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Autore: lady lina 77    11/07/2017    0 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Che silenzio...".

Demelza, coperta da un lenzuolo che ne celeva la nudità, si rannicchiò contro Ross sbadigliando. "E' molto presto, Prudie e Jud dormono ancora e pure i nostri bambini".

Ross le accarezzò piano i capelli, affondando il viso in quella massa color fuoco. "Eppure c'è tanta luce".

"E' quasi estate, è normale".

"E cosa facevamo in estate?".

Demelza si stiracchiò, chiudendo gli occhi assonnata. "Mh, tu a quest'ora spesso eri già in miniera. A volte di pomeriggio tornavi presto ed andavamo coi bambini a giocare in spiaggia".

Ross la strinse forte, tornando ad accarezzarala. "Potremmo ricominciare a fare tutte queste cose. E anzi, a proposito della miniera...".

A quelle parole, Demelza riaprì di scatto gli occhi. Sapeva dove voleva andare a parare col suo discorso e non era per niente d'accordo. "Ross, no! So che sei desideroso di tornare a fare qualcosa di interessante e di riprovare a fare il tuo lavoro, ma non me la sento di farti tornare in quel posto. Non sei ancora guarito, non sai valutare i rischi e i pericoli di quello che fai e i tuoi uomini di fiducia ti stanno sostituendo egregiamente. Resta a casa, almeno ancora un po'".

"Mi sento un invalido a starmene qui così, con le mani in mano. Voglio dire, tu hai i tuoi affari a Londra, i bambini la scuola e persino i nostri due domestici – che tanto portati per il lavoro non sono – si rendono più utili di me. Sto bene, starò attento, te lo giuro".

Voleva credergli, poteva farlo perché sapeva che sarebbe stato di parola questa volta, ma non ce la faceva. Demelza spesso, nei suoi incubi, riviveva quella mattinata terribile dell'incidente quando tutti la guardavano con la pietà con cui si guarda a una vedova giovane e con tre bambini piccoli. Ross lo aveva creduto morto per davvero quella volta e solo un fortunato caso del destino aveva evitato che lo perdesse per sempre. Aveva sofferto molto da quel giorno, lei e i suoi figli. E anche Ross! "Per favore, almeno per un altro po', resta a casa".

Ross la guardò negli occhi. La sua espressione era ferma e tenace, ma poi si addolcì. La baciò sulle labbra e poi sulla fronte, stringendola a se. "Va bene, se questo ti fa stare tranquilla, resterò a poltrire ancora un po' a casa".

"Sei sicuro che la cosa non ti pesi?".

Ross le sorrise dolcemente, sfiorandole col dito la punta del naso. "No, non mi pesa. Non eccessivamente almeno... Il mio compito di marito non dovrebbe essere quello di lusingare e far felice il mio tesoro?".

Le accelerò il cuore... Dal giorno dell'incidente non l'aveva mai chiamata con quel nomignolo che un tempo invece usava spesso. "Stai davvero tornando da me" – sussurrò, con una punta di commozione nel tono di voce.

Ross ridacchiò. "Da cosa lo capisci?".

Lo abbracciò, sprofondando il viso contro il suo collo. "Una volta mi chiamavi sempre 'tesoro'. O 'amore mio'. La mattina dell'incidente, prima di uscire, hai detto a Clowance che io ero il tuo tesoro più grande e lei me lo ha raccontato quando ti hanno riportato qui più vivo che morto. Quelle parole mi hanno dato la forza di lottare e non arrendermi".

Lo sguardo di Ross si fece serio, le sfiorò il mento e la costrinse a guardarlo in viso. "Quelle parole che ho detto a Clowance, erano vere. Ora lo so".

Demelza arrossì, felice di sentire quelle parole che tanto le erano mancate e che nessuna delle mille poesie che gli avrebbe potuto scrivere Hugh avrebbe potuto eguagliare. Però allo stesso tempo si sentì in colpa verso di lui e vagamente egoista nel volerlo tenere a casa. Ma sentiva di volerlo proteggere e tenere al sicuro a Nampara. Se fosse tornato alla vita attiva, col problema dei contrabbandieri sulla loro spiaggia, gente come George Warleggan avrebbe potuto, con qualche abile giochetto, collegarlo a quel reato che si perpetrava ancora sulle loro terre.

"Cosa c'è amore?".

Demelza si morse il labbro per essersi lasciata andare ad un'espressione preoccupata. Scosse la testa, decisa a risolvere il problema dei contrabbandieri da sola. Era abituata ad avere a che fare coi falchi della finanza e quei tre idioti della spiaggia, senza arte né parte, li avrebbe cacciati una volta per tutte senza fatica. "Non ho niente, stavo solo pensando" – commentò sotto voce.

"A cosa?".

Demelza gli sfiorò le labbra con l'indice, poi lo baciò con passione mentre con le mani gli sfiorava il petto facendolo rabbrividire. "Che Jud e Prudie dormono, che i bambini dormono, che il cane dorme... E noi no...".

Ross la attirò a se, i loro corpi si toccarono. "No, noi no... E io ti amo e sarei perso senza di te".

"Ma non ti perderai mai perché io sarò sempre qui con te". Lo baciò di nuovo, chiudendo ogni discorso fra loro. Aveva un po' barato, seducendolo per non continuare il discorso iniziato poco prima, lo sapeva e si sentiva in colpa. Ma era anche vero che lo amava da morire, che gli era mancato e che fare l'amore con lui era l'unico suo desiderio in quel momento.

...


La giornata era proseguita serena. Ross era rimasto a casa come promesso ma si era messo in testa di sistemare le assi sconnesse del tetto della stalla ed era dalla mattina presto che lavorava come un mulo. Demelza lo aveva lasciato fare, passando la giornata a cucinare e ad occuparsi dei bambini.

Era ormai estate, le lezioni alla scuola accanto alla miniera erano finite e i suoi tre figli, insieme ad Artù, riuscivano a combinare ogni tipo di disastro a causa della loro vivacità. Non riuscivano a stare fermi, correvano da una parte all'altra urlando, litigando, giocando e poi litigando di nuovo. Artù, con una pazienza che forse possedevano solo i santi, li seguiva ovunque facendosi tirare pelo ed orecchie da Bella senza un lamento.

"Mamma, andiamo in spiaggia a raccogliere le conchiglie?" - le chiese Jeremy, correndo nella cucina dove stava cercando di arrangiare la cena.

Demelza guardò fuori dalla finestra. Il sole era ancora alto, mancavano diverse ore alla cena e in fondo portare i bambini alla spiaggia poteva essere utile a far scaricare loro un po' dell'energia che gli scorreva in corpo. "D'accordo, ma papà? E' ancora impegnato coi lavori nella stalla".

"Andiamo solo noi, solo un'oretta mamma!" - la implorò Clowance.

Sbuffando, Demelza considerò che non era proprio un'idea malvagia. Ross era coperto di polvere dalla testa ai piedi e non voleva allontanarsi dal lavoro finché non fosse stato finito, non sarebbe comunque venuto con loro e lei invece aveva voglia di prendere aria. E soprattutto, di andare a controllare se i contrabbandieri avessero portato altra merce nella grotta. "Vado a dire a papà che usciamo un'oretta, aspettatemi fuori in cortile tutti e tre".

"Attùùùù" – gridò Bella, picchiettando sulla testa del cane.

Demelza rise. "Sì, viene anche Artù".

La donna corse alla stalla dove trovò Ross sudato, sporco e completamente spettinato. Rise di nuovo vedendolo in quello stato, anche se dovette ammettere a se stessa che era molto attraente anche così... Anzi, SOPRATTUTTO così, con la camicia aperta e i riccioli neri che gli ricadevano sulla fronte e sulle guance. "Ti da fastidio se ti lascio solo e porto i bimbi in spiaggia a giocare un po'? E' presto ancora per cenare".

Ross le si avvicinò col martello in mano. "Andate pure, io non mi muovo da qui, voglio finire questo lavoro prima di sera".

Demelza guardò il tetto, ormai quasi del tutto sistemato. "Hai fatto molto oggi, vedi di non stancarti".

"Oh, tranquilla, mi sento forte come un toro". Tentò di baciarla ma Demelza, ridendo, sgusciò via dal suo abbraccio. "Ohhh, scordati di toccarmi mentre sei così sporco" – disse divertita, con aria di sfida.

Ross rispose al suo sguardo, anche lui divertito da quella situazione e da quell'intimità che sempre si creava fra loro, quando erano insieme. "Mi rifarò stanotte allora, dopo il bagno, la cena e la messa a letto dei bimbi...".

"Se farai il bagno, vedremo..." – sussurrò lei, mordendosi sensualmente il labbro inferiore.

"MAMMAAAAA".

La voce dei bimbi che la richiamavano all'ordine, mise fine a quel suo gioco sottile di seduzione. "Devo andare, ci rivediamo dopo".

"A dopo, amore".

La voce di Ross, dolce e gentile, la raggiunse mentre usciva dalla stalla. Inspirò profondamente, guardò il cielo e si rese conto di essere infinitamente felice.

Andò dai tre bimbi e dal cane e tutti insieme si diressero alla spiaggia.

Appena arrivati sulla sabbia, i bimbi si tolsero le scarpe e corsero in acqua, schizzandosi e ridendo divertiti. Pure Bella, dal passo ancora incerto, li seguì. Era ormai abbastanza grande da unirsi ai loro giochi ed era un piacere stare a guardarli...

Demelza per un attimo si perse ad osservarli, catturata dalle loro corse e dalle loro risate... Erano il suo mondo, loro tre e Ross. E quella giornata tanto serena, forse uguale a tante altre del passato, aveva in se un sapore un po' particolare. Era quasi miracoloso essere di nuovo così, uniti e felici. Aveva un marito che la amava infinitamente, tre bambini stupendi, un cane buono e maestoso e pensò che c'era un tempo in cui non sapeva immaginare cosa ci fosse fuori dalla porta di casa, dove era convinta che la sua vita sarebbe passata attraverso le botte prima di suo padre e poi del marito ubriacone che le sarebbe stato affibiato. Ross le aveva cambiato la vita, l'aveva resa una persona migliore che sa parlare e andare ai balli, che sa leggere e suonare la spinetta e sa indossare abiti eleganti senza inciampare. Si erano forgiati a vicenda, lei e suo marito, crescendo attraverso i loro errori e il loro amore, fino a diventare una cosa sola. Un amore nato come pietra grezza ma poi levigato con fatica, fino a diventare un diamante splendente e prezioso.

Pensò che certe volte le persone vivono vite lunghissime e vuote e lei invece, in pochi anni, aveva avuto più di quello che tanti sognano in una intera esistenza... Fugacemente, pensò che non poteva chiedere altro. Che se anche, per qualche motivo, la sua vita fosse finita presto, non si sarebbe lasciata dietro nessun rimpianto.

Jeremy le tirò addosso dell'acqua, ridendo. "Mamma vieni!" - la chiamò.

Gli mostrò i muscoli. "Mi vuoi sfidare?".

Bella rise, lasciandosi cadere nell'acqua, mentre Clowance assunse un'espressione attenta che studiava ogni sua mossa.

A passi lenti, Demelza si avvicinò a loro. E poi, chinandosi velocemente e prendendoli di sorpresa, con le mani prese a bagnarli, finendo nell'acqua fino alle ginocchia.

Lottarono ridendo per lunghi minuti, nello stesso modo in cui aveva giocato con Ross alcuni giorni prima in quella stessa spiaggia. Poi, stanca e col fiato corto, decise che era arrivato il momento per le cose serie. "Bambini" – disse, strizzandosi la lunga treccia rossa ormai fradicia – "Andiamo a dare un occhio alla grotta? Voglio vedere se qualcuno ci ha messo ancora qualcosa".

Jeremy si fece serio. "I contrabbandieri?".

"Si, i contrabbandieri" – rispose, uscendo a grandi falcate dall'acqua. Poi si voltò verso di loro, mettendosi il dito indice davanti alle labbra. "Ricordate però, papà non deve saperne niente".

"Si, è il nostro segreto" – disse Clowance, correndole accanto e prendendola per mano.

Camminarono sulla spiaggia con la tranquillità con cui si fa una passeggiata. Demelza teneva per mano i figli più grandi mentre Bella, sulle sue spalle, si guardava attorno incuriosita.

Artù, davanti a loro, trotterellava contento. Era diventato ormai un cane molto grosso, dal lungo pelo bianco come la neve, ed era la bontà fatta animale. Per questo Demelza si stupì quando, a pochi passi dalla loro grotta, lo vide fermarsi, alzare il pelo sulla collottola e ringhiare.

La donna si guardò attorno, notando una barca noleggiata a riva, contenente grosse casse di legno. Si morse il labbro, il suo umore divenne di colpo cupo e prese a tremare dalla rabbia. Erano di nuovo lì, i contrabbandieri! E li aveva colti sul fatto!

Avrebbe voluto intervenire, ma c'erano i figli con lei e non voleva esporli a qualche pericolo. Suo malgrado doveva tornare a casa, allontanarsi e pensare al da farsi una volta messi al sicuro i bambini. "Andiamocene" – disse con urgenza.

"Ma mamma..." - obiettò Jeremy.

Una voce maschile gracchiante e non più giovane, li raggiunse alle spalle. "Mamma non va da nessuna parte, non preoccuparti, piccolo...".

Demelza si voltò, trovandosi davanti uno dei contrabbandieri che aveva già visto con Hugh Armitage. Era l'uomo dal viso butterato, grasso e dai capelli grigi e crespi, il capo-banda probabilmente. Altri tre uomini uscirono dalla grotta e in un attimo si sentì circondata. Strinse a se i bambini, rendendosi conto che quegli uomini, a differenza della prima volta, erano armati.

"E allora, signorina" – disse il contrabbandiere-capo – "Infine ci rivediamo".

"Esatto! E mi pareva che mi aveste giurato che non ci saremmo più incontrati" – rispose Demelza, a tono.

L'uomo ridacchiò sotto i baffi con fare maligno. "Il commercio prospera e noi poveri commercianti siamo costretti a trovarci porti d'appoggio".

"Commercianti? Contrabbandieri, vorrete dire".

L'uomo scosse la testa, avvicinandosi e tenendo la pistola puntata contro di lei. "Parlate troppo, signora, mi state ferendo le orecchie. Entrate dentro" – le intimò, indicandole con un cenno del capo la grotta.

Demelza si sentì morire, in trappola. Bella si mise a piangere e Clowance e Jeremy si strinsero più forte a lei, tremando spaventati. "Vi prego, ci sono dei bambini, lasciateci andare".

I contrabbandieri scoppiarono a ridere. "Lasciarvi andare? Per farvi chiamare le guardie?".

L'uomo butterato le si avvicinò, la prese per i capelli e, spingendola, la allontanò dai figli e la spinse a terra. Le diede un calcio nello stomaco facendola stramazzare nella sabbia e poi le afferrò i capelli, costringendola ad alzarsi, mentre i bambini piangevano terrorizzati. "Hai capito che non te lo sto chiedendo? Ubbidisci ed entra nella grotta coi bambini o ti pianto una pallottola nel petto, bellezza".

Col fiato corto, soffocata quasi dal dolore allo stomaco dovuto al calcio, Demelza boccheggiò. L'uomo la spinse dai bambini, le puntò la pistola alla nuca e con un gesto del capo, le indicò la grotta.

E a quel punto Artù ringhiò forte, lanciandosi contro l'uomo e mordendolo sulla coscia. Il contrabbandiere urlò e poi gli diede un calcio talmente violento da farlo volare per alcuni metri. Il cane guaì e l'uomo sparò in aria per terrorizzarlo.

"SCAPPA ARTU'" – urlò Clowance, in lacrime, cercando di salvare il suo amico.

Il cane fece per attaccare di nuovo ma il contrabbandiere sparò un altro colpo che lo spaventò ancora di più. E alla fine, scappò, guaendo disperato.

Clowance si aggrappò alla gonna della mamma e piangendo si strinse a lei cercando conforto.

Demelza avrebbe voluto confortarla, dirle che andava tutto bene, abbracciarla e rassicurarla come sempre. Ma i colpi e le botte subite facevano dolere ogni arto del suo corpo e con orrore pensò che non ci era più abituata. Da piccola era avvezza a questo tipo di trattamenti, li sopportava quasi con noncuranza, ma ora facevano male, infinitamente... Da quando aveva conosciuto Ross, nessuno l'aveva più sfiorata nemmeno con un dito...

"DENTROOOO".

L'urlo dei contrabbandieri la spinse, zoppicando, ad entrare nella grotta, sorretta da Jeremy mentre Clowance, con in braccio Bella, non si staccava dalla sua gonna.

I contrabbandieri li costrinsero ad addentrarsi in profondità, fino a uno stretto cunicolo sotterraneo tanto simile a quelli della Wheal Grace, la miniera di Ross. Poi, dopo aver intimato loro di non muoversi, proseguirono col loro lavoro, lasciando un uomo di guardia affinché non scappassero.

Demelza si sedette contro la roccia, stringendo a se i figli ed implorando di lasciare andare i bambini, purtroppo senza esito. Li cullò, cercò con tutte le sue forze il coraggio di cantar loro una canzone, ma non le uscì che un lamento stonato. Voleva Ross, lui avrebbe saputo cosa fare. Si maledì per essersi addentrata fin lì da sola coi bambini e di essere incorsa in quel rischio così grande senza dire a nessuno dove fosse diretta.

Gli uomini finirono di nascondere le casse e poi il tizio butterato tornò da lei con l'immancabile pistola fra le mani. "Allora bellezza, che faccio con te, ora? Ti porto sulla mia nave e faccio di te la mia schiava..." - propose, leccandosi le labbra in maniera viscida – "O ti tengo qui prigioniera a curarmi la merce?".

"Lasciate andare i miei bambini e fate di me quel che volete" – lo implorò, di nuovo.

"No no, da qui non va via nessuno" – rispose l'uomo.

"Per favore".

Di tutta risposta, il contrabbandiere le si scagliò contro, dandole un nuovo schiaffo in pieno viso che la fece stramazzare a terra. "Zitta, odio sentire la gente che implora inutilmente".

Le girò la testa per un lungo istante a causa del colpo, finché non sentì Jeremy alzarsi di scatto e, presa dal panico, cercò di ricomporsi e di riacciuffarlo prima che facesse delle sciocchezze.

"LASCIA STARE LA MIA MAMMA!!!" - urlò il bambino, lanciandosi contro l'uomo.

"JEREMY, NOOOO". Con la forza della disperazione, Demelza si alzò e riprese il figlio, allontanandolo dalle grinfie di quel criminale prima che succedesse l'irreparabile.

Il contrabbandiere, preso alla sprovvista inizialmente, sputò a terra e prese la mira... "Mi hai stancato donna, tu e questi tuoi marmocchi".

Demelza spinse i bimbi dietro di lei e si parò loro davanti, per difenderli col suo corpo da qualsiasi cosa avesse in mente quell'uomo. Poi fu un attimo, un colpo secco, la pistola che fumava e un dolore fortissimo che le tolse definitivamente il fiato, nel costato, vicinissimo al cuore.

Stramazzò al suolo, avvertendo solo che i suoi vestiti si stavano bagnando di una sostanza calda e oleosa...

Le urla di Clowance, Jeremy e Bella sembravano lontane, così come la risata di quell'uomo orribile che li teneva prigionieri. In un attimo il dolore sparì, sparì tutto quanto quasi miracolosamente. Fugacemente ricordò la sua infanzia, il viso sbiandito dal passare del tempo di sua madre, le botte di suo padre, la sua nidiata di fratellini a cui badare, la fame costante che aveva accompagnato tutti i suoi primi tredici anni, il giorno in cui la sua vita era cambiata, il primo sguardo a Ross, l'ammirazione per lui, Garrick, il lavoro accanto a Jud e Prudie, la miniera, il vestito azzurro della madre di Ross, la sua prima notte d'amore con lui, il matrimonio, i loro bimbi, il dolore del tradimento, della lontananza e della solitudine, l'amore, le carezze, le risate e gli abbracci, Londra, i suoi amici, i balli, tutta la sua vita gli passò avanti in un attimo...

Poche ore prima aveva fugacemente pensato che non avrebbe avuto rimpianti, che aveva avuto tutto...

Non avrebbe mai immaginato che quei pensieri vaghi sarebbero stati una sorta di testamento silenzioso di ciò che era stata...

Il mondo divenne buio, tutto perse consistenza e forma... E fu come sprofondare lentamente in un sonno eterno...



  
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