Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FatSalad    08/07/2017    5 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prima di cominciare...
hai bisogno di una rinfrescatina per ricordarti i nomi?


I personaggi fino ad ora (in ordine di apparizione):
Spartaco (26): il protagonista che tutti amiamo.
Kilowatt (?)
: persona di sesso femminile, età > 11. Amica “virtuale” di Spartaco, si conoscono da anni, ma non si sono mai incontrati faccia a faccia.
Barbara (26): la ormai ex ragazza di Spartaco.
Camilla (22): commessa in un negozio di elettrodomestici, innamorata di Spartaco.
Giovanni (26): ex compagno di classe e di squadra di Spartaco, nonché suo migliore amico. Studia Economia e Commercio e lavora come cameriere in una pizzeria.
Michele Carli (24): attaccante compagno di squadra (e di bevute) di Spartaco.
Giulia (24): sorella di Spartaco.
Elena (25): amica di Spartaco, della cerchia di amici di Michele. Originaria dell'Argentina.
Irene (23): “novellina” collega di lavoro di Spartaco.
Nathan (25): amico ed ex compagno di squadra di Spartaco, nonché fidanzato di Giulia. Professione: architetto.





Spartaco stava passeggiando su una spiaggia bianca e rovente, non tirava un alito di vento ed era piuttosto strano, considerando che si trovava in riva al mare. Accanto a lui Michele se la rideva della grossa, in quel modo incontrollato e infantile che lo caratterizzava a volte, con la fronte accartocciata su se stessa tanto da nascondere il neo solitamente ben visibile.
«Io non faccio mai lo stronzo, lo sai.» gli disse Spartaco serio.
Il compagno di squadra ammutolì d'un tratto, e le rughe d'espressione sul suo viso presero direzioni diverse, mutando i suoi tratti.
«Ma lo sai bene che mi piace Elena!» sbottò Michele, con voce dura e irata.
Era come se tutta l'ilarità fosse stata studiata per mascherare la collera che gli cresceva dentro, compressa, pronta ad esplodere, come una pentola a pressione.
Spartaco immaginò che il volto dell'amico fosse rosso come a fine partita. Non potè verificarlo meglio perché era contro sole e ogni tentativo di decifrare la sua espressione si traduceva in un gran bruciore agli occhi.
«Lo so, lo so, non ti arrabbiare: non te la tocco.» disse per tranquillizzare Michele, guardando i propri piedi nudi anziché lui.
Una ragazza in bikini lo urtò per sbaglio e Spartaco si scusò, come richiedeva l'educazione.
«Ciao Spartaco! Non ci posso credere! Anche tu qui?!»
Per un attimo Spartaco parve stordito. Non riconosceva la ragazza, ma quella voce non gli era nuova.
«Ehi, ciao!» disse rispondendo al saluto con un sorriso.
Ma chi era? Dannazione, chi era quella ragazza dai capelli lunghissimi con un costume da bagno color ciliegia? Se solo si fosse spostata di un passo avrebbe potuto guardarla in volto, ma il sole glielo impediva.
«È troppo tempo che non ci vediamo, mi sei mancato, amore.» disse la ragazza con un sussurro timido e dolce.
Ma certo! Adesso ricordava: erano stati insieme!
«Hai ragione...» cominciò Spartaco, poi la sua mente fece un salto di logica.
Era un ragionamento elementare, in verità: lui era single, lei l'aveva appena chiamato “amore” ed era una ragazza veramente bella. Bastò questo, si avvicinò a lei, le mise le mani sui fianchi, fremette per il contatto con la sua pelle nuda e liscissima e la baciò.
«Ehi, che le hai fatto?»
La voce di sua sorella Giulia lo riscosse. Si staccò dalla sua ex, si voltò e vide il volto della sorellina contratto in una smorfia. Era chiaro che stesse trattenendo le lacrime.
«Giuro che non ho fatto niente!» si affrettò a giustificarsi Spartaco.
Eppure si sentiva un pochino in colpa per qualcosa.
«Sei un bugiardo! - gridò Giulia – Sei un egoista!»
«No, dai, Giuggiù, io non...»
«Ma che gli fai, alle donne?!» disse Michele, interrompendolo.
Dov'era finito fino a quel momento? E perché sembrava ancora arrabbiato con lui? Di solito le sue arrabbiature duravano molto meno.
«Eh? Che gli fai alle donne?»
«Egoista!»
Spartaco tentò di giustificarsi ancora, di spiegarsi, ma quei due non gli lasciavano dire niente ed era frustrante ed ingiusto, opprimente quasi quanto l'assenza di vento. Il caldo era assurdo, non lo faceva respirare, ma forse non era nemmeno il caldo, era il pianto incastrato in gola oppure... ecco! Era la sua ex in bikini che gli stringeva il collo. L'avrebbe strangolato, ucciso! Perché Giulia e Michele non facevano niente per aiutarlo? Si erano rivoltati tutti contro di lui! Sarebbe morto, non riusciva più a respirare, sarebbe morto se non fosse riuscito a staccarsi le mani della ragazza dalla gola, ma le sue dita erano tentacoli, non ci sarebbe riuscito... stava morendo!
Spartaco si svegliò di soprassalto con il fiatone. Il lenzuolo gli si era tutto attorcigliato addosso in modo disordinato, fino al collo.
Si toccò la gola e il torace e si scoprì madido di sudore. Non era da lui fare incubi e soprattutto ricordarseli una volta sveglio.
«Oh, porca...» bisbigliò massaggiandosi le palpebre stanche.
Controllò l'orario e scoprì che erano appena le cinque e mezza del mattino, mancava solo un'ora all'avvio della sveglia. Non sarebbe riuscito a riprendere sonno, prese degli abiti puliti un po' alla cieca e si gettò sotto il getto tiepido della doccia.
Mentre si insaponava e cercava di lavare via il sudore e l'apprensione non poteva fare a meno di pensare al sogno da poco concluso e al suo significato. Non era un tipo superstizioso, non avrebbe mai giocato dei numeri apparsi in sogno, ma una ragazza con cui era uscito studiava psicologia e gli aveva spiegato un paio di cose riguardo a sogni e inconscio. Ripensare a ciò che aveva sognato l'avrebbe aiutato a capire meglio, a capirsi meglio.
Fece mente locale. Certo, alcuni elementi non dovevano avere un significato recondito, baciare una bella ragazza in bikini, da qualunque parte la si volesse guardare, poteva voler dire solo una cosa. Il fatto che la ragazza avesse dei tentacoli polipeschi... beh, quello forse era solo parte dell'“arredamento” dell'incubo, un qualcosa di mostruoso che lo disgustava o lo spaventava. Nella sua mente, quella notte, erano riecheggiate alcune frasi che aveva pronunciato o udito sabato sera, dunque in quelle forse era la chiave di lettura, dovevano averlo colpito più di quanto non avesse creduto sul momento.
Aveva detto a Michele che non faceva mai lo stronzo, ma era davvero così? Forse, per quanto si sforzasse di comportarsi bene, a volte non aveva fatto la cosa giusta, forse c'erano state volte in cui involontariamente aveva ferito qualcuna delle ragazze con cui era uscito. O con cui non era uscito. Come Camilla.
«Ehi, che le hai fatto?»
«Che gli fai alle donne?»
“Niente, giuro! Non ho fatto niente!” si rispondeva Spartaco.
D'accordo, quando era un adolescente non gli dispiaceva piacere, sapere che qualche ragazza lo seguiva con gli occhi ogni volta che passava o notare come qualcuna diventava rossa se le rivolgeva la parola. Era stato vanitoso e vanaglorioso ed era possibile che in qualche occasione avesse approfittato della propria bella presenza, ma quelli erano errori di gioventù.
Poi nel sogno era spuntata fuori Giulia. Cosa c'entrava sua sorella con tutto il resto?
Chiuse l'acqua, ma rimase un attimo immobile, con i capelli gocciolanti.
«Merda!» disse a denti stretti.
All'improvviso si era ricordato una conversazione e il suo sogno prendeva senso.
«Posso fare qualcosa?»
«Potresti... parlare con Nathan?»
«E cosa dovrei dirgli?»
«Non lo so... di pensarci bene, di aspettare, di... non lo so.»
«Ho capito.»
Giulia gli aveva chiesto un favore, settimane prima, e lui non era stato di parola. Non aveva mosso un dito per lei e anche se Giulia non si sarebbe mai azzardata a dire niente del genere, era il suo inconscio a riferirgli ciò che probabilmente la ragazza gli avrebbe gridato, se fosse stata meno remissiva. In fondo era quello che inconsciamente pensava di sé: era un egoista e un bugiardo. Aveva offerto tutto il suo supporto e poi, alla prima, timida, piccolissima richiesta d'aiuto si era volatilizzato.
Certo, nel mentre si era lasciato con Barbara e c'era stata quella “situazione” con Kilowatt, ma non poteva usare i suoi problemi come giustificazione. Non voleva farlo.
Uscì dal box doccia e si asciugò frettolosamente, si massaggiò vigorosamente i capelli bagnati con un asciugamano e poi si vestì. Era troppo presto per mandare un messaggio al ragazzo di Giulia, non avrebbe certo risposto subito, ma Spartaco sapeva che rimandare avrebbe significato “non fare”. Recuperò il cellulare dal comodino e scrisse poche righe a Nathan. Non sarebbe certo bastato quello a renderlo non più bugiardo, egoista e stronzo, ma da qualche parte doveva pur cominciare.


Quando gli aveva chiesto se potevano vedersi a breve, Nathan non aveva chiesto il perché, aveva accolto con entusiasmo la proposta e gli aveva riferito quando sarebbe stato libero e ovviamente l'aveva chiamato “capitano”, con quell'antica riverenza che onestamente al momento gli pareva ridicola.
Arrivò al campetto sportivo a cui si erano dati appuntamento in leggero anticipo. Scese dall'auto anche se sapeva che in pochi minuti Nathan avrebbe finito di lavorare e gli sarebbe andato incontro, perché non resistette alla tentazione di vederlo all'opera. Percorse quei pochi passi che lo separavano dalla rete che circondava il campo da calcio e si confuse in mezzo a qualche altro spettatore. Vide un gruppetto di bambini, tutti con indosso un cappellino colorato e, probabilmente, tutti sudati e accaldati, mentre un ragazzo poco distane urlava loro dei comandi. In tutta evidenza era in corso una gara, forse una ginkana, e Nathan incitava le due squadre di ragazzini a saltare o correre a seconda del caso.
L'immagine fece ridacchiare Spartaco. Nathan aveva il fisico asciutto ed era piuttosto basso in confronto a lui, lo superava di una quindicina di centimetri o più e stava attento a non avvicinarglisi troppo quando parlavano, per non costringerlo a spezzarsi il collo e per non metterlo in soggezione. In quel momento, con indosso un paio di bermuda color kaki e una t-shirt dal colore sgargiante con su scritto “Estate In Città!”, sembrava poco più grade dei ragazzini a lui affidati.
Aveva cominciato a lavorare in quei centri estivi organizzati quando ancora studiava e voleva mettere da parte qualche soldo e, a quanto pareva, qualche soldo non gli dispiaceva neanche adesso che un lavoro, in teoria, ce l'aveva.
Spartaco l'aveva soprannominato “Scheggia” quando giocavano nella squadra di calcetto della scuola. Un giorno gli aveva chiesto “Perché Scheggia?”, ma lui non se lo ricordava già più. L'origine del soprannome poteva essere una battuta stupida o qualche altra circostanza irrisoria, ma Spartaco trovava che gli calzasse ancora a pennello.
“Perché sei piccolino, ma quando ci sei si nota” gli aveva risposto quella volta e mentre pronunciava quelle parole si era reso conto di crederci. A differenza di una scheggia di legno che si conficca nei polpastrelli, Nathan non faceva male, anzi, spesso faceva un gran bene, con una frase o una parola detta al momento giusto. Aveva questo potere, di trasformarsi in un vecchio di ottant'anni di tanto in tanto e parlare con la stessa saggezza di un uomo che ha vissuto tutta una vita. Durava un battito di ciglia, poi tornava un piccolo ragazzo con le fossette sulle guance e gli occhi a mandorla dovuti a quelche gene tailandese.
Nathan fischiò mettendosi due dita in bocca e gridò che il tempo era scaduto. Annunciò la squadra vincitrice e qualche genitore improvvisò un applauso mentre i figli esultavano, si arrabbiavano o si rattristavano, a seconda della squadra di appartenenza.
Il ragazzo diede il via libera e una manciata di ragazzini corse verso i propri genitori, allora Spartaco si avviò nella sua direzione.
«Ehi, guarda chi c'è! - esclamò Nathan non appena l'ebbe visto – Ragazzi, vi presento un grande capitano, salutatelo!»
I ragazzini ancora in campo biascicarono qualche “ciao” seguendolo con sguardi curiosi.
«Non sono più un capitano, ormai.» si difese Spartaco, come a voler sfuggire da quell'onere.
Raggiunse Nathan e si scambiarono una pacca bonaria sulla schiena e uno sguardo complice.
«Allora? - chiese Spartaco – Come sono queste nuove reclute? Abbiamo qualche nuovo campione del mondo?»
«Chissà! - disse Nathan a voce alta, poi aggiunse, senza farsi sentire dai bambini – Stiamo parlando di un centro estivo pomeridiano dove genitori troppo impegnati scaricano a caso i figli, lo sai, vero?»
Spartaco trattenne una risata e aspettò insieme all'amico che ogni ragazzo fosse tornato al rispettivo parente.
«Ehi, è Lorenzino quello?» chiese indicando un bambino pingue e biondo che se ne stava andando.
Nathan annuì con un sorriso.
«Porca miseria... non li vedi per un paio di mesi e quei marmocchi crescono fino a quel punto!»
«Beh, forse è più di un paio di mesi che non lo vedi.» gli fece notare Nathan mentre era intento a rimettere a posto dei birilli.
Spartaco lo affiancò e gli diede una mano con i birilli.
«In effetti... è un bel po' che non vedo anche te. Come va?»
Mentre pronunciava quelle parole si rendeva conto che forse, da quando sua sorella gli aveva parlato della situazione di Nathan, aveva decisamente evitato di vederlo. Non poteva negare che la sorte della coppia gli stava molto a cuore, il suo inconscio ancora una volta aveva provato a tenerlo lontano da un possibile triste risvolto.
Come se non sapesse che era inutile fuggire dai problemi. Quelli poi ti si schiantavano contro quando meno te l'aspettavi.
«Non mi lamento – fece Nathan con un'alzata di spalle – tu? Mi ha detto Giulia che ti sei lasciato.»
Spartaco scrollò le spalle, poi prese a palleggiare con il destro e improvvisò un tiro in porta che andò a segno.
«Dai, vai in porta!» propose.
«Sai che devo sistemare e chiudere il campino, vero?» disse Nathan, ma era già tra i due pali arrugginiti della porta.
«Appunto: hai tu le chiavi, no?»
Dovevano essere proprio ridicoli agli occhi dei passanti: un ragazzo alto più di un metro e ottanta vestito con i mocassini e la camicia arrotolata sulle maniche che giocava con uno molto più basso di lui dai tratti orientali e dai vestiti decisamente meno formali.
Spartaco fece un paio di tiri e automaticamente ripensò a quando, insieme a Nathan, giocava nella squadra di calcetto del liceo. Si produsse in improbabili acrobazie proprio come quando aveva sedici anni e la voglia di impressionare, il sogno della serie A ancora non estinto. Risero entrambi, poi Nathan chiese il cambio e si preparò a tirare in porta mentre Spartaco parava.
«Allora è vero: con Barbara non ha funzionato.» constatò prima di fare un goal.
«Forse non ha mai funzionato. - riflettè Spartaco a voce alta – Tu e Giulietta, invece? Mi ha detto mia sorella...»
«Del lavoro.» concluse per lui Nathan.
Fece un paio di palleggi e a Spartaco parve assorto, concentrato. Aspettò che fosse lui a riprendere la parola, perché non se la sentiva di interrompere il filo dei suoi pensieri.
«C'ho pensato – disse Nathan infine – e credo di aver deciso le mie priorità.»
Con l'espressione ancora indecifrabile effettuò un nuovo tiro. Spartaco si lanciò sulla destra, ma mancò il pallone che finì in rete. Lo recuperò, alzò lo sguardo verso l'amico e vide che stava sorridendo.
Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, avrebbe voluto sapere cosa aveva deciso, quali erano le sue cosiddette priorità, ma sentiva che Nathan non avrebbe risposto a quel genere di domande, allora lasciò perdere. L'altro impulso era quello di ricordargli che se avesse fatto star male sua sorella si sarebbe adoperato per far male a lui, ma questo era un punto che aveva chiarito già molto tempo prima.
«Se non ti dispiace ne parliamo un'altra volta, ti va?» chiese Nathan, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Birra?» propose poi.
Spartaco pensò che anche se non avesse accettato i problemi sarebbero andati a ricercarlo e che se del dolore doveva arrivare non avrebbe comunque potuto evitarlo. Quella sera voleva solo fare l'amico di Nathan e non l'inquisitore per conto della sorella e forse, in fondo, era proprio quello che Giulia gli aveva chiesto.
«Aggiungi anche una pizza, va'!»




2 anni prima, 29 novembre, ore 21:06:
- Non ti abbattere, Corto! Su, proviamo a pensare a tutte le cose positive della giornata. Comincio io: stamattina ho fatto colazione al bar e il cornetto era... da dieci!
- Non ho niente da dire! Oggi è iniziato di merda e si è concluso di merda!
- Avevo gli scarponcini e ho potuto calpestare tutte le pozzanghere senza pietà!
- Ti ripeto che non è successo niente di positivo oggi.
- Una vecchietta si è scostata per farmi passare perché ha notato che andavo di fretta.
- …e va bene. Mi sono svegliato e il caffè era finito, così ho dovuto fare colazione con il nesquik. Mi sono messo il mio maglioncino preferito, quello di lana morbida che non buca. Una ragazza carina mi ha offerto il caffè che non ero riuscito a prendere stamattina. Ho incontrato un amico che non rivedevo da tempo. A cena ho mangiato una bistecca che erano secoli che non assaggiavo così buona. Fine. Il resto è andato tutto di merda.
- A me sembra neinte male.
- Beh, detto così forse può sembrare... ma...
-Ma?
- Uffa... ti odio!




Il mio angolino:
Per chi non ha letto Whatsapp Love: cosa pensate di Nathan? *sguardo inquisitore*
Per chi invece lo conosce già: vi sembra cambiato? Ma soprattutto... vi mancava??? XD
Alla prossima,
FatSalad
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FatSalad