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Autore: Emmastory    08/07/2017    3 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XIV

Umana compassione

Sono calma, e mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. Piove, e alzando lo sguardo dalle pagine del libro che sto leggendo, non vedo che piccole gocce di pioggia scivolare sul vetro dell’ora chiusa finestra. Ci ha colto di sorpresa, ma poco importa. Quello odierno è un giorno completamente normale, ma non riesco a capire cosa stia accadendo. Tutto attorno a me e così calmo da apparire irreale, e la cosa più strana è che questo scenario mi riporta indietro ad una parte importante della mia vita. Terra aveva appena compiuto due anni, e la minaccia dei Ladri aveva raggiunto anche Ascantha. Credevamo di essere al sicuro, ma questo era vero solo in parte. Come ben sapevamo, la città aveva un’ottima reputazione, tanto da essere considerata un vero paradiso, ma ora ogni cosa sembrava vacillare. La pioggia non accenna a smettere di scrosciare, e mentre leggo, Chance mi si avvicina. Ha in bocca il suo guinzaglio, e mugolando leggermente, spera che riesca a sentirlo. In silenzio, mi volto verso di lui, ma pur notandolo e capendo cosa vuole, non realizzo il suo desiderio. Vorrebbe uscire e sgranchirsi un pò nonostante le intemperie là fuori, ma io lo ignoro. “No, Chance, niente passeggiata. Dissi, dopo alcuni attimi passati a guardarlo. Alle mie parole, il cane si mostrò scontento, ma nonostante tutto non si arrese, andando per tutta risposta a sedersi davanti alla porta, per poi riprendere a uggiolare e aspettare che l’aprissi. Ferma e irremovibile, continuai a ignorarlo, immergendomi nella lettura e quasi dimenticando la sua presenza. Anche se per poco, lui parve desistere, ma non appena un lampo illuminò il cielo, seguito da un tuono, ricominciò ad agitarsi, abbaiando e guaendo come un ossesso. Allarmata dal suo comportamento, lo guardai. Era strano a dirsi, ma non riuscivo davvero a capire cosa gli stesse accadendo. Conoscendolo, sapevo che era sempre stato un cane molto tranquillo, che non abbaiava quasi mai, ma ora sembrava essere diventato un cane diverso. I temporali non l’avevano mai spaventato, e pensandoci, compresi che stava cercando di dirmi qualcosa. Alternava latrati a guaiti, e sembrava davvero soffrire, tentando in ogni modo di convincermi ad aprire la porta. Confusa da quanto stava accadendo, rimasi lì paralizzata, e quando anche Stefan entrò in salotto accorgendosi di tutto quel baccano, mi decisi. In fin dei conti, era il nostro cane, e non ci aveva mai mentito, quindi perché avrebbe dovuto farlo ora? Con uno scatto fulmineo, afferrai il suo guinzaglio, e una volta indossati i cappotti, Stefan ed io ci limitammo a seguirlo. Il selciato su cui camminavamo era fradicio e scivoloso, ma a noi non importava. Sicuro di essere sulla pista giusta, Chance annusava l’aria e il terreno, emettendo fra un passo e l’altro, corti latrati e guaiti di dolore. L’avevo accanto da anni, ed ero sicura di non averlo mai visto così. Ad ogni modo, il nostro viaggio alla scoperta dell’ignoto continuò spedito, fino a quando il cane non si fermò di colpo nel bel mezzo della piazza principale. Attorno a noi non c’era nulla che fosse davvero degno di nota, e la pioggia cadeva ancora incessantemente, ma poi, qualcosa accadde. Correndo nonostante l’età e il dolore alle zampe che sapevo lo limitasse non poco nei movimenti, Chance ci trascinò in un vicolo buio e stretto, fissando poi lo sguardo su alcune scatole di cartone ammassate le une sulle altre. Tirando forte il guinzaglio, mi costrinse a seguirlo, e non appena fummo abbastanza vicini, lui si calmò. Un debole latrato abbandonò le sue labbra, e in quel momento, un vero e proprio miracolo. Nascosta fra quegli scatoloni, infatti, stava una cagnetta bagnata e provata dal freddo, in compagnia di ben quattro cuccioli. Ad essere sincera, non sapevo se Chance fosse davvero il padre di quei poveri piccoli, e guardandolo, provai pena per lui e per la sua amica. “Aiutatela, vi prego.” Sembrava dire, guardandoci con quei suoi profondi occhi marroni ora colmi di dolore e tristezza. Incerta sul da farsi, guardai per un attimo Stefan. A labbra serrate, lui non disse una parola, ma poco dopo si decise, abbassandosi piano per non spaventarla. “Su, vieni.” Disse a quella dolce cagnolina, così spaventata da non riuscire a muoversi. “Avanti, non ti faremo del male.” La incoraggiò poi, mostrandogli una mano amica. A quella vista, la bestiola si ritrasse, ma incitata anche dallo stesso Chance, parve farsi più coraggiosa. Muovendo qualche incerto passo in avanti, la poverina uscì dal suo nascondiglio, con i piccoli che piangevano e zoppicavano verso di lei in cerca del suo latte, loro unico cibo. Non appena si rimise in piedi, potei vederla chiaramente, scoprendo che versava in condizioni orribile, le stesse del caro Chance nel giorno del nostro primo incontro. Era magra, sola e guardinga, e gli occhi scuri imploravano aiuto. Avvicinandomi, provai a farle una carezza, notando con piacere che ora aveva smesso di tremare e aver paura. Evidentemente, doveva aver capito che eravamo lì per aiutarla, e non per farle del male come supponevo molta altra gente avesse fatto. Non era ferita, ed era un bene, ma nonostante la vista dei suoi poveri cuccioli affamati, mai nessuno pareva essersi fermato per prestarle soccorso. Carezzando quella dolce bestiolina, le parlai dolcemente, sussurrandole poi una frase all’orecchio. “È il tuo giorno fortunato, piccola.” Una frase semplice e ordinaria, ma che per quella cagnetta significava molto. Per tutta risposta, infatti, mi leccò una mano, e di lì a poco, il nostro cammino verso casa ebbe inizio. Non appena ci voltammo, però, una voce nel buio ci colse di sorpresa, spaventandoci a morte. “Avete fatto bene. Questa situazione porta alla luce il peggio nella gente.” Disse, avendo come unico potere quello di farci letteralmente gelare il sangue nelle vene. “Non preoccupatevi, vi aiuterò io, voi pensate alla mamma.” Disse poi, camminando lentamente verso quei dolci cuccioli, che ora avevano smesso di seguire la mamma piangendo spaventati in un angolo di quel vicolo. Non sapendo cos’altro fare, Stefan ed io ci limitammo ad annuire, e di lì a poco, i cuccioli trovarono riparo nella stessa scatola in cui erano nati. Così, camminammo lentamente fino a casa, e con ogni passo, mi chiedevo chi fosse la ragazza che ci stava seguendo. Era vestita completamente di nero, e portava un cappuccio dello stesso colore. Rimanendo in silenzio, non proferivo parola, ma dovetti ammettere che il modo in cui vestiva la faceva somigliare a una Ladra. Non arrestando il mio cammino, mi concessi del tempo per pensare, concludendo solo allora che non poteva essere una di Loro. Silenziosa come mai prima, tenni per me i miei pensieri, e non appena arrivammo a destinazione, lei si voltò per andarsene. “Aspetta, dicci almeno chi sei!” la pregò Stefan, afferrandole un polso e costringendola a voltarsi. “Solo se mi aiuterete.” Rispose lei in tono serio, guardandoci entrambi. “Cosa? Ma non sappiamo…” provò a replicare Stefan, rimanendo poi interdetto per alcuni secondi. “D’accordo.” Proruppi io, mettendo fine al silenzio e mostrandole la mano perché me la stringesse. “Saggia decisione, Rain.” Disse poi, completando quella frase con il mio stesso nome. “Come fai a conoscermi?” non potei fare a meno di chiedere, incredula. “Ti spiegherò tutto più tardi.” Rispose, facendo sempre uso di quel tono tanto serio da risultare quasi rude. Ripiombando nel mutismo, la lasciai andare, e poco prima di richiudere la porta di casa, la guardai allontanarsi finchè non uscì dal mio campo visivo. Ero sconcertata. Non avevo idea di chi fosse quella ragazza, eppure avevo accettato di aiutarla, dandole fiducia solo dopo averla vista aiutare quei cagnolini. Se l’aveva fatto doveva esserci una ragione, e lei doveva forzatamente possedere un buon cuore. Rientrando in casa, tentai di mettere insieme i pezzi di quel complicato enigma, non avendo però nessuna pista da cui partire né nessun indizio a cui appoggiarmi. Sembrava strano, ma per ora tutto ciò che sapevo di lei si basava su un gesto insperato di aiuto e umana compassione.
   
 
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