedi dal fango.
- Cosa sta accadendo? Perché è
diventato tutto così! - urlò, ma dalle sue labbra
non uscirono altro che bolle.
Una mano d'ombra si protese verso di lei, ma prima che la
raggiungesse la medusa la colpì con i suoi tentacoli. Un
grido di dolore si propagò nell'acqua e la figura
indietreggiò. Un anemone raggrinzito tentò di
afferrarle il polso. Nemeria si ritrasse e aumentò il passo,
per quanto potesse. Aveva freddo e il terrore le aveva ghermito le
viscere, le aveva prese in ostaggio come un gheppio un leprotto ferito.
Intorno a lei c'erano solo ombre, tante, tantissime ombre che
l'attaccavano da ogni dove e la scrutavano con le loro orbite vuote,
urlandole i peggiori insulti. Altre, molto più piccole, la
pregavano di aiutarli a ritrovare la luce. Riconobbe la voce di ognuna
di loro: erano gli spettri del suo popolo.
- Basta... - pigolò con voce rotta, le lacrime che
si fondevano con la fanghiglia che la circondava, - Non volevo
scappare, non so come ho fatto, non vi avrei mai abbandonati... -
aggiunse singhiozzando.
In risposta uno spettro la colpì con un pugno sul
braccio e, se non fosse stato per il cavalluccio marino, Nemeria
sarebbe caduta a terra. La medusa subito scattò e
serrò i tentacoli attorno alla mano e al braccio
finché l'ombra non si dissolse in volute di fumo nero. Il
suo grido rieccheggiò finché la corrente non lo
disperse.
- Lasciatemi in pace, andate via! -
- Non possiamo andarcene. - risposero in coro gli spettri,
circondandola.
Il cavalluccio continuò imperterrito a tirare.
Adesso Nemeria notò che puntava a una grotta di pietra scura
a una trentina di braccia da lei, dove l'acqua era ancora cristallina.
Aumentò il passo, si affidò alla forza del suo
compagno per avanzare, mentre la medusa respingeva gli spettri. I
tentacoli sanguinavano e faceva sempre più fatica a
muoversi, ma nonostante le diverse ferite attaccava con rabbia chiunque
provasse anche solo a sfiorarla.
Quando attraversarono la schiera dinanzi a loro, la medusa
iniziò a girare sempre più in fretta attorno a
lei, creando un mulinello che le faceva da scudo. Gli spettri che
tentavano di penetrarlo diventavano fumo, che l'acqua disperdeva nella
corrente.
- Devi rimanere qui, con noi. -
- Ci hai lasciati morire. -
- Non meriti di rivedere le luce. -
Nemeria strinse i denti e incassò in silenzio.
Anche avesse potuto parlare, non l'avrebbero ascoltata. Avevano
ragione, sarebbe dovuta restare nell'oscurità con loro e
pagare per la sua codardia, ma la luce era invitante e non riusciva a
smettere di camminare.
Con le lacrime agli occhi, quando finalmente si
lasciò alle spalle gli spettri, nemmeno si rese conto delle
braccia che la cinsero da dietro.
- Si è svegliata? -
- Penso di sì, ora vado a controllare. -
Due voci, una di uomo e una di donna.
- Abayomi vuole che tu lo tenga aggiornato sulle sue condizioni. -
- Lo sto facendo. -
- È evidente che si aspetta che tu lo faccia più
spesso. -
L'uomo sospirò. Nemeria girò appena la testa
nella direzione da cui provenivano le voci e schiuse le palpebre. Aveva
la vista appannata e ogni cosa nel suo campo visivo era sfumata,
ricoperta da una fitta coltre di nebbia.
Subito una delle figure si avvicinò.
- Non devi muoverti. Ho fatto del mio meglio per curare le tue ferite,
ma se non stai ferma non guariranno bene, soprattutto le ossa. -
L'uomo aveva una voce all'apparenza calma, ma Nemeria distinse una nota
di apprensione. Inoltre, le era familiare in qualche modo, sebbene non
riuscisse ad associarla a un nome o a un viso. L'unica cosa che aveva
colto con sufficiente chiarezza erano le orecchie che si estendevano
fin oltre la testa e delle sopracciglia altrettanto lunghe.
“Dove l'ho già visto?”
Corrugò la fronte e abbassò le palpebre. La testa
le pulsava e il cuore le martellava nel cervello e nelle orecchie come
un tamburo. Formulare un altro pensiero e approfondirlo era impossibile
con quel dolore che le premeva contro le tempie e dietro gli occhi.
- Sei diventato così abile da guarirle le ossa, Il'ya? -
La donna si era fatta più vicina, poteva percepirne la
presenza proprio accanto a lei.
- Me la cavo. Ora, te ne prego, rimani in silenzio o non riesco a
concentrarmi. - rispose Il'ya.
Un liquido fresco strisciò sui suoi vestiti, li
oltrepassò e scivolò nei pori della sua pelle.
Era una sensazione piacevole e i suoi muscoli rimasero rilassati,
mentre i rivoli scivolavano nelle vene e nelle arterie senza mescolarsi
al sangue. Quando si espansero fino al viso, il suo corpo venne pervaso
da un brivido freddo che le fece aprire gli occhi di scatto.
Il'ya era al suo fianco, con le gambe incrociate e le mani protese
sopra di lei che danzavano assieme all'acqua, sottilissimi fili
cristallini che avevano attecchito sul suo corpo.
- Anche tu... anche tu sei... -
- Sì. Non sarò forte come Zahra, ma ci so fare. -
Le elargì un leggero sorriso, senza smettere di muovere le
mani. Aveva la fronte imperlata di sudore e l'aria concentrata,
affaticata.
- Ora chiedo anche a te di rimanere in silenzio o rischio di non
riuscire a ricomporre le ossa come vorrei. -
- Kimiya... Kimiya dov'è? -
- Dall'altro lato della stanza. Il capo non le ha fatto nulla, come
promesso. Non hai offerto chissà che grande spettacolo, ma
il pubblico ha gradito la tua resistenza. - la informò
pacata Ana.
Nemeria alzò appena gli occhi, incrociando quelli neri della
ragazza, che la fissava con uno sguardo che non sapeva come decifrare.
Non pareva preoccupata, si limitava a guardarla e basta, con lo stesso
interesse con cui avrebbe guardato un animale ferito.
Il'ya le passò le mani sul viso. Nemeria tremò.
Percepì le ossa spezzate che si muovevano nella carne viva,
retrocedevano fino alla loro giusta posizione e si incastravano con gli
altri frammenti, ricomponendosi.
- Senti male? - domandò Il'ya.
- N...no. È solo fastidioso. -
Lo Jarkut'id chiuse il pugno e richiamò ancora
più acqua. C'era un flusso continuo tra le sue mani e
un'anfora ai piedi di Nemeria.
- Sei bravo. -
- Come ti dicevo ieri sera, ho più di un secolo sulle
spalle. -
Il'ya sciolse le spalle e congiunse cinque dita davanti al viso, per
poi aprire le braccia. L'acqua lo seguì, si distese come un
elastico e si rilassò come un nastro di seta, prima di
avvolgere il torace di Nemeria e fondersi con esso. Di nuovo l'acqua
spinse le ossa nella loro posizione e saldò quelle rotte.
Il'ya mantenne gli occhi chiusi per tutto il processo. Alla fine,
trasse un profondo respiro e, dopo aver riaccompagnato l'acqua
nell'anfora, si girò di lato così da distendere
le gambe.
- Posso alzarmi? -
- Ana, prendila da sotto le ascelle e aiutala. Niente movimenti bruschi
o tutto quello che ho fatto sarà stato vano. -
La ragazza si portò alle sue spalle e obbedì.
Aveva le mani piccole ma sorprendentemente forti. L'aiutò a
mettersi seduta e su indicazione di Il'ya le raddrizzò la
schiena. Nemeria si sentiva tutta intorpidita e avvertiva un irritante
formicolio agli arti, però il dolore era scomparso.
Aprì e chiuse i pugni un paio di volte, sbattendo le
palpebre finché la realtà non si
riappropriò delle sue forme definite.
Si trovava di nuovo nel seminterrato, quello dove avevano rinchiuso lei
e Kimiya la sera precedente. La luce filtrava attraverso la finestra
sbarrata, illuminando quel che bastava affinché Nemeria
potesse orientarsi. La sua compagna dormiva accoccolata su se stessa a
ridosso del muro opposto, con la catena che le girava intorno al corpo
e il collare di pelle usurato stretto alla gola.
- Il capo ha ordinato di legarla. - la anticipò Il'ya,
lavandosi le mani con l'acqua rimasta, - Vedendoti in quello stato, ha
cominciato a urlare e a dimenarsi. Ci sono volute un bel po' di ore
prima che si calmasse. -
Nemeria si issò sui gomiti e Ana l'accompagnò,
sorreggendola nell'eventualità che non ci riuscisse da sola.
- Ribadisco, fai piano. Ho fatto quel che potevo con quelle ossa, ma
devi comunque prestare attenzione. -
- Non le hai ricostruite? -
Lo Jarkut'id scosse la testa: - Le ho ricomposte e rinsaldate con del
ghiaccio abbastanza resistente, ma devi lasciare loro il tempo di
guarire. -
- Ghiaccio? Non si scioglierà? -
- Solo fino a quando le tue ossa non si saranno rinsaldate. -
Nemeria annuì e dopo una breve esitazione mosse i primi
passi. Un piede dietro l'altro, con Ana che la seguiva come un'ombra,
si accostò alla sua amica e le si sedette vicino. Aveva i
capelli scompigliati, pieni di nodi, e alcune unghie erano spezzate,
sporche di terriccio e sangue annerito. Aveva ritirato le ginocchia
sotto la tunica e da quella prospettiva Nemeria poteva vedere le
bruciature sulle piante dei piedi, tanti piccoli soli cicatrizzati dal
profilo frastagliato.
- Dariush ha fatto sapere qualcosa? -
- La sua donna è tornata dicendo che farete lo scambio
stasera. - rispose annoiata Ana.
Nemeria la guardò in cagnesco: - Non è la sua
donna. -
- Se la fotte e questo fa di lei la sua donna. - replicò
indifferente, si grattò la nuca e schiacciò uno
scarafaggio, - Non farei troppo la gradassa, fossi in te. Ieri ti
avevamo avvertita di stare attenta a Zahra e tu ti sei fatta massacrare
di botte come un'idiota. -
- Non è vero. -
- Se non fossimo intervenuti, avresti il cervello spappolato. - Ana si
acquattò alla sua altezza e la inchiodò con lo
sguardo, le iridi color antracite che si confondevano con le pupille, -
Perché non hai usato le fiamme? -
Nemeria aveva la gola secca. Non sapeva cosa risponderle. Anche lei si
domandava dove fosse finito il suo coraggio, la sua voglia di
combattere. Quando era salita sul palco e si era trovata circondata
dalla puzza di sangue e vomito con quegli uomini che urlavano in quel
modo, non era riuscita a reagire. Non era davvero preparata ad
affrontare Zahra. Non si aspettava fosse così feroce, agile,
spietata. Fino a quando non l'aveva colpita, non aveva davvero
realizzato che doveva combattere, e allora era stato troppo tardi.
Non ricevendo risposta, Ana fece spallucce e si avvicinò a
Il'ya.
- Io vado a riferire al capo che la bambina sta bene. -
- Porta anche qualcosa da mangiare per tutti e tre. -
La ragazza assentì e, senza aggiungere altro,
salì le scale. Kimiya si accartocciò ancora di
più su se stessa e Nemeria le strinse la mano.
- Mi dispiace per quello che è successo ieri. -
esordì Il'ya, avvicinandosi, - Zahra diventa una belva
quando entra lì dentro. Non avresti avuto alcuna
possibilità di vincere contro di lei in ogni caso. -
“Io domino il fuoco, avrei potuto contrastarla.”
- Stasera tornerete dai vostri compagni, comunque, non dovrebbero
esserci altri combattimenti di sorta. - la consolò e si
sistemò accanto a lei, - Mi è concesso farti
delle domande? -
Nemeria esitò. Il'ya non le sembrava cattivo, si era preso
cura di lei e aveva anche provato ad avvertirla. Farci quattro
chiacchiere poteva farle bene.
- Certo. -
- Qual è il tuo nome? -
- Nemeria. -
- Piacere, Nemeria. Io mi chiamo Il'ya. Anche se già lo sai.
- abbozzò un sorriso e si appoggiò con un
profondo sospiro alla parete.
Il sudore sulla fronte accentuava l'incarnato pallido, lo faceva
sembrare ancora più stanco di quello che già era.
- È un nome strano il tuo. Non sei di qui. -
considerò la bambina.
- Nemmeno tu, se è per questo. Una delle mie sorelle si
chiamava come te. Me la ricordi molto. - sorrise e si protese appena
verso di lei, - Anche se lei aveva i capelli bianchi come i miei. -
Nemeria si toccò istintivamente le sopracciglia e poi la
testa. Non aveva più la bandana, chissà quando
l'aveva persa, ma il tatuaggio non le sembrava infiammato. L'uomo
intercettò il suo gesto.
- Mi sono occupato anche di quello, è stata una delle prime
cose a cui ho pensato. -
- Sei stato gentile. -
- Il capo mi ha ordinato di curare le tue ferite, io mi sono premurato
di controllare ogni cosa. Hai deciso di tagliarli perché
avevi paura di prendere i pidocchi? -
- Sì. - rispose in fretta Nemeria.
- Capisco. -
Il'ya si passò una mano sul viso e si alzò
nell'esatto momento in cui Kimiya tirò su la testa. Aveva
gli occhi arrossati dal pianto e la guancia su cui aveva dormito era
sporca di terra, ma quando mise a fuoco la figura Nemeria
l'abbracciò così forte da toglierle il fiato.
- Co... così mi uccidi! - Nemeria finse di lottare per
liberarsi, ma poi la strinse a sua volta, affondando il viso nella sua
spalla ossuta, - È tutto a posto... sono qui. -
mormorò commossa.
Kimiya però non la lasciò. Non smetteva di
accarezzarla, di toccarle la testa, le spalle, le braccia, come se non
capisse come potesse essere lì, viva. Quando si
staccò, le posò una mano sulla guancia e
appoggiò la fronte contro la sua, tremando, con le lacrime
che le solcavano il viso.
- Sono qui. - ripeté Nemeria con più convinzione,
- Tra poco ci verranno a prendere e potremo tornare a casa. -
Kimiya annuì e tirò su col naso. Tentò
anche un mezzo sorriso, prima di rannicchiarsi contro Nemeria. Sembrava
non essersi accorta della presenza di Il'ya, o forse lo ignorava di
proposito.
Ana tornò qualche minuto più tardi con quattro
pezzi di focaccia alle olive e origano e un'anfora più
piccola. Con il suo solito tono di voce monocorde le avvisò
che quello sarebbe stato il loro pranzo e che l'acqua dovevano farsela
bastare fino a sera, ma Nemeria non vi badò. Aveva fame e si
sentiva euforica, finalmente non più sola.
Kimiya saltava a ogni insetto che le passeggiava vicino e la sua
coscienza ballava sempre sull'orlo del baratro, però
quantomeno era più presente del giorno prima e, soprattutto,
non era più arrabbiata. Nemeria non ce l'avrebbe fatta a
sopportare ancora quello sguardo accusatore, non ne aveva né
la forza né la volontà.
Mentre beveva l'acqua, riemerse un frammento di quello che aveva
sognato. Piano piano, come se lo avesse richiamato, davanti ai suoi
occhi si ridipinse il mare pieno di coralli, anemoni e luce. Le venne
quasi da sorridere quando le parve di sentire la coda del cavalluccio
marino stretta attorno al dito. Non sapeva esattamente come
classificare quello che aveva visto – parlare di sogno era
riduttivo, ma non le sembrava una visione di alcun genere –,
però non aveva addosso la stessa sensazione di qualche sera
prima, quando si era svegliata senza riuscire a ricordare quello che
aveva sognato.
“Che sia una Condivisione?”
Fakhri ed Etheram gliene avevano parlato. Quando aveva acquisito il
potere sull'acqua, sua sorella le aveva accennato che a volte,
specialmente se non si era esperti Dominatori, poteva capitare che i
sogni o i ricordi del malato e del guaritore si mescolassero, generando
delle visioni ancora più strane.
Nemeria si massaggiò le tempie e lanciò
un'occhiata di sottecchi a Il'ya. Lo Jarkut'id era seduto sugli scalini
e stava conversando a bassa voce con Ana, eppure era sicura che lui la
stesse fissando.
“Anche lui ha visto...?”
Scosse la testa e respinse quel dubbio in un angolo della sua
coscienza. Non era certa di quello che fosse accaduto da un certo punto
in poi, ricordava vagamente il buio e un'opprimente sensazione di
pericolo, ma poteva immaginare cosa potesse aver condiviso con lui.
Si rannicchiò contro Kimiya e la sua amica le mise un
braccio sulla spalla, arricciando le labbra in una smorfia buffa con la
lingua di fuori. Nemeria si sforzò di sorridere e dopo un
momento, quando cominciò a farle il solletico, quella che
all'inizio era solo un accenno, divenne una vera e propria risata. Non
era forte e nemmeno sguaiata, però bastò ad
alleggerire il peso che aveva sul cuore. Ana e Il'ya le osservarono
straniti, ma non commentarono.
Per tutto il resto del pomeriggio, prigioniere e carcerieri non si
rivolsero più la parola. Nemeria si sentiva ancora stanca e
passò la maggior parte del tempo a combattere contro il
sonno, dormendo a intervalli di mezz'ora o dieci minuti. Kimiya invece
rimase sveglia. Nel sottile spazio che separa il sonno e la veglia,
Nemeria avvertì la sua mano serrarsi spesso attorno alla
propria; talvolta riuscì a impartire al corpo l'ordine di
ricambiare.
Lo Jarkut'id rimase sempre lì con loro, mentre Ana si diede
il cambio con Faraz e un altro paio di membri della banda. Sul far
della sera Il'ya le svegliò, Ana di nuovo al suo fianco.
- Andiamo alla cisterna. - li informò quest'ultima, -
È lì che avverrà lo scambio. -
Nemeria rabbrividì e dovette imporsi di seguirli fino al
piano di sopra, dove, come il giorno precedente, li attendevano il
capo, Faraz e Zahra. Non appena la vide, la Dominatrice
ghignò e venne loro incontro.
- Allora? La nostra fiammella come si sente? Ieri hai dato spettacolo,
eri un ottimo straccio da piedi. -
Tentò di avvicinarsi ulteriormente, ma Nemeria
indietreggiò di scatto.
- Puzzi di paura. Devo dire che è un profumo che mi piace e
mi elettrizza. Era da tanto che non mi scontravo contro un Dominatore,
mi ero dimenticata come ci sente. -
- Zahra, basta. - la richiamò Abayomi, anche se a giudicare
dal suo sorrisetto doveva trovare la scena divertente, - Dobbiamo
andare all'arena per lo scambio e non è buona educazione
arrivare in ritardo per una trattativa. -
L'Alatfal'yl si umettò le labbra e tornò al suo
posto accanto ad Abayomi, che non perse tempo e fece loro cenno di
procedere.
Alla luce sfumata del tramonto, le strade che percorsero non erano
più così spaventose agli occhi di Nemeria.
Ciononostante, non riusciva a capire dove fossero. Era abbastanza
sicura di non essere mai stata in quel Quartiere. Immaginava potesse
essere quello della Bestia, l'unico che non aveva ancora visitato, ma
non ne poteva essere sicura. Tentò di chiederlo a Kimiya, ma
la ragazza sembrava ripiombata nello stato catatonico: non la guardava,
non rispondeva, camminava per inerzia. Nemmeno quando la scosse
tornò in sé. Nemeria era di nuovo sola.
All'entrata della cisterna stazionavano le stesse guardie della sera
prima. Una di esse, l'uomo che aveva chiesto la parola d'ordine, aveva
una brutta tumefazione sullo zigomo e il labbro inferiore spaccato.
Quando li vide arrivare, si limitò a fare un cenno d'assenso
ad Abayomi e li lasciò entrare.
- Non ci accadrà nulla. Siamo qui solo per fare lo scambio,
non dovrò combattere ancora. - sussurrò Nemeria,
più per rassicurare se stessa che Kimiya.
Non appena fecero il loro ingresso nell'arena, tutti gli occhi si
fissarono su di lei. Nemeria non riconobbe nessuno, ma tutti o quasi
sapevano, invece, chi era lei. Mentre si facevano largo tra la folla,
ebbe modo di udire i loro commenti di scherno, le loro battutine, le
risate che la seguivano alle spalle. Strinse i pugni fino a far
sbiancare le nocche, il viso in fiamme e le lacrime che le pizzicavano
da dietro le ciglia.
- Ignorali. - le soffiò all'orecchio Il'ya.
- A che ora è l'incontro? -
- Non lo so, Abayomi non ci ha detto nulla. Ha parlato da solo con la
Sha'ir. -
Nemeria annuì e si appiattì contro la colonna, la
pietra di luna chiusa tra le dita. Altea era tornata con la risposta, a
breve l'avrebbe rivista e non aveva ancora riflettuto su cosa dirle per
scusarsi. Sperava che non l'avesse detto a Dariush, ma soprattutto che
fosse disposta ad ascoltarla. Saperla arrabbiata la faceva stare male,
non avrebbe sopportato di perdere il suo affetto e la sua amicizia.
Certo, in ogni caso non sarebbe rimasta sola, ci sarebbero stati Noriko
e Hirad con lei, ma non sarebbe stata la stessa cosa senza Altea.
Sorrise e per un momento si concesse di crogiolarsi nel ricordo del
sorriso di Hirad, quello che le aveva rivolto prima di andare a dormire
due sere addietro. Sembrava passata una vita intera. Chissà
se gli aveva fatto piacere ricevere le pergamene, se con quei pastelli
nuovi sarebbe riuscito a tornare quello di sempre. La pietra di luna
divenne tiepida contro i suoi palmi e le trasmise un profondo senso di
pace.
- Fiammella. - Abayomi si fece strada fino da lei, - Visto che ieri hai
riscosso un notevole successo, e visto che abbiamo ancora un po' di
tempo prima della nostra trattativa, che ne dici di deliziarci con un
altro spettacolo? -
Zahra, che era alle sue spalle, si scrocchiò le dita e il
collo: - Sì, ho le mani ancora intorpidite, ho davvero
bisogno di sgranchirmi anche oggi. -
Tutti, compresa Ana, trattennero il respiro. Nemeria,
impallidì, il battito a un tratto frenetico, e
guardò Kimiya con terrore.
- Non farti pregare, dai... sono tutti qui per te. So di alcuni che
sono rimasti delusi dallo spettacolo di ieri, ma sono certo che in
quest'occasione rivelerai le tue capacità. Oppure preferisci
che sia la tua amica a combattere contro la nostra Zahra? -
Nemeria strabuzzò gli occhi. No, non potevano dire sul
serio, non avrebbero davvero mandato Kimiya lì in mezzo. Non
sapeva combattere, era totalmente inerme, indifesa, eppure c'era
qualcosa nella loro espressione che le fece accapponare la pelle.
Lasciò la mano della sua amica e l'abbracciò
forte, più forte che poteva, sperando che si riscuotesse,
che riacquistasse la voce, ma non accadde nulla.
- Ti proteggerò io. Te lo prometto. - le sussurrò
a fil di voce nell'orecchio.
- Che scena commovente... da vera tragedia! - Abayomi finse di tergersi
le lacrime e una decina di uomini scoppiarono a ridere, - Sei
un'attrice nata, fiammella. Ho scoperto la tua vera vocazione
portandoti qui, che poi non mi si dica che non ho occhio. Quello
sguardo conservalo fino alla fine dello scontro: il nostro pubblico
preferisce l'odio alle lacrime da femminuccia. -
Un coro di assenso si levò dagli astanti e si evolse in un
vociare sempre più concitato.
- Guardali, li hai conquistati. Sarebbe da maleducati farli aspettare.
-
Zahra fu la prima a scendere in campo e attese che la sua avversaria la
seguisse. Nemeria indugiò, si prese un paio di secondi per
racimolare il coraggio che le serviva per mettere in moto il corpo e
valicare la linea rossa. Mentre la folla si accalcava intorno a loro,
l'arbitro, lo stesso della sera precedente, diede il via.
- Non aspettavo altro. - sibilò eccitata Zahra.
La sua pelle si ritirò dalle braccia e da buona parte del
viso, lasciando in vista lo strato di roccia sottostante. Le labbra
divennero per metà un grumo di sassolini compatti, mentre i
capelli assunsero un'intensa sfumatura verdastra. Le fasce che le
avvolgevano le mani e i piedi si allargarono, tendendosi sulla sua
nuova corazza.
- Il'ya ha fatto un ottimo lavoro, tanto che quasi, e dico quasi, mi
dispiace doverti picchiare anche oggi. - scoppiò a ridere
alle sue stesse parole, - Vediamo se riesci a resistere un po' di
più. -
Portò i pugni al petto, si abbassò sulle
ginocchia e scattò verso di lei. Nemeria provò a
schivarla, ma il suo corpo provato era lento, non rispondeva come
avrebbe voluto. Il pugno la raggiunse alla bocca dello stomaco, la
piegò in due e le fece sputare tutta l'aria che aveva nei
polmoni. Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi. Zahra le diede una
ginocchiata dritta in faccia. Il naso si spezzò e il labbro
si spaccò. Il dolore era così lancinante che le
gambe le cedettero di schianto.
- Alzati o ti faccio alzare io a calci. - ringhiò.
Con un rantolo, Nemeria rotolò di fianco e si mise supina
per riprendere fiato. Cercò Kimiya tra la folla. Era in
seconda fila, tra Ana e Omeed, e fissava il vuoto senza accorgersi di
niente.
- Ti do tre secondi per rimetterti in piedi. Uno... -
Nemeria si girò di nuovo, aprì le mani e si mise
a gattoni. Il sangue gocciolava sul pavimento del palco, il suono cupo
di un orologio fuori tempo.
- Due... -
Le urla divennero più forti, rimbalzavano sulle pareti e si
autoalimentavano come le fiamme di un incendio. Nemeria
sputò un grumo di saliva rossa e traballando si
riportò in posizione eretta. Uno scroscio di applausi e
fischi delusi fece tremare l'aria.
- Sai, quando verranno i tuoi amichetti, potrei prenderli tutti e
buttarli qui dentro, dal primo all'ultimo. Li spezzerò come
erba secca e comincerò proprio dalla tua amica imbambolata.
- sibilò cattiva Zahra.
- Quando Dariush arriverà, darà al tuo capo le
informazioni che vuole e ce ne andremo. - replicò Nemeria,
convinta.
Indietreggiò e prese a spostarsi di lato, dapprima a
sinistra, poi a destra, cercando di confonderla, gli occhi sempre
attenti alla linea di demarcazione del campo.
- È evidente che hai dimenticato chi comanda qui. -
Zahra le balzò addosso, la gamba già alzata per
colpirle l'avambraccio. Nemeria attese e si scostò
all'ultimo, più un saltello che una vera schivata. Il piede
fendette l'aria, colpendo il vuoto.
- Oh, la nostra topolina si è svegliata? -
Nemeria mirò al viso, alla parte non indurita dalla roccia.
Si aspettava che Zahra lo evitasse, ma lei l'afferrò per il
polso, un movimento così rapido che a malapena lo
registrò. Non capì cosa successe in seguito, come
riuscì a prenderla per le spalle e a sollevarla come se non
avesse peso. Sentì solo il dolore che la investì
quando impattò con violenza sul pavimento e l'omero
uscì fuori asse.
- Questa l'ho imparata dalla vostra cagna Tian, quella con i capelli
rossi. Spero che venga anche lei, stasera. -
Il pubblico inneggiava il suo nome, l'acclamava sempre più
infervorato. Nemeria non lo udiva, avvolta nel suo sudario di dolore,
incapace di fermare le lacrime. Erano salate, con un nauseante
retrogusto ferroso.
- Sarà delizioso rompere le ossa a tutti i tuoi amici. -
continuò Zahra, la sovrastò a carponi e le
leccò le guance, gli occhi socchiusi e un'espressione
estatica sulla bocca, - Fremo all'idea di farli a pezzi, di assaporare
il loro sangue. La carne di topo l'ho sempre trovata squisita... -
L'immagine di quello che sarebbe accaduto le si dipinse davanti agli
occhi con una nitidezza dolorosa: Noriko e Dariush a terra, in una
pozza di sangue, e poco distanti Altea e Hirad con i volti tumefatti,
che raschiavano il pavimento con le unghie rotte nel tentativo di
trascinarsi fuori dal campo.
Una rabbia forte, incontrollata, le montò dentro.
- Io sono il fuoco. - bisbigliò a denti stretti.
Nemeria l'afferrò per la nuca e le diede una testata
più forte che poteva. Zahra perse la presa e si
alzò barcollando.
La folla tacque un istante e poi esplose in grida di incoraggiamento.
- Sangue, sangue, sangue! -
Nemeria si alzò e la caricò, sbattendola sul
pavimento con tutto il suo peso. Zahra non ebbe il tempo di opporsi, il
sangue che usciva dal naso rotto imbrattandole le labbra e il mento. La
fissò stralunata, senza capacitarsi di come avesse fatto a
finire e terra, ma lo stupore durò poco. Parò il
primo pugno e le stritolò la mano fino a farle scricchiolare
le nocche, per poi scansarlo quel che bastava per colpirla ancora,
sotto lo sterno. Nemeria incassò. Le mancò il
respiro per un attimo. Quando si riprese, le artigliò la
faccia.
In quel momento, la voce dell'elementale le invase il cervello.
Lascialo
fluire.
Il potere si concentrò nelle sue mani e le rese
incandescenti. Le urla di Zahra riecheggiarono in tutta la cisterna,
assieme a quelle d'esaltazione del pubblico, che ora tifava per lei e
batteva le mani e i piedi a terra a ritmo.
- Vai così! -
- Fiamme, vogliamo le fiamme! -
- Bruciala! -
Sii il fuoco.
Zahra si dimenava sotto di lei, scalciava, raspava il pavimento con i
piedi, le dita serrate attorno ai polsi di Nemeria per cercare di
scollarsela di dosso. La pelle rocciosa era arrossata, cosparsa di
bolle che scoppiavano lasciando esposta la carne viva.
Assestò un pugno alla cieca, che sbalzò Nemeria
all'indietro. Quest'ultima vide l'avversaria rialzarsi, il viso
contratto in un'espressione folle, la pietra che andava a ricoprire le
ferite con un nuovo strato e rinforzava il resto del corpo. I vestiti,
i pochi che aveva indosso, si ruppero, incapaci di contenere l'armatura
di roccia sottostante.
- Ti ammazzo! - sbraitò fuori di sé.
Nemeria era pronta. La pietra di luna bruciava sul suo petto,
più caldo della sua stessa pelle, ma non le importava.
C'erano solo lei e Zahra, nulla contava più. Aprì
le braccia, invitandola a farsi avanti, mentre le fiamme che fino a
quel momento avevano serpeggiato nelle vene si materializzarono sui
suoi palmi.
Zahra lanciò un urlo carico di rabbia e le si
gettò contro correndo. I suoi passi pesanti fecero tremare
l'intera cisterna, crepando il palco come se fosse stato fatto di
vetro. Nemeria attese che fosse abbastanza vicina, il braccio sano
già proteso in avanti. Una fiammata, simile al soffio di un
drago, proruppe dal suo palmo in un rombo assordante e si infranse
contro Zahra, carbonizzò i vestiti e lambì la sua
figura, senza però attecchire. Gli astanti si ritrassero,
spaventati ed estasiati al tempo stesso, mentre i sassi arroventati
schizzavano in giro.
Puoi fare meglio di
così, Nemeria.
La bambina aggrottò le sopracciglia confusa. Non era la voce
dell'elementale del fuoco, era più flautata, melodica.
Scosse il capo e si concentrò. Si abbassò e prese
la rincorsa, incanalando il suo potere. Lasciò che la rabbia
e il desiderio di rivalsa lo nutrissero.
Zahra le sferrò un pugno, ma lei lo schivò
schizzando di lato e sfruttò l'apertura nella sua guardia
per colpirla alla guancia. All'impatto, come un palloncino compresso,
le fiamme esplosero, avviluppandole la testa ed espandendosi fino alle
spalle. Alcuni sassi si fusero, scivolarono in lacrime di lava scavando
dei solchi profondi nell'armatura.
Di più, ci vuole di più.
Zahra gridò e si preparò al contrattacco. Nemeria
non fece in tempo a scostarsi. Si sentì ghermire tra le sue
braccia di pietra e stritolare in una morsa soffocante. Le vertebre
scricchiolarono e la spina dorsale si arcuò sotto la forte
pressione.
“Non... non voglio perdere...”
Con l'unico braccio libero che aveva, riprese a colpirla. Il fuoco
l'avvolse ma la roccia resisté. Più andava
avanti, più Zahra stringeva, le labbra arricciate in un
sorriso tracotante, vittorioso. Le ossa iniziarono a scricchiolare
pericolosamente, prossime alla rottura.
Controllalo,
è tuo. Trattienilo e poi esplodi come una stella, Nemeria.
Sii il Sole.
Nemeria non sapeva cosa pensare. La vista le si stava offuscando e il
campo visivo si era riempito di puntini neri. Solo la rabbia e
l'istinto sopravvivevano.
Il corpo si mosse da solo. Premette le unghie rotte nella carne e la
piccola fiammella sul palmo cominciò a crescere, a crescere,
sempre di più. Piccole lingue di fuoco guizzarono dalle dita
schiuse. Il dolore divenne un'eco sorda, priva di importanza. Tutto il
mondo scolorì davanti a quella sensazione inebriante, un
fiume in piena che travolgeva e trascinava via ogni cosa. Quando
sentì di non riuscire più a controllarlo,
aprì la mano e colpì il braccio di Zahra.
L'energia si liberò con un'esplosione tale da sbriciolare
l'armatura di roccia. I pezzi schizzarono via, pietre roventi che si
conficcarono nei muri, sui pilastri, nella carne viva. Zahra emise un
urlo disperato e Nemeria colse l'occasione per artigliare ancora il
braccio indifeso dell'avversaria. L'odore di carne bruciata si diffuse
nell'ambiente e saturò l'aria afosa, già
irrespirabile.
Zahra la spinse via e arretrò, osservando interdetta
l'ustione profonda che le aveva lasciato. Digrignò i denti e
le puntò addosso uno sguardo assassino. Era stanca,
spossata, ogni suo respiro era un rantolo che le graffiava la gola.
Nemeria si guardò il palmo e la bruciatura che lo deturpava.
Era sola ormai, ora lo capiva. Etheram non c'era più,
né l'Alta Sacerdotessa, né sua madre o suo
fratello. Era rimasta in compagnia dei suoi fantasmi e quella era la
sua unica arma. Era brutta e bruciava, ma non aveva altro per
proteggersi da Zahra e dal mondo là fuori che desiderava
farla a pezzi.
Strinse il pugno e scattò, imitata dall'altra. Il destro di
Zahra impattò contro le sue costole, spezzò il
ghiaccio che le teneva congiunte e le mandò in frantumi. Il
dolore fu così forte da accecarla per un istante.
Splendi, Nemeria,
splendi. Oggi sei la stella più luminosa, sei il Sole
stesso.
Nemeria appoggiò la mano sulla pancia di Zahra. Il potere
esondò, un torrente violento di rabbia e disperazione
esplose in un'onda d'urto che la sbalzò via, riempiendo
l'aria di fumo e schegge. Nemeria rotolò lontano, si
scorticò i gomiti e le ginocchia, per poi ricadere a faccia
in giù. La linea del campo era davanti ai suoi occhi a un
pollice di distanza. Intorno a lei solo silenzio.
L'arbitro si fece avanti, seguito da un Dominatore dell'aria che
creò una brezza sufficiente a spostare la cortina di fumo.
Nemeria si riempì i polmoni di quell'aria fresca: non
sentiva più i muscoli della bocca, la spalla pulsava, le
costole dolevano e il sangue raggrumato nelle narici le rendevano
difficile respirare, ma la carezza di quel refolo sulla pelle escoriata
le diede sollievo.
Un'ombra si allungò sopra di lei. Nemeria ridusse gli occhi
a fessure per mettere a fuoco.
- È viva. - confermò l'arbitro, rispondendo a una
domanda che lei non aveva sentito.
Poi si allontanò verso un punto al di fuori del suo campo
visivo e per un po' nessuno fiatò.
A Nemeria girava la testa, la vista era sempre più
offuscata. Quando qualcuno la issò da sotto le ascelle e la
costrinse in piedi non oppose alcuna resistenza.
- La vincitrice dello scontro è la Dominatrice del fuoco! -
Quella fu l'ultima cosa che udì, prima che la spossatezza la
precipitasse nell'oblio.
Il pubblico era ammutolito, solo un lieve chiacchiericcio animava la
cisterna. Tutti gli occhi erano puntati su Nemeria, che giaceva svenuta
con la testa appoggiata alla spalla dell'arbitro. Anche Noriko e gli
altri, che erano giunti poco prima della fine, erano diventati delle
statue di sale. Nessuno si aspettava che ce l'avrebbe fatta, tutti
avevano scommesso contro di lei e tutti avevano perso.
- Cosa?! Perché? Io sono in piedi, lei è a terra!
-
Zahra marciò minacciosa verso l'arbitro. Aveva
metà del viso bruciata e, oltre all'ustione sul braccio,
sanguinava copiosamente da diverse ferite.
Il Dominatore dell'aria si frappose tra lei e l'uomo: - Non un altro
passo. -
- Altrimenti? -
- La mia decisione è insindacabile: sei caduta fuori dal
palco, lei no. - sancì con sicurezza l'arbitro, - Se
continuerai a mettere in discussione il mio verdetto, sarò
costretto a espellere te e il tuo gruppetto dall'arena. -
Zahra aprì la bocca per ribattere, ma venne preceduta da
Abayomi, che la bloccò mettendole una mano sulla spalla.
- Non vi preoccupate, la mia compagna è solo amareggiata per
com'è andato a finire l'incontro. Dovete scusarla, a volte
non sa tenere a bada la lingua. - disse con un sorriso forzato e
lanciò a Zahra un'occhiata ammonitrice.
In seguito, Abayomi si focalizzò su Nemeria, ma prima che
potesse avanzare qualsiasi richiesta, Noriko si fece avanti e
oltrepassò Dariush e tutti gli altri membri della Famiglia.
Il capo dei Cani la squadrò e Zahra la fissò
truce. Noriko sapeva che la odiava da quando le aveva rotto i denti,
tuttavia era anche altrettanto certa che non avrebbe osato attaccarla
in quelle condizioni. Un po' sperava che lo facesse, ma l'Alatfal'yl
non era stupida, purtroppo.
- Abayomi, dobbiamo parlare di affari. - esordì in tono
piatto.
Non fece in tempo a rispondere che delle urla provenienti dalla cima
della gradinata misero tutti in allerta.
- I Kalb! i Kalb ci hanno trovati! -
- Scappate! -
Prima ancora che se ne rendessero conto, un gruppo di uomini vestiti di
neri e oro sciamarono all'interno della cisterna, le balestre e le
spade d'oricalco che rosseggiavano alla luce tenue delle torce. In un
secondo furono circondati.
Angolo Autrice:
Buongiorno
u.u rimembro che qualcuno (tipo tutti) aspettavano da un sacco questo
momento, la rivincita di Nemeria. Da questo momento in poi, la storia
entrerà davvero nel vivo e niente per la nostra eroina
sarà più come prima. Allora, in primis mi sembra
giusto avvertirvi che non pubblicherò più nulla
fino al 26 settembre, questo perché la seconda parte della
storia è un poco più complessa di quella che
avete letto sinora e voglio prendermi del tempo per scrivere i
capitoli, così da non dovervi far aspettare troppo. Quindi
metterò solo qualche spoiler sulla mia pagina Hime
-chan, dove a breve pubblicherò anche le schede
dei personaggi: essendo una storia che ne ha molti, credo sia d'uopo
farne alcune, almeno dei personaggi principali. Altra cosa, non meno
importante, il titolo della storia cambierà: non
sarà più "Summer Tale" che, invece,
diventerà il sottotitolo, bensì "Fighting Fire",
questo perché all'inizio, quando ho cominciato a scrivere
questa storia doveva essere un racconto relativamente breve incentrato
per lo più sulla stagione dell'estate, intesa come periodo
caldo, pieno di possibilità ecc... come sempre accade, il
tutto si è trasformato in una cosa molto grande e ampia XD
Quindi, da quando comincierò di nuovo a pubblicare, il
titolo cambierà e Summer Tale diventerà il
sottotitolo. In ultima istanza... vi ringrazio per il sostegno che mi
avete dato sino ad oggi: davvero, se non ci foste voi, lettori e
recensori, credo che sarei una scrittrice estremamente depressa XD
Quindi non posso che ringraziarvi e promettervi che, quando
tornerò, avrete un bel po' di bei capitoli da leggere. Se vi
interessa e/o avete nostalgia delle belle esperienze che faccio passare
ai personaggi, sulla mia pagina autore trovate un po' di storie
già concluse con cui intrattenervi. Se avete voglia di dirmi
cosa ne pensate anche lì, ne sarei felicissima u.u Dunque,
ora vi lascio e ci si rivede dopo l'estate ** Un bacione
Hime