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Autore: shinepaw    11/07/2017    3 recensioni
Brooklyn ha quindici anni e aspira a diventare il campione assoluto di equitazione. Ma, quando nella sua vita irrompe un cavallerizzo che potrebbe essere più bravo di lui, con un cavallo forse più fenomenale del suo, il suo sogno vacilla. Sotto la rivalità sta però un sentimento molto più grande...
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Sequel di Juliet & Juliet 2.
Genere: Fluff, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Keeping Love Again'
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Brooklyn's point of view

- Oggi è il grande giorno, eh? - dice Bella, entrando in camera mia. Avvampo.

- G-grande giorno?

Sogghigna, arruffandomi i capelli. Mi fa piacere vederla di buon umore, anche se a mio discapito. Temevo che si struggesse per sempre per Yuuhi.

- Non viene qui Castiel?

- Ah, s-sì...

Mi abbraccia, anzi, mi stritola.

- Sei così carino, cespuglietto mio! - commenta, e io non ho abbastanza ossigeno per protestare.

- Bella... non respiro...

- Scusa - ride, scompigliandomi di nuovo i capelli. Le scocco un'occhiataccia. - Sei bellissimo, fratellino. Il tuo Castiel è davvero fortunato...

- Non è il mio Castiel - sbuffo, strappandole l'ennesima risata.

- Non mi puoi mentire, Brook - m'informa, sorridendo. Poi torna seria. - Lo dirai a mamma e papà?

- Cosa?

- Che state insieme, 'cosa'.

Arrossisco, giocherellando con il bordo della maglietta.

- Sì...

- Andrà tutto bene - mi rassicura. Suona il campanello. - Oh! Dev'essere il tuo ragazzo.

Le rifilo una seconda occhiataccia e vado ad aprire, sistemandomi in qualche modo i ricci.

- Castiel!

- Ciao, Brook - replica, massaggiandosi la nuca. Indossa un paio di jeans neri e una maglietta grigia con la sagoma nera di un cavallo che sta saltando; si è pettinato i capelli di lato, inoltre.

- Ma quanto siamo eleganti! - esclamo, lustrandomi la vista. Ride.

- Volevi che mi presentassi con gli stivali sporchi di fango e la maglietta bagnata di saliva di Shine?

Rido anch'io e gli rubo un rapidissimo bacio.

- Vieni, entra.

Si toglie le scarpe e poi mi segue in salotto.

Castiel's point of view

La casa di Brooklyn è più grande della mia, ovviamente. Ovunque il mio sguardo si posi ci sono coppe e medaglie, mi chiedo se siano tutte del mio ragazzo.

I suoi genitori, sua sorella e quella che suppongo sia sua moglie ci aspettano in salotto.

- Ciao, caro! Castiel, giusto? Io sono la mamma di Brooklyn - si presenta... sua madre. Lei e Brook si assomigliano un sacco: stessi occhi verdi, stesso sorriso... i ricci di Brooklyn sono solo di un biondo più scuro.

- Piacere di conoscerla - dico, stringendole la mano. Sembra molto gentile e affettuosa.

- Oh, dammi pure del tu!

Abbozzo un sorriso imbarazzato.

- E io sono suo padre.

Adesso so da chi ha ereditato i ricci: suo padre ha la stessa chioma ribelle, però di un bel castano scuro. Anche lui ha gli occhi verdi.

- P-piacere... - replico, un poco intimorito. Poi si apre in un sorriso incoraggiante e il mio timore svanisce.

- Bella, sua sorella. E questa è mia moglie, Leya.

Finite le presentazioni, la mamma di Brooklyn ci invita a spostarci in sala da pranzo per mangiare.

- Prima di cominciare, ci tenevo a dire che io e Castiel stiamo insieme - annuncia il mio ragazzo, facendomi avvampare violentemente. Nessuno fa una piega.

- Ah sì? Che bello, tesoro - commenta sua madre.

- Era già ovvio da quella volta che mi hai chiesto di portarti al maneggio nel cuore della notte... - sbuffa sua sorella.

- Bella - la rimprovera divertita sua moglie.

- Brooklyn non fa che dire quanto eccezionale sei a cavallo, ragazzo - esordisce suo padre. Abbasso lo sguardo, e Brooklyn mi cinge le spalle con un braccio.

- N-non sono un r-ragazzo... - mormoro, sperando di non star facendo la cosa sbagliata. Perché Brooklyn ha detto che mi accetteranno, perché qui non sento di dovermi nascondere da queste persone.

- No?

- B-be'... a volte sì. Ma a volte sono... una ragazza... o e-entrambi... o n-... n-...

- Nessuno dei due - completa il mio ragazzo per me, togliendo il braccio dalle mie spalle e accarezzandomi una coscia. - Posso dirlo, Castiel?

Annuisco, non osando alzare il capo.

- Castiel è genderfluid.

- Oh. Okay.

Alzo timidamente lo sguardo. Suo padre si stringe nelle spalle e sorride. Sua madre sembra in apprensione.

- Mi dispiace vederti così a disagio, caro - dice. - Ci fa piacere che tu abbia voluto dircelo, anche se siamo degli estranei.

Un lieve sorriso spunta lentamente sulle mie labbra.

- G-grazie...

- Grazie a te della fiducia.

- Vai da tanto a cavallo? - riprende suo padre.

- Sì... ho iniziato a sette anni.

- Un'età ragionevole - commenta sua mamma, scoccando un'occhiata eloquente al marito. Lui scoppia a ridere. Brooklyn mi sta ancora accarezzando distrattamente la gamba.

- Hai già qualche idea su cosa vorresti fare in futuro?

- Mi piacerebbe continuare a lavorare con i cavalli... ma anche solo con gli animali in generale mi andrebbe bene.

Parliamo a lungo di cavalli, scuola e futuro in generale.

- Io ho solo un sogno, vincere l'oro alle Olimpiadi! - esclama il mio ragazzo, facendo ridere tutti.

- Lo sappiamo, Brook. Perché avere ormai quasi più trofei di papà non ti basta...

- Ho pensato che non fossero tutti tuoi - mi aggiungo timidamente.

- Così mi ferisci, Castiel! Non credi nel mio talento?

Rido anch'io, sommessamente.

- Gioca a basket, vero? - domando a suo padre.

- Sì. Ma presto dovrò smettere... sento la vecchiaia incombere...

- Papà, non sei vecchio!

- Ah, Brook, sei un angelo... un angelo, tesoro...

Dopo pranzo mi offro per dare una mano a sparecchiare, ma la madre del mio ragazzo mi ferma.

- Non ce n'è bisogno, caro. Sei nostro ospite, quindi rilassati e non preoccuparti di niente - ribatte con affetto. La osservo per un lungo istante.

- O-okay... - mormoro goffamente. La mancanza della mamma mi ha colpito come un pugno allo stomaco e credo mi si legga in faccia.

- Stai bene?

Annuisco, e un certo qualcuno mi cinge un fianco e mi stampa un dolce bacio sulla guancia.

- Vieni, Castiel?

Mi lascio condurre in giardino. Stare all'aria aperta mi fa sentire meglio.

- Qualcosa non va? Sembri giù...

Ci sediamo sull'erba.

- Sto bene. Hai una bellissima famiglia, Brook.

- Ma...?

- Mi manca mia madre - ammetto, giocherellando con i fili d'erba.

- Mi dispiace...

Sospiro.

- Ma mi sento sicuro, qui - mormoro, e lui all'improvviso prende il mio viso tra le mani e mi bacia come se non ci fosse un domani. Amo i suoi baci...

- Scusate se vi interrompo - esordisce timidamente la moglie di sua sorella, Leya. È molto bella... i suoi capelli sono dello stesso color biondo cenere che erano i miei. - Adoro i tuoi capelli, Castiel! Posso farti un ritratto? Giuro che farò in fretta!

- Un ritratto? - chiedo, stupito. - A me?

- Leya è un'artista davvero talentuosa - la loda Brooklyn. - Leya, posso mostrare a Castiel alcuni dei tuoi disegni?

- Certo! Li ho portati qui per cercare di convincere il tuo ragazzo... oh, va bene se dico ragazzo?

Annuisco.

- Okay! Non aver paura di dirmi se qualcosa ti dà fastidio!

Brooklyn recupera il blocco da disegno accanto a Leya e torna da me, allungandomelo. Io lo sfoglio con cura. I disegni sono tutti a matita e sono bellissimi, ritraggono svariati soggetti: un fiore, una lucertola su un sasso, un meraviglioso muso di cavallo, un cane che riconosco essere Yuuhi grazie alle foto di Brooklyn, una ragazza con Yuuhi che realizzo essere Bella quando aveva l'età di suo fratello... e poi un piccolo, tenerissimo Brooklyn, Brooklyn con un pony Shetland, e tanti cavalli... riesco perfino a riconoscere Sunny Day e Will!

- Mi hai convinto - annuncio, strabiliato. - Sei bravissima!

Leya mi ringrazia, dopodiché si mette al lavoro e così trascorre il pomeriggio. Brooklyn estrae il cellulare e mette Take your time.

- Questa è la nostra canzone - mi bisbiglia all'orecchio. Come se ce ne fosse bisogno... Leya è troppo impegnata per ascoltare.

- Hm-hm - replico, cercando di non muovermi, anche se potrei.

- Perché tu sei come un cavallo selvaggio... e io non voglio domarti.

- Ma sentilo, il cowboy... - sbuffo, sbirciandolo di sottecchi. Mi sta guardando intensamente e ciò mi fa arrossire.

- Cowboy o no... grazie per la fiducia che riponi in me, Castiel. Non la tradirò - promette. È così dolce, mi sciolgo come cioccolato in un ambiente troppo caldo alle sue parole.

Alla fine mi è concesso di vedere il capolavoro concluso. Non sembro nemmeno io, da tanto che sono bello. Le uniche cose a colori sono i miei capelli e i miei occhi, azzurri come il cielo in questo momento.

- Mi piacciono da morire i tuoi occhi, Castiel! È stato un piacere disegnarli... grazie per esserti prestato come modello! Non mi dispiacerebbe anche disegnare il tuo cavallo, un giorno... e poi insieme!

- G-grazie a te... - ribatto, imbarazzato.

- Tienilo al sicuro da Brooklyn! Quando gli piace qualcosa... non molla più! - mi avverte, facendomi l'occhiolino. E se ne va. Ho l'impressione che non si riferisse al disegno.

L'ora di cena arriva in fretta e passa in un attimo, fra chiacchiere e risate. Mi sento a mio agio, con la famiglia del mio ragazzo.

- Tesoro, sei sicuro di voler dormire separati? - domanda sua madre, mentre diamo una mano a sparecchiare. Sì, anch'io. Percepisco una fitta di delusione. Separati?

Brooklyn annuisce.

- Lo sai che io e papà ci fidiamo di te... se volete...

- Va bene così, mamma.

Mi mostra la sua camera: le pareti sono tappezzate di foto, soprattutto con Wamblee, e coppe e medaglie sono sparse un po' ovunque in un allegro disordine. Ci sono svariate statuine di cavalli sulla scrivania. Mi sento stranamente... a casa.

Per terra c'è un sacco a pelo.

- Io dormirò in quello - mi informa, prima di indicare il letto. Sul cuscino e sulla coperta ci sono disegnati dei cavalli, ovviamente. - E tu nel mio letto.

Annuisco con disappunto. Pensavo mi avesse invitato a restare a dormire per dormire con lui.

Osservo le foto più da vicino. Un piccolissimo Brooklyn e il pony Shetland di prima.

- Thor - dice lui con affetto. - Ho imparato ad andare a cavallo con quel piccoletto. Dio, quanto l'adoravo.

Foto di primi posti. Foto di Gold Medal puledro. Foto di Brooklyn che mostra la propria medaglia all'obbiettivo, sorridente, mentre sul gradino del terzo posto un ragazzino piange. Dev'essere una foto vecchia di almeno sette anni. No, è una foto vecchia di sette anni.

- Brooklyn! - esclamo, indicando l'immagine.

- Hmm?

- Ti ricordi questa competizione?

- Vagamente... credo. Perché?

- Guarda! Guarda il ragazzino arrivato terzo!

- Uh?

Fissa la foto a lungo, poi si gira verso di me e sgrana gli occhi.

- No... no! Castiel, tu... sei biondo?!

Scoppio a ridere. Ma quanto può essere...

- Scemo! È questa l'unica cosa che hai da dire?

- Uh... perché piangevi? Non mi ricordo.

Abbasso lo sguardo.

- Lasciamo stare.

- Okay.

Mi arruffa dolcemente i capelli.

- Il mio bel biondino - dice, sogghignando. Rido di nuovo, rubandogli un bacio e terminando di guardare le foto. Ha stampato quella che abbiamo fatto insieme, quella in cui ho al collo la sua medaglia.

I suoi genitori vengono ad augurarci la buonanotte, chiedendomi se mi sia trovato bene. Li rassicuro che mi son trovato benissimo e poi il mio ragazzo mi lascia un po' di privacy per mettermi il pigiama.

Solo che torna in camera mentre sono senza maglietta, perché non tutti si cambiano a razzo come lui.

- Castiel... - mormora al mio orecchio, cingendomi la vita con le braccia. - Ti devo un succhiotto, no?

Emetto un suono privo di senso, incapace di formulare una frase semplice. Le sue mani sulla mia pelle nuda mi mandano a fuoco.

Mi bacia il collo, prima di mordicchiarmelo e in seguito suggerlo.

- Mio - bisbiglia, sorridendo sornione. - E adesso mettiti la maglietta, non vorrai prendere freddo!

Come se potessi avere freddo, dopo questo, penso, sbuffando mentalmente all'idea di dormire separati.

Mi bacia dolcemente sulle labbra.

- Buonanotte, Castiel.

- Buonanotte, Brook - mugugno, sforzandomi di non mettere il broncio.

Per non so quanto fisso il soffitto, in silenzio. Questa situazione... è surreale. Dubito che lui stia già dormendo.

- Brook... - lo chiamo a bassa voce, rompendo il silenzio. - Non voglio dormire da solo. I tuoi genitori hanno d-...

- Shh - mi zittisce. Per un secondo temo che mi dica: dormi. Invece si alza e s'infila sotto le coperte con me. Lo abbraccio. Il suo corpo è piacevolmente caldo.

Starei così per sempre.

Ripiomba il silenzio. Per quanto sia spesso meglio delle parole, ci sono parole che non possono essere taciute.

- Ti amo, Brook - sussurro, accarezzandogli una guancia. Mi bacia teneramente la fronte.

- Ti amo anch'io, Castiel - replica, cingendomi con un braccio e intrecciando le gambe alle mie.

-

Note dell'autrice:
eheheh! Ho mentito, ieri. Non potevo lasciarvi senza questo capitolo... dovevo scriverlo, capite? Adesso posso partire senza alcun peso sul cuore. Mi mancherete! E spero di mancarvi anch'io, almeno un pochino... buonanotte, pasticcini! Un abbraccione
   
 
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