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Autore: Jackthesmoker7    08/07/2017    2 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Avanti, vieni. Ti tiro su io. >> Sentire la voce di Robin era come ricevere una scossa elettrica ad alto voltaggio nel cervello, ma Cassie non poteva lamentarsi. Corvina era appena stata rinchiusa di nuovo nella sua cella magica, il cui vetro si era riformato magicamente non appena Robin aveva premuto qualche pulsante sulla pulsantiera, ed in quel momento lui la stava sorreggendo mentre salivano lentamente le scale, un passo alla volta. << Ma non potevate mettere l'ascensore? >> domandò la ragazza con un filo di voce.
<< Non mi sono occupato da solo della costruzione di questa torre. Ti giuro che io mi sono occupato unicamente della stanza che hai appena visto, delle difese e di poco altro. >> disse lui con la voce roca, mentre finiva la prima rampa di scale.
<< Ok, brava... ci siamo quasi. >> la incoraggiò lui sollevandola un po' di più. << Mi giuri eh? Per ora non hai ancora infranto nessuna delle promesse che hai fatto, quindi mi sa che devo fidarmi. >> disse lei, ridacchiando nervosamente.
<< Intanto che fai la spiritosa, perché non mi spieghi come mai ti è sembrata una buona idea liberare uno degli esseri più pericolosi di questo mondo dalla sua prigionia? Voglio divertirmi anch'io. >> la prese in giro Robin, quasi curioso.
<< Non essere cattivo con me, non è stata colpa mia! >> cercò di giustificarsi lei: << Quella stronza mi stava controllando... non so bene come, ma non ero più padrona delle mie azioni. >> raggiunsero la metà della rampa, e lì si fermarono per recuperare le forze. Si sedettero, e Robin le controllò lo squarcio sulla gamba: << Appena ti porto su devo sistemarti questa ferita, perdi troppo sangue. >>
<< Oh, che carino! Ti preoccupi per me? Da quando sei così dolce. >> commentò lei con sarcasmo. Robin le gettò una brutta occhiata da sotto la maschera: << Da quando rischi di macchiarmi di sangue la moquette. Sai quanto è difficile togliere le macchie di sangue? >> le rispose lui con ilarità, pur cosciente del fatto che dei due era lui quello che sanguinava di più.
<< Ah ah... ah >>
Rimasero sulle scale per un po', in silenzio. A nessuno dei due veniva voglia di sprecare energia a parlare.
Ma il silenzio stanca presto, soprattutto una ragazza a cui veniva in mente una domanda al quale non sapeva rispondere: << Ehi, ora che mi ricordo... Se quella stanza l'hai costruita tu, ed i Titans cattivi sono quattro, come mai i pulsanti sono cinque? La quinta è per il loro capo? >>
Robin la guardò dritta negli occhi, poi distolse lo sguardo e sembrò che stesse cercando con cura le parole, per poi rivolgersi di nuovo a lei: << Sì, in un certo senso. È stata costruita per me. >>
<< Per te? Che significa? Perché hai costruito una cella anche per te? Cioè... voglio dire... che te ne fai di una cella creata apposta per te? >> chiese lei confusa, ricordandosi intanto delle teorie che faceva sulla torre e sui suoi occupanti.
<< Vedi, mi sono successe molte cose brutte nella vita, ed ho imparato soprattutto da quelle. Ho visto persone che credevo miei amici rivoltarsi contro di me e cercare di uccidermi, ed ho pensato "se accade a loro, perché non dovrebbe accadere a me?". Ecco perché l'ho costruita. Ormai succede così spesso. >> le rispose lui, con una certa malinconia nella voce.
<< Oh! >> fu l'unico commento: << Certo che la vostra vita è proprio diversa da come me la immaginavo. Pensavo... >>
<< Sì, so come la pensate. Su, riprendiamo a salire. >> disse lui, poi prese la mano della ragazza e la issò in spalla, sostenendo il suo peso. Ricominciarono a salire, un passetto alla volta.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
<< Ah... ahi... Ahia! Fermofermofermo. >> Il disinfettante le bruciava sotto la pelle, facendo agitare la ragazza ed impedendo a Robin di ricucirla per bene.
<< Sta ferma! Non vorrai che faccia un buco nel posto sbagliato. >> la avvertì lui con l'ago in mano. Robin si era premunito di medicare lei per prima non appena erano entrati nell'infermeria, di levarle il frammento di simil-vetro dalla gamba e di disinfettarla, anche se con una certa difficoltà e poco aiuto da parte della paziente in questione: << Non urlare! Sta ferma! Se non ti disinfetto la ferita rischia di infettarsi, e non ho voglia di perdere tempo ad accudirti mentre ti gonfi di pus. >> disse lui mentre spargeva un liquido freddo e dall'odore acre sulla ferita della ragazza. Prima era imbarazzata a spogliarsi per lasciarsi medicare da un ragazzo più grande di lei, ma quel sentimento sparì non appena il disinfettante iniziò a funzionare.
Infatti era troppo impegnata a lamentarsi per decidere a cosa pensare: << Ahia! Smettila! Fa male! >>
<< Certo che fa male. Serve per non ammalarsi, quindi chiudi il becco e soffri in silenzio. E possibilmente immobile. >> la ammonì Robin, tenendola bloccata sul lettino mentre cominciava a praticarle dei punti.
Lottando duramente per tenerla ferma riuscì a ricucirla sufficientemente bene, cosicché non sanguinasse più e non faccesse infezione.
<< Ed anche questa è fatta. >> annunciò sollevato il ragazzo meraviglia ammirando la sua medicazione, risvegliando in se un minimo di orgoglio per il suo lavoro; quasi sorrise.
Poi sentì le gambe cedergli e si ritrovò seduto per terra, con le ferite che gocciolavano sangue denso e rosso, che macchiava il costume e le ruvide bende improvvisate che lo fasciavano.
<< Robin! Che succede? Stai bene? >> chiese allarmata Cassie, con la voce carica di preoccupazione per lui.
<< Proprio bene non direi, ma non credo di potermi sistemare da solo. Mi devi aiutare. >> disse Robin cercando di limitare il flusso di sangue con le mani: << Devi ricucirmi tu. Prendi l'ago e segui le mie indicazioni. Devi... >>
<< Ricucirti? Io?! >> disse lei, muovendo lo sguardo tra l'ago bagnato di sangue, gli occhi del ragazzo (vabbè la maschera) e di nuovo l'ago: << Perché io? Non posso. N-non sono capace di farlo. Non so se... >>
<< Cassie ti prego. Devi farlo. Se non mi curi morirò dissanguato. Ti supplico, aiutami. >> la implorò Robin, che sentiva la sua stessa voce affievolirsi.
Cassie non poteva. Non ne era in grado. Era solo una ragazza, un adolescente in piena crisi ormonale, costantemente stressata emotivamente e psicologicamente ed in mezzo a qualcosa più grande di lei, che non avrebbe mai neanche immaginato di poter sopravvivere così a lungo in un posto tanto ostile. Ma poi prese una decisione.
Decise di tirare fuori le palle e di darsi una sveglia. Non era il momento di fare la ragazzina piagnona. Serviva qualcuno di utile.
<< Okay, dai qua. >> esclamò lei decisa, strappandogli ago e filo di mano.
<< Bene. Avvicinati. Non preoccuparti, non è difficile. Devi solo infilare l'ago sotto la pelle che circonda la ferita, e tirare per richiuderla. Così per ognuna. Non preoccuparti di quanto filo usi, ne abbiamo a sufficienza. >>
Robin si tolse le bende che aveva sullo stomaco, rivelando tre grossi squarci violacei che grondavano torrenti di sangue attraverso il costume sul pavimento. Cominciò con quelli.
<< Ah. Ok ok. Vai così, ci sei.
Cazzo!
No, non ti fermare. Non preoccuparti se mi fa male, continua. Fregatene di quello che dico, non smettere. >>
Cassie stava cercando di reprimere l'impulso di vomitare quel poco che aveva mangiato quella settimana, ma la vista del sangue, della carne scoperta e di quello che sembrava un organo interno, ma riuscì a completare il ricamo: << Rimarranno le cicatrici. >>
<< Oh bene >> disse Robin tra i gemiti mentre ci versava sopra il disinfettante e si bendava: << Così ingrandirò la mia collezione. Avanti, devi ricucirmi ancora solo un paio di volte. >>
La ragazza lo aiutò a sedersi sul lettino; lui si tolse la parte superiore del costume e scoprì la mappa di lividi, segni, cicatrici e muscoli che componevano il suo corpo, che Cassie ebbe il piacere di ammirare. Anche se ridotto malissimo era il più bello che avesse mai visto.
"Ma cosa ha passato? Che razza di vita ha avuto?"
La ferita si trovava sotto la spalla sinistra, proprio sul dorsale sinistro. Doveva aver reciso il muscolo, perché Robin aveva difficoltà a muovere il braccio all'indietro.
<< Non importa, lo sistemerò quando sarò fuori da qui. Per ora tu occupati della ferita e basta. >> disse, e lei ubbidì, ricucendo la ferita e bagnandola con il disinfettante.
<< Ahh... Bene, sta passando. Sta passando. Ahhh >> disse, dolorante.
Quando il dolore finalmente scemò Robin si tirò in piedi, e fece un paio di passi barcollanti. Se non fosse stato per Cassie, anche lei dolorante ma in condizioni migliori, lui sarebbe subito crollato a terra, ma lei veloce lo sorresse e lo riportò sul lettino: << Ecco, siediti. Ci sei? >>
<< Sì. Sì, ci sono. Ci sono... >> disse lui, amareggiato.
Cassie notò l'astio presente nella voce del ragazzo: << C'è qualche problema Robin? >>
A quel punto Robin scoppiò. Riversò su Cassie tutta la rabbia, tutta la frustrazione, tutto quello che si era tenuto dentro, che non era riuscito a sfogare dal giorno in cui aveva rivisto la luce del sole, quando era fuggito, sotto forma di dure parole: << Se c'è un problema? Certo che c'è un problema, stupida! È fuori, non lo vedi? Tutta la città, forse tutto lo stato è in mano ad un pazzo psicotico che ha trasformato i miei migliori amici in mostri senz'anima, li sta usando contro di me ed io non ho la benché minima idea di come fermalo! Non so nemmeno cos'abbia intenzione di fare!
So solo che sono l'ultimo, l'unico rimasto che può fermarlo, e che se fallisco lui vincerà ancora! E tutti perderanno! 
E tu mi chiedi se c'è qualche problema! >>
Lo schiaffo di lei lo svegliò dal delirio. Si fermò per un momento, e si rese conto di ciò che stava facendo. Si era alzato in piedi ed aveva sollevato da terra Cassie, tenendola per il bavero della maglietta.
Se non fosse stato per lei, probabilmente le avrebbe fatto qualcosa che un supereroe non dovrebbe mai fare. Ma dentro era crollato, non riusciva più a sopportare tutto l'orrore ed il dolore che si portava dietro, sia da prima che dopo la prigionia. Com'era possibile che in meno di due mesi fossero riusciti a fargli toccare il fondo, quando non era successo dopo anni di dolore?
Ma ormai il tappo era stato tolto, e l'angoscia in un qualche modo doveva pur essere sfogata. Crollò addosso alla ragazza, e scoppiò in lacrime.
Cassie non si aspettava una reazione simile. Per quanto ne sapeva quando un ragazzo incazzato riceveva uno schiaffo si incazzava ancora di più e diventava pericoloso, mica aveva un collasso emotivo. Ma non se la sentiva di dire niente, perché percepiva la sua tristezza. Lasciò quindi che Robin si adagiasse sulle sue ginocchia e desse libero sfogo alle sue emozioni, restando così finché Robin non si calmò. Quando finì di singhiozzare e smise di piangere, si rivolse a Cassie dispiaciuto per le sue azioni: << S-scusa. Mi-mi dispiace per averti fatto m-male. Mi dispiace. >> sollevò lo sguardo verso quello della ragazza e la guardò dritta negli occhi, e per un istante, per un singolo istante, rivide gli occhi di Stella: "Stella."
Qualunque cosa stesse per succedere fra quei due, non successe. Vennero interrotti dal cicalio dei sistemi d'allarme, che rilevavano la presenza di un corpo in movimento ai piani inferiori. Robin si riscosse, si alzò dalle ginocchia di Cassie e rimise la maglietta mentre correva verso la Main Ops room, dove gli schermi lampeggiavano di una luce rossa d'emergenza. Si sedette alla consolle, e venne raggiunto da Cassie immantinente: << Robin, che succede? Che c'è? >>
Robin smanettò con la tastiera, premette pulsanti, azionò levette, ed infine sui monitor apparvero le immagini delle telecamere di sicurezza. Le immagini erano poco chiare e le lenti erano piene di polvere, ma si riusciva notare un'ombra indistinta ai limiti delle inquadrature di alcuni schermi, per poi perdere il segnale.
<< Dannazione! Sta distruggendo le telecamere. >> Robin aveva già pronto in mano il bastone e si stava dirigendo alle scale: << Ma che cos'è? >> disse Cassie, che cercava di stargli dietro, conscia che non era una buona idea spingersi in bocca al mostro, e rischiando più volte di capitombolare.
<< Non cosa, ma chi. Deve avermi seguito, entrando qui dentro poco dopo di me.
Cassie, Kitten è dentro la torre! >>
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Era stato facile trovarla. Anzi, era stata lei a trovare loro.
Ingaggiarono uno scontro duro, artigli contro bastoni, ma nessuno di loro si ferì in alcun modo. Nemmeno Robin, che a stento riusciva a camminare.
Infatti la battaglia non durò che pochi secondi, i necessari affinché Robin scagliasse l'ibrido contro una parete. Si stava posizionando per difendersi da un altro attacco, testa abbassata, asta alta, quando Cassie si avvicinò abbastanza da toccarlo.
<< Cassie, che fai?! Nasconditi presto! Sta per... >> cercò di avvertirla lui fermandosi però a metà, quando vide l'enorme corpo felino adagiato alla parete, moribondo, immobile se non per il lieve sollevarsi ed abbassarsi del petto.
Allora notò le ferite. Segni di laser, squarci, morsi auto inflitti, lividi. Ed era diversa da poco prima. La pelle si era increspata, strappandosi più di prima e mostrando organi interni, muscoli e ossa. Il canino superiore sinistro e quello inferiore erano cresciuti, sporgendo dalla bocca come lame acuminate, mentre il pelo si era diffuso per quasi tutto il corpo, lasciando poca pelle visibile. Un ginocchio si era rivoltato all'indietro, impedendole di muoversi correttamente e di mettersi a quattro zampe. La coda invece era diventata un'orrenda massa tumorale, bulbosa e pulsante, lunga quanto un uomo medio e irta di peli ispidi e stopposi, di colore giallastro.
Se non fosse stato per il rumoroso ansimare della bocca e per la condensa del fiato si poteva pensare che fosse già morta.
<< Che le è successo? >> chiese Cassie, la voce scossa dalla pietà.
Robin strinse il suo bastone con tanta forza che le nocche sotto i guanti sbiancarono: << Cassie, vai di sopra e non voltarti indietro mentre sali. Sbrigati! >>
La ragazza obbedì, e dal tono spaventoso che aveva Robin era meglio non fiatare.
Il ragazzo si avvicinò al corpo esausto della creatura che un tempo era la ragazza di nome Kitten, e le si inginocchiò accanto. Poi fece una cosa che in qualsiasi altro tempo e luogo non avrebbe mai fatto: l'accarezzò. La sentì fare le fusa; ormai era più un animale che una persona, ma aveva ancora un ricordo dell'attrazione che provava per lui. Si interruppe quando gemette per il dolore. La mutazione stava continuando.
Se Robin avesse avuto più tempo e più risorse probabilmente sarebbe riuscito a salvarla, ma ormai era allo stremo. Non sarebbe sopravvissuta alla notte.
<< Non preoccuparti, finirà presto. Pensa a qualcosa di bello, pensa ai gioielli, ai vestiti, alle scarpe... >> prese in mano due birdarang, li unì e formò una spada, poi la posò sul suo collo scarnificato: << Dove andrai avrai tutto ciò che vorrai, te lo prometto. >>
La guardò un'ultima volta negli occhi, le cui pupille erano ormai a metà della trasformazione, e le fece una solenne promessa: << Mai più! >>
Mosse la mano. Le pareti vennero bagnate di nuovo del sangue di un innocente.
Fuori cominciò a rannuvolarsi.
 
 
 
 
Ed ecco finalmente uno dei disegni dei personaggi stupendamente illustrato ed interpretato da Raven06, della coppia StarRaven56. Non sono sicuro di riuscire a mostrare l'immagine perciò se non la vedete includo un link di un sito su cui potrete andare a vederla.
Ecco a voi... Corvina
 
   
 
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