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Autore: darkvheda    08/07/2017    0 recensioni
"Scegli."
Solo una parola che ti fa accelerare i battiti, e sudare le mani.
Cosa farai? Cosa dirai? Cosa sceglierai?
Sentivo gli occhi farsi pesanti, mi costringevo a tenerli aperti strofinandoli più volte.
Sei consapevole di aver fatto una scelta nel momento in cui sei nel panico; lo guardavo e strinsi la sua mano annuendo con piccoli cenni sussurrando un flebile si, quasi del tutto impercettibile.
"Ho scelto tempo fa."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il caldo era diventato insopportabile, i vestiti sembravano come incollati sulla pelle ed anche il minimo  rumore mi infastidiva; sfilai le cuffie sbuffando sonoramente e poggia il cellulare su uno degli scatoloni mentre passavo una mano sulla fronte impregnata di sudore.
Arrotolai di poco la maglia sollevandola fino al seno, lasciando scoperta solo una parte della pancia, mi guardai intorno, in quella nuova casa che al momento era praticamente vuota.
Uscii in giardino, per prendere un altro scatolone e portarlo in casa, mio padre attirò la mia attenzione: stava abbracciando un uomo, sicuramente aveva la sua età e rideva, scherzava con lui come se lo conoscesse da una vita.
“Papà?” – corrugai la fronte in attesa di una sua risposta mentre tenevo lo scatolone sollevato, all’altezza della pancia.
“Nadia, vieni qui, voglio presentarti una persona.” – sorrideva, e mi incitava con la mano ad avvicinarmi a lui e quell’uomo; posai lo scatolone sull’erba e passai le mani sui pantaloncini che indossavo e mi avvicinai a loro forzando un sorriso ed alzando leggermente il viso “Lui è Stephen Clarke, andavamo insieme al college poi abbiamo perso i rapporti una volta finito”- annuiva con piccoli cenni del capo, osservando bene quell’uomo capii di averlo già visto qualche volta, forse in un vecchio album di mio padre.
“Beh, è un piacere conoscerla signor Clarke, sono felice che mio padre abbia trovato un vecchio amico.”- questa volta il mio sorriso si fece più sincero e rivolsi una veloce occhiata a mio padre.
Parlarono per quasi due ore, mentre io mi allontanai per iniziare a sistemare la mia camera, si trovava al primo piano ed ogni passo mi sentivo sempre più accaldata ma ero intenzionata a sistemare tutta la stanza prima che facesse notte.
Dopo qualche ora la stanza era quasi del tutto completa, mi guardai intorno notando quanto fosse diversa rispetto alla nostra vecchia casa, molto più grande e familiare.
Corsi subito in doccia gettando i vestiti nella cesta e rimanendo sotto il getto d’acqua qualche minuto prima di cominciare a lavarsi; indossai un semplice pantalone della tuta con una canotta bianca che lasciava intravedere leggermente il colore del reggiseno.
Passai le mani sul viso, sciacquandolo ancora una volta con dell’acqua fredda per poi passare della crema, legai i capelli in una treccia ordinata e corsi giù in salotto dove l’aria decisamente molto più fresca, mi avvolse.
L’aria condizionata era decisamente una benedizione.
“Che ne pensi di Stephen?”- la voce di mio padre mi fece sobbalzare, e mi girai di scatto verso di lui rivolgendogli un’occhiata prima d’accusa poi di curiosità “Papà se hai cambiato gusti potresti dirmelo, senza problemi, per me sarebbe okay.”- lo guardai stranita avvicinandomi al bancone della cucina, dove era intento a tagliare delle verdure, lo sentii ridere. “Forse sarebbe un bene, ma non è per questo che te lo chiedo.”- annui corrugando ancora di più la fronte poggiando i gomiti sul bancone e la testa sui rispettivi palmi della mano. “Mi sembra una brava persona, molto furba ed intelligente.” – portai lo sguardo su mio padre, che aveva un sorrisetto sulle labbra. “La sua azienda è in crisi, lui mi ha aiutato nel momento del bisogno, c’è sempre stato per me.”- inumidì le sue labbra poggiando il coltello in un piatto ed alzò lo sguardo verso di me. “Abbiamo parlato, e ho pensato che una fusione sarebbe davvero una buona idea.”- l’unione delle due aziende? Pessima idea.
“Sei sicuro? Voglio dire, non vedi quest’uomo da un bel po’.”- rise, e venne dall’altro lato del bancone sedendosi accanto a me “Questo mi spaventa, ma glielo devo, e poi andrebbe anche a nostro vantaggio; la sua azienda è molto conosciuta ed è un punto che va a suo favore, ha solo bisogno di fondi.”- stava riflettendo, parlava con me per riuscire a prendere una decisione, sorrisi. “So che prenderai la scelta giusta, sai benissimo cosa fare e vuoi solo una conferma, solo aspetta un po’ prima di dire si e cerca di capire se ha buone intenzioni.”- poggiai la mano sul suo braccio, e lo abbracciai.
Eravamo uniti, potevamo contare l’uno sull’altro, eravamo solo io e lui.

“Papà, vado a buttare la spazzatura.”- urlai dalla porta cercando di farmi sentire, ma era troppo preso dal basket al momento.
Fuori l’aria era asfissiante, alzai gli occhi al cielo cercando di fare il prima possibile per poter tornare al fresco; sollevai le buste piene di scatoloni e cose che non ci servivano più.
Le buttai in uno dei contenitori posti alla fine della strada per poi strofinare le mani tra loro e girarmi per tornare in casa.
Ma il mio ‘vado e torno in un minuto’ mi era stato impedito, avevo sbattuto la testa contro un palo spuntato li magicamente. “Cazzo, cazzo.”
Imprecai massaggiandomi la testa continuando a camminare, fin quando non sentii una risata provenire dalle mie spalle, mi girai notando la figura di un ragazzo che, come me qualche secondo prima, buttava la spazzatura.
Sbuffai incrociando le braccia al petto e continuando a camminare. “Ti sei fatta male?”- pronunciò quelle parole mentre cercava di trattenere le risate, e non potevo di certo prendermela perché stava ridendo, l’avrei fatto anch’io.
“Guarda che puoi ridere, effettivamente ho fatto la figura della stupida.”- alzai gli occhi al cielo dandogli le spalle per tornare in casa, sentendolo ridere. “Però davvero, ti sei fatta male?”- girai lentamente il volto verso di lui che continuava a mantenere un sorrisetto sulle labbra.
“No, è già passato.”- feci per andarmene, ma lo sentii sbuffare e corse verso di me affiancandomi. “Tu dovresti essere la figlia di Russell Lane, vi siete trasferiti oggi, sbaglio?”- mi girai verso di lui corrugando la fronte e fermandomi. “Tu come lo sai?”- rise, ancora, e sbuffai, ancora. “Abito nella casa dopo la vostra, e poi è mio padre che vi ha venduto la casa.”- mi fece l’occhiolino e fece per andarsene girandosi qualche secondo dopo. “Ah, sono Justin se ti interessa.”- sorrise girandosi, dandomi completamente le spalle, percorrendo il viale che lo avrebbe portato verso casa sua.
Rientrai, emettendo un sospiro di sollievo nel sentire l’aria fresca.
“Papà?”- sorrisi nel vederlo addormentato sul divano, scossi la testa e mi avvicinai a lui prendendo il telecomando della televisione e spegnendola.
Salii velocemente le scale per tornare nella mia camera, ed infilare subito il pigiama che precedentemente avevo appoggiato sul letto.
Afferrai il pc digitando il nome di Stephen Clarke, iniziando a leggere vari articoli.
Mio padre aveva ragione, la sua azienda era davvero molto famosa e da tempo si occupava della produzione di arredamenti; aveva un figlio, era la sua esatta copia solo un po’ più giovane.
Non sembravano esserci informazioni infamanti sul suo conto, ma per il figlio la storia era un po’ diversa.

‘Spaccio? L’erede del famoso industriale Stephen Clarke, Trevor  Clarke, è stato arrestato la notte scorsa con un gruppo di spacciatori nella zona Est Di Brooklyn..”
L’articolo continuava, e più leggevo più mi sembrava una persona orribile.
Fantastico, dovrò conoscere uno spacciatore, violento, sicuro di se, egoista, figlio di papà.
Mi addormentai subito dopo, sognando Trevor Clarke intento a prendere a pugni un altro ragazzo, sicuramente più piccolo di lui.
   
 
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