Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Nirvana_04    08/07/2017    3 recensioni
SPIN-OFF DE "IL TREDICESIMO RE"
Un racconto rubato al vento, sui Campi Eliòpei.
Bastian ha solo dieci anni quando è costretto a trasferirsi ad Aproeb. La città, sita tra il verde delle colline e il blu del mare, è troppo delicata per chi è cresciuto a Velenia; ma un incontro inaspettato cambierà le sorti del giovane Spettro e quelle delle persone che intrecceranno il proprio cammino al suo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Racconti del Veto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A









«Miva.»
Bastian urlò per superare la furia del temporale. Era corso fuori di casa senza un mantello, la casacca di cotone che s'incollava ai suoi muscoli come una seconda pelle. I capelli, corti e ritti, gocciolavano davanti ai suoi occhi, segnando le sue guance. Sentiva il freddo dell'autunno in tutta la sua potenza, ma continuò a risalire la collinetta. Vedeva l'ombra della ragazzina stagliarsi contro i lampi lattei, sullo sfondo nebuloso. Tutt'intorno a lei, l'oscurità sanguinolenta sfocava contro al grigiore degli eliotropi. Il verde dell'erba alta si piegava remissiva alla forza della tempesta che giungeva dall'est.
Il vento tornava a soffiare dal Veto.
«Miva!»
La ragazzina gli dava la schiena, le spalle incurvate e la postura rigida, a sfidare gli elementi. Era il punto più alto al monte della collina, e i fulmini parevano rincorrerlo dal mare lontano, avvicinandosi sempre più a lei.
«Per favore, Miva.» Bastian l'aveva quasi raggiunta, il fiato corto. «Torniamo indietro.»
«Non possiamo tornare indietro, e lo sai anche tu. Non c'è nessun posto dove tornare.»
«Non fare così. Sapevi che sarebbe successo!»
Miva si voltò, gli occhi strizzati e il naso arricciato. Nonostante le gocce di pioggia, Bastian poté distinguere le scie delle lacrime sul viso.
«Tornerò, te lo prometto» le ripeté urlando. Un tuono squassò la terra e un lampo ruppe l'armonia del cielo.
«Lo aveva prormesso anche mio padre a mia madre. Me l'aveva promesso anche mio fratello.» Si voltò di nuovo, nascondendo la sua debolezza.
Tremava. Bastian si fermò pochi passi indietro, ferito dallo scuotersi singhiozzante delle spalle di lei. Come poteva abbandonarla? E come poteva dirle che la guerra era la ragione della sua vita? Starle accanto gli aveva dato il tempo di riprendersi, di pensare; e aveva anche risvegliato in lui il desiderio di essere quello – colui che avrebbe fatto la differenza. Ogni uomo è importante in guerra. Questa era la legge di Velenia; e lui non poteva sottrarsi a essa. Ma Miva apparteneva ad Aproeb e i suoi campi; non poteva capire.
«Torniamo indietro» sussurrò dolcemente.
«No!» urlò.
Un secondo tuono si propagò sui campi e una saetta si scagliò, bianca e letale.
Bastian si tuffò, come lei aveva fatto due anni prima su quella stessa montagnola. Rotolarono giù, mentre il fuoco del cielo si abbatteva laddove erano fino a poco prima.
Le soffiò sul viso. «Ho detto che tornerò.» I suoi occhi erano una tempesta di oscure profondità marine che allontanarono le nuvole della tristezza. Egli sentiva il cuore palpitare nel petto, proprio alla stessa velocità di quello della ragazzina singhiozzante. Ancora una volta si ritrovò ad ammirare la fragilità e la determinazione rinchiuse in quel corpo di donna acerba; e se ne innamorò, proprio come il bambino che era stato si era invaghito della bambina che non c'era più.
Bastian la baciò con la prepotente virilità di giovane uomo, un po' impacciato e irruento. Catturò le sue labbra e si ritrovò ad assaporarne il salato: sapeva di casa.
Si staccò da lei quanto bastava per giurare: «Tornerò. Uno Spettro trova sempre la strada di casa.»
Miva gli gettò le braccia al collo e lo attirò a sé con l'ingenuità dei suoi dodici anni. Piccola ragazzina, pensò lui, la furia del tempo che inghiottiva suoni e ricordi silenziosi. Si lasciarono scorrere addosso il temporale, incuranti del freddo e dei pericoli per la loro salute. Bastian la strinse tra le braccia e per un attimo si annullò nella sua presenza. Pian piano però, altre sensazioni, altri doveri si concatenarono a quel piacevole contatto. Mentre la consolava, il suo cuore scalpitava trepidante: presto avrebbe potuto rendere fiero suo padre, avrebbe combattuto per difendere la sua patria e la sua gente; e avrebbe lottato per tenere al sicuro quello scricciolo di ragazza che lo stava soffocando in un abbraccio. Sfregò la mano sul suo braccio, avanti e indietro, per infonderle un po' di tepore, mentre i suoi occhi sfidavano le nubi fosche, immaginandosi sul campo di battaglia a dar prova del suo valore.
«Bastian?»
«Mh?» mormorò colpevole.
Incrociò il suo sguardo e le sue labbra vennero nuovamente calamitate verso la bocca socchiusa. Le avrebbe assaporate di nuovo tornando vittorioso dalla Falda. Intanto li disse addio, allontanando la tempesta dal cielo e l'ardore dalla sua mente.
Con i campi Eliòpei alle loro spalle, raggiunsero Aproeb. Il profumo di terra bagnata si mischiava ai colori tenui delle case, stimolando vista e olfatto in una mitrata di sensazioni. I tetti a spiovente gocciolavano e, giù a valle, l'acqua faticava a infiltrarsi nel terreno, tanta quant'era. Il cielo plumbeo nascondeva il solito riflesso sanguinolento. Spesso le piogge autunnali che investivano la città tendevano a giocare in circolo, concedendo di tanto in tanto una tregua agli uomini per poi tornare all'attacco. In quei momenti le donne del villaggio tiravano fuori i secchi e li andavano a riempire ai pozzi: si preparavano per l'esodo verso Venasta.
Bastian si separò leggermente da Miva e s'intrufolò nella fila. Alcune vecchiette gracchiarono contro la sua insolenza, ma il giovane si scusò e passò oltre. Trovò sua madre ai margini di un frutteto, che aiutava a liberare i canali di scolo. C'era qualcosa, nel suo aspetto, che lo intristiva molto: rughe marcate si rincorrevano sulla sua bianca fronte, i tratti giovanili inaciditi dal dolore e dalla fatica. Quell'immagine era straziante, persino quando la donna sorrideva tranquillamente durante un giorno di sole.
Adesso era la Falda, l'esercito lo attendeva ad Ashar Ashet.
«Madre» chiamò rigido.
La donna sollevò il capo e subito un'ombra appesantì i suoi occhi. «Bastian! Dove sei stato?» Non aveva notato la ragazza alle sue spalle.
Questo è l'effetto che ormai la guerra ha su mia madre, pensò imbarazzato il ragazzo. Era stata una guerriera al suo tempo, come tutti a Velenia; ma lo scontro con le belve del Veto l'aveva cambiata e il crollo di ogni certezza aveva sferrato l'attacco finale. Sapeva quanto dolore ella provava nel vederlo con il mantello e la spada del padre appesa al fianco, pronto a dare il sangue in battaglia. Lei non voleva che lui morisse o anche solo si ferisse, e quel pensiero era tremendo. Se avesse potuto, Bastian si sarebbe nascosto da esso e da quanti lo leggevano sul viso della donna. Ma più di ogni altra cosa, avrebbe tanto voluto non doversi vergognare dell'inettitudine di lei. Si ripeteva spesso che quella donna aveva dato quanto era in suo possesso per la sua città e il suo popolo, e che adesso toccava a lui donare anche la sua parte. Bastian partiva con quella missione nel cuore.
Ciò che invece cercava di non dire troppo frequentemente a se stesso era quell'altra verità, quella che lui seppelliva grazie anche all'insoddisfazione di quella vista – Aproeb era un infante piangente che stava facendo i capricci, rifiutando le dure leggi di quel mondo allo stremo: lui era identico a suo padre. Ma mentre per Bastian quella somiglianza era fonte di orgoglio e sprono per il suo avvenire, per la madre era un bruciore continuo agli occhi. A volte egli pensava che la sua immagine si confondesse con quella di un fantasma: procurava più spavento che gioie alla sua povera madre.
«Sono pronto!» disse semplicemente.
La donna lo squadrò con un'espressione mesta. «No, non lo sei» mormorò più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Miva fece un passo avanti. «Parti di già?»
Bastian ringraziò il fatto di avere una scusa per distogliere lo sguardo dalla figura pietosa di sua madre. «Sono stato scelto per far parte del plotone di rappresentanza che deve raggiungere la capitale. Re Angusa ha convocato i Mataj.»
Miva abbassò gli occhi.
Bastian sospirò e, in un gesto impulsivo, l'attirò a sé e l'abbracciò. «Non dimenticare. Tornerò» le sussurrò all'orecchio. Poi si separò da lei. Si voltò verso la madre e strinse anche lei, portando il suo profumo con sé.
«Quando sarai lì» disse lei con tono accorato. Esitò, poi sbrogliò velocemente: «Ricorda che la tua casa ti aspetta. Ricorda chi ti sei lasciato dietro.»
Bastian si separò anche da lei. Annuì. Sorrise alle due donne, la mano di suo padre sulla spalla. Poi, con la mente concentrata sui suoi doveri, si voltò e si fece sospingere fuori da quella infida città dal vento dell'est.

 
 

N.d.A

Ed ecco il terzo capitolo. Con questo caldo torrido - non so da voi - mi fa bene pensare a temporali e venti dell'est. Per un attimo, dimentico che sto per arrostirmi. Spero possano rinfrescare anche un po' la vostra giornata. Fatemi sapere!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Nirvana_04