Libri > Classici vari
Ricorda la storia  |      
Autore: giada1999    12/07/2017    0 recensioni
"Cappuccetto Rosso camminava sprofondando con i suoi stivali nella neve fresca, caduta durante la fredda notte passata. I suoi passi erano sicuri, conosceva la strada da seguire. Non era la prima volta che percorreva quel sentiero."
Rivisitazione di una delle fiabe europee più popolari al mondo: Cappuccetto Rosso
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Chiudi la finestra

Il candore del bosco innevato, dove la nostra favola si svolge, veniva intaccato nella sua bianca purezza da una veste rossa svolazzante. Cappuccetto Rosso camminava sprofondando con i suoi stivali nella neve fresca, caduta durante la fredda notte passata. I suoi passi erano sicuri, conosceva la strada da seguire. Non era la prima volta che percorreva quel sentiero.
Il paesaggio, di un bianco monotono che rendeva malinconici i più, invece rallegrava la giovane. Cappuccetto amava la neve, aveva tanti bei ricordi legati ad essa, ma ciò che amava di più erano i fiori tipici di quel periodo: i Bucaneve. Istintivamente l'occhio li cercava sul bordo del sentiero, trovandoli, insieme al loro caratteristico profumo simile al miele. Fermò il suo passo accucciandosi, allungò una manina infantile e pallida verso il sottile stelo del fiore. “Bucaneve” anni prima aveva chiesto alla nonna perché di quel nome. La dolce signora le aveva sorriso materna e con voce sottile le aveva spiegato che con l'avvento del nuovo anno, quei bianchi fiorellini erano i primi a sfidare il gelido inverno per comunicarci l'arrivo della più calda primavera, bucando il monocromatico manto nevoso.
Adesso il collegamento le era semplice, il nome del delicato fiore non lasciava alcun dubbio, ma inizialmente l'aveva così incuriosita da chiedere spiegazioni. E non era rimasta delusa. La storiella narrata dalla saggia voce della nonna le era parsa una fiaba, come quelle che le leggeva prima di dormire sua mamma; un piccolo e fragile Cavaliere di bianco vestito, combatteva l'antico e scolorito Inverno, per ricordagli la presenza sotto il suo manto nevoso dell'armoniosa e colorata Primavera, sua regina e Signora. Un grande pregio di Cappuccetto Rosso, avrete ormai capito, era la sfrenata e genuina fantasia. La minuta mano da bambina raccolse un piccolo mazzo di Bucaneve, ponendoli nel suo cestino di vimini, precedentemente svuotato della focaccia e del vino per la nonna; li avrebbe messi in un vaso sulla finestra della sua cameretta, così il tipico profumo mieloso avrebbe giovato il sonno. Aprì la cesta, notando un oggetto che si era dimenticata di avere appresso. Un coltello. Un grande coltello da cucina, con la lama lucente e affilata, il manico in legno intagliato da mani esperte. La spensieratezza della bambina sparì alla vista della lama. Se ne era completamente dimenticata. Prima di uscire da casa la nonna le aveva consegnato l'arnese, avvertendola della presenza di un feroce lupo nel bosco. La giovane si era sentita in difficoltà ad accettare quell'arma, perché per quanto la sua nonnina lo usasse per tagliare golosissime torte, una volta incontrato il Lupo il coltello le sarebbe servito solo per aver salva la vita. Una torta, per quanto buona, non avrebbe interessato il feroce animale, quindi non l'avrebbe aiutata in un possibile incontro. Il coltello non era nel suo cestino per tagliare una succosa fragola, ma per recare dolore al famigerato lupo che nel bosco s'aggira. Non sarà il succo dolce del rosso frutto a corrompere la bianca purezza della neve ma il denso e ferroso sangue, che dalla ferita inferta, sarebbe corso per la lama, addensandosi sulla punta, per porre fine al suo percorso sul bianco sentiero. Perché lei ne era sicura. Per quanto crudele e inumano, il Lupo sanguinava come lei, provava dolore e tristezza. E ovviamente doveva cibarsi, per la sopravvivenza. Il pensiero che la ferocia dell'animale non si sarebbe però placata nemmeno mostrate le sue più che buone intenzioni, l'aveva costretta ad accettare, seppur controvoglia, l'arma che la nonnina le aveva porto. Aveva posizionato il coltello nel cestino, avvolto in un panno di stoffa. Lontano dall'occhio, lontano dal cuore. Eppure la sua coscienza non smetteva di ribellarsi, ricordandole incessantemente la presenza dell'oggetto incriminato. Come se glielo puntassero contro il suo animo infantile, sul cuore ancora intaccato dal dolore e dalla paura. Puro. Appoggiò freddamente il mazzo di fiori nel cesto, chiudendolo con stizza. Perché doveva portare un simile fardello, era ancora così giovane. Il ricordo della nonna malata spense il suo animo ribelle. Con rassegnazione accettò il suo compito e il pericolo che derivava da esso. Ormai stava crescendo. Non poteva rimanere bambina per sempre. Il bianco stava prendendo il tono del grigio con l'imbrunire. Preoccupata, la giovane aumentò il passo. Sua madre non le avrebbe perdonato facilmente un ipotetico ritardo, coltello o non. Inoltre il bosco innevato che solitamente la rallegrava, dopo quei cupi pensieri, l'agitava. La neve ancora fresca lasciava evidenti impronte al suo passaggio e le impediva una corsa per l'ultimo tratto di strada. Uscita dal bosco, si accorse di aver trattenuto il fiato. Espirò rumorosamente, buttando fuori anche i cattivi presagi che l'avevano abbracciata per gli ultimi metri. Più leggera, volse lo sguardo sulla lunga distesa di alberi, aspettandosi l'oscurità appena lasciata. Si sorprese invece, della bianchezza accecante della neve, illuminata dalla luna. Notte di luna piena. L'atmosfera magica del bosco la chiamava a sé, con voce peccaminosa la invitava a continuare la sua passeggiata, a raccogliere i bianchi fiori dal dolce profumo. Chiuse gli occhi, allontanandosi velocemente da quella grande tentazione. Non poteva, troppo pericoloso. Un dolce profumo di torta proveniente della sua piccola e modesta casa la riscosse. Salutò il panettiere, suo vicino di casa, mentre prendeva il corto sentiero che precedeva la porta di casa. L'aroma di miele, proveniente dalla torta che sua madre aveva lasciato a raffreddare sulla finestra, si espandeva per il giardino, ricordandole con nostalgia i numerosi cavalieri di bianco vestiti, i fiorellini che l'aspettavano nel bosco proibito di notte. Con un ultimo sguardo, decise di accontentarsi del piccolo mazzo custodito nel suo cestino, invece di continuare la sua esplorazione con il buio. Sorrise chiudendosi la porta alle spalle. Dopo una cena ristoratrice, Cappuccetto Rosso si chiuse nella sua cameretta. Appagata mise il piccolo mazzo di fiori in un vaso, per poi appoggiarlo sul davanzale della finestra. Il dolce profumo l'avvolse come una calda coperta. Con lo sguardo osservò il bosco dalla finestra, scorgendo una strana figura nera, aggirarsi tra gli alberi. Curiosa spalancò la finestra. Non vedendo più alcuna anormalità, si convinse di un errore dettato da una svista. Osservando il bosco si ricordò del pericoloso suo abitante e di conseguenza pure del coltello che la nonna le aveva consegnato, ora abbandonato nel cestino in cucina. Con un pizzico di infantile rivincita, capì con soddisfazione che l'arma non le era servita. Il lupo non l'aveva cercata, forse non era poi così cattivo come la nonna e gli abitanti del villaggio lo descrivevano. La piccola e ingenua Cappuccetto Rosso ne era sicura. Ma nel suo animo sorrideva sollevata, per la fortuna avuta di non aver incontrato il lupo. Prevenire è meglio che curare, in fondo. Assonata si allontanò dalla finestra, cercando per un'ultima volta la nera figura. Non trovandola si avvicinò al letto, buttò disordinatamente la sua amata mantellina rossa sulla sedia e si mise sotto il pesante piumone. Un rivolo di vento la fece rabbrividire. Si era scordata di chiudere la finestra. Sia maledetta la sua sbadataggine. Sapeva di doverla chiudere, ma la pigrizia vinse sul buonsenso. L'avrebbe chiusa il mattino seguente. Dando un ultimo sguardo alla finestra e al piccolo mazzo di fiori, chiuse gli occhi. Rivisse allegra la giornata passata, il pranzo dalla nonna, in via di guarigione e il poetico paesaggio innevato. Nuovamente ripensò alla sua fortuna, nel non aver avuto un incontro ravvicinato con il feroce Lupo. La luce della luna piena entrava prepotente nella stanza, proiettando un'ombra. Un'ombra imponente, che entrando dalla finestra si accucciò vicino al letto della bambina. Lei non si accorse di niente, ormai i suoi occhi erano chiusi e lei venne accolta dalle braccia di Morfeo. Ma improvvisamente al vento freddo si sostituì un alito caldo. Puzzo di morte. La bambina tremante spalancò gli occhi. Il suo cuore batteva, pompando velocemente il rosso sangue. In uno sprazzo di lucidità maledisse il suo buonsenso, vinto dalla pigrizia, di quella inizialmente tranquilla giornata invernale. Appena scorta la bestia, d'istinto la bambina spalancò la bocca per lanciare un urlo di terrore, ma si fermò stupita. Un dolce profumo le solleticò il naso. Con occhi spalancati osservò la nera figura che teneva saldamente tra i denti aguzzi un mazzo di fiori. Oltre ai suoi amati Bucaneve, altri cavalieri colorati sfoggiavano i loro petali. Il possente animale non poteva che essere il famigerato Lupo, il quale la osservava con espressione imbarazzata, in una posizione tesa, come se al minimo segno di pericolo fosse dovuto scappare fuori dalla finestra. Silenzioso come era comparso. Con mani tremanti Cappuccetto Rosso raccolse dalla grande bocca del Lupo, il mazzo di fiori che le porgeva. Lo avvicinò ancora di più al viso, per goderne appieno il dolce e variegato profumo. Un ampio sorriso le accese il viso di pura gioia. Il Lupo sembrò rilassarsi alle positive reazioni della bambina. Quindi prese coraggio e con voce cavernosa, le parlò. “Ti ho osservata oggi, sul sentiero per raggiungere la casa nel bosco, mentre raccoglievi un piccolo mazzo di Bucaneve.” raccontò con tono esitante. Cappuccetto alla notizia si allarmò leggermente. Quella mattina, non si era accorta di nulla. Visto il suo silenzio il Lupo continuò a raccontare, cercando di addolcire la voce, per non spaventare ulteriormente la bambina. “Non è la prima volta che ti vedo intraprendere quel sentiero, per far visita alla tua amata nonnina. Ho così potuto notare il tuo amore per i fiori, oggi ho pensato di raccoglierne un mazzo più grande e colorato, per non accontentarti di quel scarno mazzetto.” concluse il Lupo spostando lo sguardo sul davanzale della finestra, dove il suddetto mazzo si muoveva pigramente al volere del vento notturno. Con leggera agitazione si allontanò dal letto della bambina, per accucciarsi nell'angolo buio e non illuminato della stanza, molto probabilmente per la timidezza che gli causava essere così a stretto contatto con una creatura degli umani, umani che l'hanno da sempre accusato di efferati omicidi e mostruosità, che nemmeno un abitante della notte come lui avrebbe mai avuto il coraggio di commettere. Lui non amava mangiare gli umani, portava troppi problemi. Preferiva cacciare la selvaggina, che in sé era pure più appagante piuttosto che sorprendere uno svampito contadino, che aveva dimenticato di chiudere casa. Troppo semplice. Il feroce e tanto discusso Lupo osservava la reazione della bambina al racconto appena concluso, mentre ella rispondeva allo sguardo con altrettanta curiosità. Era lui il tanto famigerato Lupo? Colui che tanto gentilmente le aveva portato quel meraviglioso dono? Perché veniva descritto con così crudeli e false parole? La bambina era giustamente confusa da tanta gentilezza, ricevuta senza un motivo apparente, così la domanda le sorse spontanea “Perché?” Il Lupo strabuzzò gli occhi, mai si era trovato così in difficoltà. Si guardò attorno con disagio. Osservò l'infantile stanza della bambina, alla ricerca di una risposta alla domanda. Con un sospiro di rassegnazione, decise di dire la pura e semplice verità. “Voglio essere tuo amico” rispose con sincerità disarmante. La bambina rimase sconcertata da tale rivelazione. Amici? Potevano loro, così diversi per natura, essere amici? Si chiese ingenuamente la piccola Cappuccetto Rosso. Tutti l'avevano avvertita della pericolosità dell'animale, di come avesse ucciso a sangue freddo un povero contadino del suo villaggio. Lo descrivevano come un assassino, come forse lo era. Ma lei credeva a queste storie? In fondo nessuno ha mai trovato prove convincenti per accusare il Lupo di tale orrore, ma neanche per scagionarlo. Fidarsi o non fidarsi? Questo è il problema che si poneva la giovane fanciulla seduta sul soffice letto, sotto le calde coperte. Non aveva paura del Lupo in quel momento, neanche dopo tutte quelle precauzioni che tutti le avevano ripetuto, perché aveva scorto sincerità in quegli occhi animaleschi, verdi come i prati in cui correva spensierata sorretta dal vento primaverile. Non aveva paura, perché davanti a sé, ne era sicura, non c'era l'assassino, invece molto probabilmente solo una vittima degli eventi. Alzò lo sguardo sui verdi occhi della bestia, cercando una conferma ai suoi pensieri. Con una decisione avventata e prima che il buonsenso, che ormai l'abbandonava assai frequentemente, la fermasse, scelse di fidarsi dell'istinto e accettare l'inaspettata offerta d'amicizia. Però una ventata di freddo più intensa delle precedenti la bloccò. Tremante lasciò il suo caldo letto per chiudere, finalmente, la finestra che aveva portato a quella bizzarra situazione. Un fremito del Lupo, però, fermò il suo passo. Lo vide contorcersi su se stesso a disagio “Qualcosa non va?” chiese la bambina, cercando una motivazione a tale comportamento. Il Lupo la fissò con sguardo di scuse “Preferirei che tu lasciassi la finestra aperta, se non ti dispiace” La giovane, dopo una iniziale confusione, ipotizzò che l'animale si sarebbe sentito in trappola, una volta chiusa la sua unica via di fuga. Ovviamente non si fidava ancora di lei, chissà quante ne aveva passate quel povero Lupo, per colpa degli uomini. Molto probabilmente al primo accenno di pericolo sarebbe fuggito, per nascondersi nel bosco innevato. Però lei aveva freddo, doveva trovare un compromesso. “Allora vado a prendere delle coperte! Aspetta solo un minuto, poi possiamo parlare senza che io mi ammali” gli rispose con un sorriso a incorniciare l'infantile viso, arrossato dal vento freddo proveniente dalla finestra. Il Lupo rimase sbalordito da una reazione così gioiosa, così prima che lui si ricomponesse, la bambina era già uscita dalla stanza. Camminò in punta di piedi per non svegliare la mamma, non credeva sarebbe stata molto contenta del suo nuovo amico. Dopo aver oltrepassato la sua camera, Cappuccetto raccolse un paio di pesanti coperte in lana dal divano, per poi tornare in punta di piedi alla sua colorata cameretta. Passando davanti la cucina l'occhio le cadde sul piccolo cestino di vimini, che conteneva ancora il coltello che tanto l'aveva angosciata. Pensò che se quella mattina avesse incontrato il Lupo, non avrebbe esitato a spingere quella lama affilata nella carne della bestia, per poi osservare con disgusto il rosso sangue colare dall'arma e cadere a gocce sulla bianca neve. Immaginò la paura che l'avrebbe colta, vista la pericolosità di quell'animale, che uccideva innocenti per sopravvivere. La coscienza le parlava con voce saggia, la Voce della verità. Un ultimo sguardo alla porta di camera sua, lasciata leggermente spalancata, così da lasciare uno spiraglio di luce lunare a farle da guida nei freddi corridoi di casa sua. Prese la difficile decisione. Raccolse con le sue piccole manine il grande coltello. Impugnò saldamente il manico di legno intagliato e si addentrò nel corridoio. Cappuccetto Rosso con precisione chirurgica fece un taglio, il coltello penetrò a fondo, non immaginava di essere così capace nel maneggiare coltelli. Con un dolce sorriso raccolse ciò che aveva tagliato e l'annusò estasiata. Tutta contenta porse una grande fetta di torta al Lupo, sperando potesse piacergli. L'animale, avvolto da una pesante coperta di patchwork, accettò più che volentieri il dolce offertogli dalla sua nuova amica. Una torta non si rifiutava mai. Dopo un primo morso il Lupo mangiò, con la sua grande bocca, tutta la fetta in un solo boccone, facendo ridere Cappuccetto Rosso che, altrettanto avvolta da numerose coperte, tanto da farla sembrare un bruco pronto a diventare una bellissima farfalla, mangiò con lentezza per gustarsi appieno la torta della madre. Osservando il Lupo ridere con lei, la bambina pensò a tutte le menzogne che lo descrivevano per ciò che non era. Se il villaggio, come lei, fosse andato oltre le apparenze, la loro convivenza sarebbe diventata molto più pacifica e gioiosa, per entrambe le parti. Guardando sulla finestra il suo scarno e monocromatico mazzetto di Bucaneve accostato al grande e colorato mazzo donatole dal Lupo pensò a quanto il mondo sia ingiusto, come tutti giudichino il diverso, senza dargli il tempo di farsi conoscere per quello che è veramente. Pensò al coltello che la sua nonna avrebbe voluto impiegato per difendersi dal Lupo a cui ora stava offrendo una fetta di torta. I pregiudizi non devono guidare le nostre lame. Felice osservò il bosco innevato, i fiori, la finestra che si apriva su un mondo pieno di animali. Con un ennesimo sorriso sulle labbra, incrociò gli occhi con il feroce e malvagio Lupo, per raccontagli una bella favola.
"Sai perché si chiamano Bucaneve?"







Angolo autore: Ciao e benvenuti nella mia storia! Effettivamente questa è la prima che condivido sul grande mondo di internet e spero che vi sia piaciuta! Se avete notato qualche errore o volete scrivere una recensione siete liberi di farlo, anzi fatelo che sono mooooolto curiosa ahahahah
Vi ringrazio ancora per aver letto la mia storia!
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Classici vari / Vai alla pagina dell'autore: giada1999