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Autore: Mary P_Stark    12/07/2017    2 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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7.
 
 
 
Aberdeen – 26 ottobre 1827
 
 
Carissima Lizzie, qui a Madera la situazione è stazionaria. Spero che questa lettera possa giungere tra le tue mani poiché, per il momento, quasi tutte le navi sono ancorate in porto, e non sembra vogliano ripartire per il continente. Le tempeste infuriano da giorni sull’oceano e, solo per qualche ora, abbiamo potuto rivedere il sole. Sappiamo che alcune navi hanno tentato di prendere il largo, fra cui il cargo postale su cui viaggia questa mia, ma in molti non hanno voluto tentare la traversata per la Spagna. Attendiamo perciò fiduciosi, e preghiamo ogni giorno perché il tempo si aggiusti. Forse, avremmo dovuto rifare il viaggio via terra come all’andata, ma abbiamo voluto tentare la sorte, e abbiamo perso. A ogni modo, qui stiamo bene, la gente del posto è gradevole e l’albergo ti piacerebbe molto. Forse, potresti convincere Alexander a portartici, quando i bambini saranno più grandi. E, a proposito di bambini, ti pregherei di attendere il mio arrivo, per partorire, in quanto vorrei essere presente. Naturalmente, ti sommergerò di regali, così mi scuserò in maniera adeguata per il mio ritardo.              Tuo Andrew
 
“Ed ecco spiegato il perché del ritardo” mormorò Elizabeth, reclinando la lettera e fissando sollevata Violet, seduta dinanzi a lei nel salottino della lettura.

Sospirando di sollievo, Lettie si portò le mani al cuore ed esalò: “Non avere sue notizie per più di un mese mi aveva preoccupata davvero. Dovremmo richiedere un premio per i coraggiosi navigatori che hanno sfidato il mare, pur di far giungere le missive a terra.”

Sorridendo all’amica, assentì comprensiva e replicò: “Credo che farebbe loro piacere, il tuo pensiero. Ora come ora, però, chissà dove saranno. Siamo quasi alla fine di ottobre, mentre questa missiva è datata tre settembre. Potrebbero essere ancora bloccati a Madera, o in viaggio.”

“Dobbiamo solo pregare, e sperare. Confido che, gli stessi comandanti che hanno deciso di fermarsi per la sicurezza della nave, sappiano anche quando riaffrontare il mare” sospirò Violet, prima di volgersi quando udì bussare alla porta.

A un assenso di Lizzie, il maggiordomo entrò e si inchinò leggermente, avvertendo le loro signorie della presenza di lord Lucius Bradbury alla porta.

“Fallo pure accomodare, e facci portare del tè e altri pasticcini alla marmellata. Ho ancora fame” sorrise Lizzie, notando con piacere il sorriso sul volto del maggiordomo.

“Tutto ciò che può servirvi, milady. Faccio accomodare lord Bradbury, nel frattempo” asserì l’uomo, scomparendo l’attimo dopo.

Sorridendo, Violet disse: “Ti vogliono tutti bene. E’ evidente.”

“Cerco di non far ammattire nessuno” si sminuì Lizzie, prima di sorridere nel veder entrare il cugino acquisito. “Lucius! Benvenuto!”

Nel notare, poi, tutti gli incartamenti sotto il suo braccio e l’aria vagamente eccitata, esalò subito dopo: “Oibò, e tutta quella roba?”

“Buongiorno, Elizabeth… Violet” disse in fretta il giovane, depositando il tutto sopra a una delle scrivanie presenti nel salottino. “Sono tutti i progetti che ho messo insieme negli anni e, come promesso, li ho portati perché Violet potesse visionarli.”

L’amicizia tra Violet e Lucius procedeva a vele spiegate e, nel corso di quei mesi, le incertezze della ragazza in merito alle proprie possibilità, si erano via via deteriorate.

Inoltre, Lettie non aveva mai potuto affrontare in maniera così diretta l’argomento che tanto le stava a cuore, e la cosa l’aveva resa più felice di quanto non avrebbe mai potuto pensare.

Confrontarsi con Lucius, inoltre, l’aveva messa di fronte all’annoso problema che sempre l’aveva afflitta; la sua insicurezza.

Tutti l’avevano sempre protetta, in un modo o nell’altro, e lei si era sempre sentita sicura e tranquilla, in quel mondo ovattato e sereno che era la sua famiglia.

Suo malgrado, si era abituata a lasciare che gli altri pensassero sempre ai suoi bisogni, aiutandola non appena lei ne aveva avuto bisogno.

Questo le aveva ovviamente permesso di sviluppare i suoi interessi, ma le aveva anche concesso di crogiolarsi nella certezza che qualcuno sarebbe sempre stato lì per lei.

Ora, quindi, non sempre sapeva bene come comportarsi con quel giovane che pareva apprezzare la sua compagnia e sì, la sua opinione, e aveva timore di sbagliare a ogni parola.

Fortunatamente, avere al suo fianco Lizzie la aiutava in qualche modo, pur se l’amica non aveva mai espresso nessun parere in tal senso.

A conti fatti, lasciava sempre che lei pensasse con la propria testa, e Lucius la invogliava ogni volta a esprimere ogni suo pensiero.

Certo, con il giovane Bradbury non affrontava proprio tutti gli argomenti che le stavano a cuore.

Solo Lizzie sapeva del suo affetto profondo per Andrew, ma Elizabeth non si era espressa in alcun modo, dicendole semplicemente di pensarci sopra.

E di agire come le avrebbe suggerito il cuore.

Non aveva ancora ben capito in che modo ascoltare i dettami del suo animo, ma le piaceva passare i pomeriggi in compagnia di Lucius.

Affrontare i suoi progetti e ascoltare i suoi programmi sul futuro, la facevano sentire parte di qualcosa in prima persona.

Non più la spettatrice silenziosa, ma la protagonista di qualcosa che stava costruendo interamente con le sue mani.

Inoltre, stare in compagnia di Lucius le offriva la possibilità di parlare di ciò che le piaceva senza sentirsi sciocca.

Per ciò che non conosceva, lui le veniva incontro, spiegandole quello di cui non era al corrente, e Lucius ascoltava attento tutti i suoi commenti, anche quelli goffi.

A ogni sua parola, però, avrebbe tanto voluto discorrerne anche con Andrew, conoscere i suoi pareri, confrontarsi con lui per sapere se avrebbe apprezzato a sua volta la sua opinione.

Lui era sempre stato più che disponibile, fin da quando lei era piccola ma, a quel punto, il dubbio che Andrew l’avesse fatto solo per compiacerla, era prepotente nel suo cuore.

Doveva sapere.

Ma, per scoprire cosa voleva, doveva prima comprendere cosa volesse dire avere a che fare con una persona che non fosse Andrew.

Sperò soltanto che, quel suo comportamento, non minasse per sempre la sua amicizia con Lucius.
 
***
Madera - 28 settembre 1827

Pioggia, vento gelido e nubi purulente e gonfie.

Andrew avrebbe detto che quelle nuvole nere e ribollenti ce l’avessero con lui, per come si accanivano sull’isola di Madera.

Il loro cargo, come molti altri, era partito da Atene per fare scalo nelle isole spagnole delle Baleari per poi puntare verso l’oceano e dirigesti verso Madera.

Da lì, secondo i programmi, avrebbe puntato verso Lisbona, permettendo ai passeggeri di prendere una goletta diretta verso Calais.

Se tutto fosse andato secondo i piani, ovviamente.

Il mal tempo d’autunno, però, era giunto con largo anticipo, bloccandoli a Madera per quasi un mese e, ormai, Andrew era tentato di provare la traversata a nuoto.

Non che Madera non meritasse di essere visitata anche con il maltempo.

Il luogo era decisamente splendido, esotico e, pur con il cattivo tempo, la temperatura era sempre rimasta gradevole.

Adatta per lunghe dissertazioni nei salotti bene della capitale, o per ascoltare le piccole orchestre da pochi elementi che si esibivano nelle ville dei dignitari locali.

Per non lasciare al caso e alla noia quei giorni di forzata immobilità, Andrew era anche sceso più volte al porto, per parlare con barcaioli e marinai.

Atene, invero, era stata il viatico per una risposta definitiva sui suoi sentimenti, pur se non vi aveva sperato fino in fondo.

Come Leonard gli aveva saggiamente consigliato, aveva sondato a fondo nel suo cuore, tentando di comprendere cosa veramente lo legasse a Violet.

Camminando tra le rovine dell’acropoli, sotto il sole raggiante della Grecia, era tornato agli anni in cui lui e Violet erano cresciuti assieme, coltivando le rispettive identità.

Da sempre delicata come un fiore, Violet era stata coccolata da tutti, Andrew compreso.

Neppure con Sarah e Lorainne era stato così coinvolto, forse perché le sorelle minori di Violet non gli erano mai sembrate bisognose di simili attenzioni.

Violet, al contrario, così esile e dall’aspetto celestiale, oltre che dall’animo nobile e ingenuo, gli aveva dato l’idea di avere necessità di essere aiutata e protetta più degli altri.

Questo lo aveva spinto, nel corso degli anni, a essere più solerte di quanto, forse, non sarebbe stato necessario.

E, a ben pensare, forse era stato davvero stupido da parte sua, oltre che inutile.

Certo, Violet era una creatura tenera e gentile e, non a caso, aveva sempre cercato di prendersi cura di tutti coloro che avevano anche solo lontanamente avuto bisogno di aiuto.

Animali o persone, non aveva mai fatto alcuna differenza.

Come dimenticare le volte in cui era tornata a casa da una passeggiata, in compagnia di un coniglio azzoppato, o di un uccellino caduto da un nido?

Poco le era importato di essersi sporcata nel farlo; l’importante era stato salvare quella creatura indifesa.

Raggiunta un’età più adulta, le sue cure si erano spostate sulle persone, e Andrew aveva smesso di contare da tempo le sue visite agli orfanotrofi o alle fabbriche dello Yorkshire.

Cosa potevano aver visto quegli occhi sensibili?

Più di quanto lui stesso poteva immaginare ma, ogni volta, non aveva fatto caso a questo quanto, piuttosto, a proteggerla da chiunque potesse turbarla.

Peccato che, forse, questo era già avvenuto nei luoghi da lei visitati. Eppure, nulla era mai trapelato da quel viso tenero e gentile.

Quante emozioni scatenate da quelle brutture, aveva sempre nascosto a tutti?

Quanta forza era stata intrappolata in quel corpo esile come un giunco, e solo apparentemente debole?

E quanto si era illuso, lui, di esserle indispensabile per camminare in mezzo agli altri?

No, Violet non aveva mai avuto realmente bisogno della sua presenza.

Era sempre riuscita a fare tutto da sola, e soltanto la sua apparente fragilità li aveva spinti a proteggerla. Non una sua reale necessità.

Questa consapevolezza l’aveva infine spinto a pensare agli interessi di Violet, a ciò che veramente le interessava.

Era inutile fissarsi sui propri errori, ma su ciò che conosceva davvero di lei per capire se, alla fine, poteva dire di conoscerla.

A quel punto, erano tornati alla sua memoria i ricordi degli studi della ragazza, dei sui disegni, delle sue interminabili dissertazioni.

Con un sorriso soddisfatto e il cuore finalmente leggero, si era così spinto al Pireo e, da quel momento, non aveva smesso di interessarsi a ciò che piaceva a Violet.

Perché? Non soltanto per compiacerla, poiché sarebbe stato sciocco e l’avrebbe sminuita come persona.

Sopra a ogni cosa, aveva amato ascoltarla parlare di ciò che lei amava, e voleva essere in grado di poterle offrire un pubblico competente.

Non soltanto lo sciocco ragazzo che si era infatuato di lei.

Uno sciocco che aveva pensato, a torto, di limitarsi a proteggerla come un cavaliere, senza badare a cosa lei volesse realmente.

Partire da Atene era stato quasi un sollievo, con il suo bagaglio intellettuale – e non – carico di nuove esperienze e di una documentazione particolareggiata da donare a lei.

Poi, le tempeste erano giunte.

Quello stop obbligato, quanto fastidioso, alla fine gli era servito per chiarire a se stesso come comportarsi una volta tornato a casa.

Violet era la donna del suo cuore e, indipendentemente da quello che avrebbero detto tutti, lui si sarebbe aperto a lei.

Sarebbe spettato a lei sola, accettarlo o meno, ma non avrebbe più taciuto.

Il silenzio lo aveva portato sull’orlo del baratro, finendo quasi per renderlo l’ombra di se stesso e mai, per nulla al mondo, avrebbe permesso che ciò si ripetesse.

Se poi lei, invece, non avesse provato i suoi stessi sentimenti, se ne sarebbe fatto una ragione, ma almeno avrebbe potuto dire di aver tentato.

Non si sarebbe più nascosto dietro la paura di ferire i loro genitori.

Tacendo, aveva ferito se stesso e ingannato Violet.

No, il silenzio non aveva aiutato nessuno.

Fu così che Eli lo trovò, sommerso tra carte nautiche, modellini su carta di imbarcazioni e con il vecchio proprietario della libreria dove era entrato, in divertita contemplazione del suo assiduo acquirente.

Sorridendo divertito, Eli salutò il commerciante, entrò nello stanzino dove si era rifugiato Andrew e, poggiandosi contro lo stipite della porta, dichiarò: “Giuro su Dio, amico mio, che non ho mai visto una persona tanto decisa a imparare a tempo di record un argomento così complesso come la nautica.”

Levato il capo di scatto, Andrew scostò con un gesto secco una ciocca dei capelli castani – ormai, avrebbe dovuto farli accorciare, così come la barba – e, con un mezzo sorriso, dichiarò: “Se sapessi a che punto è Violet, inorridiresti per la tua ignoranza.”

“Sono sempre più curioso di conoscerla, a questo punto” sorrise Eli, afferrando una sedia per sedervisi a cavalcioni. “Ma non credi di esagerare? Anche se lei è così avanti nell’istruzione, non è necessario che tu sia al suo stesso livello. Anzi, sarebbe carino che tu ti facessi istruire da lei.”

Il doppio senso contenuto in quelle parole fece storcere il naso ad Andrew, da sempre abituato a proteggere in tutti i modi possibili la sua Violet.

Ligio però al suo nuovo imperativo – non essere così assillante e protettivo – prese solo un gran respiro e asserì: “Non capirebbe neppure il tuo doppio senso, amico mio. Violet è un’anima candida.”

“Keath continua a dirlo, e Leonard è convinto che sia stata mandata direttamente dagli angeli. Puoi spiegarmene il motivo?” domandò a quel punto Eli, facendo sorridere divertito Andrew.

Poggiando sulla scrivania l’ultimo scritto che aveva preso sottomano, il giovane Spencer disse: “Di sicuro, ne ha l’aspetto. Ha biondi capelli e occhi di un azzurro limpido come l’acqua di un ruscello. Ma è soprattutto il suo carattere altruista e genuinamente empatico, a renderla tale. Ha sempre una parola buona per tutti, cerca di trovare il lato positivo in qualsiasi situazione, e non si tira mai indietro, se si deve aiutare – o curare – qualcuno.”

Scrollando una mano, Andrew aggiunse: “Keath la venera letteralmente perché quando si ruppe la gamba, l’anno addietro, fu l’unica in grado di calmarlo. Keath ha una certa tendenza ad andare fuori di matto, alla vista del sangue, ma Lettie seppe blandirlo solo a parole.”

Eli sollevò sorpreso le sopracciglia rossicce, esalando: “Era presente… all’incidente di Keath?”

Naturalmente, sia Eli che gli altri ragazzi avevano visto la brutta cicatrice che sfregiava la gamba di Keath, poco sotto il ginocchio.

L’anno passato, durante una galoppata per le colline, il cavallo di Keath era finito con una zampa in una buca, ed era caduto rovinosamente a terra.

Nella caduta, le ossa della gamba destra di Keath si erano spezzate, lacerando anche la carne e, a quel punto, il giovane aveva cominciato a urlare come un ossesso.

Sorridendo a quel ricordo, Andrew mormorò: “Lettie fu la prima a scendere da cavallo e, con la prontezza di spirito degna di un generale, diresse noi tutti come se fossimo stati sul campo di battaglia. Spedì Leonard a York per cercare un dottore, e mio cugino Julian a Green Manor perché venissero a prenderci con un carro, così da poter caricare Keath agevolmente.”

“Davvero impeccabile” sussurrò colpito Eli.

“E’ anche ripensando a episodi come questo, che mi sono reso conto di non averle mai reso giustizia. L’ho sempre trattata come un oggetto di cristallo, delicato e bisognoso di attenzioni continue, mentre sapeva cavarsela egregiamente anche da sola.”

“Va detto che, se ami qualcuno, hai sempre una certa tendenza a volerlo proteggere” gli sorrise Eli, scrollando le spalle.

“Certo, ma bisogna anche capire quando fermarsi, e spero di averlo compreso abbastanza da non ricadere nell’errore di sottovalutarla.”

Eli indicò la marea di carte su cui era appoggiato Andrew e, ridendo sommessamente, esalò: “Beh, direi che ti ci sei messo d’impegno.”

“Per Violet, leggerei tutte le biblioteche del mondo, se servisse” rise suo malgrado Andrew.

L’arrivo in tutta fretta di Solomon, con la sua bionda e lunga chioma rilasciata attorno al bel viso abbronzato, li fece volgere entrambi e, nel vederlo tutto sorridente, sperarono subito in una bella notizia.

“Ragazzi, raccogliete armi e bagagli. Si è aperto il cielo e, stando a quello che dicono i marinai, ci sarà tempo bello per tutta la prossima settimana. Potremo approcciarci alla penisola iberica. Alla peggio, potremo proseguire nell’entroterra” li informò il giovane, sorridendo quasi da un orecchio all’altro.

“Molto bene!” esclamò Eli, balzando subito in piedi. “Hai già trovato Patrick? O è ancora disperso in qualche locanda?”

“Ci stanno pensando Keath e Leonard” gli spiegò Solomon, passandosi una mano tra la folta chioma bionda. I suoi occhi azzurri luccicarono divertiti, al pensiero dell’amico.

Eli colse immediatamente quello sguardo e, sospirando, borbottò: “Andrà ancora bene se, tra nove mesi, qualche fulgida ispanica non si presenterà alla porta dei McTavish con un bambino in braccio.”

Solomon e Andrew risero di gusto, a quel commento e quest’ultimo, nel raccogliere le carte che avrebbe comprato per Violet, asserì: “Beh, se non altro sappiamo che non si è sposato, finora. Almeno un traguardo lo abbiamo raggiunto.”

“Non siamo ancora tornati in Scozia. Può sempre combinare qualche guaio, da qui a là” sospirò nuovamente Eli, a metà tra il divertito e l’esasperato.

Nel consegnare i suoi acquisti al libraio, Andrew replicò: “Non essere così pessimista, Eli, e considera questo. Sarà stato così impegnato a divertirsi, che non avrà avuto occasione di trovare un prete.”

“Speriamo” borbottò Eli, uscendo con Solomon e Andrew, quando tutti gli incartamenti vennero sistemati e impacchettati in carta oleata.

A passo lesto, attraversarono le vie lustre e profumate di ginestra di Funchal, oltrepassando archi a tutto tondo e stretti viottoli, fino a raggiungere il loro albergo.

Come annunciato da Solomon, il cielo si era aperto e, anche in lontananza, era possibile librarsi per centinaia di miglia senza scorgere altro se non oceano.

Tutto sembrava promettere tempo buono e, forse, così sarebbe stato fino al raggiungimento della terra ferma.
Non appena misero piede nella hall, l’addetto alla reception li salutò cordialmente, avvisandoli della presenza dei loro amici nelle camere.

Evidentemente, Patrick era stato recuperato, ovunque egli fosse finito.

Fatte le scale a due a due, Andrew salutò Eli e Solomon per raggiungere la sua stanza e, una volta aperta la porta, trovò Leonard impegnato a sistemare le ultime cose nei suoi bagagli.

Quello che lo colpì, però, non fu il fatto che l’amico li avesse quasi terminati, quanto, piuttosto, il brutto livido all’altezza dello zigomo sinistro, evidente sulla sua pelle naturalmente chiara.

“Ma che è successo?” esalò Andrew, afferrando le sue valige per prepararle in fretta e furia.

“Chiedilo a Patrick. Ha pensato bene di recriminare su un certo servizio fatto da una non proprio gentile signorina, e io ci sono finito nel mezzo” borbottò Leonard, chiudendo la cinghia della sua ultima sacca.

Bloccandosi per un momento per fissare basito l’amico, Andrew sbatté confuso le palpebre per poi domandare dubbioso: “Che servizio? E perché hanno colpito te?”

“Ha colpito” sottolineò Leonard. “Una donna mi ha colpito con un destro micidiale, e tutto perché Patrick si è lamentato del fatto che, la notte precedente, i massaggi che lei aveva fatto non erano stati abbastanza decorosi, visto il pagamento che aveva richiesto per tale servizio.”

“Cosa?!” gracchiò Andrew, ora del tutto sconcertato.

Afferrando anche le cose di Andrew, visto che lui sembrava troppo impegnato a fissarlo come un pesce lesso, Leonard cominciò anche le sue valige e aggiunse: “Sì. Hai capito bene. Patrick si è fatto fare un massaggio di qualche tipo da una tizia orientale… indiana, credo,… e, alla fine del servizio, si è addormentato come un allocco. La mattina seguente, si è risvegliato con miriadi di acciacchi, che lui ha attribuito ai massaggi ricevuti, non al fatto che avesse dormito su un’asse di legno, così la donna ha dimostrato cosa ne pensava del commento ricevuto.”

“E ha colpito te” borbottò Andrew, aiutando l’amico a infilare i suoi abiti nella valigia. “Scusa, ma non capisco perché sia successo.”

“Stavo cercando di blandire la signora in questione, dando nel frattempo dell’idiota al nostro amico. Così, a fare da mediatore, ho rimediato un pugno… e un massaggio gratis.”

A quell’ultimo commento, Andrew esplose in una grassa risata e Leonard, strizzandogli l’occhio buono, asserì: “Ehi, è stata gentile. Si è scusata per tutto il tempo, mentre mi massaggiava in modo eccellente, tra l’altro. E’ solo Patrick che riesce a cacciarsi nei guai più colossali che io conosca, e senza grosso sforzo, tra l’altro. Pensavo che Keath fosse un attira guai, ma anche Patrick non scherza.”

“Abbiamo passato troppo tempo su quest’isola. E’ il caso che ce ne andiamo alla svelta” sentenziò Andrew, scuotendo divertito il capo.

“Concordo appieno. Quei due finiranno con l’andare a letto con la donna sbagliata, magari una deliziosa isolana maritata con un marcantonio, e noi finiremo sgozzati per errore dall’infuriato marito.”

“Meglio evitarlo” esalò Andrew, impallidendo leggermente.

Già pronti per discendere e pagare il conto dell’albergo, Patrick si presentò sulla soglia della camera e, ancora ghignante, fissò divertito Leonard per poi dire: “Noi siamo pronti. Qui, tutto bene?”

“Una massaggiatrice, Patrick?” disse soltanto Andrew, stentando a non ridere.

“Ehi, amico, sei solo tu che fai vita monacale… e Leonard, scusa. O anche Eli. Non ho ben capito, in effetti, ma ero troppo impegnato a fare altro, per controllare se vi steste divertendo o meno in tal senso” ironizzò l’amico dalla corta capigliatura biondo cenere, afferrando una delle loro borse per portarla fuori. “Comunque, è stato solo un massaggio, nient’altro. E ho capito dopo il perché degli acciacchi. Stavo per dirlo anche alla massaggiatrice, ma la gentile signora aveva già colpito Leo, nel frattempo, e allora...”

“Tu non stai bene” sentenziò Leonard, oltrepassandolo a passo lesto.

Andrew sorrise divertito a Patrick, e dandogli un colpetto con la spalla, disse a mezza voce: “Sarà meglio che trovi un sistema per scusarti. Credo che quel pugno gli faccia più male all’animo, che alla faccia.”

“Lo credo! Steso da una donna!” rise ghignante Patrick, facendo sorridere Andrew.

Nello scendere le scale assieme a Andrew, Patrick riuscì anche a trovare il tempo di domandargli, tra una sghignazzata e l’altra: “Hai trovato tutto quello che cercavi, tra le altre cose?”

“Spero di sì, comunque penso di aver raccolto una buona collezione. A Violet dovrebbero piacere.”

“Solomon ha un cugino che lavora a Edimburgo come armatore. Ha detto che non ci saranno problemi, se Violet vorrà visitare i cantieri” lo informò Patrick, tutto sorridente all’idea di aver portato una potenziale buona notizia all’amico.

“Grazie davvero. A buon rendere.”

“Ringrazia Sol… o forse no, non so se dovresti ringraziarlo. Ha detto che, grazie alle descrizioni che gli hai fatto di Violet, potrebbe pensare di farle una corte spietata” lo mise bonariamente in guardia Patrick, strizzandogli l’occhio.

“Beh, troverà pane per i suoi denti, poco ma sicuro” ghignò Andrew, risoluto.

“Bravo, così si parla” assentì l’amico, dandogli una pacca sulla spalla. “Ci piace un Andrew combattivo, e non solo remissivo.”

Non si sarebbe tirato indietro, di fronte all’eventuale sfida di conquistare il cuore di Violet, se quest’ultimo fosse stato ancora libero.

E, se avesse dovuto combattere contro Solomon, l’avrebbe fatto. 







Note: Sembra che persino il tempo stia congiurando contro Andrew e amici, ma riusciranno in qualche modo a riprendere la via del mare. Solo, non si sa se Andrew arriverà prima della nascita dei gemelli.
Lo scopriremo presto visto che, per non lasciarvi senza novità, vi posterò altri due capitoli aggiuntivi (parto per le ferie, perciò niente PC al seguito... )
Ci rivendiamo ad agosto! Buone ferie per chi va, e anche per chi resta!
  
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