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Autore: Echocide    08/07/2017    3 recensioni
Una piccola raccolta di missing moments dedicata alla serie 'Quantum Universe'.
01. Come Adrien e Rafael si conobbero...
A pelle, sentiva proprio che quella sarebbe stata una persona da tenere alla larga: troppo sicuro di sé, troppo sfrontato, troppo…tutto.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Scene
Personaggi: Un po' tutti
Genere: slice of life, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what if...?, raccolta
Wordcount: 1.317 (Fidipù)
Note: Buon pomeriggio! Eccomi qua con il novello capitolo di Scene e con la seconda parte di Fuoco fatuo, i due capitoli dedicati a come Lila ha ottenuto il Miraculous e fatta la conoscenza di Vooxi.
Mh. Che cosa posso dire di questo capitolo? L'unica cosa è che, riguardo alla pasta, ho usato un modo di dire che utilizzavo io da piccola e...
Beh, nient'altro. Quindi vi lascio direttamente al capitolo.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati e ricevere piccole anteprime dei capitoli e vi do appuntamento alla prossima settimana, bella carica di aggiornamenti come sempre.
E infine vi ringrazio tantissimo tutti per il fatto che leggete, commentate e inserite le mie storie in una delle vostre liste.
Grazie mille!

 

 

Lila osservò il piatto che la nonna le aveva messo davanti, studiando assorta la pasta condita con il sugo di carne: quando era piccola aveva dato il nome di pasta sporca al piatto e fatto sempre capricci, perché non voleva mangiarla ripiegando su una più triste e smunta pasta in bianco, condita con solo burro.
Crescendo, però, aveva scoperto il piacere del ragù della nonna ed era diventata una vera e propria fan di questo.
«Il nonno?» domandò, guardandosi attorno e notando l’assenza del patriarca della famiglia Rossi: Ardelio Rossi non mancava mai l’appuntamento serale della cena, a meno che l’azienda agricola non avesse bisogno del suo intervento o fosse invitato da qualche parte.
«C’è stato un problema con la vigna» borbottò sua nonna, Orietta, agitando una mano e scuotendo poi la testa, mentre posava sul tavolo la formaggiera piena di grana grattugiato: «Sembra ci sia un qualche problema con qualche parassita» continuò la donna, asciugandosi le mani al grembiule che teneva legato in vita e, recuperato un mestolo di legno, si voltò verso il tavolo, dedicando completa attenzione alla pentola di pasta al centro e servendosene una generosa porzione: «Mangia, che si raffredda.»
Lila annuì, allungandosi e prendendo il formaggio grattato, cospargendone la pasta fino a quando una delicata nevicata non coprì l’intero piatto: «Non perderà il raccolto, vero?» domandò, posando la formaggiera e, recuperata la forchetta, infilzò alcune penne senza pietà, portandosele poi alla bocca e soffiandoci un poco sopra, in modo da raffreddarle: non era molto informata sul lavoro che si svolgeva nell’azienda, sapeva semplicemente che il nonno aveva degli operai sotto di sé e produceva vino e formaggio.
Lo stesso vino e formaggio che si poteva trovare alla loro tavola, ogni giorno.
«Non credo» disse la nonna, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe e prendendo la forchetta anche lei, iniziando a mangiare in silenzio, lasciando cadere così il discorso; Lila la fissò, osservò il capo canuto e la figura dalla struttura delicata della donna, che sembrava sarebbe volata via al primo alito di vento, giocherellando poi con un po’ di pasta: «Dovresti chiamare tuo padre.»
«Poi lo farò» rispose automaticamente alle parole della nonna, inforcando la pasta e riempiendosi la bocca, mangiando così velocemente: prima avrebbe finito, prima sarebbe potuta andare in camera sua ed evitare tutti quei discorsi.
Finì velocemente il primo, pulendo il piatto dai rimasugli di sugo con l’ultima penna rimasta, alzandosi poi e preso piatto e posate, li depositò nell’acquaio: «Sai che fuggire non risolverà il problema con i tuoi» decretò sua nonna, rimasta in silenzio fino a quel momento: «Cosa speri di ottenere non parlandogli più?»
«Che si dimentichino di me?»
«Sei la loro figlia, Lila. Un genitore non può dimenticarsi di un figlio come se nulla fosse.»
«Si vede, nonna, che non conosci così bene l’uomo che hai messo al mondo e la donna che ha sposato.»
«Lila, per quanto mio figlio sia un idiota incompetente, non permetto a mia nipote di parlare così di suo padre» decretò la donna, voltandosi completamente verso di lei, lo sguardo tranquillo in volto e le mani strette in grembo: «Adesso lascia i tuoi piatti lì e vai in camera tua.»
«Che era quello che volevo fare.»
«Ma adesso ti ci mando io, ed è differente» decretò la donna, sorridendo appena: «E non uscire per nessun motivo. Sono stata chiara?»
«Cristallina» commentò Lila, scuotendo il capo e facendo danzare così le lunghe ciocche castane; allungò le braccia verso l’alto, stirando i muscoli e sentendoli dolere appena, salendo poi le scale che portavano al piano superiore dell’abitazione ove si trovavano le camere da letto, mentre le parole della nonna le ritornavano prepotenti in mente, sebbene lei volesse solo cancellarle.
Non voleva sentire i propri genitori.
Non voleva sentire la delusione che le loro voci avevano, perché non era come loro desideravano.
Scosse il capo, fermandosi davanti la porta della propria camera e poggiando la mano sulla maniglia: il metallo era freddo al tatto, mentre lei lo stringeva e l’abbassava, aprendo la porta e osservando la propria stanza.
Era semplice e, al suo interno, c’era veramente ben poco che la caratterizzava come sua: qualche vestito gettato qua e là, alcuni libri di scuola abbandonati sulla scrivania assieme al laptop e un piccolo scrigno…
Lila si fermò, inclinando la testa e chiudendo dietro di sé la porta della camera, osservando quell’elemento estraneo a tutto il resto: non aveva memoria di un simile oggetto in casa, tanto meno non ricordava di averlo preso lei stessa.
Sua nonna?
No, di certo l’avrebbe informata se avesse messo qualcosa nella sua camera.
Si avvicinò, osservando la scatolina in legno e allungando timidamente la mano, carezzando il coperchio e il simbolo rosso che era stato intagliato nel legno scuro, prendendo poi il contenitore fra le dita e notando quando questo fosse grande: riempiva completamente la sua mano, mentre lei lo carezzava e indugiava sul meccanismo di apertura.
Aprirlo o non aprirlo, questo era il suo dilemma.
Inspirò profondamente, indugiando con l’indice sinistro sulla chiusura a scatto, dando poi un colpo secco con l’unghia e aprendo la scatolina, osservando per un frammento di secondo il monile al suo interno, prima che una luce arancione e forte la costringesse a chiudere gli occhi.
Aveva riconosciuto quel ciondolo.
Era impossibile per lei non riconoscerlo.
Riaprì lentamente le palpebre, osservando il piccolo esserino dal pelo arancio che si stiracchiava le zampe, agitando poi la voluminosa coda e puntando su di lei gli occhietti viola: «Ciao. Io sono Vooxi» esclamò l’esserino, scodinzolando e osservandola con una luce piena di aspettativa: «E sono il kwami del Miraculous della Volpe. Piacere di conoscerti, mia nuova Portatrice.»
«No. Io non lo volevo il chihuahua» mormorò la ragazza, arretrando di un passo con il cofanetto ancora in mano: abbassò lo sguardo su questo, osservando il ciondolo a forma di coda di volpe, mentre i ricordi del suo soggiorno a Parigi ritornavano prepotenti alla mente: la rabbia su cui aveva fatto leva Papillon, le continue lotte con Ladybug e Chat Noir, gli stratagemmi per allontanare Adrien da Marinette…
Un passato che voleva dimenticare.
Una parte di sé che voleva cancellare.
«No cosa?» mormorò Vooxi, fluttuando attorno al suo viso con un’espressione di pura decisione in volto: «Hai il cofanetto con il mio Miraculous in mano, quindi sei stata scelta come mia Portatrice.»
«Fidati, io sono tutto tranne che la scelta migliore» decretò Lila, allungando il cofanetto verso il volpino, quasi a dire con quel gesto di riprenderselo: «E chiunque ti abbia portato qua, dovrebbe saperlo.»
«Il Gran Guardiano non sbaglia mai.»
«C’è sempre l’eccezione che conferma la regola e, fidati, io sono la scelta peggiore al mondo.»
Vooxi piegò il musetto di lato, osservando la ragazza e sbattendo ripetutamente le ciglia: «E su che basi dici questo? Sinceramente non mi sembra che…»
«Io sono una dei cattivi, sai?» dichiarò Lila, gettando il cofanetto sul letto e portandosi una mano al petto: «Io ero una dei sottoposti di Papillon e ho combattuto contro Ladybug e Chat Noir» riprese, osservando lo spiritello fissarla serio in volto mentre fluttuava a mezz’aria, la coda stesa verso il basso: «Non merito di avere un Miraculous.»
«Qualcuno mi disse che chiunque può rialzarsi dopo essere caduto» commentò lo spiritello, raggiungendo il piccolo scrigno di legno e recuperando dall’interno la collana con il ciondolo a forma di coda di volpe, avvicinandosi poi alla ragazza e armeggiando con la chiusura della catenella: «Voglio credere nella scelta del Gran Guardiano. Voglio credere in te, signorina» continuò, aprendo il fermaglio e mettendo la collana attorno al collo e richiudendola, con un sorriso soddisfatto in volto.
Lila si portò una mano alla gola, carezzando il monile e sentendolo freddo al tatto: il vero Miraculous della Volpe, il vero ciondolo che donava i poteri. Non un’imitazione comprata per affascinare un ragazzo, non un semplice ciondolo usato da Papillon per tramutarla in un’akumatizzata.
«Io sono una pessima scelta, volpino.»
«Facciamo sì che il tempo risponda a questa domanda, ok?»

 

   
 
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