Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: luciaprincen7    12/07/2017    0 recensioni
"È una leggenda, okay? Quindi non spaventarti. Si dice che quel posto sia maledetto da Dio, perché si pensa che sia quello il luogo dove Satana fece cadere sulla terra l'angelo Michele. Michele una volta stava in Paradiso, al fianco di Dio. Quando Lucifero si ribellò e tutti gli angeli furono chiamati a scegliere tra Dio e la Stella del Mattino, fu lui che consigliò al Trono di far cadere tutti gli angeli che sceglievano Lucifero nell'Inferno. Si racconta poi che quest'ultimo provava così tanto odio per Michele da rapirlo dal Paradiso e tranciargli le ali, che poi appese come trofeo sopra il suo trono tra le fiamme" fece una pausa per prendere fiato, "si dice quindi che Michele fu fatto cadere sulla terra, privo delle sue ali, e imprigionato nelle profondità di un pozzo. Un anno fa una ragazza ha tentato di togliere l'edera da quel pozzo che tu hai visto ieri mattina. Ed è morta strangolata. Si chiamava Isabelle, ed era mia amica" guardò negli occhi Aniel che colse un profondo dolore. Le veniva quasi da piangere, ma cercò di rimanere calma.
*********
tratto dal capitolo secondo
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un vortice di aria nera e densa fin troppo familiare si avventò attorno al corpo inerme di Michael facendolo vorticare in aria e sbattendolo violentemente a terra un istante dopo. Sapeva esattamente ciò che stava per succedere: mille volte l’aveva provato e ogni volta era sempre più doloroso; non per il corpo, quello non era un problema, ma per l’anima. Essa diventava sempre più nera, proprio come quel vortice, e prima o poi - Michael ne era consapevole - il Demonio l’avrebbe appesa alla sua parete infernale come trofeo.
 
DIECI ANNI DOPO
 
“Aniel Stanford, giusto?” la docente di filosofia era la donna più muscolosa che Aniel avesse mai visto. Portava un cappotto di pelle così aderente che metteva in risalto ogni singolo muscolo sul suo corpo tonico. I suoi occhi neri scattarono dalla scrivania ad Aniel, che se ne stava lì sul ciglio della porta, impietrita.

“Sì, è esatto” disse, cercando di apparire sicura di sé. Ma chi voleva prendere in giro. Sicura di sé non era una caratteristica che le apparteneva, anzi, era sempre stata così chiusa in se stessa che alcune volte desiderava che una voragine infinitamente profonda si aprisse sotto di lei, in modo da risucchiarla e salvarla dagli sguardi indagatori della gente. E in quella stanza era gremita di gente. Forse perché era l’aula di un college.

“Benvenuta Aniel, prendi pure posto qui davanti” la voce della docente si fece più dolce e Aniel raggiunse a testa bassa il posto in prima fila. Per fortuna Miss Melville iniziò subito la lezione e tutta la classe iniziò a prendere appunti in maniera quasi compulsiva, senza prestare troppa attenzione alla nuova alunna, che cercava di orientarsi nella spiegazione. Controllando l’orario si rese conto che quel martedì avrebbe avuto solo due ore di filosofia e poi attività sportive al pomeriggio. Non che la cosa la entusiasmasse, ma era comunque meglio di una giornata piena di lezioni. In più sarebbe potuta andare in camera e conoscere la sua coinquilina.
Due ore più tardi si trovava davanti a una rampa di scale a chiocciola grigie e ammuffite. Sul corrimano, anch’esso nero e sudicio, si trovava un cartello in plastica con la scritta “DORMITORI- DALLA 45 ALLA 77” in un corsivo scivoloso e sbavato. Dopo aver salito le scale facendo attenzione a non toccare il corrimano, Aniel si ritrovò su un corridoio ricoperto di moquette verde scuro. La porta della sua stanza era semiaperta e da essa fuoriusciva un intenso profumo di incenso, che si diffondeva ad onde di fumo ambrate nel corridoio. All’ improvviso una porta infondo ad esso si spalancò.
“Sally, potresti chiudere quella camera gas, almeno di mattina?” sbraitò un ragazzo, alzando la mano destra e imprecando subito dopo.
“oh, scusami. Pensavo non ci fosse nessuno in corridoio a quest’ora” il ragazzo si rivolse ad Aniel, sfoderando un sorriso imbarazzato. Aveva due fossette profonde sulle guance pallide, occhi marroni e capelli che arrivavano fino alle spalle. Aniel pensò subito che somigliasse ad un attore di un film d’azione che aveva visto un anno prima con suo padre, l’ultima volta che l’aveva portata al cinema.
“Sei in camera con Sally, eh? Beh, se dovessi morire soffocata, sappi che la mia porta è sempre aperta” disse avvicinandosi lentamente a lei, sempre sorridendo.
“Piacere, sono Raphael. Tu sei nuova vero? Non ti ho mai visto gironzolare” si mise una mano dietro alla testa, fermandosi a pochi passi da Aniel.
“Sì, sono arrivata ieri mattina…” bofonchiò, torturando un pezzo di carta sulla moquette con la punta della scarpa.
“Sally! Qui c’è la tua nuova coinquilina!” urlò Raphael, dando un colpo alla porta con il gomito, che si aprì liberando una coltre di fumo denso. La stanza era abbastanza luminosa, con le pareti verde pallido e il soffitto bianco. C’erano due scrivanie color mogano e un letto a castello bianco e blu. Due lampade zen fatte di vetro di vari colori spiccavano su un comodino posto di fianco al letto, mentre una delle due scrivanie era ricoperta di fogli e pergamene. Una ragazza filiforme se ne stava appollaiata su una sedia girevole in un angolo della stanza, con un asciugamano rosso porpora arrotolato a mo’ di turbante in testa. La pelle olivastra era adornata con vari tatuaggi, tutti dello stesso genere che Aniel non seppe riconoscere, ma che di sicuro non le piaceva, soprattutto un grande lupo con le fauci spalancate sulla spalla destra che sembrava fatto apposta per intimorire la gente.
“oh, ma Raphael! Sai che non voglio essere disturbata quando medito! Ad ogni modo, tu saresti Aniel, giusto? Lo sai che devi tagliarti i capelli corti, per stare qui allo Union College?” sbuffò profondamente e rivolse uno sguardo divertito ad Aniel.
“Sì…cioè no…nessuno mi ha detto dei capelli…”
“Rilassati! Era solo uno scherzo! Nessuno ti taglierà quei boccoli bellezza” disse Sally con voce squillante e facendole l’occhiolino. Poi si alzò e prese Raphael per le spalle guidandolo fuori dalla stanza mentre gli sussurrava qualcosa all’orecchio che Aniel non riuscì a captare.
“Bene! Ci siamo liberate di quell’ameba di mio fratello e del suo irritante profumo di borotalco. Piacere, io sono Anita” le strinse la mano prima ancora che Aniel potesse tirarla fuori dalla tasca e tornò a sedersi sulla sedia girevole. Doveva ammetterlo, quella ragazza le piaceva. Non la conosceva, ma le aveva fatto una buona impressione, forse per tutta la vitalità che sprigionava e per la sua t-shirt a pois bianca e gialla che trasudava positività. Non assomigliava a Raphael: lui aveva capelli e occhi castani, mentre i capelli di Sally erano biondo cenere e gli occhi cerulei. Nessuno avrebbe detto che erano fratelli.
“Dall’accento tu vieni dalla Georgia, non è vero? Cosa ti ha portato in questo luogo dimenticato da Dio e da Satana?” Aniel non aveva molta voglia di raccontare la storia della sua vita, ma decise che di Sally voleva fidarsi. Sua madre le diceva sempre di non fidarsi delle persone perché sono tutte malvage e opportuniste. Nessuno era altruista secondo lei, perché tutti pensavano solo e unicamente al proprio benessere e a preservare il proprio stato di pace. Ma Aniel aveva imparato a non ascoltarla. Anche se la aveva influenzata molto, da quando aveva iniziato a frequentare il college aveva deciso di pensare con la sua testa.

“Vengo da Savannah, vicino alla costa. Mia madre è una psicologa e mio padre era uno scrittore. È morto l’anno scorso” sputò fuori quella frase come se fosse un peso di cui liberarsi.
“Santi Dèi…mi dispiace. La maggior parte della gente che viene in questa scuola ha storie del tipo i miei sono miliardari ma siccome non hanno tempo da dedicarmi allora mi hanno recluso qui” disse scimmiottando una voce stridula e attorcigliandosi una ciocca di capelli chiari che erano usciti dal turbante.
"Già…beh mia nonna sta piuttosto bene economicamente, così mi ha pagato lei gli studi qui e mia madre…è partita per chiarirsi le idee” ecco, lo aveva detto. Sua madre l’aveva abbandonata, era quella la verità, e dal suo viaggio non sarebbe mai tornata. Aniel questo lo sapeva bene, ma non aveva intenzione di aspettarla per tutta la vita. Voleva costruirsene una sua e andare il più lontano possibile.
“Uhm, capisco…quindi rimarrai qui ad Olympia per un bel po’”
“Pare di sì…tu invece?” era curiosa di sapere qualcosa in più su quella stravagante ragazza.
“Io? Non c’è molto da dire, a parte che quello che hai visto prima è mio fratello ed è l’unica famiglia che ho. E che detesto questo umido e puzzolente stato di Washington e rimpiango la mia amata e arida terra Arizona” disse tutto d’un fiato, come se davvero non avesse altro da aggiungere, dopodichè si tolse il turbante, ravvivò i capelli, spense l’incenso sul davanzale interno della finestra e si avviò verso la porta.
“Vado a prendere un caffè nero e un latte alla vaniglia per te. Ho l’impressione che sia il tuo preferito.” Rivolse ad Aniel uno sguardo complice aspettando una conferma.
“Sì…in effetti lo è…ma come fai..?” come diavolo faceva a saperlo? Prima ancora che potesse formulare la domanda, Sally aveva già chiuso la porta dietro di sé, lasciando una scia di intenso profumo ambrato alle sue spalle.
 

**************
 
 
 Aniel alzò gli occhi dalla sua copia de “Il buio oltre la siepe” alle sedici del pomeriggio. Aveva chiacchierato con Sally fino a quando non aveva finito il suo latte alla vaniglia. Lei le aveva spiegato come funzionavano le cose in quel posto, che si faceva scherma, nuoto, equitazione e arrampicata e che spesso quelli al terzo anno facevano escursioni nei boschi lì intorno. Le aveva detto che pioveva sempre, a parte due o tre giorni al mese e che i ragazzi carini stavano tutti con le ragazze della squadra di nuoto sincronizzato.
Si alzò dal letto, afferrò dalla valigia che ancora doveva disfare un paio di leggings e una t-shirt che le sembravano adatti a una lezione di scherma e salutò Sally prima di uscire dalla stanza e dirigersi in giardino, come le aveva spiegato poco prima.
L’umidità le riempì i polmoni e i capelli le si arricciarono più del dovuto quando raggiunse il centro del giardino, dove una grande vasca vuota, che un tempo doveva essere stata una fontana, occupava un grande spazio circolare. La vasca era piena di muschio verde e sul bordo dentellato era incisa la data di costruzione, secolo XII. Al centro si ergeva una colonna sottile e grigiastra sulla cui cima stava la statua di un angelo con le ali spiegate, come se stesse per buttarsi e prendere il volo. Le ali erano molto più grandi del corpo dell’angelo e bianche come la neve. Davano l’impressione di essere morbide e leggere, nonostante fossero di pietra dura e marmorea.
Vicino alla fontana c’era anche un piccolo pozzo ricoperto di edera e quindi poco visibile. Aniel attraversò in fretta il prato, maledicendo l’erba bagnata e arrivò davanti a un edificio bianco con la scritta PALESTRA in lettere sbiadite sul cornicione. Qualche studente si stava già cambiando negli spogliatoi e Aniel si fece forza ed entrò. Una mano calda le sfiorò il braccio.

“Wow, sono uscita dopo di te e sono arrivata prima. Ma che strada hai fatto, scusa?” Sally si era già cambiata e la tuta aderente valorizzava il suo fisico minuto. Aveva i capelli legati in una coda di cavallo.
“Non so, sono passata vicino a una fontana” disse Aniel con naturalezza.
“Oddio, sei passata vicino a White Bor. Non passarci più, la prossima volta ti accompagno” la faccia di Sally si fece preoccupata e più pallida, come se nominare quel luogo le fosse costato molte energie.
“Va bene, ma ho fatto qualcosa di male? È zona vietata?” Aniel pensò subito al preside che la espelleva per aver infranto una regola del college e che contattava sua nonna per venirla a prendere il giorno successivo.
“No, è solo che nessuno passa di lì, perché non è un bel posto. Ti racconto stasera in camera” nel frattempo dietro Sally si era materializzato Raphael, in completo ginnico e con i capelli legati uno stretto codino sulla nuca.
“Aniel! Sei sopravvissuta alle lezioni zen di mia sorella?” chiese divertito. Anche Raphael le piaceva. Non aveva mai avuto amici maschi nel vecchio college a Savannah a parte suo padre e l’idea la entusiasmava. Non aveva nemmeno mai avuto un ragazzo, ma solo perché pensava che il loro modo di ragionare non era adatto a lei e che non avrebbe saputo gestire una relazione con tutte le idee che le frullavano in testa in quel momento. Non lo aveva confidato a nessuno, ma ogni tanto sentiva la voce di suo padre. Le dava consigli e la consolava. Lo aveva fatto quando sua madre la aveva salutata ai tornelli dell’aereoporto, quando aveva detto addio al suo college e alla sua casa a Savannah e quando era arrivata a Olympia. Sapeva che non era normale, ma se lo avesse detto a qualcuno sicuramente l’avrebbero mandata da uno specialista. E ne aveva abbastanza, di psicologi.
“Uhm, sì, in realtà io adoro l’incenso, quindi penso che andremo d’accordo” disse cercando di abbozzare una risata.
“Hai visto, Raph? Io e la ragazza andremo molto d’accordo” disse Sally scoccando un’occhiata al ragazzo, il quale alzò gli occhi nocciola al cielo e alzò le mani in segno di resa.
   
 
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