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Autore: Sakii    09/07/2017    2 recensioni
Emma, 21 anni.
Giovane ladra di giorno, esperta puttana di notte.
Questo sarebbe il curriculum della mia vita, se solo non fosse stata stravolta.
Un viaggio tra passato e presente, tra amore e delusioni, tra confusione e felicità.
Dalla storia:
“Buongiorno, principessa” ammicca. Sorrido, senza però dargli corda. Si avvicina per darmi un bacio ma mi scanso.
“Ieri notte non ti ho fatto parlare però… sai… era solo…”
Per un attimo i suoi occhi perfetti si incupiscono, poi annuisce, ridendo.
“Ovvio, era solo sesso” ammette con una nota di sarcasmo nella voce, riferendosi alla mia affermazione della notte passata.
“Non voglio i tuoi soldi, lo desideravo… tutto qui.”
Si riveste, lo osservo in silenzio un’ultima volta. Non doveva succedere e lo sappiamo entrambi ma non ho voglia di pentirmene. Non ne ho intenzione, è stato quasi magico.
“È chiaro Emma, non devi giustificarti. Non ne parlerò.”

I primi dodici capitoli risalgono a due anni fa.
La descrizione è stata modificata.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 12

Past -  4 years ago
 
Accarezzo la copertina impolverata dell’album fotografico di mia nonna, quasi perdendomi nei ricordi, mentre lo ripongo delicatamente in una scatola.
Era passato quasi un anno dalla sua morte, ancora non avevo avuto il coraggio di lasciare il suo appartamento. Mi ero sentita costretta quando, per l’ennesima volta, qualche sua vecchia amica aveva cercato di farmi le condoglianze. Mi sentivo stretta in quella che ormai sembrava una prigione del passato.
Volevo trovare un posto mio, andare lontana… ma qualcosa continuava a tenermi legata a quella vecchia casa. Rivedevo Abby cucinare per me, spolverare silenziosamente mentre io le parlavo dei miei libri preferiti, ritirarsi misteriosamente nella sua stanza dove io ero entrata solo poche volte.
Quei piacevoli pensieri si erano trasformati quasi subito in illusioni dolorose.
 
Mi asciugo con rabbia una lacrima che mi riga la guancia, dentro la mia testa scorrono veloci maledizioni di ogni tipo contro il mondo e contro il male che sono costretta a subire.
Cerco di farmi forza, devo trovare un lavoro per poter andare avanti… fino ad allora gli abitanti del paese che conoscevano Abby, nonostante non sapessero che fossi sua nipote, avevano compreso che legame avessimo instaurato e cercavano di aiutarmi, attraverso doni o piccole mansioni da farmi svolgere per guadagnare qualche spicciolo.
Avevo bisogno di diventare autonoma, avevo quasi 18 anni ormai… sembrava passata un’eternità.
 
Decido di smetterla di pensare e di darmi da fare: l’anziana fruttivendola aveva trovato per me un vecchio palazzo abitato da un solo signore mezzo sordo, a pochi passi dalla piazza e mi ci sarei stabilita oggi stesso.
Sospiro, apro l’ultimo cassetto del comodino di Abigail, contenente una misteriosa busta bianca.
Mi siedo sul letto, la rigiro tra le mani per cercare un indirizzo o un nome di qualche destinatario.
Il cuore mi martella nel petto quando, scritto in piccolo in basso a destra con la sua grafia, leggo “per Emma”.
Trattengo le lacrime a stento, la apro. Oltre ad un foglio sgualcito, dalla busta tiro fuori una vecchia fotografia, con segnata dietro la data della mia nascita.
La giro, tremante, so cosa potrei vedere e so che è ciò che mi serve per ricominciare una nuova vita, la spinta giusta per farmi coraggio.
Ritrae, in bianco e nero, mia madre in un letto d’ospedale. Sembra stanca, distrutta e priva di vita… eppure i suoi occhi, verdi quanto l’erba fresca in primavera, sono luminosi e descrivono tutta la sua gioia. Tra le braccia stringe un fagotto rosa… me.
Sorrido malinconica, ricordando i vecchi album di famiglia del mio papà privi della mia presenza.
Mi aveva mentito, perché ora, in quest’istante, sto abbracciando mia madre attraverso quel piccolo, grande e prezioso cimelio, come se lei fosse qui con me.
 
Avendo ancora quella che pensavo fosse una lettera da leggere, richiudo la fotografia nella busta, avendo paura di rovinarla.
Sempre con molta cautela, la srotolo. Sono emozionata, so che si tratta ancora di un pensiero da parte di Abby… così, inizio a leggere seguendo le linee sinuose della sua grafia.
 
Cara Emma,
 
so che un giorno riuscirai ad andare avanti, troverai questa lettera il giorno in cui avrai sconfitto i tuoi dubbi e le tue paure insensate. Ho avuto così poco tempo per conoscerti, per spiegarti il perché di tutto quello che è successo, sappi che sono stati forse i giorni migliori della mia vita. Ti scrivo sapendo che chiunque esista al di sopra di noi, mi ha concesso poco tempo anche per vivere, ti scrivo perché sono una codarda e non ho avuto la forza di parlarti guardandoti in quegli occhi. Quando ci siamo incontrate, non avevo idea di chi tu fossi realmente. Nei miei pensieri, eri solo una stupida ragazzina scappata di casa. Mi sono ricreduta quando ho incrociato il tuo sguardo, riconoscendo le tue bugie e la tua malinconia. Hai un mondo dentro di te, non dimenticarlo mai, le persone riescono a leggerti l’anima: ciò può essere un vantaggio tanto quanto un pericolo.
Ho deciso di accoglierti in casa mia e crescerti, nel mio piccolo, come la nipote che non ho mai potuto conoscere… se solo avessi capito prima che era proprio davanti ai miei occhi.
So bene che hai cercato di curiosare tra le mie cose, il giorno dopo ho provveduto a rimuovere ogni singola cosa che parlasse di me e dei miei errori, tra cui le foto di Sarah, di Nathan e di tuo padre. Ci ho messo troppo per capirlo e di questo me ne pento amaramente, avrei dovuto riconoscere sin dall’inizio i suoi lineamenti presenti in te.
E’ ora di passare alla parte più difficile, ti sarai chiesta, perché non si è mai fatta viva?
Non ti nego, Emma, di non aver accettato la relazione di tua madre.
Ha conosciuto tuo padre durante una vacanza estiva, pensavo che sarebbe finita con il ritorno a scuola ma così non fu. Lui era più ostinato di quanto credessi, forse anche più di me, e la amava.
Eppure c’era qualcosa in lui che non riusciva a convincermi. Continuarono a portare avanti la loro relazione a distanza, mentre mio marito cercava di indagare sul suo conto.
Quando si diplomarono andarono subito a convivere nonostante il mio rifiuto, era una testa dura proprio come te. I nostri rapporti si inasprirono, cercai di convincerla a lasciarlo più volte, soprattutto quando scoprimmo che era stato accusato di rapina e guida in stato di ebbrezza.
Lei mi disse che era cambiato, ne era già a conoscenza. Queste mie accuse la ferirono molto e si chiuse in sé stessa.
Non ci sentimmo finché non mi annunciò la nascita di tuo fratello, mi confessò di volermi vedere ma io non accettai. Sono una donna orgogliosa, fin troppo, e ciò mi ha portato a perdere mia figlia. Non ho più avuto il coraggio di lasciare questo posto, né di vederla o sentirla per la vergogna. Lei non ha mai perso le speranze, continuando a mandarmi foto di Nate, della famiglia che aveva costruito… e poi, alla fine, quella tua ultima ed unica foto… in cui mi confessava di essere malata e non poter reggere lo sforzo del parto. Morì due giorni dopo averti data alla luce e io non potei mai chiederle scusa.
Ti chiedo di perdonarmi Emma, spero che tuo padre sia stato in grado di crescerti, che tuo fratello ti voglia bene… non saprò mai il motivo della tua fuga, ti prego solo di non vivere una vita piena di rimpianti, sii felice, sempre.
 
Tua, Abby.
 
Le lacrime scendono copiose, bagnando le ultime parole di mia nonna. Stringo al petto quel foglio, mi raggomitolo. Sfogo tutta la mia rabbia e la mia frustrazione, sentendomi così piccola in quel mondo di emozioni infinito che mi stava travolgendo.
 
 
 
 
Past -  2 years ago
 
“Emma, dobbiamo parlare”, mi richiama il mio capo, molto probabilmente per l’ennesima lavata di capo per essere arrivata in ritardo.
 
Ho trovato lavoro come donna delle pulizie in un albergo lussuoso, abbastanza distante dal quartiere, quasi per miracolo. Sono qui da un anno e mezzo, più che lavoro è uno sfruttamento ma la paga è buona, mi permette di sopravvivere e mi sta bene così.
Non ambivo a questo nella vita, ma è pur sempre meglio di nulla.
 
“Mi dica, signor Albert”, rispondo con molta calma.
 
“Non posso più farti lavorare qui”, sgrano gli occhi… mi aspettavo una sgridata ma non un licenziamento.
 
Sto per ribattere quando mi spiega che ha trovato un lavoro migliore per me.
Mi fa strada verso il suo ufficio, chiude la porta a chiave. Tutto ciò mi insospettisce ma non parlo, se ha davvero qualcosa di meglio per me, mi conviene stare zitta. Ho imparato a conoscerlo in questi anni, so bene che razza di pervertito sia, non gli piacciono le parole.
 
“Accomodati pure”, faccio come mi dice prendendo posto su una delle due sedie di pelle di fronte la scrivania. In questo momento, con la divisa in minigonna, non mi sento del tutto al sicuro sola con lui.
 
Non mi è mai successo ma so che molte cameriere sono state importunate dal capo stesso.
 
“Sai, sei diversa dalle altre… c’è qualcosa nei tuoi occhi… una battaglia interiore…”, mi gira intorno, si inginocchia davanti a me, poggiandomi due dita sotto il mento.
Sostengo il suo sguardo, quasi con rabbia.
 
“Oh sì, questo intendo dire… non è un lavoro dignitoso, però ti permetterebbe di guadagnare molto. Un mio caro amico è stanco della sua vita, ha bisogno di distrazioni… devi sentirti onorata perché ha scelto proprio te… e se non ti avrà saranno guai per entrambi”, si alza, posizionandosi dietro le mie spalle.
 
Cerco di non rabbrividire, ancora non riesco a sopportare del tutto il contatto fisico. Per questo rimango ancora più turbata quando poggia le mani sulle mie spalle.
 
“So che hai capito cosa intendo, pensaci e fammi sapere… o sarai costretta a vivere sotto i ponti.”
 
Mi aveva messa con le spalle al muro, non avevo altra scelta.
 
 
Past -  1 years ago
 
Oggi ho il primo “appuntamento” con un certo signor John Williams. Tempo fa, non ho voluto accettare la richiesta del mio vecchio capo. A distanza di tempo, per mancanza di cibo e di soldi… ho dovuto. So che mia nonna mi aveva chiesto di essere felice, di non vivere una vita di rimpianti… so che se solo avessi voluto sarei potuta tornare indietro e affrontare la realtà, invece ora mi ritrovo a fare la puttana. Mi ripeto che non ho avuto alternative, so benissimo che lo penso solo per farmi meno schifo. Mi odio per quello che sto per fare.
Scendo le scale cercando di non inciampare sui tacchi vertiginosi, mentre continuo ad abbassarmi la minigonna più che posso e il top mi strizza le tette togliendomi il respiro.
 
Rimango sconvolta, un uomo di mezza età, che di mezza età non sembra per nulla per quanto è bello, mi apre la portiera di una lussuosa limousine.
Raggiungiamo in silenzio l’albergo dove lavoravo precedentemente, evidentemente avevano un qualche tipo di accordo i due…
Arriviamo in una suite, il mio… cliente, si siede sul letto e mi guarda sorridendo.
 
“E’ la tua prima volta?”, annuisco timidamente. Mi fa cenno di sedersi accanto a lui.
 
“Tranquilla piccola, non ti farò del male”, non mi fidavo delle persone che pronunciavano queste parole, cercavi di fidarti e poi puntualmente si dimostravano false e meschine.
 
Mi siedo accanto a lui, inizia ad accarezzarmi i fianchi. Chiudo gli occhi, cercando di immaginare altro. Mi bacia lentamente sul collo, mi fa stendere sul letto e si sposta su di me.
Ricambio i suoi baci, non sapendo esattamente ciò che sto facendo.
Richiudo in un cassetto del mio cervello le paure e cerco di lasciarmi travolgere dal desiderio, come se fossi una persona normale.
Ci spogliamo, le sue labbra ora sono su tutto il mio corpo… le sue mani tra le mie gambe… è davvero strano… non fa male ed è piacevole…
Quest’uomo non è cattivo, è delicato… sento che forse posso fidarmi di lui.
 
I miei pensieri si annebbiano mentre lo lascio fare... involontariamente, poco dopo che è entrato dentro di me, inizio a piangere. Lui sembra non farci caso e, per la prima volta in vita mia, per mia volontà faccio sesso con un uomo. Appena finito, il senso di disgusto prende il sopravvento e corro in bagno a svuotare il mio stomaco. Lo sento appoggiarsi alla porta, dietro di me.
 
“Ci farai l’abitudine, te lo prometto”, in un certo senso era stato buono con me… nonostante tutto ciò non mi piacesse, poteva essere un minimo più piacevole in sua compagnia. Mi era sembrato premuroso e non era stato violento. Non lo apprezzavo del tutto per ciò che faceva, ma era meglio di un maniaco sessuale.
 
Mr. John sarebbe stato, d’ora in avanti, il mio primo cliente ed unico amico.


Angolo Autrice

E con questo capitolo arriviamo finalmente alla
conclusione del passato drammatico di Emma. 
E' stata dura trovare un modo carino per far quadrare
il tutto con il resto della storia nonostante avessi già delle idee
in mente. Probabilmente qualche passo non è ancora chiaro
e verrà specificato con il passare del presente. Ora possiamo
dedicarci alla nostra carissima Emma e il nostro amato Derek.
Spero comunque che il passato sia stato interessante, un bacio,
Sakii <3

Personaggi

Semplicemente a scopo illustrativo, i volti che ho scelto NON rappresentano
i personaggi da me inventati, è solo per dare un'idea in più ai lettori.
Cliccando sul nome vi si aprirà nella stessa finestra la foto del personaggio, successivamente basterà tornare indietro.


Emma Jones
Nathan Jones
Elizabeth Starling
Christopher Smith
Derek Williams
 
   
 
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