Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Elendil    07/07/2017    0 recensioni
Sequel del primo libro della saga "Nihaar'ì".
Le vicende di Harryan continuano ma i punti di vista ancora una volta cambiano. Il destino della Veggente prosegue con nuovi e improbabili risvolti!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti!

Capitolo breve e assolutamente dedicato a tutti coloro che si staranno chiedendo dove diavolo sia finita la sana tragedia e quel pizzico di romanticismo che tanto ci piace J

Una buona estate a tutti!

 

Baciozzi

Elendil

 

______________________________

 

 

Nelle ore che seguirono, i tre decisero di accamparsi alla base di una duna di grandi dimensioni.

Matnery e Hiras cominciarono a perlustrare la zona in cerca di alcuni sassi e pietre di colore rosso o marrone brunito. Quando sembrarono soddisfatti si sedettero l’uno accanto all’altro vicino al fuoco cominciando a frantumare i cocci che si rivelarono essere particolarmente friabili e frangibili in schegge sempre più piccole e minute. Quando il tutto fu ridotto a poco meno che polvere lo misero in un pentolino cui aggiunsero acqua e un diluente dall’odore forte e penetrante.

Da lì, e per ore intere, i due non fecero altro che starsene muti a guardare l’acqua che via via assorbiva il colore dei minerali trasformandosi gradualmente in una pappetta densa e vischiosa dal colorito sfaccettato.

Quando Hiras decretò che tutto fosse “pronto”, Matnery porse alla Nihaar’ì un sottile pungolo di ferro ricavato da alcune armi sottratte ai Kamin durante l’assedio. Lei lo prese e intingendolo nella scura bacinella prese a disegnare su un pezzo di stoffa un elegante e intricato arabesco dall’aria eccentrica. Ne descrisse righe e volute, ne ricalcò il dettaglio, poi si spostò più in basso e replicò il medesimo gesto con poche ma precise variazioni così da renderlo a prima vista simmetrico eppure diverso a una seconda occhiata. Infine lo porse a Hiras, si tolse dal capo il velo, raccolse i capelli in una crocchia e si voltò.

“Nessuno che mi voglia male andrà mai a guardare la mia nuca. E se così dovesse essere, allora poca differenza farà la presenza o meno di un marchio” disse atona.

Sentì Hiras trattenere il fiato, avvicinarsi e senza una parola premere sulla parte scoperta del collo la stoffa ancora imbevuta di liquido. Quando la tolse il gelo della notte la fece rabbrividire.

“Come è venuto?” chiese subito titubante.

Per un attimo percepì lo sguardo di entrambi valutarla con attenzione. Poi Hiras si schiarì la gola.

“Nitido e pulito”

Sospirando ella si voltò per porgere a Matnery il pungolo per poi, prendendo dalle mani di Hiras la stoffa, gettarla nel fuoco poco distante.

Solo quando ogni parte della stessa fu consumata dalle fiamme ella tornò a guardare i due.

“E’ probabile che io divenga presto incosciente a causa del potere del marchio. In quei momenti vi prego di non fare nulla di cui possiate pentirvi”.

Detto ciò si distese a terra lasciando che i due le si accucciassero accanto.

“Quanto tempo abbiamo prima che sorga il sole?” chiese prima di schiacciare il viso nella sabbia. Percepì Matnery fare qualche respiro prima di intingere il pungolo nella sostanza viscosa “Abbastanza”.

Al primo tocco, lei mugugnò. Al secondo, vergognandosi della propria debolezza, rimase in silenzio. Al terzo tuttavia le fu impossibile non fare una smorfia contrita.

Non servirono che un paio di minuti prima che il dolore cominciasse a rendere il tutto ben più che fastidioso. La Nihaar’ì avvertì il proprio corpo irrigidirsi via via sempre di più mentre lo sforzo di non lamentarsi a ogni singola puntura nel collo diveniva qualcosa di terribilmente complesso e faticoso.

Ma perché diavolo si era fatta convincere, poi? Si ritrovò a chiedersi mentre tentava senza riuscirci di ignorare la sofferenza. Lei, la Nihaar’ì, che acconsentiva a imprimere su se stessa l’emblema dell’Eresia; che tradiva il potere dell’Antico Testo disegnando sul suo corpo il frutto di anni e anni di studio indefesso; che permetteva a due semplici Danzatori di toccarla laddove mai nessuno aveva anche solo potuto pensare di guardarla.

Espirò lungamente, concentrandosi per non digrignare i denti.

E tutto ciò per che cosa? Per un errore? Per uno scherzo del destino? Perché Zaphil in qualche modo era riuscito a farsi fregare da una semplice tempesta di sabbia lasciandola sola nel bel mezzo del nulla in balia di se stessa?

Schiacciò con più forza il volto nella sabbia aspirando attraverso la stoffa il sentore umido del deserto. E si maledì.

Si maledì per la sua debolezza, per la sua fragilità e per il semplice fatto che da quando tutta quella strampalata avventura era cominciata lei non aveva fatto altro che fare la figura della sciocca. E della preda. E semplicemente non della persona che avrebbe dovuto essere.

Digrignò i denti, il dolore che le frizzava dal collo lungo tutta la schiena come piombo fuso. E prese fiato.

Del resto non era la cosa più dolorosa che avesse mai provato.

Tentò di confortarsi.

Né la più spiacevole.

E di sicuro non la più più degradante.

Ricordò allora il giorno in cui le prime avvisaglie del Risveglio avevano cominciato a manifestarsi sul suo corpo. Lunghe e profonde striature nere come carbone che ovunque erano germogliate al pari di grandi boccioli di tenebra per poi dipanarsi in morbide ed eleganti volute per tutta la lunghezza del suo corpo.

Troppo piccola per capire esattamente il concetto di “Prepararsi al dolore”, ai tempi ella era stata unicamente capace di accogliere l’evento con una sorta di gioia mistica ed estatica assieme, una liberazione quasi, la prova concreta della sua Divinità a rendere finalmente legittima ogni parola pronunciata da tutti coloro che fin dalla sua nascita l’avevano senza sapere perché adorata e vezzeggiata.

Poi era cominciato il dolore. E le visioni.

Per giorni e giorni il mondo che lei conosceva fu per qualche misteriosa ragione soppiantato da una sua versione assai più oscura e sinistra, un intrico di finzione e realtà tali da farle a lungo dubitare di tutto ciò in cui ella aveva mai creduto.

Soffrì a lungo e terribilmente, i rari momenti di lucidità costellati dalla constatazione di trovarsi sempre precipitata in lenzuola intrise del proprio sangue, sporche di sudore e umori, assetata e incapace di mangiare. Debole fin quasi allo sfinimento.

E in tutto ciò Zaphil era stato sempre e comunque al suo fianco, unica presenza silenziosa a ogni risveglio, unico guardiano a vegliare sui suoi deliri a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Quando quell’orribile tortura ebbe fine ed ella fu gradualmente in grado di riprendere coscienza, peso e infine lucidità, più volte aveva chiesto alla sua guida di raccontarle cosa esattamente fosse accaduto in quei giorni.

A cosa dover credere? Cosa dimenticare?

“Voi siete la Nihaar’ì” le aveva risposto lui con voce bonaria e affettuosa. Per la prima e ultima volta nella sua vita le aveva sfiorato la fronte con la punta delle dita scostandole i capelli dal viso

“Voi siete la misura del mondo. Tutto ciò in cui dovete credere è voi stessa e nient’altro”

“State bene?”

La voce di Hiras le giunse da qualche parte alla sua destra, una vibrazione cui ella rispose con un gemito attutito.

“Volete fare una pausa?”

Una pausa?

“Non dire sciocchezze” la voce di Matnery aveva un che di ruvido “Prima terminiamo questa tortura meglio sarà per tutti”

Si giusto. Perché darle anche solo la mezza possibilità di riposarsi un secondo?

“Si ma guardala” rapido movimento al suo fianco. Poi qualcosa le si posò sulla schiena. Una mano o un panno...forse

“Non credo sia normale...”

Normale? In che senso normale?

 

Di nuovo persa, piccola Odayn?

La Voce varca le soglie della sua coscienza con l’esplosione di un tuono. Si sente spalancare gli occhi di scatto e piombare nel medesimo istante in un oceano di Tenebra.

Annaspa.

Di nuovo? Eppure se non erro...

 

Hiras, svegliati! Stiamo parlando della Nihaar’ì! Come diavolo pensi che ci possa essere anche solo qualcosa di normale in lei?”

Già, Hiras, come puoi anche solo pensarlo?

Avvertì un lieve spostamento al suo fianco e poi qualcosa le si posò nuovamente sulla schiena tamponandola fra le scapole.

“Guarda come sta sudando....” tentò ancora la voce assai tesa del Danzatore.

 

E poi di nuovo il silenzio. E il frastuono assieme. E la terribile sensazione di non essere più esattamente dove si fosse trovata fino a quel momento e di vagare invece...

Dove?

Dove?

Dove stai andando ora?

Lontano. Si sente rispondere. Lontano per sempre.

E Zaphil sa di questa tua decisione?

Si scosta, torna indietro. Indietreggia.

Zaphil non c’è. Risponde. Mi ha perduta.

Perduta? Ma per perdere qualcosa bisogna prima averlo trovato...

 

“Dobbiamo andare. Ancora qualche ora e ci troveranno” il tono di Matnery sbucò nuovamente e chissà da dove facendola trasalire. Non riconobbe l’inflessione ma ne indovinò comunque la sfumatura.
Stanca. Distante. Cupa.

“Non possiamo muoverla ora. Sta male” più vicina, la voce di Hiras pareva quasi più giovane di come la ricordasse

“Starà peggio se i Kamin la troveranno”

“Non starà affatto se ora la costringiamo a viaggiare. Deve riposare.”

Una pausa.

“Sta già riposando”

E’ svenuta. Questo lo definiresti riposare?”

Nuova pausa.

“Prendi le sue cose e partiamo. Subito”

 

Qualcosa la solleva, la attrae, la innalza lontano da dove ricordava di dover essere e poi la poggia discreto, lievemente. Lei geme, sente male ovunque sebbene non ricordi bene perché.

Da quand’è che il suo corpo ha cominciato a dolore così tanto?  

Chiedi ai tuoi amici. Risponde qualcuno. Chiedi a loro perché ora stai soffrendo.

Lei sbatte le palpebre nel buio, incerta se così facendo accadrà per davvero qualcosa. E poi scuote il capo.

Io non ho amici. Si sente dire. E ricorda di aver già pensato parole del genere. Di aver già decifrato e concluso con il medesimo tono l’evidenza del loro significato.

Tu non hai amici? Ridacchia qualcuno lontano, più lontano di quanto ella è sicura di poter guardare.

E dunque quelli chi sono?

 

“Portala vicina al fuoco. Ha bisogno di stare al caldo”

Scuro, il mondo ondeggiò un paio di volte attorno a lei, una chiazza indistinta oltre le palpebre cui reagì solo vagamente.

“Se non riusciamo a darle da bere morirà di sete”

La consistenza del terreno la accolse deformandosi appena sotto il suo corpo. Il suo tepore la sfiorò sfregandole mani e piedi. Qualcosa crepitava poco distante in uno sfrigolio caldo e rassicurante.

“Ci ho provato” una pausa “Ma non ne vuole sapere di deglutire”

“Hai provato a tapparle il naso?”

“Pensavo che annegarla fosse effettivamente un po’ eccessivo anche per noi...”

“Non morirà, smettila di comportarti come una madre in apprensione”

“Come scusa?”

“Mi hai sentito bene” rapido spostamento poco lontano “Se è per il senso di colpa nell’aver proposto questa elegante soluzione che ti stai comportando come una fanciulla isterica, smettila subito”

“Non mi sto comportando come una fanciulla isterica”

“Dunque devo dedurre che davvero hai a cuore le sorti di questa ragazza?” silenzio scontroso

“E’ che non capisco cosa stia succedendo...” movimento rapido, poi qualcuno le sfiorò il viso, naso e labbra. Sospiro contratto.

“Sta bene” fu la secca risposta “Per ora credo che ce lo dovremo far bastare”       

    

Dunque chi sono, Odayn?

Non miei amici. Risponde. Non miei.

E di chi allora?

Presentimento del buio. Incertezza di cadere più lontano di dove fosse prima arrivata. E di non ricordare come farvi ritorno.
Eppure era stata tanto vicina...tanto vicina...

Una pausa, lunga e vaga. L’inclinarsi del senso di qualcosa a farle quasi storcere il naso. Ma sospira. E si scosta. E in fondo considera che non vale davvero la pena pensare così tanto a una cosa così di poco conto.

O forse no?

Eppure era stata tanto vicina..tanto vicina...

 

“E’ normale che non si sia ancora svegliata?” improvvisamente percepì il caldo sulla pelle, pesante e tangibile come una mano calcata sul volto. Le fu difficile respirare, eppure in qualche modo capì di esserne ancora in grado.

“Esattamente quanti Eiriash hai visto prima di oggi?” pausa lunga e meditabonda “Ricorda inoltre che è stata lei a disegnare quel marchio. Non stento a credere che l’abbia per così dire...stesa...”

Vago ondeggiare, segno che qualcosa attorno a lei si stava muovendo. O che forse era lei stessa a muoversi in qualche modo.

“In ogni caso mi sembra che stia quasi meglio rispetto ai giorni scorsi, o sbaglio?” vago schiocco di lingua sul palato

“In effetti ha smesso di sanguinare...”

“E anche il colorito è migliorato...”

“Sai che quando scoprirà tutto ci ammazzerà tutti e due, vero?”

Questa volta fu quasi impossibile non distinguere un vago sospiro.

Se si sveglierà”

Nuova pausa.

“Hai appena detto che sembra stare meglio”

“E tu mi hai appena chiesto se sia normale dormire tanto a lungo e così intensamente senza rischiare la vita”.

 

Infine aprì gli occhi.

Senza sapere né come né perché, ma semplicemente si ritrovò sveglia come se non avesse fatto altro che riposare le palpebre qualche attimo fino ad allora.

Era buio, ed era distesa su un fianco coperta per intero da strati su strati di stoffe. Non aveva freddo, ma si scoprì comunque a tremare di gelo.

Capì allora di avere sete e fame al contempo e in qualche modo di non avere la certezza di potersi muovere.

E poi li vide, due occhi nel buio intenti a fissarla.

Hiras, lo riconobbe.

Hiras era sveglio e la stava guardando.

“Bentornata” le disse lui con voce leggera e gentile, una nota calma che per qualche ragione la fece esitare. Lei sbattè una volta le palpebre, la certezza di poter vedere il pallore della luna riflessa nello sguardo del ragazzo a meravigliarla e paralizzarla al contempo.

C’era sempre stato tanto silenzio su Arryan? Si domandò improvvisamente. Tanta pace?

RIcambiò l’intensità di quegli occhi, certa che per qualche ragione ora anche nei suoi vi fosse altrettanta vastità, un eguale firmamento.

“Sono qui” sussurrò con un filo di voce, certa che se avesse parlato più forte tutto il mondo attorno a loro l’avrebbe udita.

Lui annuì e poi fece una cosa strana. Allungò verso di lei una mano di modo che per una frazione di secondo le sue dita riuscissero a sfiorarle appena il viso. Nulla più che la punta dei polpastrelli sulla guancia in un gesto delicato e sottile. Nel profilo lunare, la pelle di Hiras pareva quasi d’argento.

Poi lui si ritrasse e senza aggiungere nulla lo scintillio racchiuso negli occhi di lui si spense.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Elendil