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Autore: bimbarossa    09/07/2017    8 recensioni
**Fanfiction scritta per il contest "Sfida l'Autrice" indetto dal gruppo su Facebook "Takahashi Fanfiction Italia"**
Infiltrarsi in un centro massaggi per fare un favore ad un amico, quando però hai le mani che sono un vero e proprio pericolo pubblico, non è mai una buona idea.
Soprattutto se ti ritrovi una come Sango che comanda.
Il risultato può essere solo uno. Disastri a non finire.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ayame, Miroku, Sango | Coppie: Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rating: Arancione. 
Genere: Commedia, Romantico. 
Coppie: principale Sango/Miroku (altri accenni a discrezione dell'autore)
Tipo di coppia: principale Het
Ulteriori info: AU
Tipo di storia: One-shot
Sango lavora in un centro bellezza, sezione massaggi. È una brava massaggiatrice, la più esperta e longeva del posto rispetto alle sue colleghe e "sottoposte". Ergo, il capo affida a lei il compito di scegliere dei nuovi massaggiatori, uomini, che devono cominciare a prestare servizio all'interno del centro bellezza. Le sue colleghe dovranno testarli sul campo personalmente, sotto la sua supervisione, prima che lei possa selezionarli, testarli a sua volta, e ultimare la scelta. Fra i papabili candidati, vi è Miroku, un giovane dai modi gentili e di bell'aspetto, ma che si trova lì con ben altri scopi. Infatti, non ha alcuno studio in merito... si è soltanto infiltrato! Sango capisce subito la sua mancanza d'esperienza e lascivia, prende subito in antipatia quello strambo soggetto e comincia a braccarlo come un avvoltoio. Ma le cose rimarranno così tese? Soprattutto dopo la prova massaggio? 

 

 

 

AVVERTENZA: quando si ha a che fare con Miroku ( e anche con quella peste di InuYasha) non dovete sorprendervi se il linguaggio è un tantino scurrile

 

 

“Ma sei sicuro che il piano funzionerà?”

Il ragazzo con il codino e gli occhi pieni di malizia si sporse verso il conducente della lussuosa auto, ferma davanti al locale dall'insegna color corallo elettrico.

“Ma certo. Non devi preoccuparti. Rispecchi esattamente il tipo che cercano. Voglio solo che ti fingi per un po' un esperto di massaggi. Che ci vorrà mai? Dai una palpatina lì, una toccatina qui, e intanto anche un'occhiata a quella stronzetta che se la fa con mio padre.”

Il canino di InuYasha spuntò improvvisamente fuori, mentre il ghigno cattivo e malevolo del ragazzo si rifletteva nello specchietto retrovisore.

“Ce l'hai proprio con questa Ayame, vero?” Jakotsu, sul sedile posteriore, incrociò le lunghe gambe magre mentre si stravaccava mollemente allargando le braccia sopra la spalliera. “Tua madre è morta da parecchio, ormai. E' naturale che l'affascinante paparino che ti ritrovi si rifaccia una vita, no?”

“Jakotsu, se non vuoi che ti sbatta fuori dalla mia auto a calci nel culo è meglio che la pianti. E non nominare mai più mia madre.”

“Calma, calma. A proposito, Sesshōmaru come l'ha presa, la notizia che il Generale si è trovato una nuova ragazza?” intervenne veloce Miroku prima che i due finissero ai ferri corti.

Inuyasha si irrigidì completamente, e due chiazze rosse di rabbia gli apparvero per un momento sulle guance. “Il mio piano di sputtanare quella rossa grazie al tuo aiuto è niente a confronto di quello del mio caro fratellone. Lui voleva assoldare un killer per farla fuori, giuro. O almeno questo sarebbe stato sicuramente il suo progetto se lo avessi lasciato fare. Fortuna che gli ho detto che ci avrei pensato io ad allontanare quella sgualdrina.”

“Per quanto concerne gli epiteti morali -di dubbio gusto aggiungerei- con cui ne parli sempre, di questa Ayame, sei sicuro della sua reputazione?”

“Ma certo, Miroku.”Gli occhi dorati saettarono verso la vetrina oscurata da veneziane bianche. “Fa la massaggiatrice. La massaggiatrice, ti è chiaro?! Da che mondo è mondo questo termine serve solo a coprirne un altro meno candido. Una prostituta. Andiamo, si vede lontano un miglio che quel luogo, laggiù, “e fece una faccia tra il disgustato e il sussiegoso, “ha la tipica aria malfamata di un bordello. Scommetto che ai clienti che lo richiedono, nel retro, non si limitano solo a distendere i nervi della schiena.”

“A me sembra pulito, ben tenuto. E anche accattivante, se devo essere sincero. Inoltre fa parte di tutto questo complesso a quattro stelle, un vero consorzio leader dei centri di bellezza della prefettura.”

“Tutta una copertura, fidati amico mio. Non mi interessa che specchietto delle allodole hanno messo su, devi scoprire se questo strano giro esiste, e se Ayame ne è coinvolta. Voglio umiliarla davanti a mio padre, con prove e controprove, mi hai capito? Conosco il mio vecchio, posso anche provare a mettergli la pulce nell'orecchio, letteralmente intendo se mi servissi di Myōga, ma non si smuoverebbe. Ne è infatuato completamente, devi vederli insieme i piccioncini. Bleah.”

Sbuffò teatralmente, tanto che Jakotsu scoppiò in una breve risata. Certo che la gelosia era una brutta bestia.

“Dimmi caro, e cosa dovrebbe fare il nostro Miroku precisamente?”

“Tieni,” InuYasha porse dei fogli al suddetto che se ne stava in silenzio a grattarsi il mento. “Sono degli attestati, finti ovviamente, che ti qualificano come esperto massaggiatore. Non fare quella faccia, neanche ci baderanno, sono solo formalità. E' per entrare nel corso.”

“Quale corso, scusa? InuYasha, in che guaio mi stai cacciando?”

“Stanno cercando personale di sesso maschile. Tu ti introdurrai nelle fila dei candidati, ok? Ti farai assumere e scoprirai tutto ciò che puoi su quella ragazza, tutto ciò che mi servirà per dimostrare che quella puttanella non è altro che un'arrampicatrice sociale che fa marchette per vivere. Adesso vai, che sei pure in ritardo.”

“Va bene, va bene. Andrò e compirò la missione. Ma se invece scoprissi che quello è solo un centro benessere dove si fanno regolari e innocenti massaggi da professionali e solerti massaggiatrici, tu che farai a quel punto?”

“Non succederà.” Si infilò rabbiosamente un paio di costosi occhiali da sole -anche se era pieno inverno- e incrociò le braccia. “Muoviti, scendi dall'auto, che aspetti?”

Quasi lo buttò fuori di peso, adocchiandolo indispettito mentre questi si dirigeva a testa bassa e ciondoloni verso l'entrata.

“Sei cosciente, InuYasha, che stai mandando il topolino a mangiare il formaggio, vero?”

L'interpellato si voltò verso la voce di Jakotsu, il quale continuava imperterrito ad apostrofarlo con un tono da maestrino. “Che vuoi dire?”

“Semplice. Costringere uno come Miroku ad entrare nella tana di avvenenti donne con mani fatate che ti toccano dappertutto significa andarsela a cercare. E non m riferisco a lui, ma a te, visto che lo hai mandato in missione segreta. Vuoterà il sacco alla prima che subodorerà qualcosa, basta che lo trastulli un po'.”

“Sarà meglio che non lo faccia. Altrimenti mio padre me la farà pagare molto cara.”

 

Giuro, se InuYasha mi mette nei casini stavolta lo uccido.

Spero solo che siano tutte racchie, queste tipe che ci lavorano, in questo centro. Si, massaggiatrici racchie, vecchie e con un neo peloso sul mento.

No no, ma che vado a pensare, saranno tutte carine e con le tette grosse, il culo sodo e una bocca da impazzire. Già mi prudono le mani.

Spero che non sospettino nulla, sennò addio copertura. Non reggo la tortura erotica del viso arrossato e pieno d'ira di una donna incazzata.

Per il sacro Buddha, fa che non scoprano che questi documenti sono finti come la paccottiglia che vendo al mio negozio.

 

“A me questi attestati sembrano finti come paccottiglia di bassa lega.” Sango scrutò soprappensiero i fogli che infestavano la scrivania dell'ufficio, una piccola ruga che le solcava la fronte candida e gli occhi scuri che saettavano tra diplomi, qualifiche e nomi di istituti di benessere che non ricordava di aver mai sentito prima.

“Suvvia, Sango, sei sempre così pignola. Fai scappare ogni nuovo candidato che cerchiamo di assumere con la tua fissazione per curriculum vari e attestazioni. Non dico che non siano necessari, ma il terzo grado mi pare eccessivo.” Hōjō, il singolare e giovane proprietario della filiale Massaggi, si fece un'allegra risata grattandosi la nuca.

“Non sono io che sono troppo severa, sei tu che sei troppo permissivo. Sono la migliore e lo sai, quindi dammi retta. Quello ha qualcosa che non mi convince. Hai visto com'è vestito e come si muove? Non sembra uno del campo.”

“Perché non lo bracchi tu se ne sei tanto convinta? I candidati sono tre. Gli altri due li rifilerò ad Ayame e a Kagome. Questo Miroku sarà tutto tuo, ci stai?”

La risposta giunse chiara e concisa. Con uno scatto, la ragazza allineò tutti i fogli dei nuovi aspiranti assunti che l'aspettavano di là, nel locale dei massaggi che per la giornata era stato mantenuto chiuso.

“Se scoprirò che mente sarà un vero piacere riempirlo di botte.”

 

GIORNO UNO: NON PERMETTERO' A NESSUNO DI CALPESTARMI I PIEDI

 

Erano in tre, tutti impettiti come soldati sull'attenti.

“Il mio nome è Sango,” li squadrò asettica, fredda, glaciale, “e qui sono la sola ed indiscussa responsabile. Non vi tedierò dicendovi cosa farete, ma che cosa di sicuro non farete. Questo è un lavoro serio, sia chiaro, un lavoro e un luogo in cui ho messo e metterò tutta me stessa, che nessuno potrà permettersi di mettere in cattiva luce. Perciò da voi chiederò non solo il cento per cento, ma il mille per cento. Cerco persone affidabili, che sanno quello che fanno. Ecco perché non sarete assunti direttamente, ma verrete messi alla prova.”

Tacque per un attimo, il tempo di far assimilare a quei poveri malcapitati la sorpresina.

“Avrete una settimana di tempo. Una settimana alla fine della quale mi dimostrerete chi siete e che che tipo di preparazione avete. Fino ad allora, di sicuro non toccherete i miei clienti, ma aiuterete nei lavori di ordinaria amministrazione, insomma non ve ne starete con le mani in mano. Potrete approfittarne inoltre per familiarizzare con l'ambiente e le persone che vi ci lavorano.”

“Veramente io a-avrei una d-domanda.” Il ragazzo con il codino fece un balzetto in avanti, tuttavia il ringhio – Miroku fu sicuro che la ragazza davanti a lui ne avesse emesso uno- lo convinse che forse era meglio indietreggiare sui suoi passi.

“Si, dica pure signor...Miroku, vero?” Gli occhi laser della tipa dai folti capelli castani raccolti in una lunga ed alta coda passarono in rassegna l'intero suo corpo, dalla punta delle lucide scarpe in pelle al paio di orecchini che luccicavano nel suo lobo sinistro. “Ha qualcosa di cui lamentarsi?”

“Niente di particolare. E che questa cosa della settimana di prova non me l'aspettavo, tutto qui. Comunque”, le scocco un affascinante sorriso da provolone incallito, “non mi tiro certo indietro per questo.”

Le iridi blu del ragazzo lampeggiarono decise.

Quella specie di vera e propria scansione di cui si era ritrovato oggetto invece che mortificarlo o farlo demordere, lo aveva imbaldanzito.

Se si sforzava, con la fantasia poteva quasi individuare il guanto di sfida che lei gli aveva lanciato giacere inerte sul pavimento tra di loro.

“Bene, ora che siete stati avvertiti potete iniziare. Oggi il negozio è chiuso, e le altre dipendenti non ci sono. Perciò toccherà a voi pulire, cambiare i coprilettini, discernere gli asciugamani sporchi da quelli puliti, togliere dalle scatole oli e creme, mettere a posto gli scaffali della contabilità e naturalmente prepararmi un bel caffè. Oggi ne ho alquanto bisogno. Tu,” Miroku sentì dei brividi lungo tutta la schiena, brividi che non aveva mai provato in vita sua. Come faceva quella virago ad avere così presa sul suo corpo? “Prendimene uno alla macchinetta in fondo al corridoio, nero, senza zucchero.”

“Subito, mia signora.” Sorrise a trentadue denti facendo il saluto militare, ma la diretta interessata non prese molto bene lo scherzo, perché si erse nei tacchi da dodici degli stivali che indossava con grazia da modella consumata, l'espressione contratta e torva e le dita leggermente strette a pugno.

“Ah, lasciamo perdere. Credo sia meglio che me lo prenda da sola. Come minimo me lo rovineresti addosso.”

“No no, non sia mai che si inizi con il piede sbagliat...”

Nella fretta e nel tentativo di impedire che Sango lo battesse sul tempo non si accorse tuttavia di piombare con i suoi mocassini italiani proprio sulla punta dell'alluce destro della ragazza, che divenne prima bianca come un cencio, poi rossa e infine viola.

“Scu-scusami, non volevo, giuro. Ti ho fatto male? Ma certo che ti ho fatto male. Permettimi di vedere quanto ti ho fatto male.”

“La pianti di dirmi che mi hai fatto male?! Kami, hai la leggiadria di un elefante. Spero che con le mani tu sia più accorto. E adesso scusami, devo andare a controllare se ho ancora tutte e due le falangi del mio alluce destro.”

“Per quel caffè, vuoi ancora che te lo porti, vero?”

Ma Sango era già sparita dietro la porta con su scritto”Vietato al personale non autorizzato”.

E lui chiaramente non lo era.

 

GIORNO DUE: UNA GINOCCHIATA AL GIORNO LEVA MIROKU DI TORNO

 

Finalmente ci siamo.

Questo pensò Miroku quella mattina, l'alba del suo secondo giorno di prova.

Era arrivato prestissimo, prima di tutti -tranne Sango che pareva dormirci in quel posto- e subito era stato messo ad impilare candidi asciugamani nel retro del locale.

Preso più a sbuffare ed insultare mentalmente InuYasha che al compito noioso datogli, gli fu di una facilità estrema distrarsi dal rumore di una lussuosa limousine che si era fermata nel vicolo deserto. Per uno ficcanaso e avvezzo come lui a mettere il naso ovunque la cosa gli era parsa strana, così strana che ci aveva buttato non un occhio, di più.

Ne era scesa una ragazza dai lunghi codini rossi e l'uniforme rosa corallo che ormai gli era famigliare (avendone una simile addosso), seguita subito dopo dalla figura riconoscibilissima del Generale No Taishō.

Alla velocità della luce si era accucciato alla finestrella per osservarli scambiarsi effusioni e tenerezze.

Una mano guantata di lui riposava acciambellata dolcemente attorno alla vita di lei, mentre l'altra teneva alzato il viso di Ayame al fine di inclinare a proprio piacimento -e piacere- l'angolazione dei baci che via via si facevano sempre più intensi, pieni di gioia furiosa.

Meglio di un film porno.

Proprio mentre le dita accattivanti del papino del suo amico si infilavano sotto il cappotto della sua giovane fidanzata per darle un caldo esempio di commiato, e quelle di Miroku volavano alla propria cerniera dei pantaloni, la porta dello sgabuzzino, che aveva bloccato precedentemente per non farsi prendere in contropiede, si spalancò con fatica facendo emergere una gamba intenta a fare da perno.

Rosso in viso per essere quasi stato colto in uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita – e ne aveva avuti molti- Miroku si precipitò sbattendo la pesante anta sul suo cardine, chiudendola praticamente in faccia alla persona che ci stava dietro.

Persona che emise un urlo disumano al seguito di un tonfo altrettanto orripilante a sentirsi.

Devo averle spaccato qualche osso, poco ma sicuro.

Aprendo lentamente, mise fuori il capino per controllare il disastro che sicuramente doveva aver provocato, trovandosi una Sango piegata su se stessa che si teneva il ginocchio sinistro con entrambe le mani.

“Ma ti sei impazzito, per caso? Perché mi hai sbattuto la porta in faccia?Ahia, la rotula!”

Dire che lo volesse incendiare con gli occhi era un eufemismo.

“Scusa, è stato un riflesso involontario. I-io...”

“Che diavolo stavi combinando lì dentro? Ti avevo detto di mettere a posto gli asciugamani puliti, non di organizzare un attentato alle mie spalle. ”

“Giurin giuretto, ogni mia azione è sempre, anche in questo caso sfortunato, dettata dalla più nobile delle motivazioni.” Fece segno di vittoria con l'indice e il medio. “Mettiti a sedere qui su questa sedia, vado a prenderti del ghiaccio.”

“Non importa.”

“Non ti ho forse detto che ho solo probi e genuini intenti?! Ecco.”

Sango lo fissò mezza scandalizzata inginocchiarsi e posarle delicatamente un fazzoletto freddo che fu sollievo allo stato puro.

“Grazie, sei gentile.”

“Prego.” Non c'era malizia in quella semplice parolina, né quell'inopportuno sguardo da imbroglione pervertito che lo contraddistingueva.

Fa che abbia mollato la presa e non insista per sapere quello che facevo nello stanzino sul retro, ti prego sacro Buddha.

“Sai che hai un ginocchio straordinario? Rotondo e flessuoso, e le fasce muscolari sono talmente un tutt'uno con la pelle candida che ti ritrovi, che anche uno scultore avrebbe difficoltà a riprodurre una tale perfezione.”

Sango, subito messa in allarme dal tono sdolcinato e suadente che aveva assunto il ragazzo per intortarla -di questo ne era certissima- già era pronta a calpestarlo, e se le avesse rifilato “che belle gambe che hai?” o frasi già trite e ritrite lo avrebbe fatto sicuramente.

Tuttavia c'era una tale pachezza in Miroku, quasi comica, che per poco non le venne da ridere.

In fondo, anche se le aveva appena rifilato complimenti sperticati e senza senso, tuttavia bisognava apprezzarne l'originalità nonché la fatica di mantenere quella faccia da schiaffi così seria.

Si, poteva lasciargliela passare questa. Solo per stavolta, si ripromise.

“Adesso va meglio.” Si alzò ritrovandosi suo malgrado imbarazzata. “Torna al lavoro, ok? Io vado a vedere se Ayame è arrivata.”

“Certo, padrona.” Sorrise ancora di quel sorriso buffo e scanzonato, cosicché fu davvero difficile, per lei, conservare l'espressione arcigna che si mise su per mantenere le distanze e fargli capire che certe battute non le aggradavano per niente.

“Piantala.”

“Si, padrona.” Di nuovo. Che strazio questo tipo. Però almeno mi diverte.

Corse via, mentre Sango gonfiava le guance nel tentativo di non urlargli dietro.

Forse lo aveva mal giudicato. Forse non era tanto male aver quel Miroku intorno.

 

GIORNO TRE: CULO A TERRA

 

“Non voglio più averti intorno, mi hai sentita?! Non venirmi davanti per il resto della giornata, altrimenti non risponderò di me! Ritieniti fortunato se te ne ho dato uno soltanto.”

Gli strilli di Sango risuonarono per tutto il quartiere mentre Miroku pensava che non c'era limite alla sfiga.

Quella sera, dopo la fine del proprio turno, si era offerto di portare fuori l'immondizia e scaricarla nei bidoni sul retro.

Infatti, memore di tutti quei polizieschi che propinava la televisione, aveva pensato di dare un'occhiata alla spazzatura dove magari si potevano trovare le tanto agognate prove degli strani traffici perpetrati lì dentro. Tipo dei preservativi usati.

Eppure più cercava, più nella sua mente l'immagine ferma e risoluta di Sango cozzava con le parole e le tesi losche di InuYasha.

“Ma che sto facendo? Che sto mai facendo?! Sguazzare nelle pattumiere altrui...”

Per fare più in fretta si era messo a tirare fuori resti di cibi, scatolette di prodotti, carta assorbente, e tutti ugualmente erano finiti per terra dietro di lui con ritmici tonfi sonori.

“Tu. Che stai facendo davvero, nella mia immondizia?”

Non si era minimamente accorto della presenza di Sango che gli stava piombando da dietro, così come lei non si accorse della buccia di banana su cui inesorabilmente e malauguratamente, sotto gli occhi spaventati del ragazzo, ebbe la cattiva creanza di scivolare come una pera matura.

“Come. Riesci. A. Farlo? Me lo spieghi?”gli si era scagliata contro inviperita e con il culo per terra mentre prontamente lui le si era accucciato vicino con aria mortificata. “Sei una piaga. No, davvero, stammi lontano. Che cosa ci facevi poi a trafficare nella spazzatura, dico io?”

“E c-che s-stavo cercando, vediamo cosa stavo cercando? ah si, il biglietto della lotteria che ho comprato ieri. Non l'ho più con me e forse l'ho buttato per sbaglio. Sarebbe un peccato aver vinto e non poterne godere, della vittoria.”

“La pianti con quello sguardo da maniaco persino in questa incresciosa situazione?”Si era alzata rifiutando la mano che Miroku le porgeva e si era massaggiata la callipigia dote. “Senti, rimetti tutto a posto, non voglio rifiuti sul mio retro.”

Mai frase era stata più sinistramente profetica.

Cinque dita aperte e malandrine si erano stampate sulle natiche ammaccate che aveva appena finito di spolverarsi.

Miroku non lo aveva visto neppure, il pugno che Sango gli aveva rifilato facendolo andare a sbattere dall'altra parte del muretto che delimitava la proprietà, era solo certo che aveva ancora tutti i denti, non sapeva per quale colpo di fortuna.

“S-scusami, “ Aveva balbettato confuso, “è un mio tic. Non riesco a controllarlo, la mia mano è posseduta da un demone, ti assicuro che non scherzo affatto. Sango, Saaaaango, ti prego, credimi.”

“Azzardati a rifarlo e te la mozzo, quella mano posseduta. Così ti liberò da questo tremendo fardello.”

 

QUARTO GIORNO: SCHIENA A SCHIENA

 

“Senti, volevo ancora scusarmi per l'incidente di ieri sera.”

Miroku e Sango, da soli visto che gli altri erano in pausa pranzo, stavano sistemando sulle varie mensole creme e lozioni dal forte odore di pino che provocavano nel ragazzo uno starnuto ogni due per tre.

“A cosa ti riferisci, precisamente? Ai tuoi frequenti tentativi di accopparmi o al fatto che sei un porco dalla mano morta? Ah, una cosa: riprovaci e sei morto per intero, non solo la tua mano. Defunto. Cadavere. Cibo per vermi.”

“D'accordo, d'accordo. Hai chiarito il concetto.”

Per lunghi minuti svuotarono in silenzio gli scatoloni appena scaricati dal camion del rifornitore.

“Senti, Sango, è da parecchio che dirigi questo posto?

Non fu sicuro che lei gli avrebbe risposto. Magari, semplicemente, visti i loro trascorsi, lo avrebbe mandato a quel paese. In fondo erano quasi degli estranei.

“Diciamo che ho passato tuta la mia vita tra queste mura.” Lo adocchiò da sotto in su, ancora insicura che lui meritasse tutta quella, seppur piccola, confidenza. “Mia madre lavorava qui. Io e mio fratello, dato che non aveva abbastanza soldi per una tata, quando non eravamo a scuola restavamo con lei e guardavamo ciò che faceva.” Si guardò in giro come affetto. Quante ne avevano viste quelle pareti!

“Hai un fratello quindi?”

“Si. Si chiama Kohaku. A volte, quando è libero dagli studi universitari, viene per aiutarmi con la sua ragazza, Rin. Oltre ad Ayame e Kagome ho proprio bisogno di un aiuto. E qui veniamo al motivo dell'assunzione di uno di voi.”

“Capisco.” Starnutì di nuovo. “Si vede che tu e Kohaku avete uno legame molto forte. Quando parli di lui non sembri più tanto bisbetica. Ops.” L'occhiata in cagnesco che la ragazza gli rifilò l'accolse come la giusta punizione del cielo per la sua linguaccia troppo sciolta. “Dai, su. Scherzavo, ovviamente.”

“Non sono bisbetica. Sono responsabile. Anzi, sono la responsabile, di tutta questa attività e della gente che ci lavora.”

“A proposito di questo, ho conosciuto Kagome e Ayame. Sono deliziose. V-volevo d-dire ottime lavoratrice.” Corresse il tiro in extremis. “Le conosci molto bene, no? Da quanto lavorano qui?”

“Da tre anni. Kagome sta con l'ex di Ayame, un certo Kōga. Ecco come ho conosciuto quest'ultima, me l'ha presentata Kagome stessa. Aveva bisogno di un lavoro e io letteralmente di due mani in più.”

“Uao! Allora sono rimasti in buoni rapporti. Io non so se riuscirei a lavorare con il vecchio fidanzato di colei che amo.”

Sango mugugnò. “Tipica mentalità maschile. Dimmi di te. Hai fratelli, sorelle? Hai lavorato da altre parti?”

Miroku ci pensò su, e Sango fremette. La trappola era scattata, ora bisognava vedere se il topolino ci sarebbe caduto.

“Ma che domande mi fai, Sango? C'è tutto nel mio curriculum, no? Non lo hai letto, per caso?”rispose mellifluo.

Dannazione.

Aveva sperato che in una chiacchierata informale quel baka imbroglione si sarebbe tradito, invece niente.

“Se vuoi però posso dirti altre cose su di me, ti va? Cose privatissime che non si possono assolutamente mettere nelle proprie referenze. Non vedo l'ora che tu mi conosca un po' meglio, potresti sorprenderti visto che non solo male come sicuramente pensi. Eccciu!”

Un potente starnuto lo travolse nell'istante esatto in cui stava impilando degli enormi flaconi puzzolenti, che per effetto domino cascarono in coro tutti addosso a Sango che in quel preciso attimo si era chinata per raccogliere un tubetto di crema all'aloe.

“P**** p******.”

“Allora anche tu dici le parolacce ah ah!”

“M-i-r-o-k-u.”

“Siiiiii?!”

Ingobbita, scalcagnata e con la schiena a pezzi ebbe solo la prontezza di fulminare la sua nemesi con il più truce degli sguardi, frattanto che questi si stava affrettando a raccogliere ciò che era rovinosamente caduto a terra.

“Io non ho parole. Tu vuoi proprio trucidarmi.”

“Non esagerare”

“Se esagerassi direi che sei un pericolo pubblico, un serial killer involontario.”

“Vuoi che ti massaggi la schiena. Dimmi dove senti dolore.”

“Stammi lontano. Tra ben tre giorni avrai tutto il tempo di farmi vedere come te la cavi ad uccidere la gente con un solo tocco. Fortuna che sono assicurata. Pregherò per il povero volontario che sarà vittima del tuo massaggio di prova.”

Parlava ansimando intanto che si dirigeva nel retrobottega.

“Aspetta, ti aiuto con le scatole rimanenti,” si offrì seguendola.

Inavvertitamente si chiuse la porta del piccolo sgabuzzino alle spalle, porta che due giorni prima evidentemente si doveva essere incrinata nel meccanismo della serratura, poiché quando fecero per aprirla non si spostò di un millimetro.

“Non ci posso credere. Quante ancora me ne dovranno capitare per colpa tua?”

“Non fare così, Sango. Dobbiamo solo aspettare che gli altri tornino dalla pausa pranzo. Vieni a sederti qui su questo tavolino. Non puoi stare in piedi con quella schiena indolenzita. Puoi appoggiarti a me se vuoi.”

“Già, come no. La prima cosa che faresti sarebbe quella di toccarmi il sedere.”

“Non lo farei mai. Te lo prometto. Dai, non fare la sostenuta.”

Quel cascamorto dalle mani di pasta frolla aveva ragione. La schiena le faceva veramente male, e Ayame e Kagome potevano metterci una buona mezz'ora prima di rientrare.

“Va bene.” Lentamente, come se stesse compiendo un'azione ripugnante, appoggiò le scapole contro quelle del ragazzo con il codino. Ci vollero alcuni minuti prima che sentisse le spalle rilassarsi, senza più quella sensazione di essere una marionetta tirata per fili crudeli da un burattinaio dispettoso.

Anzi, stava talmente bene in quel soffice tepore dato dal contatto con Miroku che non si accorse di scivolare nel sonno dei giusti.

Quarantacinque minuti dopo -Sango era generosa per quanto riguardava la pausa pranzo- li trovarono schiena contro schiena, entrambi nel mondo dei sogni.

 

GIORNO CINQUE: L'ESORCISTA NON E' SOLO UN FILM

 

“Sanguciaaaaa! Ti ho portato il caffè!”

Non lo avesse mai fatto, il povero Miroku.

Tutto poteva aspettarsi tranne di trovare la ragazza, seduta di spalle su uno sgabello, sotto le sagaci mani di Ayame che le massaggiavano vigorosamente il bellissimo e niveo collo di cigno.

Per un attimo si incantò ad osservare come i suoi capelli fossero molto più lunghi se sciolti e tenuti sopra una spalla, come la pelle brillasse quasi da quanto fosse candida, come le curve delle spalle formassero un semiarco placido e dolce, quasi innaturale.

Al sentire però come l'aveva chiamata, con che sfacciata intimità la apostrofava davanti ad un sua dipendente per di più, la tanto decantata musa, lentamente, millisecondo per millisecondo, si girò verso di lui come al rallentatore, torcendo quasi a centottanta gradi l'infiammata e dolente parte che fino a poco prima era quasi riuscita ad ammansire.

“Come mi hai chiamata? Chi ti ha dato tutta questa libertà con la sottoscritta?”

“P-pensavo che dopo tutto il conforto che ti ho dato in questi giorni i-io”

Un agghiacciante e sinistro crac proveniente dal collo dell'essere spaventoso che era diventata Sango la fece diventare livida all'istante.

“Sango, devi calmarti, su, e girarti subito.” Ayame si rimise di fretta all'opera mentre le acute grida di dolore creavano quasi un'eco nella stanza dei massaggi. “ Puff! Adesso mi tocca riniziare da capo. Grazie Miroku!”

“Non capisco.”

“Sango soffre di dolori cervicali, così ogni tanto, quando sono più intensi, io intervengo. Ma tu hai rovinato tutto.” Gli fece una linguaccia mentre pazientemente riportava la soglia del dolore della sua capa ad un livello sopportabile.

“Non è colpa mia se si è girata come la bambina dell'esorcista. Certi movimenti non si dovrebbero -o potrebbero- fare...”

“Tu, cascamorto che non sei altro, se ti prendo e ti metto le mani addosso...”

“Sango, contieniti. Peggiori solo le cose. Lascia perdere. E' un novellino. Che c'è di male se si è preso una cotta per te?”

“Cosa???” strillarono all'unisono gli altri due.

Ayame rise di gusto, e a Miroku parve tutto tranne una che faceva massaggi al di sotto dell'equatore dei clienti maschi.

“Ayame, non scherzare. Potrei licenziarti.”

“Però vedi che non ha negato? E poi io so tutto di cotte segrete. Tra me e il mio fidanzato è andata più o meno così.”

Ci vollero meno di due nanosecondi a Miroku per drizzare le orecchie.

“All'inizio io non mi ero accorta minimamente che gli interessavo. Continuavo a chiedermi perché lo incontrassi sempre, e perché fosse così tanto gentile. Sapete, aveva quello sguardo, quello che ti punta le labbra e chiede quasi il permesso di baciarti.” Aveva un'aria sognante, e a modo loro Sango e Miroku ne furono affascinati.

“E poi...?” non era sicuro, quest'ultimo, di averlo chiesto per dovere piuttosto che per un reale e curioso interesse.

“Bé, quando ci sono arrivata, ho capito che volevo baciarlo anche io. E da lì non ci siamo più lasciati. Perfetto, Sango. Credo di aver finito con te. Se non vuoi bloccarti un'altra volta evita di fare movimenti bruschi, tipo incendiare con gli occhi il tuo spasimante.” Le fece l'occhiolino, si asciugò le mani dall'essenza di calendola spalmata sopra, e corse via.

“Ci vediamo ragazzi. Il mio amore mi aspetta, e non voglio farlo attendere.”

 

SESTO GIORNO: BISOGNA STARE ATTENTI AI COLPI DI TESTA

 

Ayame sorrise al display luminoso dello smartphone.

Quanto era dolce il suo Generale!

Gli rispose ticchettando come una mitraglietta.

 

-OGGI FACCIO LA CHIUSURA.

POSSIAMO VEDERCI DOPO CENA-

 

-CHE NE DICI SE LA CENA TE LA OFFRO IO, INVECE?

E MAGARI ANCHE TUTTO CIO' CHE VIENE DOPO?-

 

Le guance le si colorarono di rosso.

 

-DAI! NON PUOI SCRIVERE CERTE COSE!

MI METTONO IN IMBARAZZO-

 

-LO FACCIO PER QUESTO.

LE TUE GUANCE DIVENTANO BELLISSIME

QUANDO ARROSSISCI-

 

La ragazza alzò la testa di scatto, il cuore che batteva a mille nel vedere la possente figura che tanto amava appoggiata alla porta con le braccia conserte e gli occhi dorati grandi, ludici, talmente espressivi da far tremare le vene nei polsi.

Gli volò letteralmente tra le braccia, che non tardarono un minuto ad avvolgerla con ardore.

“Come mai sei qui? Pensavo che avessi una riunione.”

“Mi sono ricordato che di solito il sabato fai la chiusura e di inverno fa buio prima. Sei da sola?”

“Si, il cliente che aspettavo ha disdetto l'appuntamento all'ultimo momento, però non posso prendere e andarmene lo stesso. Hōjō invece è uscito a comprare banane. Caschi interi di banane. Adesso è fissato con questo alimento perché dice che ha carenza di potassio. Semina bucce ovunque. Miroku e Sango, dal canto loro, sono andati ad un negozio bio qui vicino che vende un nuovo tipo di crema cento per cento naturale.”

“Chi è questo Miroku? Il nome non mi è nuovo.”

“E uno dei tre candidati che si unirà a noi. Domani decideremo chi vincerà. Non vedo l'ora, perché credo che sarà parecchio divertente. Ah, eccoli qui! Ma che è successo?”

“Presto Ayame, prendi un impacco di acqua fresca. Dobbiamo metterlo sullo squarcio.

Trascinandosi per una spalla e di peso una Sango più infastidita che altro, Ayame notò l'allarme e la profonda preoccupazione che gli invadevano il volto.

“Ma che squarcio e squarcio. Al massimo sarà una feritina da nulla.”

“Però ti esce il sangue. Magari hai un trauma cranico. Sicura che non vuoi andare in ospedale?”

La ragazza non si diede manco la pena di rispondere.

“Avete avuto un incidente, per caso?”

“Chiamiamolo così, se vuoi...” si limitò a biascicare.

“Stavamo ritornando da quel negozio ad un isolato da qui, quando ci siamo imbattuti in dei delinquentelli che stavano cercando di rubarle l'auto,” intervenne Miroku di slancio, guadagnandosi altresì una stilettata omicida da quegli occhi nocciola.

“Non mi dire che Sango è rimasta coinvolta in un'aggressione?!”

“No, non è lì che si è fatta male. Dicevo: io giustamente, essendo uomo, li ho affrontati senza paura ma...loro erano di più e non ho mai picchiato nessuno in vita mia.”

“Quindi è intervenuta Sango e li ha fatto assaggiare il “girl power”, vero?”

“Te lo puoi scordare che mettevo in pericolo le mani, fondamentali nel mio lavoro, solo per salvare la sua pellaccia da maniaco.”

“Così mi spezzi il cuore. Comunque no, Ayame, non è andata nemmeno così. Questi tizi nerboruti come querce stavano per farmi a fette, ma io lo stesso ho sferrato un gancio e-”

“Hai colpito me. Grazie tantissime. Non ho visto le stelle, ho visto intere galassie in quel momento, giuro. “

“Tu devi perdonarmi, Sango. Le mie empie mani non avrebbero mai voluto sfiorare la tua nobile fronte, se non per accarezzartela sussurrandoti parole d'amore.”

“Tu sei tutto scemo! Ci conosciamo solo da una settimana ed è un miracolo se sono ancora viva.”

“E allora perché improvvisamente le tue gote sono diventate color tramonto...”

“Piantala con queste sviolinate!”

“Sicché come si è conclusa l'intera faccenda?”

Non fu Ayame a parlare, ma la voce roca e baritonale dell'uomo altissimo e dai capelli argentati che le era rimasto costantemente a fianco, e di cui Miroku solo allora si accorse.

“Ci conosciamo, noi due?”chiese ancora.

Poteva quasi giurare di aver visto una scintilla di semi-riconoscimento nelle iridi nel padre di InuYasha -si erano presentati qualche anno prima al compleanno del figlio minore e poi non si erano più incrociati- scintilla che sparì come un fuoco fatuo; eppure la sgradevole sensazione che per tutto il tempo che era stato occupato e preoccupato per Sango, lui avesse volutamente evitato di palesare la propria presenza per poterlo studiare in santa pace, gli si fissò con orrore nel cervello e nella spina dorsale.

E non perché avesse paura di InuYasha, o per InuYasha, in fondo se l'era andata a cercare il suo amico, ma perché tutti, ma veramente tutti, ammiravano e temevano il Generale No Taishō, uomo di grande fama, successo e specchiata reputazione, ma anche spietato contro i nemici che osavano giocarli un brutto tiro.

Di sicuro mettersi ad indagare e cercare di sputtanare la ragazza che era oggetto delle sue complete attenzioni poteva considerarsi un brutto, bruttissimo tiro.

“No, penso di no. Mi ricorderei di un tipo come lei.” Gaffe gaffe gaffe.

“E di sicuro io mi ricorderei di un tipo come lei, “si sentì rispondere a tono; sebbene non ci fosse minaccia in quella ironica replica, Miroku fu certo di aver appena scoperto tutta l'essenza della frase “pugno di ferro in guanto di velluto.” Sono stato avvisato. Di cosa non lo sa nemmeno lui forse, ma mi ha fatto capire che non lo convinco.

“Volevate sapere com'è finita.” Astuto come pochi, cambiò abilmente argomento. “Appena i delinquentelli si sono accorti che Sango era ferita se la sono data a gambe per paura di rimanere coinvolti in qualcosa di più che un tentato furto. Ora d-devo andare a prepararmi per il grande avvenimento di domani. Riposare le mani e cose così, vero Sanguccia, cioè volevo dire Sango?” Si scrocchiò le dita rumorosamente. “Ci vediamo in un'altra occasione, Generale Taishō. Ayame. Buona serata.”

“Quel tipo continua a non convincermi. Voglio proprio vedere come se la caverà domani nella prova.”

“Allora hai dei dubbi anche tu, Sango? Sono sicuro di averlo già visto da qualche parte, così come sono sicuro che lui ha già visto me. Ah, potresti parlare a bassa voce. Non voglio che Ayame ti senta.”

“Guardi che tornerà presto dallo spogliatoio. Come mai ne è così sicuro, a proposito?”

Entrambi avevano una conoscenza l'una dell'altro da sapere cosa dire e cosa non dire.

“Niente di che, non ti crucciare. Forse è solo una mia impressione. Deformazione professionale, con il lavoro che faccio vedo congiure ovunque.” Si, ma lui sapeva chi sono, e anche come mi chiamo.

 

SETTIMO GIORNO: CERTE COSE NON SI TOCCANO, ALTRE...DEVI SOLO ASPETTARE

 

“Ti prego, Ayame, dammi una dritta, un consiglio, un parere, qualsiasi cosa che non mi faccia sfigurare.”

La Grande Prova era iniziata.

Il primo candidato, quello sotto la supervisione di Ayame, era andato più che bene, tanto che questa, durante il massaggio aveva emesso dei piccoli sospiri di beatitudine.

Il secondo stava sprofondando con dita abili nella schiena di Kagome che era talmente in estasi da stare canticchiando una musichetta vivace.

“Sei pronto, Miroku?”

Sango entrò nella stanza con solo un asciugamano addosso.

“E' a te che devo praticare il massaggio di prova?”esclamò tappandosi subito dopo la bocca.

“Pensavi che ti avrei impunemente fatto mettere quelle manacce da pervertito imbroglione su una povera vittima innocente? Non ci pensare neppure.”

“Ma non temi che possa provocarti qualche contrattura o peggio?”

“In quel caso proverò ancora più piacere a depennarti in tronco.” Si stese coraggiosamente sul lettino. “Come mi vuoi?”

“Eh?”

“In che posizione mi vuoi. D-o-v-e vuoi praticarmelo, il massaggio.”

Lo scrutava perfida, finalmente giunta alla rivincita che stava bramando da un'intera quanto turbolenta settimana.

“Direi prona. Sulla pancia, volevo dire.”

Sacro Buddha, e adesso che faccio? Lei è una tosta, una del mestiere. Si accorgerà subito che non so una cicca di massaggi. Sempre se non la mando in ospedale prima.

Che cosa devo fare?

Non me la sento di continuare a prendere lei e tutte queste persone in giro.

Chiuse gli occhi, unì le mani in preghiera, e quando tutti i presenti, compresa Sango pensavano che si sarebbe messo all'opera – nel bene e nel male, tanto che era già pronta la cassetta del pronto soccorso- , il ragazzo fece un passo indietro.

“Ti ringrazio per la fiducia che hai riposto me, Sango. Mi commuove, davvero. Ti sei stesa su questo lettino pensando che, nonostante gli innumerevoli incidenti di cui sei stata vittima per colpa mia, io non ti avrei fatto sfigurare. Ebbene, sarò onesto, non posso toccarti. Da signore quale sono, ritiro la mia candidatura.”

Cinque paia di occhi lo fissarono pieni di sbalordimento, sorpresa e, in una certa persona, con un misto di piacevole e triste consapevolezza.

“Alla fin fine non credo di essere portato per questo lavoro. Troppe tentazioni. E' meglio che lo affidiate a qualcuno di più meritevole.”

Fece dietrofront senza por tempo in mezzo, tuttavia era già all'uscio del complesso quando si sentì chiamare a più riprese da una certa ragazza mezza svestita e rossa in viso.

“Come mai hai ceduto?”

Fece spallucce. Lei sapeva. Aveva sempre saputo. Solo che non sapeva tutto, e preferiva che non lo scoprisse mai.

“Sango, se solo provassi a toccarti finiremmo o a letto o io al tuo capezzale. Non credo che la prima opzione sia disponibile, e la seconda non mi va giù. Hai dato tanto a questa attività, e continui a dare, così come darai in futuro. Un po' ti conosco, magari solo un tantino, ma sei una brava persona e un'onesta lavoratrice. Ti farei fallire in un mese se mi assumessi. Meglio così, fidati.”

“Non capisco perché tu abbia tentato questa cosa. Non ha senso.”

Per un attimo pensò di mentire, ma almeno una possibilità su un milione, se fosse accaduto il miracolo, con lei voleva averla un domani.

“Ormai non ha più importanza. Posso dirti però una cosa. E' vero, sono negato nei massaggi, e se toccassi qualcuno mi citerebbero per danni, ma una parte del corpo, una tua parte del corpo, posso assicurarti che se la toccassi, tu non te ne pentiresti mai.”

Alzò la mano, e quando Sango fu sicura che le avrebbe lambito il seno -già era pronta a mandarlo in orbita sulla Luna a suon di calci- Miroku invece le sfiorò il punto esatto in cui il cuore cominciò a batterle furiosamente, alla stregua di un rumoroso tamburo impossibile da ignorare o riportare alla cadenza di sicurezza.

“I-io n-non”

“Ti prego, Sango, non aggiungere niente, ok? Facciamo passare un po' di tempo. Tanto so dove trovarti.” Le ammiccò come il peggiore dei provoloni, per poi voltarsi e dirigersi verso un'auto con il guidatore già a bordo.

 

“Che aspetti a parlare? Sei riuscito a scoprire qualcosa su quella donna e le sue compari di malaffare?”

“Kami, InuYasha, questi termini non si usavano già più ai tempi del Maestro Mushin, la persona che mi ha cresciuto perché mio padre è morto quando ero ancora un marmocchio. Tu, invece, un padre ce l'hai ancora.”

Tutto si aspettava, il ragazzo dai lunghi capelli chiari, tranne che Miroku, la parte del loro duo che reputava passiva e coscienziosa, alzasse la testa e lo redarguisse in quella maniera.

“Che vuoi dire?”

L'altro sprofondò nel sedile come se fosse molto, molto stanco.

“Voglio dire che devi crescere. Io l'ho fatto con l'aiuto di un bonzo sempre ubriaco e imbroglione, ma tu una famiglia la possiedi, anche se avere Sesshōmaru per fratello ammetto che è abbastanza tremendo. Tuo padre stravede per te, lo sai e non lo ammetti. Lascia che sia felice, con una persona che merita tutto quello che lui prova per lei. Fidati, è una ragazza a posto, come tutte loro laggiù, “indicò la figura di Sango che si intravedeva mentre spiegava al candidato di Ayame che era assunto, “persone che lavorano dalla mattina alla sera per guadagnarsi il pane onestamente e con fatica. Ma tu che sei nato ricco che ne puoi sapere, eh?”

“E così ti ha portato dalla sua parte, quella sgualdrinella dai capelli rossi. Non ci posso credere. Sei mio amico, dovresti appoggiarmi in tutto quello che faccio.”

“E' perché sono tuo amico che non posso più farlo. Smettila InuYasha. Avanti, cedi un pochino. Conoscila e vedrai che ho ragione da vendere.” Gli batté un pacca sulla spalla intanto che questi, rabbiosamente ma già più calmo, metteva in moto. “Non posso costringerti, sia chiaro, però tuo padre apprezzerebbe il gesto. E magari convinci tuo fratello ad evitare gli omicidi su commissione, eh?”

Quando Miroku rideva in quel modo querulo e saputo faceva venire i nervi, così tanto che risultava paradossalmente irresistibile.

“Uffa, ti rendi conto che ha la mia età?!”

“Embè, avrai una matrigna giovane che tutti ti invidieranno. Che c'è di così brutto?”

“Non ti prometto niente. A proposito,” lo fulminò di sottecchi, poco convinto, “sei diverso da una settimana fa. Che ti è successo?”

"Ho appena scoperto che toccare qualcuno, toccarlo davvero, non fa mai male."

 

 

 

 

 

Salve a tutti! Eccomi qui a proporvi una storia un po' speciale per me, perché mi sono accorta, scrivendola, che Sango e in particolare Miroku, molto sottovalutati a mio parere nel fandom, in realtà hanno un'alchimia che trascende la bonazzeria del Sommo, la dolcezza di Kagome, la ruvidezza affascinante di InuYasha o la genuinità di Rin. Dobbiamo scrivere di più su questi due *_*

Come vi sarete accorti, ho lasciato un finale apertissimo: Sango saprà mai le vere motivazioni che hanno spinto Miroku ad infiltrarsi? E se si, lo vorrebbe ancora rivedere? Lo rivedrà? Tra il Generale e Ayame è vero amore oppure la differenza di età è davvero troppa? InuYasha sarà ancora così scorbutico? Ma più di tutto, non è che Sesshomaru ammazza la terza -futura?- moglie del padre pur di tenerselo per se? Ah, l'istinto di marcare il proprio territorio di questi cagnolini mi farà ammattire, prima o poiXD Fatemi sapere che ne pensate. Buona lettura.

 

  
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