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Autore: DramioneMalfoy    11/07/2017    1 recensioni
Essere la figlia di uno dei più influenti gerarchi nazisti può essere un vantaggio o una condanna ai primordi del terzo reich. Lo sa bene Kathrein Bergmann, costretta a mentire e dissimulare i propri pensieri. All'esordio di una nuova era è costretta a fronteggiare la realtà della pura razza ariana di cui fa parte e scendere a patti con la propria coscienza, non senza un coinvolgimento emotivo straordinario che si snoda attraverso esperienze al limite e affetti inseguiti sino in fondo al baratro. In questo connubio di sentimenti e colpi di scena Kathrein si lascia trasportare dalle sue emozioni e dall'affascinante e misteriosa vicinanza dello standartenführer Diedrich Schneider, con il quale vivrà un'intensa e passionale storia d'amore che sarà lo spiraglio di luce nel tunnel degli orrori della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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I segreti del Terzo Reich



BE 28-08-1939

Mia cara Kathrein,

sono sentitamente dispiaciuto che questa missiva ti arrivi come un fulmine a ciel sereno.  Sapevi bene che il momento di tornare e adempiere ai tuoi doveri verso la Germania sarebbe arrivato e, fortunatamente, hai potuto godere a pieno della tua incantevole esperienza in Francia. 
Tuttavia il tuo ritorno in patria non è motivato da un matrimonio imminente, lo        standartenführer Schneider è ancora bloccato in Italia da alcune faccende burocratiche e credo dovrete attendere ancora un bel po' di tempo.
Ci sono altri compiti, però, a cui non puoi disattendere in alcun modo. 
Con molta probabilità, quando ti perverrà questa lettera, le azioni di invasione militare in Polonia avranno già avuto inizio e ne avrai già appreso la notizia. 
Ci sono misure che bisogna adottare per la sicurezza della Germania e dichiarare guerra ai popoli che ne minano la stabilità è una scelta necessaria. Così sarà. 
È arrivato il momento di lasciare i tuoi studi e dedicarti alla cura di faccende che, adesso più che mai con la partenza al fronte di molti giovani tedeschi, non possono più essere rimandate.  
Senza dubbio capirai che non c'è più alcuna ragione per cui una ragazza ariana della tua età continui a soggiornare in Francia e abbiamo buone motivazioni per credere che in territorio francese, popolo storicamente nemico del nostro paese, saresti in pericolo. 
Io e tua madre abbiamo il dovere di assicurare la tua protezione e abbiamo organizzato il tuo ritorno a Berlino. 
Domani stesso due miei attendenti partiranno e ti scorteranno per tutta la durata del viaggio. 
La Germania ha bisogno di tedesche purosangue come te che giurino fedeltà alla sua causa in questo momento di difficoltà. 
Siamo certi che questo bisogno di contribuire alla crescita sia radicato anche nel tuo spirito. 
Elsbeth è impaziente di rivederti e mi prega di mandarti i suoi saluti.

Con sincero affetto,
Heinfried.  

Kathrein richiuse la busta con mani tremanti e la lasciò cadere sul tavolo. 
Aveva riletto quella missiva almeno sei volte e alcune frasi le suonavano ancora così assurdamente difficili da comprendere.

Suo padre aveva parlato di compiti e faccende che non potevano più essere rimandate e Kathrein ammetteva di aver pensato al matrimonio dato che era abbondantemente in età da marito.

Heinfried, però, aveva messo a tacere quel dubbio e ne aveva insinuati molti altri.

Sebbene le donne avessero acquisito una dose abbastanza rilevante di potere e indipendenza al punto che Hitler istituisse il frauenministerium*, la società maschilista del terzo reich limitava l'espansionismo del genere femminile in politica.

Infatti, tutte le organizzazioni politiche guidate dalle donne erano comunque subordinate a quelle che, parallelamente, erano costituite dal potere decisionale maschile e ne dipendevano strettamente.

Kathrein aveva avuto modo di conoscere molte delle sue aderenti e, nonostante si vantassero del progresso sociale della posizione femminile nella società, lei vedeva soltanto un regresso a causa della cecità di tutte quelle donne che non si accorgevano di essere manipolate.

In particolare aveva avuto modo di conoscere la sua responsabile, Gertrud Scholtz-Klink, poiché Elsbeth stessa faceva parte di questo ministero. Molte volte Kathrein si era ritrovata a sorseggiare amabilmente del thé con le figlie di queste donne senza scrupoli, tra le futilità e i convenevoli di chi ambisce a raggiungere una posizione sociale di spicco.

Secondo quanto Kathrein aveva potuto appurare da quelle ore trascorse noiosamente nel salotto di casa sua circondata dalle scaltre e perfide donne dell'alta società, il loro compito era quello di tradurre in termini politici le volontà, anche le più estreme, del fuhrer.

Per questo, per la Bergmann erano delle semplici trascrittrici di pensieri di una dottrina dispotica e infondata. Pensieri che tentavano a tutti i costi di far propri, a volte senza non troppe difficoltà.

Adolf Hitler stesso riconosceva che senza l'impegno, la lealtà e la dedizione delle donne non sarebbe mai riuscito a riorganizzare il partito.

La sua ascesa al potere era stata favorita soprattutto dal voto femminile che vedeva in lui la possibilità di affermare e imporre la figura della donna in maniera definitiva.

Kathrein, però, informandosi e studiando aveva constatato che una fedeltà così spinta e degli ideali così instabili e discriminanti potevano essere deleteri e a volte fatali.

L'affare Dreyfus* scoppiato qualche decennio prima durante la Terza Repubblica francese aveva diviso in due la Francia a causa degli stessi sentimenti antisemiti che anche la Germania stava coltivando adesso.

E poi ancora il caso Sacco e Vanzetti* del 1927, quando lo stato del Massachusetts aveva condannato ingiustamente due uomini italiani alla pena di morte. Kathrein non sapeva se qualcuno avrebbe mai riabilitato i loro nomi alla memoria poiché aveva inteso che la condanna era stata eseguita non sulla base del crimine di cui erano stati accusati, perché il vero colpevole si era costituito alla giustizia, ma per il fatto che fossero due anarchici. Lo stesso Mussolini, capo del fascismo di cui aveva tanto sentito parlare dalla bocca di suo padre, era intercesso presso il tribunale di Charlestown affinché la pena fosse rivalutata, invano.

Questi avvenimenti erano il segno più evidente e palpabile di due delle più atroci soppressioni di giustizia e libertà. Il fatto che un semplice credo, orientamento, origini o ideologie potessero condurre ad una fine così drammatica aveva spinto Kathrein lontano dalle convinzioni dei suoi genitori.

Quando poi l'avevano iscritta alla lega delle ragazze tedesche, l'ala femminile della Hitlerjugend*, si era convinta ancora di più che le giovani menti venissero plagiate da un sistema che osava definire malato e folle. Sebbene l'iscrizione all'epoca non fosse obbligatoria, Heinfried ed Elsbeth non avevano esitato nemmeno un attimo a introdurla in questa specie di circolo elitario per sole ragazze ariane.

Ragazzine che si scrutavano perfidamente pronte a denunciare il più piccolo dei tradimenti di una propria compagnia con lo scopo di compiacere i più alti vertici della gerarchia nazista e sposarseli. Era questo ciò che Kathrein, in quell'unico anno passato in compagnia di quelle ragazze prima di partire per la Francia, aveva avuto modo di conoscere.

Ai suoi occhi tutto ciò si configurava come qualcosa di vergognoso e assolutamente ripugnante e degradante per una donna.

Il führer una volta aveva affermato che per convincere i padri di famiglia era prima di tutto necessario acquisire la fiducia delle loro mogli, con la creazione di apparati burocratici come il frauenministerium, e poi quella dei loro figli, con l'istituzione degli indottrinamenti radicati della Hitlerjugend.

Questa affermazione, per Kathrein, era già un rimarco evidente della sottomissione e della manipolazione della società alla forma di tirannia e dittatura tedesca.

Proprio perché in realtà alle donne non spettava nessun reale compito se non quello di favorire la propaganda nazionalsocialista, Kathrein si chiese quali potessero essere queste incombenze di estrema urgenza e necessità di cui le aveva scritto suo padre.

L'incedere di pesanti anfibi sul pavimento del giardino lastricato dai ciottoli la risvegliò dai suoi pensieri e la indusse a guardare fuori dalla finestra.

Due uomini in divisa avanzavano in maniera elegante e cadenzata verso il portico della casa. Acuminando la vista per Kathrein non fu difficile constatare che l'uniforme fosse tedesca.

«Loro sono già qui» sussurrò Meredith più a se stessa che a Kathrein.

Tale mormorio però fu captato dalla giovane ragazza, che voltò di scatto il viso nella sua direzione e assottigliò lo sguardo quasi a voler scandagliare i pensieri più intimi della donna che le stava a pochi passi di distanza.

«Voi sapevate? Voi sapevate della mia partenza e non mi avete detto nulla?» sibilò freddamente Kathrein. Represse l'istinto di alzare il tono della voce e la sua apparente tranquillità metteva ancora più in soggezione l'anziana governante.

Kathrein era pur sempre la figlia di un generale e odiava che le si nascondessero le cose, soprattutto se esse erano destinate a incidere in maniera netta sul suo futuro. Il suo incalzare inquisitorio e lo sguardo accusatorio avevano intimorito la donna che, in soggezione, aveva chinato il capo in segno di scuse.

Se c'era qualcosa che aveva ereditato da suo padre era la fierezza e la capacità di incutere timore con il solo cipiglio corrucciato.

Kathrein era una ragazza determinata e sapeva farsi rispettare quando lo desiderava. 
Il fatto che avesse usate il "voi" per rivolgerlesi dopo otto anni di confidenza e affetto aveva suscitato un senso di mortificazione in Meredith.

«Vostra zia mi ha pregata di non dirvi nulla per evitare che i vostri ultimi giorni qui fossero vissuti con nostalgia o rimpianto» si limitò a giustificarsi la governante con aria sentitamente dispiaciuta e colpevole.

Quando Kathrein notò che Meredith aveva usato la sua stessa formalità per risponderle si addolcì. Voleva bene a quella donna che, al pari di sua zia, l'aveva cresciuta per otto anni con amore materno.

«Non è colpa tua Meredith. Più tardi, quando sarà possibile, parlerò con mia zia» la rassicurò risolutamente Kathrein mentre riponeva la lettera di suo padre in un cassetto.

«Ti prego Kathrein non arrabbiarti con lei, ha solo tentato di proteggerti»

Meredith, nonostante il dolore della perdita del suo unico figlio, era sempre stata pacata e mansueta. 
Kathrein, però, non possedeva queste qualità. Lei era forte e tenace come un leone e impaziente e impulsiva come un serpente.

Questa sua intraprendenza, diceva sempre sua madre, le sarebbe potuta costare molto cara in un epoca così sessista e dittatoriale come la loro. 
Kathrein non le aveva mai dato ascolto e, fino ad allora, non se n'era mai pentita.

Lanciò uno sguardo verso la porta socchiusa della camera di sua zia e fece per rispondere alla governante. Il fatto che sua zia le avesse nascosto una cosa così importante per lei non era tollerabile e non aveva scusanti.

Non fece in tempo a proferire parola, però. 
Il suono del campanello arrivò come un allarme al cervello di Kathrein. Dietro quella porta c'erano due uomini che l'avrebbero riportata al grigiore della sua quotidianità berlinese, senza che nessuno l'avesse interpellata per chiederne l'opinione.

Si ricompose definitivamente e più nessuna traccia del turbamento per la lettera di Heinfriend fu visibile sul suo viso.

Si avvicinò con passi misurati al portone d'ingresso dell'abitazione, quasi a voler calcolare il tempo che ci avrebbe messo per dire addio alla Francia, quasi a voler mettere distanza tra lei e Berlino.

Si fermò davanti all'infisso di noce tanganica e trasse un ultimo profondo respiro. Poi, con un movimento secco, aprì con decisione la porta e si dipinse un finto sorriso di cordialità.

«Meine herre» il tono forzato che era stato usato per rivolgersi ai due militari non sembrò interessarli molto e, forse, non ci fecero neppure caso. Ma Kathrein notò come il suo corpo e la sua mente, in maniera del tutto spontanea, rifiutassero la loro presenza perché, seppur ingiustamente, ai suoi occhi si configuravano come la causa per cui avrebbe abbandonato Parigi e, quindi, i fautori della sua infelicità.

Poi si diede della stupida, pensando che quegli uomini non la conoscevano nemmeno e che, se fosse dipeso da loro, sarebbe rimasta dove si trovava in eterno. Stavano solo eseguendo gli ordini di suo padre, era lui il vero responsabile. Eppure non poteva avercela con Heinfried nemmeno per quello, le aveva concesso già molto tempo in Francia. Più tempo di quanto non le fosse stato accordato all'inizio e, in primis, pochi padri permettevano alle proprie figlia di studiare all'estero. Doveva comunque essergli grata.

«Fräulein Bergmann, è un piacere potervi conoscere. Siamo stati incaricati di scortarvi durante il vostro viaggio di ritorno. Io sono lo sturmbannführer-maggiore- Alexander Schulze e questo accanto a me è l'hauptsturmführer-capitano- Josel Lang»

L'uomo che, pur non capendo molto dei gradi della gerarchia nazista, sembrava aver più potere tra i due si esibì in un elegante baciamano.

Kathrein rimase ipnotizzata per qualche secondo dai suoi occhi che, mentre le sue labbra sfioravano ancora la sua mano, non facevano nulla per nascondere l'interesse che provavano verso la ragazza.

La Bergmann dovette ammettere a se stessa che quell'uomo fosse davvero affascinante e che le sue sembianze nordiche accompagnassero perfettamente l'atteggiamento di formalità che aveva adottato per parlarle.

Era raro che un uomo la lasciasse senza parole dall'eleganza e accortezza che dimostravano nei loro gesti. Pensandoci meglio, a parte con Diedrich, nessun uomo suscitava alcun tipo di attrazione in lei.

Dall'altra parte il maggiore dovette aver percepito le medesime sensazioni e, seppur non smettesse di guardarla in modo così ammaliato, ritornò in posizione militare sovrastandola in altezza e interrompendo per primo il silenzio che si era creato.

«Sono dispiaciuto del poco preavviso, pensandoci la lettera di vostro padre potrebbe non esservi ancora stata recapitata. Le corrispondenze stanno diventano difficili, soprattutto nei paesi ostili alla Germania» il riferimento alla Francia che la sua affermazione aveva velatamente fatto intimorì Meredith, ma non scalfì minimamente Kathrein.

Non vedeva segni di reale dispiacimento sul bel viso del soldato, stava solo eseguendo gli ordini che gli erano stati impartiti e non gli importava dei pensieri di una donna che nemmeno conosceva. Gli interessava sbrigarsi e tornare a Berlino per servire la sua nazione in situazioni che non comprendessero l'incolumità di una sconosciuta, seppur Kathrein aveva percepito l'ascendente che sembrava avere su quell'uomo dalla freddezza, apparentemente, intangibile.

«Non avete motivi per dispiacervi herr» proferì risolutamente Kathrein, forse azzardatamente, puntando nuovamente il suo sguardo nei suoi occhi ad ammirarne le sfumature verdastre.

Il tono volutamente ironico sembrò divertire lo sturmbannführer che alzò un angolo della bocca a formare un ghigno.

«Preparate lo stretto indispensabile per il viaggio, fräulein. Il resto degli effetti vi sarà inviato da vostra zia nei giorni seguenti. Il treno partirà domattina alle ore nove. Nel frattempo io e il mio collega saremo a disposizione per sopperire alle vostre necessità»

Solo in quel momento Kathrein si ricordò della presenza dell'altro militare di cui non rammentava già più il nome, ammesso che l'avesse davvero ascoltato occupata com'era dagli occhi penetrati di Schulze.

Si voltò in sua direzione e chinò leggermente il capo in segno di rispetto e il soldato si limitò a ricambiare il gesto. Non sembrava aver percepito il rumore assordante di quegli sguardi silenziosi che erano stati scambiati tra il suo superiore e la ragazza, o forse non aveva la facoltà di dire nulla.

Lo sguardo di Kathrein tornò a posarsi sul maggiore quasi come se sperasse che le parlasse ancora, che potesse sentire di nuovo la sua voce o che potesse catturare di nuovo il suo sguardo. Non seppe i motivi di tale sciocca e ingenua speranza, ma prontamente li mise a tacere e ristabilì un equilibrio mentale che vacillava per un uomo che non era Diedrich e si sentì quasi sporca.

Lo sguardo di Schulze, però, sembrava essere puntato sul muro di fronte su qualcosa che Kathrein non poté definire finché non si voltò.

Al centro della parete troneggiava una copia della Libertà che guida il popolo, il quadro dipinto nel 1830 da Eugène Delacroix, che lei stessa aveva convinto sua zia a comprare un paio d'anni prima mentre erano ad un mercato di oggetti d'inestimabile valore.

Esso si configurava come un inno degli ideali di libertà negli anni della Rivoluzione francese

Esso si configurava come un inno degli ideali di libertà negli anni della Rivoluzione francese.

Ciò che l'aveva colpita di quel quadro era il soggetto ritratto al centro dell'opera. Straordinariamente era proprio una donna a guidare l'insurrezione di uomini che, incuranti del suo sesso, si lasciavano rivelare la strada della salvezza in un impeto di fiducia e speranza.

Nonostante l'orrore dei corpi dei martiri caduti per i propri ideali in basso, lo stendardo francese impugnato dalla donna si stagliava alto e fiero nella parte superiore della tela e incombeva sulle teste di tutti i personaggi infondendo sicurezza e coraggio.

Riuniti per una causa giusta, bambini, ragazzi, donne, uomini di ogni classe e strato sociale. Unione e perseveranza. Ideali valorosi che si concentravano nella figura della donna da sempre dedita alla crescita della propria famiglia e, in quel quadro, della sua madrepatria. Il seno era leggermente scoperto e, se per molti quel particolare era stato di pessimo gusto e aveva suscitato scandalo, Kathrein lo riteneva un accorgimento propizio e le conferiva un senso di maternità e protezione.

Tornò a guardare il maggiore che adesso sorrideva sardonico in sua direzione.

«Curioso come un popolo si affidi così spregiudicatamente ad una donna. Concedere così tanto potere ad una popolana può essere molto letale per quegli uomini. I francesi sono dei sognatori, ecco perché non saranno mai un grande popolo o una grande nazione»

Il tono di scherno utilizzato aveva suscitato tante possibili reazioni velenose in Kathrein. Non per la considerazione assai esigua della figura femminile, a cui era abituata, ma per la presunzione e beffardaggine che quell'uomo trasudava a pieno titolo e senza alcun limite.

"Un popolo che però vi ha sconfitti in passato" fu la prima cosa a cui pensò Kathrein, ma si guardò bene dall'esporlo. Non c'erano suo padre o Diedrich e quell'uomo, nonostante la bellezza sconfinata, la metteva a nudo e, a differenza di quando lo faceva il suo fidanzato, non era una sensazione che le faceva piacere.

Per quale motivo la figlia del generale Bergmann avrebbe dovuto sostenere la causa francese e non quella tedesca? Perché avrebbe dovuto difendere la Francia e non la sua patria, la Germania?

Evidentemente con quelle poche frasi, di cattivo gusto, aveva creduto di poter scorgere in Kathrein un'altra ingenua ariana che si sarebbe prostrata ai suoi piedi.

Tuttavia rimase in silenzio perché, anche se non le piaceva dover sottostare a nessuno, soprattutto un ufficiale del terzo reich, si sarebbe esposta inutilmente e pericolosamente agli occhi di un uomo potente che non avrebbe comunque in alcun modo cambiato idea o concezione.

Sebbene la posizione di suo padre li rendesse intoccabili, non voleva creargli alcun tipo di problema e sapeva che entrare in contrasto con uno come Schulze gliene avrebbe portati molti.

Fortunatamente Meredith arrivò in suo soccorso prima che potesse rispondere qualcosa di sgradevole e sgarbato e si pronunciò in un tedesco molto tirato. Purtroppo da giovane non aveva avuto una condizione sociale che le avesse permesso di studiare, a volte non sapeva leggere alcune parole dello stesso francese e qualcosa che aveva imparato della lingua tedesca gliel'aveva insegnata Kathrein.

Ad ogni modo l'ufficiale le rispose in francese, facendole intendere che lo capisse e lo parlasse piuttosto bene.

La Bergmann non ne fu poi così stupita. Diedrich stesso, per via dei suoi viaggi, aveva dovuto imparare molte lingue e alcune le padroneggiava perfettamente.

«Se volete seguirmi, vi mostro le vostre stanze. Così sarete liberi di potervi rinfrescare dopo il lungo viaggio prima di scendere a cenare» suggerì la governante, ma rimase comunque immobile aspettando una risposta o un cenno di assenso da uno dei due uomini.

«Se possibile e se per voi non è un problema, preferiremmo cenare in camera. Abbiamo molto lavoro da sbrigare» rispose educatamente Lang, parlando per la prima volta da quando erano arrivati.

La sua voce, si ritrovò a constatare Kathrein, era piacevolmente rassicurante e non fredda e tagliente come soleva essere quella di tutti i militari che conosceva.

Tuttavia fu un pensiero superficiale, poiché il pensiero martellante che quei due ufficiali soggiornassero nella sua casa non le stava poi così bene.

La sua espressione allibita si posò sulla figura della governante che però non se ne curò, intenta com'era a parlare con Lang. 
Qualcun altro però se ne accorse. Schulze notò il suo sbigottimento e capì che la ragazza non ne era a conoscenza.

«Una gentile offerta di vostra zia» le spiegò l'uomo, rispondendo alla sua tacita domanda.

Kathrein annuì, ma non ne fu poi così tanto convinta. Sua zia era andata via dalla Germania per tutto ciò che essa le aveva portato via durante la guerra in modo così straziante e doloroso. Non aveva mai superato il lutto per la morte di suo marito e ciò l'aveva spinta a cercare tranquillità altrove, lontana dalle stradine di Berlino che custodivano e celavano il ricordo della sua giovinezza e del loro amore.

Viaggiò per molti anni. Arrivata in Francia, poi, aveva conosciuto Meredith che all'epoca era distrutta dalla morte del figlio e che era al servizio dei maltrattamenti di una ricca famiglia borghese di Parigi per poter sopravvivere. Accomunate dal dolore di una perdita così grande, diventarono amiche e in breve tempo Ruth decise di stabilirsi definitivamente in Francia. Assunse Meredith come sua governante e le diede un tenore di vita dignitoso.

Aveva chiuso in un cassetto il male che la Germania, la sua terra natale, le aveva riservato e aveva ritrovato un equilibrio e una stabilità in una casa in cui non avrebbe mai più fatto rientrare qualcosa che la investisse e le ricordasse con prepotenza quella terra che per lei era stata maledetta.

Kathrein era stata la sua eccezione più grande. L'espressione più amorosa che Ruth provava per sua nipote Elsbeth e, con il tempo, che aveva imparato a provare per Kathrein stessa. In lei rivedeva se stessa da più giovane, alla ricerca di qualcosa che la strappasse dal peso soffocante di una città condannata a continue guerre, non solo militari.

Il fatto che adesso due tedeschi, per di più soldati, stessero in quel salotto e si preparassero a passare la notte in quella casa le fece capire che dovesse essere più un'imposizione di suo padre che una decisione di sua zia.

Tale convinzione fu poi confermata quando la sera sua zia non uscì dalla sua stanza per aiutare Meredith a preparare la cena come di consueto.

Nonostante fosse ancora arrabbiata con lei, la sua furia era scemata e aveva capito che quella situazione non era stata facile da accettare nemmeno per lei. Anzi, paradossalmente, forse quell'intrusione tedesca nella sua casa la stava schiacciando come un macigno più di quanto non soffocasse Kathrein stessa. Sicuramente suo padre non le aveva lasciato un margine di scelta e aveva dovuto conservare il peso di quella separazione imminente da sola per chissà quanti giorni o settimane.

Era riconoscente a sua zia per tutto quello che le aveva offerto in otto anni. Una casa, la possibilità di studiare, la possibilità di allontanarsi dalla Germania e soprattutto amore. Non poteva permettere che il suo orgoglio si frapponesse tra loro adesso che sarebbe dovuta partire e non l'avrebbe rivista più per molto tempo, o forse non l'avrebbe mai più rivista.

Con l'inizio della guerra i suoi genitori non avrebbero di certo permesso che tornasse in Francia, nemmeno per brevi soggiorni. Ed era ancora più sicura che sua zia non sarebbe mai tornata in Germania.

Quella consapevolezza le arrivò dritta al cuore come una stilettata e fece vacillare le sue certezze. Perché, per tutti quegli anni, zia Ruth aveva rappresentato anche, e soprattutto, rifugio e sicurezza.

Adesso che però si apprestava a partire per Berlino con la consapevolezza che non sarebbe ritornata, come le altre volte, in Francia dopo pochi giorni e non avrebbe trovato sua zia ad attenderla, la investì e spezzò ogni speranza di scappare da una vita così falsa come quella che viveva nella società ariana in Germania.

Non condannava sua zia per non averglielo detto, avrebbe solo voluto avere più tempo. Più tempo per dirle addio. Ma ricordava per la seconda volta in quella giornata che suo padre gliene aveva concesso già fin troppo e, con l'invasione tedesca della Polonia, non avrebbe potuto forzare la mano e chiederne ancora.

Per questo quella sera si convinse a bussare alla porta della camera di Ruth e a mettere da parte, per la prima volta nella sua vita,  l'orgoglio.

Quando sentì la voce di sua zia che la invitava ad entrare, la trovò seduta davanti alla toeletta mentre si pettinava i capelli prima di andare a dormire. Osservava con aria nostalgica una foto dentro un medaglione. Poi alzò lo sguardo stanco verso il suo riflesso e incrociò quello di Kathrein nello specchio. Sebbene fosse ancora una bella donna, Kathrein scorse adesso più che mai il peso degli anni e dei dolori sul viso di Ruth e questa constatazione fu un ulteriore pugnalata al cuore. Il tempo non risparmiava neppure chi aveva già sofferto molto e sfioriva con lentezza quasi calcolatrice ogni segno di giovinezza dal volto di ognuno, lasciando intendere che solo lui potesse essere immortale e che tutti sarebbero stati dimenticati prima o poi.

Ruth si alzò. Sembrava stare meglio rispetto a quel pomeriggio. Prese posto al suo tavolo da lettura posto al centro della stanza e attese che Kathrein parlasse.

 Prese posto al suo tavolo da lettura posto al centro della stanza e attese che Kathrein parlasse

«Non cenerai?» smorzò il silenzio la ragazza mentre si accomodava di fronte a lei.

«Immagino tu sia arrabbiata con me. Ho chiesto tante altre volte a tuo padre di rimandare la tua partenza e mi è stato accordato il suo permesso. Ma capirai da sola che in un momento del genere non ho potuto più avanzare pretese» sua zia ignorò deliberatamente la domanda che la ragazza le aveva posto e distolse per un attimo lo sguardo da Kathrein.

Questa, però, allungò una mano sul tavolo ad afferrare le mani incrociate di sua zia che si torturavano l'un l'altra, costringendo la donna a riportare lo sguardo su di lei.

Kathrein non era solita cercare contatti fisici e, per molto tempo dopo la perdita di suo marito, anche Ruth era stata così. Quel contatto, però, sembrava l'ultimo barlume di speranza nel mezzo di un mare burrascoso in tempesta.

La donna strinse a sua volta la sua mano e, nonostante avesse già intuito il perdono di sua nipote, la risposta di Kathrein non tardò ad arrivare.

«Ti sbagli, non sono arrabbiata con te. O meglio non più. Non lo so. Sono così confusa. Ho sperato che questo momento non arrivasse mai e adesso ha irrotto così prepotentemente in questa casa indossando una divisa tedesca. Mi ero illusa che avrebbero continuato a dimenticare di avere una figlia in questo paese, ma non potevo davvero credere che fosse possibile e mi lasciassero qui» per la prima volta dopo quella lunga giornata, così ricca di sorprese e avvenimenti, Kathrein riuscì a dire quello che pensava.

Lo scoppio della guerra, il regalo di Diedrich e il loro rapporto così altalenante, la lettera di suo padre che la ragguagliava sul suo ritorno in Germania definitivo e adesso la presenza di quei due soldati, in particolare di Schulze, sotto il suo stesso tetto l'avevano spiazzata. Erano troppo persino per la rigida educazione e compostezza che le era stata impartita.

Ruth capì come la ragazza dovesse sentirsi tradita dai suoi genitori e lasciò che si sfogasse per i suoi sogni di studiare e viaggiare che venivano infranti per sempre. Rimase in ascolto, perché sapeva che Kathrein aveva ancora molto da dire e non erano frequenti le volte in cui permetteva a qualcuno di scorgere ciò che custodiva così gelosamente nel suo cuore.

«Non sono pronta a lasciare tutto questo zia. Io mi sento ancora la ragazzina che aveva 16 anni quando è entrata in questa casa e adesso ne uscirò avendone 24 e oltre le mie sembianze fisiche, non è cambiato molto. La mia voglia di non amalgamarmi a quella società avvelenata e benpensante mi sta schiacciando»

«Io ti voglio bene Kathrein e te ne voglio nonostante tu sia tedesca e la Germania sia il simbolo di una condanna per le donne della mia famiglia e della loro infelicità. Ma tu sei diversa da tutte le tue antenate. Non devi amalgamarti e il tuo carattere non permetterà comunque di scendere a patti con quel sistema. 
Anche se i tuoi genitori sostengono Hitler e ritengono che apparteniate ad una razza superiore, tu devi imparare a conviverci e a non rinunciare ai tuoi ideali. Le due cose possono coesistere, ma una delle due potrà essere esposta in pubblico e l'altra dovrai tenerla per te stessa. Vedi le tue ambizioni come qualcosa di così personale da dover nascondere da qualsiasi forma di contaminazione. Sarà questa la tua libertà Kathrein»

La ragazza la guardò e sembrò non capire.

«Fingere dovrebbe rendermi libera?»

«No tesoro, la speranza e la forza lo saranno. Il desiderio di tenere per te qualcosa di così intimo che nessuno potrà arrivare a macchiare lo sarà. La guerra non durerà per sempre piccola Kath e i tuoi sogni non saranno accantonati definitivamente. Un giorno potrai riprendere a viaggiare e toccare con mano ciò che hai studiato e appreso. Se avrai un marito che ti amerà così tanto, te lo lascerà fare» il calore rassicurante delle mani di sua zia le sciolse il nodo in gola che le si era formato.

Per la prima volta delle lacrime minacciavano di scendere copiosamente senza che lei potesse controllarle. Le represse, non sapeva per quanto ci sarebbe riuscita.

«Non è così facile zia, non si tratta solo di quello. Ho paura di ciò che quella stupida società si aspetti da me. Ho paura che quello che farò per compiacerla mi cambi e distrugga ogni traccia della Kathrein spensierata che ha vissuto in Francia per otto anni. E poi c'è Diedrich e il fatto che non potremo essere fidanzati per sempre»

Ruth assottigliò lo sguardo e la interruppe.

«Mi sembra di ricordare che tua madre mi ha detto che si trova ancora in Italia al momento, non è di certo il tuo matrimonio con lui che ti deve preoccupare così»

Kathrein si alzò quasi la sedia scottasse e prese a camminare per la stanza poiché di starsene ferma proprio non riusciva a imporlo al suo corpo.

«Questo è un altro tasto così doloroso zia. Non sapevo nemmeno si trovasse in Italia. Non lo vedo da sei mesi e l'ultima volta che mi ha mandato notizie concrete era ancora al confine con la Polonia. Non ha avuto neanche la premura di avvisarmi del suo spostamento e sono la sua fidanzata, nemmeno ora che la Germania è in guerra con la Polonia e io ho avuto paura che lui potesse trovarsi lì»

«Forse non ha potuto»

Ma Kathtrein rifiutò di getto quell'ipotesi, infuriata. Mosse una mano in aria come a scacciare una mosca e si fermò di fronte al camino spento e ruotò mezzo busto per osservare l'altra donna.

«O magari non si è sentito in dovere di dirmelo e ha lasciato che lo venissi a sapere da mio padre. In fondo il nostro fidanzamento non è stato neanche ufficializzato davanti al resto della società. Non che abbia bisogno di un ricevimento sfarzoso e della benedizione di quella gente, ovviamente» assentì in maniera pungente Kathrein mentre riprendeva a camminare concitatamente.

«Ma cosa succederà quando tornerà zia? Esattamente come la guerra avrà un fine, anche lui ritornerà prima o poi. E il fatto che io sia irrimediabilmente arrabbiata e furiosa con lui non mi impedisce di pregare con ogni pezzo di cuore che sia così e sperare che non gli accada nulla. Non mi piace questo sentimento di debolezza e instabilità che mi avvolge quando penso a lui. Dovrei odiarlo per il modo in cui mi ha lasciata sei mesi fa quando avremmo dovuto ufficializzare il nostro rapporto e invece ho così tanta paura per lui e desidero solo che torni da me prima che il suo accanimento sconsiderato verso questi dannati ideali hitlerani lo uccidano» senza rendersene conto aveva alzato la voce e sua zia si alzò di scatto all'udire delle sue ultime parole, intimandole di abbassare il tono prima che gli ufficiali di sopra la sentissero. Quello era alto tradimento e si pagava con la vita.

«Se fosse dipeso da mio padre a quest'ora sarei già sposata e sappiamo bene anche noi due che a quest'ora dovrei esserlo e lui non perde mai occasione per ricordarmi che se ancora non lo sono è per sua gentile concessione. Probabilmente quando Diedrich tornerà il fidanzamento sarà subito seguito dal matrimonio e io non avrò nemmeno il tempo di rifiutarmi nel caso in cui mi rendessi conto di non volerlo. E nessuno dei due ha avuto il tempo di rendersi conto se davvero ci amiamo e se per lui non sarà difficoltoso, perché ha comunque la sua stupida divisa e il suo importante e prestigioso ruolo all'interno del piano suicida di Hitler, io mi troverò intrappolata in qualcosa che magari non vorrò. Perché dovrei voler sposare un uomo che non mi informa neppure dei suoi viaggi? Se non mi racconta le più banali delle cose, un giorno potrebbe non rivolgermi nemmeno più la parola. Non ho intenzione di fare la fine di mia madre. Forse un tempo mio padre l'avrà amata, ma adesso la tratta come un soprammobile e io ho un temperamento e un livello di sopportazione differenti dai suoi» concluse tutto d'un fiato Kathrein mentre guardava disperatamente sua zia come se potesse tirarla fuori da quella situazione come aveva fatto tante altre volte.

Ma non si illuse, non poteva continuare a vivere sotto la sua campana di vetro come aveva fatto in quegli ultimi anni e aveva imparato a sue spese a non riporre più speranze nei pallidi spiragli di libertà irraggiungibili e inafferrabili. 

Il soprannome fredda bambolina tedesca le sembrava così spropositato in quel momento esatto mentre al riflesso dello specchio posto sul letto a baldacchino vedeva il suo viso sconvolto dalla giornata e i capelli, solitamente in ordine, che erano sfuggiti dalla crocchia perennemente acconciata e perfetta.

Sua zia si avvicinò e le posò una mano sulla spalla per farla voltare, poi l'abbracciò e quell'istante e la sensazione di amore e certezza per Kathrein fu difficile ritrovarla negli anni seguenti.

«Il tuo cuore saprà scegliere quello che vorrà prima che questo possa succedere. Ti ho già detto che sei diversa da ognuna di noi. Tua madre non era come te, era più arrendevole e cedeva facilmente davanti alle richieste di tuo padre sin da quando si conobbero la prima volta. Dopo il fidanzamento non potrai più rifiutare di sposarlo certo, ma sono sicura che saprai accorgertene ancora prima se è lui quello che desideri al tuo fianco»

Kathrein strinse a sua volta sua zia in quell'abbraccio che avrebbe ricordato per sempre e si sentì carica di una nuova speranza. Sua zia la riteneva diversa, come una volta le aveva detto anche Diedrich stesso, e si sentiva portatrice di una missione. Avrebbe riscattato il valore e l'onore di ogni donna della sua famiglia che si era sottomessa all'uomo e alla società, avrebbe imparato a dire no per tutte le volte che sua madre era stata costretta a dire sì.  

«Non ceni? Vuoi che ti porti qualcosa in camera?» si informò ripetendo di nuovo quella domanda.

«Dirò a Meredith di lasciarmi pronto qualcosa nel caso mi venisse fame»

«Preferirei tu non uscissi dalla tua camera con quei militari che girano per casa»

«Cosa vuoi che facciano ad una signora anziana come me Kathrein? Devi stare molto attenta tu invece alla corte spietata che molti di quei soldati ti faranno se non porterai a compimento il tuo fidanzamento con Diedrich»

Salutò sua zia, sapendo che l'indomani non sarebbe uscita dalla sua stanza a salutarla prima di partire. Non le piacevano gli addii. E neanche a Kathrein. Avrebbero sofferto in silenzio. Quella, infatti, era una caratteristica che l'accomunava con le donne delle sua famiglia.

Stava per uscire quando esitò un attimo con la mano stretta sul pomello in ottone della porta. Fu a lungo combattuta, ma non avrebbe fatto lo stesso sbaglio commesso con Geli qualche anno prima quando non le aveva risposto e che ancora tornava ad attanagliarla nel tempo.

Si voltò verso sua zia e semplicemente disse:
«Ti voglio bene anch'io zia»

La donna sembrò sinceramente stupita da quella frase, ma presto il suo sguardo sbigottito lasciò spazio ad una dolcezza e ad un sorriso che Kathrein avrebbe ricordato per sempre.

«Resta come sei Kathrein. Buona fortuna»

Dopo quelle parole la ragazza chiuse la porta alle sue spalle e si addentrò nel breve corridoio che collegava la camera di sua zia alla cucina, percorrendolo per la milionesima, ed anche una delle ultime, volta.

Entrò in cucina e vide Meredith ancora indaffarata nella preparazione della cena, ma due vassoi ricolmi di cibo già pronti sul tavolo.

Entrambi erano riempiti con dell'acqua, sauerbraten* e kartoffeln-patate- posti in due piatti separati, pane, macedonia ricoperta da un vaporoso strato di panna montata e un budino di gelatina, specialità di Meredith, e un altro piatto con della frutta di stagione lavata e sbucciata.

Uno zelo molto più che eccessivo per due tedeschi, ma per Meredith gli ospiti erano ospiti e andavano trattati bene. Cucinare piatti tipici della Germania, però, risultava esagerato per Kathrein ma sorrise comunque davanti all'impegno della donna.

«Cucinare piatti del loro paese per uomini che sono abituati ad avere alla loro mercé le migliori cuoche in circolazione. Un'ardua sfida Meredith, ti ammiro per il coraggio» disse solennemente Kathrein con un'espressione tutt'altro che seria.

La governante si girò in sua direzione e si finse offesa, ma poi scoppiò a ridere.

«Mancheranno in questa casa le tue prese in giro piccola Kath» le disse scherzosamente mentre la suddetta le si avvicinava.

Prese un pezzo di pane dal cesto lì accanto e assaggiò il sugo del sauerbraten rimasto nella pentola posata sul cucinino. Il gesto, non poi così educato o garbato per una ragazza del suo status sociale, divertì Meredith che per scherzo la rimproverò.

Kathrein la guardò con aria innocente e fece spallucce, mandando giù il boccone e giustificandosi con un:

«Dovevo accertarmi che fosse buono. Da tedesca ti posso dire che è ottimo. Ma non potevo di certo permetterti di portargli questo cibo prima di assaggiarlo io stessa, magari pianificavi di avvelenare due miei compatrioti» assentì Kathrein assumendo una posa militare di chi obbedisce diligentemente alle leggi della propria patria.

Meredith continuava a ridere per le sciocchezze di Kathrein che faceva di tutto per non far pesare la sua partenza. Voleva bene anche a Meredith e sarebbe dovuta essere lei il punto di appoggio per sua zia Ruth nei primi tempi.

Lei sarebbe tornata a Berlino circondata da tantissime persone e in qualche modo sarebbe stata sempre abbastanza distratta da altri compiti per fermarsi troppo tempo a pensare e abbandonarsi alla nostalgia. Si sarebbe dovuta abituare a nuovi ritmi che per un po' l'avrebbero tenuta occupata. 
Meredith e Ruth, invece, sarebbero ripiombate nella normalità e nella quotidianità di una casa che per anni era stata condivisa da una terza persona che entrambe avevano trattato come una figlia. Questo Kathrein lo capiva e le dispiaceva più di tutto il resto.

«Oh ma non devi assolutamente preoccuparti di questo, visto che porterai tu la cena» la informò Meredith mentre le passava accanto per afferrare un vassoio e glielo mise tra le mani prima che Kathrein potesse riprendersi dallo sbigottimento.

«Assolutamente no» la ragazza assunse un'espressione quasi disgustata, sebbene ciò che aveva provato quando aveva incontrato il maggiore Schulze qualche ora prima fosse ben lontano da tale sentimento.

Ad ogni modo avrebbe già dovuto affrontare un lungo viaggio con gli attendenti di suo padre e, per il momento, voleva evitare di passare ulteriore tempo in loro compagnia. 
Non che le avessero fatto qualcosa, Lang le sembrava un tipo taciturno ed educato e Schulze, pur essendo sfrontato e terribilmente e dannatamente irritante, le aveva parlato con gentilezza e rispetto.

«Lang non parla benissimo il francese. Se dovesse servirgli qualcosa non lo capirei. Ergo devi andare tu» spiegò retoricamente Meredith con aria saccente.

Kathrein sbuffò ma annuì, poi propose:
«Allora io andrò da Lang e tu porterai la cena a Schulze»

«Sembra tu voglia evitare quell'uomo a tutti i costi bambolina tedesca» affermò divertita la donna mentre si appoggiava con un braccio alla superficie del tavolo e la osservava con il capo leggermente reclinato di lato.

«Mi mette in soggezione Meredith» rispose in tutta onestà la ragazza.

«Magari è una cosa positiva. Inoltre credo sarebbe più felice di vedere te che me» tagliò corto la governante con tono che non ammetteva repliche.

«Ho già un probabile partito» sospirò in ultima battuta sperando di smuovere la donna dalla favoletta che stava immaginando nella sua testa tra lei e l'ufficiale.

Questa volta fu Meredith a fare spallucce e affermò semplicemente:
«Meglio avrai un margine di scelta, sbrigati che si fredda» disse coprendo entrambi i vassoi in modo tale che potessero essere trasportati contemporaneamente al piano di sopra da una sola persona.

Non ci fu più scelta e Kathrein sibilò semplicemente un "sei una strega" in direzione di Meredith che la guardò ennesimamente divertita e non curante dell'esasperazione della ragazza.

Si avviò su per le scale e le fu estremamente difficile mantenere l'equilibrio prima di riuscire ad arrivare in cima. Tra diversi borbottii e "ma questi soldati pensano che sono una cameriera" riuscì comunque a farcela.

Decise di rimandare l'incontro con Schulze ed andare prima da Lang.

Bussò un paio di volte, quando il permesso per entrare le fu accordato spinse la porta rivelando una stanza che veniva utilizzata raramente da qualche nipote di sua zia quando venivano a trovarla.

L'odore delle lenzuola e degli asciugamani lavati con la lavanda arrivò alle sue narici insieme al profumo di una colonia maschile e si mischiarono a quello che le pietanze preparate da Meredith emanavano.

Lang era seduto sul letto e indossava ancora la divisa mentre scriveva su alcune carte che sembravano estremamente importanti. Non disse nulla, quindi, e aspetto che fosse lui a dire qualcosa.

«Poggiatelo pure sulla scrivania, grazie» disse l'ufficiale quando si decise a parlare ancora con la testa china, esibendosi in un francese pulito e impeccabile.

"Strega" pensò di nuovo Kathrein riferendosi a Meredith. L'ufficiale parlava bene il francese e come.

«Jawhol mein herr» rispose Kahtrein in tedesco. La sua lingua.

Una lingua che, a parte nei periodi che aveva passato qualche volta a Berlino, non utilizzava più così assiduamente da otto anni e che, a volte, le risultava sconosciuta nonostante fosse insita nella sua mente come qualsiasi altra traccia tedesca naturalmente connaturata nella sua persona e nel suo aspetto.

L'ufficiale a quelle parole alzò la testa dalle scartoffie che stava compilando con minuziosa attenzione e le rivolse un sorriso sincero, uno dei primi che Kathrein vedeva da un uomo nella sua posizione.

O forse il primo sorriso vero che vedeva nella sua vita da un cittadino tedesco da sempre.
La società ariana, come si è già detto, era fatta di convenevoli e menzogne.

«Fräulein Bergmann perdonatemi credevo fosse la domestica»

«È la governante, non la domestica» sbottò seccamente Kathrein, forse piu sgarbata di quanto avrebbe voluto essere con quell'uomo che, nonostante la divisa importante che indossava, le si era rivolto in maniera cordiale e rispettosa. Non voleva di certo offenderla e non poteva sapere che ruolo in realtà avesse la governante in casa, ma aveva comunque infastidito la ragazza che si era inavvertitamente trovata a rispondere scortesemente.

Ad ogni modo molti avrebbero detto che non c'è differenza tra domestica e governante, ma per lei sì. Meredith non era la loro cameriera, faceva parte della loro famiglia e, anche se si occupava della maggior parte delle faccende domestiche, lo faceva di sua spontanea volontà e Ruth e Kathrein, quando non studiava, l'aiutavano sempre. Lei e Ruth erano grandi amiche e discorrevano ogni pomeriggio sulle sedie a dondolo della veranda senza alcun rapporto di subordinazione. Si sentiva in dovere di specificare che Meredith non era una cameriera per il modo in cui l'aveva sempre affiancata, consigliata e sostenuta.

«Ma certo fräulein, non lo sapevo» l'uomo, che aveva forse la sua stessa età, continuò a sorriderle e non sembrò minimamente turbato dal tono usato poco prima dalla ragazza.

Ciò la indusse ad abbandonare qualsiasi forma di tensione davanti a quel soldato e poggiò il vassoio sulla scrivania.

«Scusatemi sono stata sgarbata» disse sentitamente dispiaciuta.

«Certo che no, avete difeso le vostre opinioni. È giusto che sia così, io ne sono un esempio concreto non credete?» la rassicurò indicando con la mano la svastica cucita sul gomito della sua divisa.

Kathrein annuì ma non proferì parola poiché non le andava di parlare di quell'argomento e di quella divisa che sarebbe tornata dirompente nella sua vita e in ogni angolo della casa di Heinfried a Berlino.

A volte faticava a chiamare quel posto casa sua perché per lei la sua casa era quella in Francia con sua zia Ruth e Meredith.

Quella di Berlino era la casa di Heinfried ed Elsbeth Bergmann. O, più propriamente, la casa di Heinfried e dei suoi uomini che entravano e uscivano senza bisogno di essere ricevuti o di avvisare.

Elsbeth, sebbene fosse la padrona indiscussa dell'abitazione a cui Heinfried lasciava carta bianca e assegni altrettanto in bianco per i suoi acquisti e le decisioni sulla disposizione dei mobili in casa, a parte queste scelte non aveva nessun altro potere decisionale.

«Volete che anche la colazione vi sia servita in camera herr Lang?» chiese educatamente al ragazzo che, finora, si era dimostrato una piacevole scoperta di gentilezza, nonostante non avesse motivi per essere così disponibile e coscienzioso con lei.

«Chiamatemi pure Josel, fräulein»

«E voi Kathrein» disse in un impeto di gentilezza la ragazza, credendo che forse non sarebbe stata così male la situazione a Berlino con un ufficiale così gentile dalla sua parte.

«Siete la figlia del mio generale, fräulein. Non potrei» dissentì l'uomo mentre tornava a firmare qualcosa.

«Certo che potete, ve lo sto chiedendo io e non mi state mancando di rispetto. Vi prego»

Kathrein non aveva mai pregato nessuno e non seppe con esattezza cosa la spinse a muovere quella richiesta così supplichevole, ma voleva tentare in qualche modo di pensare che il mondo di suo padre in cui sarebbe dovuta vivere fosse fatto anche di quegli ufficiali gentili pronti a trattarla alla loro stregua.

A quel punto l'ufficiale cedette e le accordò questa piccola concessione.

«A questo punto credo che il 'voi' sia superfluo» constatò divertito mentre tornava con lo sguardo su di lei.

«E penso che il 'tu' sia obbligatorio» spiegò con naturalezza Kathrein mentre a sua volta sorrideva un po' rincuorata su ciò che l'attendeva nei giorni seguenti al suo ritorno in patria.

«Siet..sei una persona molto testarda Kathrein» affermò passandosi una mano sulla barba leggermente accennata, mentre si alzava per avvicinarsi sulla scrivania dove giaceva la sua cena ormai freddata.

In quel momento si ricordò di doverla portare anche a Schulze. Non voleva comunque interrompere la piacevole conversazione che stava avendo con un uomo con il quale non avrebbe mai pensato di avere a che fare.

«Lo prendo come un complimento»

«Lo è. Lo è assolutamente Kathrein. Poche donne ormai hanno ancora una dignità nel nostro paese. Anche le ariane più educate supplicano per essere portate a letto da uno di noi, tu invece chiedi solamente di non essere trattata con freddezza. Eppure l'educazione e la formalità dovrebbe essere d'obbligo verso donne della vostra purezza, anche per uomini del nostro calibro. Sei ammirevole» confessò con estrema sincerità e Kathrein fu compiaciuta da tali parole. Non era il primo a dirle che era diversa, anche sua zia glielo aveva detto poco prima e Diedrich molte volte senza mai spiegarle il perché.

Questo ragazzo, invece, pur avendo scambiato solo poche parole con lei, le aveva già saputo dire il motivo che lo spingeva a reputarla e definirla differente dalle altre e a distinguerla in positivo.

In quel momento si rese conto quanto potesse essere difficile il suo rapporto con un uomo così ostinato come Diedrich invece.

Tuttavia, nonostante Josel fosse un bell'uomo, non sembrava aver alcuna malizia con lei e per Kathrein era lo stesso. Forse, nel tempo, avrebbe scoperto di più di lui e sarebbe addirittura diventato un suo amico.

«Ad ogni modo non faremo colazione domattina. Io e il maggiore Schulze usciremo prima e andremo alla stazione ad assicurarci di alcune cose. Ti accompagnerà la signora Meredith»

A Kathrein piacque il modo rispettoso con cui citò Meredith dopo che gli aveva messo in chiaro cosa rappresentasse nella sua vita, ma non capì a cosa si riferisse e preferì non indagare oltre. Non erano affari suoi e non poteva pretendere che un ufficiale che appena conosceva le dicesse qualcosa sul loro lavoro solo perché era stato così gentile da condividere con lei qualche chiacchiera.

Diedrich non lo faceva nemmeno dopo mesi di fidanzamento e anni di frequentazione. Nonostante fossero cresciuti insieme, sebbene quasi sempre con la distanza di mezzo, forse non l'avrebbe mai fatto e la loro relazione non sarebbe mai arrivata sino a quel punto. Il suo lavoro, per Diedrich, era sacro e non poteva essere discusso con nessun altro, nemmeno se per Kathrein provava sincero sentimento. Questo era sempre stato messo fin troppo in chiaro. 

La ragazza si rimproverò perché notò che i suoi pensieri, qualsiasi strada seguissero, trovassero sempre una via per arrivare a Diedrich e la dipendenza che sentiva di provare per lui la faceva sentire vulnerabile. Mise a tacere ogni voce nella sua testa e mormorò un semplice "buonanotte" che fu ricambiato dall'uomo che si stava sedendo alla scrivania per cenare, sempre con dei fogli stretti tra le mani.

Prima di aprire la porta di Schulze, Kathrein bussò anche alla sua attendendo che la sua voce le dicesse di entrare.

Non ottenne una risposta e allora bussò di nuovo. Niente.

In un momento di impulsività, di cui si sarebbe pentita in seguito, aprì la porta e infilò la testa a ispezionare l'interno della stanza.

Il maggiore non era lì, per cui entrò posando il vassoio sulla scrivania e chiedendosi dove potesse essere.

Il rumore dell'acqua che scorreva da un rubinetto, però, rispose subito alla sua domanda. Probabilmente il maggiore stava facendo la doccia.

Decise allora di uscire immediatamente dalla stanza, grata che non avesse dovuto essere di nuovo sotto il suo sguardo penetrante e la sua espressione perennemente beffarda o perentoria. Ennesimamente si ritrovò a pensare a Diedrich e al fatto che quell'ufficiale gli assomigliava molto sia caratterialmente nella disciplina che fisicamente.

"Forse è per questo che ti piace così tanto"  sussurrò nella sua mente una vocina fastidiosa e irritante che, però, diceva il vero.

Mentre stava per uscire, il suo sguardo ricadde su dei fogli posati ordinatamente sul letto.

Kathrein fu combattuta tra la voglia di leggerli e la constatazione che non era giusto e sarebbe dovuta uscire immediatamente, lasciando come unica traccia del suo passaggio il vassoio ricolmo di cibo.

La sua curiosità ebbe la meglio e si disse che avrebbe letto solo di cosa trattassero e non tutto il contenuto. In fondo era la figlia di un generale che comandava tutte le azioni e tutti gli accordi che le firme di quegli ufficiali ai suoi servizi siglavano.

Era un po' un suo diritto sapere qualcosa in fondo, no?

"No, non lo è" di nuovo quella vocina così pungente che diceva per la seconda volta qualcosa di giusto. Kathrein, però, stavolta la scacciò malamente.

Lesse "Campo di concentrmento" sull'intestazione della prima pagina e ricordò dei campi di lavoro per prigionieri traditori di guerra di cui Diedrich le aveva parlato qualche mese prima. Pensò si trattò di quello.

Non lesse nient'altro perché il suo sguardo divagò su una foto lì accanto al resto dei fogli.

Due giovani sorridevano di fronte all'obiettivo della macchina fotografica e sembravano sinceramente felici.

Nell'abbraccio dell'uomo, che identificò come Schulze, vi era una donna bellissima e, da quanto potesse capire dalla foto in bianco e nero, bionda dai tratti tipicamente ariani.

La mano dell'uomo si stringeva possessivamente sul suo fianco destro in segno di protezione e, forse, molto altro.

Quella constatazione dette fastidio a Kathrein, sebbene non avesse motivi per esserlo.

La divisa, con qualche grado in meno rispetto a quella che aveva visto quel pomeriggio, le fece intuire che la foto fosse un bel po' vecchia ma se la foto si trovava in quel momento sul letto quella persona dove ancora essere presente nella sua vita.

Lo sguardo di Schulze sembrava andare ben oltre la foto e voler penetrare la sua anima anche adesso.

Osservò, poi, come il sorriso dell'uomo fosse così naturale. Non credeva fosse capace di farlo. O meglio, che fosse in grado di sorridere senza farlo sembrare così dannatamente un ghigno derisorio di superiorità.

Sembrava essere così preso dalla situazione e probabilmente, pensò acidamente Kathrein, molto di più dalla donna al suo fianco che stringeva con tale forza.

Sicuramente era la sua fidanzata.

Kathrein non seppe riconoscere se quello che stesse percependo fosse un senso di sollevazione dettato dalla consapevolezza che quel pomeriggio non l'aveva guardata in maniera poi così interessata e che Meredith si sbagliasse o se il suo stomaco si stesse contorcendo in maniera disperata all'interno del suo corpo.

Qualcosa di estraneo le stringeva il petto in una morsa e non le diede un nome.

Sentì il rumore di una manopola e lo scroscio dell'acqua che cessava di battere sul freddo marmo bianco della doccia.

Rimise la foto al suo posto e si apprestò a lasciare la stanza prima che l'ufficiale aprisse la porta del bagno e fosse uscito, probabilmente, con solo un asciugamano a coprirlo. Il pensiero così impudico imporporò le guance di Kathrein che, nonostante la freddezza e la disciplina, riteneva la situazione del tutto sconveniente.

Chiuse la porta alle sue spalle e si appoggiò alla superficie, con il respiro irregolare. Si portò una mano sul cuore, il cui battito era inusualmente accelerato. Si staccò dall'uscio e una mano passò meccanicamente tra i suoi capelli per ravvivarli.

Pensò per un attimo alla situazione che aveva evitato per un pelo e a quello che Diedrich avrebbe potuto pensare di lei in quel momento. Aveva ficcato il naso negli affari di un militare e nella sua vita privata. In più, alla vista di quella foto, aveva reagito in un modo di cui assolutamente non aveva il diritto e che al suo fidanzato non sarebbe piaciuto per una serie di motivi di non difficile identificazione.

Prima di scendere a cenare, ammesso che sarebbe riuscita a farlo, diede un nome alla sensazione che s'era impossessata di lei pochi attimi prima: gelosia.

_______________________________

*frauenministerium fu un ministero formato da sole donne che venne istituito da Hitler e che impiegò molte donne ariane prima e dopo la sua elezione nel 1933.

*l'affare Dreyfus fu un conflitto politico e sociale che scoppiò durante la Terza Repubblica francese. Il capitano alsaziano di origini ebraiche Alfred Dreyfus fu accusato, ingiustamente, di aver passato informazioni di stato alla Germania.

*il caso Sacco e Vanzetti fu un avvenimento che scosse l'opinione mediatica di tutto il mondo. Due anarchici italiani furono accusati dell'omicidio di due uomini e processati sulla sedia elettrica dal tribunale di Massachusetts, dove avvennero gli assassini. Sapendo della vacuità delle prove a sostegno della loro colpevolezza e del fatto che, il vero colpevole che si costituì non fu nemmeno ascoltato, Mussolini stesso inviò una lettera affinché la pena fosse rivalutata. Tuttavia non ci furono speranze. Questa è stata un'ingiustizia così profondamente toccante che ho ritenuto giusto non dimenticare e ricordare un'altra volta e ho trovato perfetto il momento di questo capitolo in cui Kathrein riflette sul pericolo che può costare la fede in una dottrina per inserirlo.

*hitlerjugend era la gioventù hitleriana a cui aderivano solamente ariani dai 10 anni in poi, accomunati dal desiderio di seguire il führer e di entrare presto a far parte delle armate tedesche. Fu fondata nel 1926 e minava ogni forma di individualismo, manipolando i giovani e abituandoli alla fedeltà verso il futuro Reich e all'obbedienza all'ideologia nazista. La lega delle ragazze tedesche era un ramo della Hitlerjugend dedicato alle ragazze ariane dai 10 ai 18 anni.

*sauerbraten è uno stufato tedesco di carne.

Hereee I aaam!
Come stateee? 
Grazie grazie grazie per tutto il sostegno che mi avete dimostrato nei due capitoli precedenti con le vostre recensioni o, semplicemente, inserendo la storia tra le vostre letture😘
Non ho moltissimo da dire su questo capitolo e fremo dalla voglia di pubblicarlo prima che si cancelli nuovamente. Ebbene sì...il capitolo si era cancellato e doverlo riscrivere è stata una tragedia, per questo non so dire con esattezza se sia uscito esattamente come lo volevo. 
In più è venuto molto più lungo di quanto mi aspettassi e ho dovuto interromperlo su questa scena. 
Quello originale prevedeva anche il racconto del viaggio di Kathrein verso Berlino e altre cose successive, ma poi vi avrei annoiato eccessivamente e ho deciso di risparmiarvi e dividerlo AHAHAHAH
Per cui metà del prossimo capitolo è già stato scritto, essendo originariamente una parte di questo. 
Che ne pensate voi?
Un bacio enorme, 
HeyC. ❤️

  
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