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Autore: guimug    10/07/2017    2 recensioni
Dopo l aseparazione da Terence Candy torna a casa mentre qualcun altro a ei caro la sta lasciando per affrontare il suo destino, sui binari due storie si incontrano senza vedersi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alistair Cornwell, Candice White Andrew (Candy)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Railway destinies


 
Da New York a Chicago

Dal finestrino il panorama era quanto di più monotono si potesse immaginare, una vasta pianura di un bianco uniforme che si univa all’orizzonte ad un cielo dello stesso colore da cui i fiocchi di neve seguitavano a cadere nella loro continua e silenziosa danza. Per molti lo spettacolo di una nevicata era qualcosa di romantico che evocava calde serate vicino ad un camino, rannicchiati sotto una coperta con accanto qualcuno da scaldare e con cui poi condividere dolci momenti, ma non per Candy; più guardava dal finestrino quel paesaggio più sentiva il peso di tutta quella neve schiacciarle il cuore.

Distolse lo sguardo e lo lasciò vagare all’interno del vagone cercando di distrarsi ma ciò che vedeva non faceva altro che rigirare il coltello che le trapassava l’anima

"Caro...mi ami, lo so. Anch'io ti amo, ma purtroppo dobbiamo lasciarci. Com'è crudele la vita!"

Non riusciva ancora a capacitarsi di averlo detto davvero ma era successo, si era separata da Terence ed ora, sconfitta e disperata, stava tornando a casa per cercare di mettere ordine nella sua vita, e nulla di ciò che la circondava sembrava minimamente volerla aiutare.

"Papà, quando arriviamo?” aveva detto prima l’argentina voce di una bambina e Candy si era messa a fantasticare a come avrebbe potuto essere il suo futuro se… Più in là una giovane donna cullava un bimbo di pochi mesi cantandogli una ninna nanna mentre in fondo al vagone una giovane coppia si teneva stretta parlandosi a bassa voce, dai sorrisi di entrambi si capiva che stavano facendo progetti per il loro futuro insieme. A Candy salirono brucianti le lacrime perché quella felicità ormai le era preclusa, strappata via da un destino crudele a cui lei non era stata capace di opporsi!

"Susanna ti sta aspettando"

-"Andrò da lei più tardi...Candy, io devo parlarti."

"Non devi dirmi niente, Terence. Susanna ha bisogno di te. Lei ti ama, ti ama davvero. Sai, io al posto suo non credo che sarei stata così coraggiosa..."

"Candy...."

"Dovevamo vederci, e ci siamo visti. E' stato bello. Ma ora devo tornare a casa: il mio lavoro, e Albert, mi aspettano. Buona fortuna, Terence. Auguro a te e a Susanna tanta felicità..."



Ripensando a quel dialogo sulla scalinata dell’ospedale sentiva una punta di pentimento per quelle parole, a mente fredda pensava che forse avrebbe potuto prendere una decisione diversa, affrontare la situazione e confrontarsi con Susanna e magari le cose avrebbero potuto prendere una piega diversa. Ma ormai il danno era fatto, Terence era rimasto con lei e per Candy non ci sarebbe stato più un futuro da pianificare e di questo doveva farsene una ragione, ma la rabbia fino a quel momento sopita sotto il velo della tristezza cominciava a morderle il cuore.

Stupendosi di sé stessa si ritrovò a pensare a cosa sarebbe successo se si fosse attardata lungo il corridoio, se magari avesse sbagliato scala e fosse giunta sul terrazzo con un minuto di ritardo; allora Susanna avrebbe avuto tutto il tempo di scavalcare il parapetto e lanciarsi nel vuoto! Un breve volo e tutti i problemi sarebbero stati risolti: qualche lacrima al funerale, un  ragionevole periodo di lutto e poi tutto sarebbe stato dimenticato e lei e Terence avrebbero potuto vivere la loro vita assieme. Ma Candy non era fatta così, per lei qualsiasi vita era sacra ed in fondo era contenta di essere arrivata in tempo, anche se questo le era costato molto più di quanto chiunque potesse immaginare.

Presa com’era dalle sue elucubrazioni non si era accorta che un uomo, un distinto signore sulla sessantina, le si era seduto di fronte.

"Buongiorno signorina, disturbo se mi siedo qui?"

Candy si riscosse e squadrò la persona che aveva di fronte, alto e con un portamento rigido che incuteva rispetto. Per un attimo lo associò ad una Sig.na Mary Jane al maschile, ma subito quell’ombra di pensiero ilare abbandonò la sua mente per restituire il posto ai neri fantasmi che la tormentavano. Tuttavia rispose gentilmente alla richiesta.

“Prego si accomodi, mi scusi ma non l’avevo sentita”

L’uomo la guardò in viso, aveva nello sguardo qualcosa di autorevole ed allo stesso tempo rassicurante e quando le parlò lo fece con una voce profonda e decisa.

“Me n’ero accorto, aveva lo sguardo assente come quello di chi ha la mente distante miglia e miglia dal corpo. Stava pensando di sicuro ad una persona molto importante, vero?”

Candy si risentì, chi era questo personaggio che le rivolgeva la parola in quel modo, che ne sapeva lui di quel che stava pensando! Ma guarda un po’ se con tutto quello che doveva sopportare ci si doveva mettere anche un vecchio impiccione!

L’uomo sembrò leggerle negli occhi questo nuovo turbamento e si affrettò ad aggiungere

“Mi scusi signorina, non volevo essere villano. È che a volte la mia professione mi fa vedere lati delle persone che magari non vorrebbero mostrare. Il mio nome è Arthur Stanley e sono un medico, per la precisione uno psicologo”

Candy lo guardò e si vergognò di aver pensato che quell’uomo fosse uno scostumato, del resto anche a lei in virtù della sua professione capitava spesso di prendere a cuore casi che non la riguardavano direttamente.

“Piacere dottor Stanley, il mio nome e Candice Andrew ma può chiamarmi solo Candy. È curioso, lei è un medico ed io un’infermiera”

“A volte la sorte è bizzarra” disse il medico “ma questo significa che avrò una compagna di viaggio competente su argomenti a me cari”

Nel frattempo il treno si stava fermando in una stazione situata circa a metà del percorso, qui avrebbe sostato per rifornirsi di acqua e carbone e per permettere, ai viaggiatori che lo desiderassero, di rilassarsi un po’ nei locali attigui allo scalo che offrivano vari servizi. Né Candy né il suo nuovo compagno di viaggio desideravano scendere, preferirono rimanere ad osservare dal finestrino il via vai dei viaggiatori sulla banchina.
Sul binario a fianco era fermo un altro treno ma non sembrava un normale convoglio passeggeri, i vagoni infatti erano dipinti di un uniforme colore grigio e alle finestre non recavano le solite tendine decorate, inoltre si indovinava che l’arredamento interno era molto più spartano con panche al posto di divanetti e nessun divisorio.
Il dottor Stanley disse

“Prima le ho detto che probabilmente lei stava pensando ad una persona lontana, mi permetta di aggiungere che non doveva essere un bel pensiero. Il suo sguardo tradiva la tristezza e l’angoscia. Ora guardi quel treno, riesce ad immaginare quali tetri pensieri si agitano nelle menti di quei passeggeri?”

Candy osservò il convoglio ma non riusciva a capire, poi osservando i finestrini vide che il treno era pieno di ragazzi in uniforme: una tradotta militare! Candy pensò che quei giovani stavano probabilmente raggiungendo i vari campi di addestramento presso la costa atlantica da dove, dopo un sommario tirocinio sull’uso delle armi, li avrebbero caricati su una nave per inviarli in Francia sul fronte nemico. La guerra, quasi si era dimenticata che in Europa c’erano ben altre preoccupazioni rispetto ad un amore finito e lei, come infermiera, ne era ben conscia visto che ogni tanto qualche reduce era capitato nel suo reparto.

“Soldati che vanno al fronte! Ragazzi che vanno a combattere per il loro paese, o almeno così credono” continuò l’anziano medico “Molti di loro pensano di andare a vivere una meravigliosa avventura romantica, ma si sveglieranno presto!”

La ragazza continuava ad osservare il treno fermo ed ascoltava le parole dell’uomo, anche per lei nonostante tutto la guerra era qualcosa di lontano ed anche se Albert ed altri le avevano raccontato qualcosa non era ben conscia della terribile portata di quello che stava succedendo in Europa. Chiese al suo compagno di viaggio

“Ne parla come di qualcosa che conosce bene, lei è stato in guerra?”

“Si,  ho combattuto a Gettysburgh nelle file dell’Esercito Confederato. Là ho visto la migliore gioventù della Virginia e della Georgia venir falciata come il fieno nei campi dalle pallottole degli Unionisti” rispose con una nota amara nella voce “Ragazzi che si erano arruolati convinti che avrebbero avuto gloria e riconoscenza e che prima di cadere con il piombo in corpo piangevano chiamando la mamma.  Dall’altra parte ragazzi come loro, con cui magari avrebbero potuto divertirsi e bere assieme e che invece dovevano cercare di ammazzare per non fare la stessa fine. Dopo la guerra incontrai molti di quei ragazzi scampati al massacro di entrambi gli schieramenti e, se anche non avevano riportato ferite permanenti, avevano l’anima sconvolta da ciò che avevano vissuto. Allora ero un giovane medico alle prime armi ma decisi che era più importante curare il loro spirito che il loro corpo. Oggi sono uno psicologo militare, ed ho paura di quel che mi aspetta professionalmente! ”

Candy rabbrividì al racconto dell’uomo, certo sapeva che in guerra la gente moriva ma nessuno mai glie l’aveva presentata in tutta la sua cruda realtà. Si soffermò ancora a guardare attraverso i finestrini della tradotta i ragazzi in divisa che conversavano fra di loro, chissà di cosa parlavano e quali erano i pensieri che attraversavano le loro menti. Si ritrovò a ringraziare il Signore che nessuno di sua conoscenza fosse coinvolto in quella follia e si ripromise, da quel momento in poi, di dedicarsi con ancora più energie alla sua missione di aiutare il prossimo; forse questo le avrebbe anche dato la forza di sopportare meglio il suo dolore.

Infilò una mano nella tasca del cappotto ed estrasse un piccolo oggetto, lo aprì e la musica del Carillon della Felicità di Stear riempì il vagone. Candy chiuse gli occhi e si rilassò, la sua pena non l’avrebbe abbandonata tanto presto e sapeva che avrebbe versato ancora molte lacrime, ma sentiva anche che era necessario andare avanti, per sé stessa e per tutte quelle persone che avevano bisogno del suo aiuto. I viaggiatori nel frattempo erano risaliti a bordo ed il treno, dopo aver lanciato un fischio acuto, si era rimesso in moto verso Chicago.



Da Chicago a New York

“Ehi, a cosa stai pensando Stear?”

Il ragazzo si voltò e squadrò chi lo aveva chiamato

“A nulla James, stavo solo osservando quell’altro treno e cercavo di immaginare chi ci fosse sopra. Di sicuro saranno persone con ben altri pensieri e priorità rispetto a noi: magari uomini d’affari che viaggiano per lavoro, o persone che si recano da parenti lontani… chissà?”

James, un bel ragazzo dai capelli rossicci, si sedette di fronte a Stear e, dopo aver dato anche lui un’occhiata al convoglio fermo sul binario a fianco, inalberando un sorriso amaro gli rispose

“Anche noi viaggiamo per lavoro, stiamo andando a lavorare per lo Zio Sam che ha bisogno di noi per far fuori i cattivi!”

C’era qualcosa di stonato, pensò Stear, nella voce del suo compagno di viaggio, un’amarezza che strideva molto con l’ideale che invece lo aveva spinto ad indossare la divisa dell’aviazione per andare a combattere in Europa. Il giovane Andrew era rimasto molto colpito dai racconti di alcuni reduci sulle atrocità commesse dai soldati tedeschi nei confronti delle popolazioni occupate ed aveva pensato che fosse giunto il momento di fare qualcosa, non poteva rimanere a cullarsi nel mondo dorato dell’alta borghesia americana, doveva portare il suo contributo nel nome della libertà di cui il suo paese si faceva portavoce.
Si era quindi arruolato in aviazione di nascosto dalla famiglia che, ne era certo, non avrebbe approvato questo suo slancio di patriottismo. Per gli Andrew e per la zia Elroy in particolare partecipare alla causa bellica voleva dire al massimo intervenire a qualche cocktail party assieme ai rappresentanti delle altre grandi famiglie, dove si sarebbero raccolte offerte per i soldati, pronunciati vuoti discorsi sull’eroismo e sul valore ed espresso la propria vicinanza ai popoli colpiti dalla guerra… rimanendo però ben al sicuro nelle loro grandi ville.

Lui no, lui era diverso! Sapeva che se uno vuole veramente impegnarsi devi esporsi in prima persona ed aveva scelto la sola strada che ritenesse essere giusta. Paura? Non sapeva se quella che provava fosse paura, non aveva nemmeno considerato la possibilità che potesse capitargli qualcosa di brutto: lui era dalla parte della ragione, andava laggiù per un atto di giustizia e cullava l’illusione che se una persona è nel giusto è protetta da Dio e nulla di male gli potrà capitare.
Era convinto che sarebbe bastato esserci perché gli “altri”, impressionati dalla forza degli alti ideali che lui ed i suoi compagni incarnavano, si arrendessero comprendendo il loro errore e allora, dall’alto del suo aereo, li avrebbe perdonati! Ma ora James gli stava prospettando una realtà diversa, quel “far fuori i cattivi” che fino ad ora aveva cercato di negare a sé stesso.

Non era uno stupido, sapeva bene che se andava in guerra avrebbe anche dovuto sparare ma forse non aveva mai considerato a fondo la cosa dal lato umano. Per lui come aviatore il bersaglio era un altro aereo, non direttamente un essere umano e questo probabilmente lo aveva un po’ fuorviato. Nel frattempo James continuava a parlare

“Non vedo l’ora di essere laggiù! Li voglio far fuori tutti quei mangia patate! Bang… bang… Un colpo dietro l’altro ed ogni volta un Ulano di meno!”

Stear era frastornato, non aveva mai sentito nessuno parlare in quel modo!

“Non ti sembra di esagerare?” gli disse “Sembra che provi piacere all’idea di uccidere della gente!”

James lo guardò di sottecchi e quindi esplose in una fragorosa risata coinvolgendo anche i compagni seduti sulla panche vicine.

“Ehi ragazzi! Mi sa che questo damerino qui non ha capito bene dove stiamo andando! Forse crede di recarsi ad uno spettacolo di beneficenza! Sveglia Stear, noi andiamo in guerra per far fuori i nemici!”

Gli altri soldati ridevano a crepapelle dell’ingenuità di Stear, era evidente che gli ideali che li avevano spinti ad indossare la divisa erano molto diversi dai suoi. C’erano ragazzi di ogni ceto sociale e molti avevano scelto quella vita perché disperati, cercavano nell’esercito una possibilità di riscatto dalla miseria. C’erano anche dei carcerati cui avevano promesso l’amnistia se si fossero arruolati e dei padri di famiglia che, non sapendo come sfamare la prole, si erano lasciati convincere ad accettare il pane dell’esercito.

Non c’era quasi traccia di nobiltà di intenti, molti erano stati talmente indottrinati dalla sapiente propaganda che non vedevano l’ora di imbracciare un fucile per sparare addosso al nemico, senza pensare che di sicuro il nemico avrebbe fatto la stessa cosa. Rivolse di nuovo lo sguardo verso la banchina e verso l’altro convoglio in sosta e si ritrovò per un momento a desiderare di poter tornare indietro, ma ormai la decisione era presa e non avrebbe tradito!
Mentre gli altri soldati si abbandonavano a canzoni sguaiate Stear tirò fuori dalla tasca interna della giacca un portafoto di pelle, lo aprì e si trovò a guardare le due immagini che conteneva. Per prima cosa si soffermò a contemplare il ritratto di una bella ragazza con grandi occhiali che gli sorrideva.

“Cara Patty” pensava “Ormai avrai saputo dove sto andando, perdonami se non ho avuto il coraggio di dirtelo di persona ma ho lasciato che lo facesse Archie, non avrei sopportato di vederti piangere. Non avere paura, non mi succederà nulla e presto potremo di nuovo stare insieme e sarà per sempre!”

Pensò al fratello ed a come avesse reagito trovando la sua lettera al mattino sul tavolo della sala da pranzo, nemmeno a lui aveva detto nulla lasciandogli anche l’ingrato compito di informare la zia Elroy, povero Archie! Spostò poi lo sguardo sull’altra immagine che ritraeva un’infermiera bionda con le lentiggini.

“Candy, chissà ora dove sarai? Di sicuro sarai con Terence a New York, lo avrai visto a teatro ed ora sarete insieme a progettare la vostra vita futura. Ti avrà chiesto subito di sposarlo? O pazza come sei lo avrai fatto tu? Probabilmente non avrai più bisogno del mio carillon, la felicità te la starai costruendo da sola.”

Chiuse gli occhi e provò ad immaginare la sua amica in abito da sposa, compita ed emozionata che attraversava la navata al ritmo solenne della marcia nuziale, o magari che faceva il suo ingresso in chiesa lanciandosi con una corda come Tarzan. Ridacchiò divertito guardando di nuovo le foto e le due immagini gli restituirono i loro sorrisi, all’improvviso a Stear sembrò che una coltre scura li velasse ma si trattava solo dell’ombra dell’altro treno che si stava muovendo.
Chiuse il portafoto e lo ripose in tasca, ora l’orizzonte era libero e lo sguardo poteva spaziare sui dintorni coperti di neve. Stear ammirava la purezza di tutto quel bianco e pensava che era proprio per preservarlo intatto che era necessario andare a combattere, per difendere l’innocenza e la libertà. Si sentì rinfrancato nello spirito e si ripromise di impegnarsi a fondo per la sua missione, e quando fosse tornato avrebbe potuto presentarsi in famiglia con un volto nuovo, come qualcuno che finalmente ha costruito qualcosa di importante. Sentì un fischio acuto, con uno strappo il treno si era rimesso in marcia verso New York e verso il suo destino.


 
 

 
  
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