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Autore: Pinker    07/07/2017    2 recensioni
Blaze deve ritornare a casa, ma il macchinario di Tails ha un guasto e finisce in un terra sconosciuta.
Per tornare a casa, Blaze ha bisogno del contenuto di una stella cadente finite da qualche parte sulla terra.
Incontrerà Tikal, la quale sarà disponibile ad aiutare la gatta.
Dopo aver convinto il padre a lasciarla andare, Tikal e Blaze intraprenderanno un lunghissimo viaggio nelle terre del passato, imparando ad andare oltre alle apparenze, ad accettare non solo quello che hanno in comune, ma soprattutto quello che non hanno in comune.
Tuttavia, Blaze e Tikal non sono le uniche dietro al misterioso potere del corpo celeste...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaze the Cat, Tikal the Echidna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel villaggio era tutto tranquillo: le donne tessevano e chiacchieravano tra loro, mentre i bambini correvano e giocavano tra loro, nonostante fosse vietato a loro di restare alzati fino a tardi.

Il loro capo, un anziano echidna di nome Pachacamac, scrutava il suo prezioso villaggio.

Stava dritto in piedi, reggendosi al suo fedele bastone mentre con sguardo fiero osservava la sua gente dalla cima del tempio di pietra.

Le sue orbite, poi, si soffermarono su una giovane echidna seduta qualche gradino più sotto, con gli occhi azzurri persi nel cielo dell'orizzonte, ancora colorato di buio per la notte; ma ancora poche ore e la dolce creatura avrebbe potuto vedere un'alba mozzafiato da lassù.

Lei era una bellissima ragazza dagli occhi azzurri, limpidi e puri, e con lunghissimi e morbidi capelli beige; alcune ciocche erano coperte da bandane bianche.

Semplici, i suoi vesti: un top di grezzo lino bianco, leggero e pulito, ed una gonna verde e dorata dalla fantasia geometrica. Non aveva vere e proprie scarpe, solo delle bende di lino bianco messe come specie di sandali, che le proteggevano la pianta dei piedi. Gli unici pezzi preziosi del suo outfit erano un collare ed un diadema; ambedue erano d'oro e con una pietra preziosa al centro.

Il dolce venticello fresco della notte le ventilava i capelli color ambra, agitandoli un poco.

Sul viso color pesca aveva un'espressione triste e malinconica da giorni, ormai.

Il vecchio guardò sua figlia: una ragazza così vitale, eppure così priva d'energia.

Le sue spalle cadenti, le ginocchia vicine al ventre e il suo costante silenzio... tante piccole cose cose che la facevano sembrare, stupidamente, una creatura arresa.

Il capo echidna sospirò nel vedere la sua unica figlia in questo stato, ma come biasimarla; sua madre, ovvero la nonna della ragazza, la precedente e grande regina della tribù, era venuta a mancare solo un paio di giorni prima. Di conseguenza, Pachacamac aveva ereditato il trono, il suo bastone e le sue responsabilità, e niente lo onorava di più.

Ma per Tikal non c'era nessun aspetto positivo nella morte di sua nonna, nessun guadagno.

Nessuno, nemmeno suo padre, poteva capire l'immenso dolore che provava: sua madre era morta per metterla al mondo e la persona che quindi l'aveva cresciuta, educata ed amata era proprio sua nonna, non quel guerrigliero e assente padre, ma quella favolosa matriarca qual era sua nonna; un'echidna saggia e caritatevole che le ha insegnato ad amare e rispettare ciò che il mondo fa nascere e crescere, ciò che in esso vive e ciò che vita non ha, la potenza della natura e la sua energia. Le ha insegnato il valore della pace e la disgrazia della guerra; le ha insegnato a temere il sangue versato e le fiamme dell'odio.

Le ha insegnato davvero tante, troppe cose, che ha imparato solo crescendo ed alcune non le sono nemmeno ancora chiare.

E nel mezzo della sua confusione adolescenziale, dei suoi conflitti privati col padre, delle sue domande, insicurezza ed incertezze... lei l'ha lasciata.

Adesso è da sola. C'è solo suo padre.

Tsk. Suo padre.

Tikal era sicura che la stesse fissando, quel vecchietto arzillo, ma lei non si sarebbe voltata nemmeno per controllare se i suoi sospetti fossero veri. Se lui avesse avuto qualcosa da dirle, le avrebbe parlato, altrimenti avrebbe continuato a tacere, lei di certo non avrebbe iniziato una conversazione.

Tra le tante cose che sua nonna le aveva insegnato era di proteggere la sua famiglia e di rispettare il padre e la madre: quindi se ne stava zitta e si teneva i suoi pensieri per sé.

Lei sapeva cosa suo padre volesse da lei: una guerriera.

Lui voleva una figlia spietata ma ubbidiente, sanguinaria ma rispettosa, forte tanto quando basti per distruggere un'orda di nemici, ma non abbastanza per superarlo, e probabilmente anche abbastanza intelligente da studiare qualche tattica a tavolino, ma comunque pendere dalle sue labbra.

Aveva già tentato a farla approcciare con diverse armi come la lancia, la spada e persino l'arco ma aveva sempre e solo ricevuto rifiuti. Educati, ma freddi e decisi.

Anche se le aveva detto di essersi arreso, Tikal in cuor suo sapeva che il padre non aveva ancora gettato la spugna ed ogni tanto elencava con nonchalance tutti gli aspetti favorevoli alla guerra e alla forza bruta delle armi, e di quanto essa coprisse d'onore.

Ti stai solo coprendo di ridicolo.” avrebbe voluto dirgli Tikal, un bel giorno in cui si stufò; e invece riuscì solo a dirgli che la guerra copre solo di sangue. Il freddo capo si limitò ad alzare le spalle e a continuare la sua giornata come se nulla fosse, probabilmente pensando che non ce l'aveva fatta quel giorno, ma il dì dopo avrebbe tentato di nuovo.

Una delle qualità che suo padre aveva, e che la ragazza aveva dovuto ammettere, era la pazienza.

Tuttavia, non aveva un cuore di pietra: Tikal sapeva che suo padre l'amava sopra ogni altra cosa, voleva bene al suo unico tesoro dopotutto. Sicuramente lui voleva solo il meglio per lei, tuttavia Tikal non capiva come quello che suo padre le stesse facendo potesse giovarle in qualche modo. Lei proprio non riusciva a guardare con i suoi occhi, e forse, si diceva tra sé e sé, era meglio così.

Quello che sapeva, poi, era che suo padre ci teneva davvero alla sua tribù e a tutto il suo popolo.

Lui non era cattivo, Tikal aveva visto un sacco di volte le sue azioni benefiche verso gli altri abitanti; aveva visto azioni buone e gentili da parte sua.

Si ricordò di quella volta che suo padre, al suo decimo compleanno,la portò all'interno del tempio, dove si inginocchiò davanti a lei e l'abbraccio forte, dandole poi in regalo il diadema indossato da sua madre: una bellissima coroncina dorata con una grande pietra azzurra al centro. Lui osservò sorridendo che era lo stesso azzurro dei suoi occhi, “E' come se fosse destinato a te.” le disse, genuinamente felice. A vedere suo padre così, la giovanissima Tikal non poteva far altro che sorridere entusiasta a sua volta.

Perché è quello che sei.” le disse dolcemente Pachacamac, prendendo delicatamente la coroncina dalle manine curiose della bambina.

Tu sei una principessa. E, quando arriverà il tempo, una regina.” le narrava, mentre le sistemava il diadema sulla fronte.

E io sarò sempre lì accanto a te quando ne avrai bisogno.” la rassicurò, guardandola dritta negli occhi. Poi si rialzò in piedi e mostrò alla bambina la vista del villaggio da quella cima.

Quando loro ti considereranno una principessa, io ti considerò una regina; quando loro ti considereranno una regina, per me sarai una divinità.”

Poi, indicando l'interno del tempio, le disse: “E io pregherò ogni giorno affinché tu, mio tesoro, cresca e sia felice, e supplicherò gli dei affinché io possa vedere l'alba del tuo impero, o regina.”

Al solo pensarci, Tikal iniziò a sorridere di nuovo dopo giorni. Non capiva se suo padre le avesse mentito, o se stesse mantenendo quelle promesse a modo suo, ma di una cosa ne era certa: lei gli voleva bene, eccome.

Si toccò la sua preziosa coroncina, passando le dita sulla superficie liscia della bellissima pietra con un leggerissimo tocco.

Era la sua principessa.


Dei sussulti si sentirono per tutta la tribù. Il cielo si schiarì improvvisamente, emanando un'insolita, sinistra luce blu elettrico che illuminò tutto del medesimo colore abbagliante.

La gente indicava il cielo, meravigliata e spaventata.

Tikal alzò di scatto lo sguardo e vide la più appariscente e magica cometa che i suoi occhi azzurri avessero mai scrutato. Ed era anche la più vicina; avrebbe potuto cadere a terra in qualsiasi punto in qualsiasi momento.

La giovane echidna scattò in piedi, badando però a non togliere lo sguardo da quell'insolito fenomeno.

Incredibile!” sussurrò stupito suo padre dietro di lei, con gli occhi incollati al cielo.

Lei non si curò dello stupore del padre, né dei bambini che piangevano impauriti attaccati alle gonne delle madri, né degli uomini che gridavano, superstiziosamente, alla disgrazia.

Tutto quello che sentiva era una strana forza entrare in lei sin dall'attimo in cui la luce di quella misteriosa stella cadente aveva illuminato la sua pelle.

Era come se una potentissima entità le stesse dando un'energia tale da giurare di poter volare.

Tikal ne rimase rapita da quella gloriosa sensazione. Ne era così attratta e allo stesso tempo cercava di respingerla; più essa si intensificava, più Tikal sentiva il peso di essa aumentare.

Si sentì schiacciare dalla sua potenza, tanto da farle mancare il respiro per qualche attimo.

Fortunatamente, quando la comete si apprestò a sparire all'orizzonte, allontanandosi sempre di più alla giovane principessa, quest'ultima poté di nuovo inalare a pieni polmoni. Sussultò forte, realizzando di poter respirare di nuovo.

Tutto quello era surreale. Era davvero una cometa? E se fosse stato uno spirito, per impossessarsi in quel modo di Tikal?

La giovane echidna era combattuta. Qualsiasi cosa fosse, però, sentiva dentro di sé che doveva stare alla larga da lei, per sempre. L'istinto le diceva che era pericolosa.

Tikal, tutto bene?” le chiese suo padre preoccupato, scendendo di qualche gradino, per avvicinarsi alla figlia.

Sto bene papà, grazie.” rispose lei, ansimando un po'. Si girò un attimo per adocchiare suo padre mentre le si approcciava. I suoi occhi stupiti e preoccupati fissavano attenti la traiettoria della ormai lontana cometa.

Quella...” iniziò a dire lui, ma non riuscì a finire la frase.

La cometa doveva essersi schiantata da qualche parte, oltre le montagne, perché essa era sparita dal cielo e si era sentita un'esplosione. Soprattutto, si era vista: da dietro le montagne all'orizzonte si sprigionò un'ondata di luce bianca, accecante. Tikal e suo padre dovettero chiudere gli occhi per un paio di secondi.

Era finita? I due echidna fissarono l'orizzonte, attenti a nuovi movimenti.

L'aria iniziò ad alzarsi; i panni appesi nel villaggio sbattevano con sempre più forza, mentre le foglie danzavano violente fino in cima al tempio. I capelli della principessa echidna si scompigliarono selvaggi.

Questi piccoli segni insospettirono e preoccuparono padre e figlia, e poi arrivò: l'impatto aveva causato una forte onda d'aria, era solo questione di tempo affinché arrivasse al villaggio.

Una nube di polvere, foglie e qualche ramo arrivò al villaggio con una velocità spaventosa.

Colpì tutto: i tetti delle modeste casette non ressero ed alcuni pezzi volarono via.

I genitori avevano buttato a terra i propri figli e li avevano coperti con i loro corpi per proteggerli, temendo che potessero volare via, soprattutto gli infanti. La folata di vento sollevò inoltre un bel po' di polvere. Gli adulti tossivano mentre i bambini gridavano e piangevano.

Panni, scodelle, strumenti e giocattoli di vario tipo vennero scagliati metri e metri più in là.

L'ondata arrivò violenta anche in cima al tempio, solo che non c'era molto da spazzare via, tranne un paio di persone.

Quando Tikal aveva visto quel tornado di polvere arrivare, non aveva fatto altro che prepararsi all'impatto coprendosi il viso, tuttavia non aveva calcolato che fosse così violento. Quando la folata l'avvolse, temette di venire spazzata via, giù dall'alto tempio. Si ritrovò, senza saperlo, a gridare.

La ragazza allora si buttò a terra.

TIKAL!” gridò Pachacamac, e si buttò a terra accanto alla figlia, stringendola forte con un braccio che le circondava le spalle, protettivo. La ragazza si strinse a suo padre, cercando di non respirare la polvere.

Dopo una decina di interminabili secondi, l'aria si calmò. La polvere iniziò a posarsi. Tutto si fece più limpido, tanto da permettere a Tikal e suo padre di vedere come si era trasformato il loro villaggio là sotto: un quadro si Salvator Dalì.

Poi, Tikal ritornò lo sguardo su suo padre.

Cos'era quello, papà?” chiese, con la voce ancora tremante. Non pensava davvero che Pachacamac sapesse cosa fosse quella cosa, ma trovò curioso il fatto che l'anziano echidna, invece di risponderle subito, ci stava pensando su. Le sue sopracciglia corrugate in un'espressione seria e stranamente calma portarono la povera principessa a sfiorare l'idea che, in fondo, lui sapesse qualcosa che a lei sfugge. Certo, non sarebbe la prima volta.

Non lo so, Tikal.” rispose alla fine il capo.

Ma ho tutta l'intenzione di scoprirlo!” detto questo, lasciò le braccia della figlia alla quale si era aggrappato per proteggerla, e si mise al centro delle scale.

Gente!” urlò da lassù alle persone ancora scombussolate, “Non abbiate paura! Mentre risistemeremo il nostro villaggio, chiedo ad un gruppo di valorosi volontari di controllare la zone per assicurarsi che sia sicura, o ad intervenire nel caso di problemi. I coraggiosi che si mettono a disposizione si uniscano qui, ai piedi del tempio. Grazie, al lavoro!” disse, cercando di essere il più rassicurante possibile.

Poi, con passo veloce, si apprestò a scendere i gradoni in fretta.

Padre!” chiamò Tikal dietro di lui. Con un piccolo scatto, lo raggiunse subito e gli posò una mano sulla spalla per fermarlo.

Non ora Tikal” rispose lui, senza neanche voltarsi “Devo riunire i nostri giovani e chiamare il mio fidato consigliere di guerra.”

Voglio essere una volontaria!” esclamò Tikal, decisa. Il padre, ovviamente, non se l'aspettava.

Si voltò sorpreso e brontolò: “No, non puoi!” le ordinò.

Cos-! Perché?!” chiese, anzi, urlò la ragazza, frustrata.

E' troppo pericoloso per te.” rispose il vecchio capo.

Anche essere una guerriera è rischioso, ma non ti sei mai fatto problemi.” gli rinfacciò la giovane.

Sì ma hai sempre rifiutato le armi e i miei allenamenti, ricordi figlia mia?!” rispose scocciato Pachacamac “Come posso lasciarti andare fuori adesso,impreparata, con un potenziale pericolo?”.

E poi sospirò, agitando lievemente la testa.

Sei troppo preziosa. Non voglio che ti faccia male, mi capisci vero? Se resti qui, sarò sicuro che non ti succederà nulla.” le spiegò, piano.

Lei capiva il suo punto di vista, ma non era più un pulcino nel suo nido. Voleva volare.

Ed era bene iniziare con piccoli saltelli.

Tikal.” disse alla fine suo padre “Puoi andare a fare un giro, va bene? Ma solo fino al lago, non un passo di più. Se trovi qualcosa di pericoloso, o semplicemente 'strano', tu torna di corsa al villaggio e chiamami. Intesi?”

Tikal sorrise, vittoriosa ma umile. Annuì, sapendo che quello era il massimo dell'accordo che potesse ricavare da suo padre in quel momento.

Bene.” confermò Pachacamac, poi si voltò nuovamente verso il villaggio.

MAYA!” urlò, chiamando la sua consigliera di guerra. Scese i gradoni di corsa, lasciando Tikal da sola sulle scale di marmo.



Piccoli, graziosi passi toccavano leggeri la finissima erba verde della radura.

Una leggera e piacevole brezza le rinfrescava la fronte e le ventilava i capelli color caramello.

Tikal giocava nervosa con i braccialetti dei polsi.

Stava in guardia ad ogni possibile elemento fuori posto, ma fino ad allora sembrava tutto in regola.

Mai avrebbe pensato di camminare così ansiosamente in quelle tranquille terre che conosceva dall'infanzia.

Si avvicinava sempre di più alla meta a lei consentita, e tutto stava andando liscio come l'olio, grazie al cielo.

In testa aveva un pensiero, come una mosca ronzante, riguardo a quella cometa: si chiedeva quanto dev'essere stata grande per creare una reazione del genere, e chissà dove fosse finita, ma soprattutto si chiedeva cosa suo padre temesse davvero.

Perché non la voleva lasciar andare? La ragione aveva qualcosa a che fare con l'impatto del corpo celeste? Se sì, quale pericolo temeva Pachacamac che non ci fosse già? E poi, quale pericolo poteva portare un po' di vento?

Le veniva davvero difficile trovare una risposta plausibile. L'unica che le veniva in mente era che suo padre sapesse più di quanto dicesse. Tuttavia, Tikal non aveva prove, solo una serie di sospetti e sensazioni. Se solo una divinità o uno spirito onnisciente potesse mandarle una visione, o anche un segno, le basterebbe uno qualsiasi...

All'orizzonte vide l'orlo della sua terra: dovete sapere che Tikal e il suo villaggio erano su un piano rialzato rispetto al lago, molto simile ad una ripida scogliera.

Più si avvicinava ai confini, più riusciva a vedere la distesa d'acqua lucente.

Camminò, questa volta più tranquillamente, e si fermò solo quando i suoi piedi furono a pochi centimetri dal vuoto.

Rimase immobile per qualche secondo con il vento tra i capelli e l'odore di lago nelle narici, osservando l'alba dai colori rossastri e rosati.

Le onde del lago sembravano agitate alla deriva, ma non c'era da stupirsi, dopotutto.

C'era una sentiero, non molto più a destra di Tikal, che l'avrebbe portata sulla spiaggia di sassi, tuttavia non le passò nemmeno in testa di usufruirne. Che senso aveva, dopotutto? Non aveva incontrato nulla fino ad allora, e il lago era a soli pochi metri di distanza e da lassù lei poteva osservare i dintorni, e non c'era nulla.

La sua misera missione era completata: aveva esplorato il possibile, era tempo di tornare indietro.

Stava per voltarsi per tornare al villaggio, quando i suoi occhi catturarono l'immagine di un essere violaceo.

Si bloccò immediatamente.

Chi era e cosa ci faceva lì?

La analizzò a fondo: era una ragazza, senza dubbio. Una strana gatta lilla con ancora più strani vestiti viola.

Strana.

Solo quella parola sarebbe bastata per descriverla, e solo quella parola sarebbe bastata per farne rapporto al grande capo.

Era proprio quello che suo padre le aveva ordinato di fare. Adesso doveva solo correre al villaggio, sperando che quella straniera non la notasse, e raccontare tutto al papà.

E poi? Non sapeva, probabilmente Pachacamac sarebbe andato al lago con la cavalleria, sperando che nel frattempo la gatta non si fosse spostata.

Tuttavia, Tikal non aveva nessuna intenzione di fare tutte quelle cose elencate da suo padre.

Strano è solo diverso. Il diverso non è sempre male. Le parole di sua nonna le rimbombarono nella testa d'improvviso.

Le sembrava a dir poco assurdo, ma non aveva mai visto uno stile così...unico. Sembrava essere venuta da un altro mondo...

Tikal scacciò quei pensieri. Ridicolo, pensò.

Si convinse che era solo una viaggiatrice lontana, o una pellegrina di qualche città dall'altra parte del mondo.

Fu in questo momento che all'echidna dagli occhi azzurri venne in mente l'idea di parlarle.

Osservarla non le bastava più: doveva addirittura instaurare una conversazione. Suo padre l'avrebbe uccisa per questa scelta azzardata.

Tuttavia, Tikal non pensò fosse una brutta decisione. Certo, sapeva che non doveva rivolgere la parola agli estranei perché potrebbero essere pericolosi e bla bla bla, però c'era qualcosa nella straniera che tranquillizzava la giovane echidna...

Non lo sapeva neanche lei, era come se la ragazza avesse un'aurea di gentile forza, di cui Tikal se ne era affascinata.

Analizzò meglio la gatta: non sembrava nemmeno avere un'espressione feroce, solo pensante. Sì, sembrava confusa, per lo più. E se si fosse persa?

Guardava l'orizzonte come pochi minuti prima faceva Tikal con l'alba, come se volesse assistere a quello spettacolo con la principessa echidna.

La normalità nello strano.

Sua nonna le diceva sempre di cercare le cose che ci accomunano, piuttosto che quelle che ci distinguono. In effetti, ammise Tikal, non aveva più l'ansia che aveva provato quando i suoi occhi avevano trovato la giovane ragazza.

L'echidna notò, inoltre, una specie di gioiello sulla fronte a forma ovale e piuttosto piccolo, ma il suo color magenta brillava lucente e faceva la sua porca figura.

Tikal, d'impulso, toccò la sua bellissima pietra azzurra sulla fronte, come se se la fosse appena ricordata e sgranò gli occhi: e se la straniera una persona importante, o dell'alta aristocrazia? E se addirittura fosse come lei, una specie di...principessa?

Sì, doveva assolutamente parlarle: ormai le era cresciuta un'insaziabile curiosità.

La straniere non sembrava avere armi: non in mano, non attaccate al corpo o addosso ai vestiti. Sembrava pulita.

Quindi, che male poteva farle? Tikal era in cima a una scogliera di quasi 50 metri e senza armi come l'arco e le frecce non era attaccabile. Inoltre, se la ragazza lilla avesse voluto attaccarla corpo a corpo, prima di raggiungere o anche solo trovare il sentiero che l'avrebbe portata là sopra, avrebbe impiegato abbastanza tempo da permettere all'echidna di scappare al villaggio e chiamare i rinforzi.

Sembrava filare tutto nella mente di Tikal. Cosa sarebbe potuto andare storto?



Blaze era ancora immersa nei suoi pensieri quando sentì una voce in lontananza.

EHY!” qualcuno gridò.

Con stupore, Blaze si voltò di scattò, ma non vide nessuno dietro di lei. Scrutò l'immensità della prateria, ma tutto quello che vide fu un mare d'erba verde. Se l'era solo immaginato?

Ancora confusa, sentì la stesse voce femminile chiamarla: “EHY! SONO QUA SOPRA!”

A Blaze bastò seguire il suono per individuare la fonte: con il naso per aria, la principessa gatta stava osservando una giovane echidna color beige con lo sguardo curioso, ma cauto.

Blaze non si stupì di venir trattata come un potenziale pericolo.

A giudicare dalle vesti dell'indigena, la gatta lilla doveva essere proprio fuori luogo (oltre che tempo, ma questo ancora non lo sa): un primitivo top bianco e una semplicissima gonna tendente al verde. Non aveva nemmeno delle vere e proprie scarpe.

Blaze sperava di non averla spaventata troppo: le dava l'impressione che non fosse abituata a vedere vestiti sfarzosi del genere, pantaloni al posto delle gonne e tacchi.

A parte questo, la micia lilla era davvero sollevata di aver trovato qualcuno.

CHI SEI?” gridò la ragazza da sopra alla scogliera. Blaze alzò un sopracciglio. Non sapeva cosa pensare: come poteva essere così diretta con lei, quella ragazza? Inoltre non voleva davvero dirlo subito il suo nome. Quell'echidna non era l'unica che stava parlando con una completa estranea: anche la principessa gatta si trovava davanti a qualcuno che aveva appena incontrato. Tuttavia, decise di essere onesta e di conquistarsi la fiducia della ragazza.

BLAZE, BLAZE THE CAT! E TU?”

IO SONO TIKAL! PIACERE!” rispose lei.

PIACERE, TIKAL!”

Ci fu un attimo di silenzio un tantino imbarazzante, in cui l'echidna sembrò pensierosa.

COSA...COSA CI FAI LAGGIU'?” chiese lei. Blaze aggrottò le sopracciglia, confusa: non capiva se l'avesse chiesto per semplice curiosità, o se ci fosse un motivo particolare, del tipo che non doveva essere 'là sotto'. Siccome non sapeva nemmeno lei cosa ci facesse lì, raggirò la domanda per capire meglio cosa stesse succedendo.

BHE...TU COSA CI FAI LASSU'?” chiese, cercando di capire se ci fosse una lato sbagliato su cui stare o no.

Tuttavia, la sua interlocutrice alzò le spalle. Per un attimo sembrò combattuta su cosa dirle.

HO VICINO IL MIO VILLAGGIO.” spiegò la ragazza “DOV'E' IL TUO?” chiese.

-Oh diamine!- pensò Blaze. Temette che, non appartenendo ad un villaggio, Tikal non si sarebbe fidata e di conseguenza non l'avrebbe aiutata, e Blaze aveva un DISPERATO bisogno d'aiuto, anche perché la giovane echidna era l'unica persona che abbia incontrato fino a quel momento.

Bhe, almeno Blaze adesso sapeva che c'era altra gente oltre a Tikal.

Fu in quel momento in cui decise di giocare la carta delle 'risposte non precise'.

Magari sarebbe riuscita ad estrarre informazioni su dove fosse senza sembrare troppo sospetta. Di certo non poteva chiederle 'dove cavolo siamo?'.

ABITO LONTANO.” rispose vaga. Almeno non doveva mentire spudoratamente ad una ragazzina.

Tikal mostrò un sorriso brillante, come se si fosse rallegrata di qualcosa.

AH SI'? DA DOVE? COM'E'?” chiese, curiosa.

Anche se lontana, Blaze poté vedere la pura curiosità negli occhi azzurri dell'echidna.

Emh...” Blaze non sapeva cosa risponderle. Cercò di focalizzarsi su casa, ma questo causò solo una forte fitta al cuore. Le uniche immagini che le venivano in mente, poi, non erano nemmeno della Sol Dimension; erano di Sonic, Tails, Amy, Cream e Shadow, le colline verdi e le graziose casette di...Mobius. Blaze ricordò le mattine in cui buttava giù dal letto il riccio blu o guardava senza speranza il suo amico importunare un certo echidna rosso, i pomeriggi in cui correva con lui o giocava con la piccola coniglietta e la riccia rosa, e le sere in cui guardava le stelle al telescopio con lo sveglio volpino o all'aperto con Shadow o Sonic. Già le mancava tutto questo.

Blaze dovette staccare lo sguardo da Tikal, mentre sul viso aveva una leggera smorfia di dolore. Incrociò le braccia e fissò l'alba ormai giungere al termine.

E'...BELLA...” disse solamente, presa dalla malinconia.

Non era di certo quello che Tikal sperava di ottenere, questo la gatta lo sapeva per certo, tuttavia la bella echidna deve aver visto il gesto della micia. Non chiese più della sua casa.

PERCHE' SEI QUI?” chiese la ragazza.

Ovvio, voleva sapere perché era nelle sue terre, e persino Blaze voleva saperlo.

UNO SBAGLIO.” tagliò corto la gatta. Tikal alzò un sopracciglio, all'inizio confusa, ma poi sembrò realizzare qualcosa.

TI SEI PERSA?” chiese.

...SI'.” ammise Blaze alla fine.

COME POSSO AIUTARTI?” si offrì la ragazza.

-Grazie a Dio.-

HO SOLO BISOGNO DI SAPERE COME ARRIVARE DALL'ALTRA PARTE DEL LAGO E OLTRE LE MONTAGNE.” spiegò Blaze. Non le sembrò di chiedere troppo, solo basiche indicazioni. Comunque, notò Tikal essere molto combattuta.

CERTO.” rispose calma quest'ultima, dopo un po' “MA NON TI CONSIGLIEREI DI ANDARCI ADESSO.”

Blaze la guardò stupita e confusa. Tikal sembrava semplicemente inquieta.

PERCHE'?” chiese allora la gatta, portando le mani sui fianchi.

Tikal la guardò preoccupata.

NON L'HAI VISTA...LA COMETA...?”

E quindi...l'aveva notata anche lei.

EMH...SI'?” rispose la gatta, la quale non capiva l'inquietudine della ragazza, né che cosa le volesse dimostrarle. Sperava solo che arrivasse presto al punto.

E' PER QUESTO CHE DEVO ANDARE LI'. MI SERVE LA COMETA PER TORNARE A CASA.” spiegò la micia.

L'espressione della giovane echidna cambiò di colpo. Dire che era confusa era troppo poco. Sembrava addirittura persa.

Ma Blaze sapeva che non c'era da biasimarla.

E' UNA STORIA COMPLICATA.” disse Blaze per rassicurarla “MA CREDIMI, NON HAI BISOGNO DI SAPERLA TUTTA. DAMMI SOLO LE INDICAZIONI, PER FAVORE.” supplicò.

Tikal sembrava non essere molto convinta. Blaze sperava solo di non aver perso l'aiuto della ragazza.

E' PERICOLOSA.” disse alla fine, guardando Blaze dritta negli occhi, la quale la guardò interrogativa.

Cos-”

LA SUA ENERGIA...L'HAI SENTITA,VERO?” chiese la graziosa echidna, preoccupata.

La gatta sgranò i suoi occhi dorati: quindi non era solo una sua sensazione... la cometa conteneva davvero energia!

Blaze annuì in conferma alla dolce indigena.

E' ENERGIA SCURA, NEGATIVA...” spiegò quest'ultima.

Blaze non capiva di cosa stesse parlando: la potenza che aveva sentito non era assolutamente negativa, anzi, la riempiva di forza e speranza. Guardò Tikal: sembrava davvero spaventata e preoccupata dall'energia della cometa, come se le avesse fatto del male. Era nervosa.

Pensato ciò, raggiunse la conclusione che forse la percezione di tale misteriosa forza era soggettiva.

NEGATIVA O NO” rispose alla giovane indigena, cercando ti tagliare corto “NON HO ALTRA SCELTA. NE HO BISOGNO, NON C'E' ALTRO MODO.” spiegò alla ragazza, decisa. E poi attese.

Molte domande passarono in testa a Tikal, Blaze poté vederlo dalla faccia, ma aveva probabilmente capito che non sarebbe servito a niente ottenere spiegazioni.

NON PUOI ANDARE DA SOLA.” urlò alla fine “HAI BISOGNO DI QUALCUNO CHE TI ACCOMPAGNI.”

...E TU PUOI FARLO?” chiese la gatta.

NON HO IL PERMESSO DI ANDARE OLTRE.” rispose Tikal scuotendo la testa “TUTTAVIA POTREI CHIEDERE A MIO PADRE.” e si mise a pensare. Sembrava altamente combattuta.

Guardò il lago, e poi dalla parte opposta, indecisa, e infine adocchiò la micia come se avesse preso una decisione molto importante.

POTRESTI VENIRE AL MIO VILLAGGIO... CON ME.” propose alla fine la brunetta “TI AIUTEREMO.”

Blaze alzò le spalle. Non aveva molta scelta e voleva fare più in fretta possibile.

D'ACCORDO.” accettò.

Tikal sorrise.

OK, ADESSO VIENI SU. TI DICO DOV'E' IL SEN-” non fece in tempo a finire la frase.

Blaze aveva già iniziato a correre veloce verso la scogliera. Arrivata ai piedi di essa, saltò e, usando il fuoco sotto i suoi piedi, riuscì a prolungare il balzo fino ad arrivare in cima alla scogliera. Atterrò con eleganza ed un leggero sbuffo vicino a Tikal.

-tiero...” sussurrò l'echidna marroncina, finendo la frase di prima. Guardò a bocca aperta la misteriosa straniera che aveva appena saltato per una distanza di quasi cinquanta metri e che si stava spolverando i suoi strani vestiti come se fosse una cosa da niente.

Naturalmente Blaze se ne accorse, e cambiò subito argomento prima ancora che iniziasse.

Allora, andiamo?” chiese frettolosa, sebbene educata, a Tikal, cosicché quest'ultima non avesse tempo di fare domande. Rimasta zitta, l'echidna annuì solamente.

Fianco a fianco, le due ragazze si avviarono verso il villaggio di Tikal.


E già qui, le sorti del destino erano già cambiate.


   
 
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