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Autore: VanPazzoFanel    09/07/2017    1 recensioni
Una guerriera è stata scelta per un'importante missione, da cui dipende la salvezza del suo popolo. Ma presto si renderà conto che qualcosa non quadra. Di chi è la voce che la chiama, che riecheggia nella sua testa? In quali territori si sta inoltrando realmente? E soprattutto, chi è lei? (E cosa diavolo è un lampione?)
Genere: Fantasy, Parodia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' la prima storia che pubblico su EFP (anche se non è la prima che scrivo), e faccio fatica a classificarla, sia come genere che come originale/parodia/fanfiction. Quindi per ora la pubblico qui, se ho sbagliato chiedo scusa.
Nata come 100% seria e 100% originale, la storia si è evoluta per i fatti suoi, come spesso succede a ciò che scrivo, e vi si sono introdotti di soppiatto:
- elementi umoristici
- elementi da una mia precedente fanfiction, ma SENZA personaggi e situazioni copyrighted di quella fanfiction
- elementi parodistici, in particolare nella caratterizzazione dell'antagonista (però non posso classificarla come "fanfiction su X" o "parodia di X", in parte perché l'antagonista è tutto sommato secondario rispetto al personaggio principale, e poi... per non rovinare la sorpresa! Comunque sarò esplicito nei Credits che pubblicherò alla fine della storia)
- citazioni e riferimenti musicali, cinematrografici, etc, che saranno comunque tutti dichiarati nei Credits


 

CAPITOLO 1 - I cancelli del Tempio

La fatica e la disperazione stavano per avere la meglio.
Poi qualcosa cambiò. Quello strano brivido le percorse ancora una volta le gambe.
("Vieni! Fai presto!")
Strinse i pugni, non perché fosse necessario, ma per sentirsi più forte.
Con uno strattone deciso, liberò il piede destro dal fango. Poi il sinistro. Continuando ad avanzare, la messaggera di Splendens uscì dalla palude. La foresta intorno a lei non aveva perso le sue tinte cupe e minacciose, ma adesso la giovane donna non aveva più paura. Non sapeva esattamente perché: tra l'altro, avendo perso la spada nella palude, sarebbe stata in pericolo mortale in caso di un nuovo incontro con creature ostili.
("Aurora!")
Corse istintivamente in una direzione, e all'improvviso gli alberi si aprirono in una radura punteggiata da strani funghi viola. Si guardò intorno, studiando la conformazione del territorio. Da un flebile bagliore individuò dove doveva trovarsi l'est. Abbandonò la radura e proseguì da quella parte. 
Il terreno ora non era più in piano. Aurora doveva scegliere: salire o scendere? La tentazione di dirigersi a valle era forte: anche se si era perduta, scendendo prima o poi sarebbe arrivata ad un villaggio, ad una traccia di civiltà.
Ma qualcuno le aveva detto qualcosa. Qualcuno, qualcuno di cui 
("Aiutami!")
non ricordava il nome, le aveva spiegato che in queste situazioni è meglio salire. 
"Dall'alto si ha una visione d'insieme. Si può stimare meglio" ripetè ad alta voce. Ecco riapparire un lieve accenno di sorriso sulle sue labbra. Non aveva ancora ritrovato la pienezza del suo volto originario, ma era un passo avanti. Proprio come il passo che decise di fare: verso l'alto. E a quel piccolo passo ne seguirono altri, più spediti, più decisi.
Passò forse un minuto, forse trenta? 
Si rese conto di camminare su una stretta strada acciottolata quando ormai la stava già percorrendo da un pezzo. Un globo di luce arrivò saettando alle sue spalle, facendola sobbalzare. La strana sfera si fermò, poco più avanti a lei e alla destra della strada, in alto sopra la sua testa. 
"Sembra un lampione" pensò "Ma senza il palo"
Una strana associazione di idee le attraversò la mente.
Con uno scatto imprevisto del braccio, si portò istintivamente la mano al colletto, cercando a tentoni il risvolto, immaginandosi già di sentirlo freddo e umido. Ma la sua armatura non aveva alcun colletto. 
"E poi, che diavolo è un lampione?" disse ad alta voce.
Fu allora che rise. Era la prima volta che rideva di gusto dopo tanto tempo. Spaventata, la "cosa" di luce saettò via tra gli alberi. Aurora non la seguì, ma si mise a correre lungo la strada antica. I ciottoli lasciarono il posto ad ampie pietre levigate, finché la messaggera non giunse al Tempio.

Il canto dell'allodola salutò il suo arrivo. Ormai la notte si avviava alla sua conclusione, anche se il sole non era ancora sorto dai Monti della Vena Rossa.
La spettrale selva era ben lontana alle sue spalle: davanti a lei, la sua meta.

Il piccolo cancello le arrivava ben sotto la vita, sarebbe stato facile da scavalcare, ma lei conosceva l'antico cerimoniale della tradizione. Si inginocchiò davanti al cancello, e dopo essersi battuta il petto tre volte esclamò: "Vento che agiti le foglie dell'albero Bong nella terra di Lear! Acqua che scorri verde presso la piazza del Principe dei Viaggiatori! Terra che nascondi i sussurri profetici delle radici agli orecchi stolti dell'Uomo Blu! Fuoco che illumini il martello di Grabthar quando i soli di Warvan si eclissano! Elementi, io vi chiamo, io vi imploro! Concedetemi di varcare la soglia che fu chiusa dagli Artefici della Notte!"

Ci fu silenzio. Passò un minuto, ma la giovane donna non si mosse. Passò un altro minuto.

Poi una voce maschile rispose, da un punto indefinito.
"Chi chiede di varcare la soglia che qui fu posta dalle Madri che furono prima delle Madri, e dai Padri che furono prima dei Padri?"
"Sono Aurora Osthoffen" rispose lei, dopo un solo istante di tentennamento, "Figlia delle loro maestà Clark Osthoffen e Lady Margarete, che hanno l'onore di regnare sulla baia di Splendens! Sono principessa di Splendens per diritto di nascita, ma cavaliere di Splendens per investitura, e ho intrapreso questa Cerca per mia libera scelta!"
"E dunque che cosa chiedi a chi sta oltre i Cancelli, cavaliere?"
Aurora sobbalzò per un istante. Era convinta quasi di aver fatto un passo indietro. Ma i suoi piedi non si erano mossi. Allora cosa aveva provato? C'era qualcosa di strano nell'ultima frase della Voce. Non erano le parole: quelle erano corrette, erano quelle che conosceva a memoria. Era forse... l'intonazione della voce? Ma non c'era tempo da perdersi in domande sciocche.
"La saggezza, o Sommo!" 
Il cancello si aprì verso l'esterno, lentamente e senza cigolare, sebbene i cardini non venissero oliati da tempo, forse da secoli. Aurora attraverò la soglia rabbrividendo: poteva solo immaginare cosa le sarebbe successo se avesse tentato semplicemente di scavalcarla.

Il Tempio non era un unico edificio, ma un complesso di padiglioni dalle forme più diverse, alcuni circolari, altri quadrati, altri rettangolari, più altri la cui struttura non era chiara perché Aurora non aveva modo di vederli da tutte le angolazioni. Tuttavia lei non aveva bisogno di perdersi in quel labirinto, sapeva di dover solo proseguire dritta. Il suo destino la chiamava, e
(e la chiamava anche qualcos'altro, o qualcun altro)
("Aurora!")

e lei avrebbe risposto al suo destino.
 
  
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