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Autore: SuperG    09/07/2017    1 recensioni
"è arrivata l'ora di smetterla. Di smetterla con questa scadente parodia di vita e passare oltre"
Genere: Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Era una sera di settembre. Sono arrivata a casa, ma mi sono accorta di aver lasciato le chiavi in ufficio, così sono tornata indietro. Si era già fatto buio. Il paese a quell’ora era semideserto e aveva un’aria vagamente inquietante. Ho intravisto in un angolo un gruppetto di drogati, stavo per aggirarli quando una di loro si è avvicinata a me barcollando. Indossava un abitino scollato da pochi soldi e teneva in mano una siringa. Dal tono con cui mi ha parlato ho intuito che doveva già essersi iniettata la sua bella dose di eroina. Mi ha chiesto: “Ehi, secondo te mi sta bene questo vestito?”. L’ho evitata e ho proseguito per la mia strada, a quel punto si è messa a gridarmi dietro frasi come: “Attenta ai taglia-piedi!”
L’ho ignorata e ho svoltato. Mi sono trovata in un vicolo cieco, ma appena ho fatto per uscirne tre uomini incappucciati mi hanno preso alle spalle e mi hanno legata stretta ad un palo. Hanno tirato fuori una sega elettrica e si sono diretti verso di me. Hanno cominciato letteralmente a farmi a pezzi le gambe: prima mi hanno tranciato le caviglie, poi i polpacci e metà cosce. In mezzo a quella carneficina io urlavo, mi dibattevo, cercavo in tutti i modi di difendermi dai miei macellai ma invano. Sono riuscita però a scorgere il volto di uno di loro sotto il cappuccio: non era affatto un volto umano. Era di un colore grigio pallido, glabro, con orribili denti giallastri che fuoriuscivano dalla bocca. Dopo un’agonia che mi è sembrata eterna hanno bendato i resti di gambe ancora attaccati al mio corpo e sono scomparsi.
Incredibilmente mi sono trascinata con gli altri pezzi di arti avvolti in un lenzuolo fino all’ospedale più vicino. I medici, scioccati, mi hanno subito soccorsa ma hanno decretato che per le mie gambe non c’era più nulla da fare. Hanno soltanto riattaccato i piedi a quello che rimaneva delle mie cosce.
Tutti hanno capito che le amputazioni erano state fatte con una sega, ma ovviamente nessuno ha creduto alla mia versione dei fatti. Mi hanno dato dell’alcolizzata e della pazza. Per annegare il mio dolore e la mia solitudine ho iniziato a bere sul serio e sono diventata una psicopatica ubriacona.
Eccomi qui, a distanza di un anno da quella fatidica notte, disoccupata, con due moncherini al posto delle gambe, stampelle di whisky e vodka. È arrivata l’ora di smetterla. Di smetterla con questa scadente parodia di vita e passare oltre. Ho deciso. Ho subito un’amputazione senza anestesia, tagliarmi le vene con un rasoio non sarà di certo più doloroso.
   
 
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