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Autore: Napee    13/07/2017    2 recensioni
[Reincarnation!AU]
“Guarda che belli!” Gioì lei indicando con la mano i mille colori che illuminavano la notte a giorno.
Il ragazzo annuì e rivolse allo spettacolo pirotecnico soltanto un lieve sguardo sfuggente.
Il vero spettacolo era lì, accanto a lui, dove la dimostrazione che l’amore fra due anime era più forte anche dello scorrere inesorabile del tempo.
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Questa storia partecipa alla challenge “Notte di Tanabata”a cura di Fanwriter.it!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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★ Fandom: InuYasha
★ Numero Parole: 1063
★ Prompt: Ogni anno A esprime lo stesso desiderio durante il Tanabata. Che sia l’anno buono perché si realizzi?
★ Bonus: coroncina di fiori.
★ Bonus2: bacio rubato

 
Wish

Rin si sistemò la coroncina di fiori sulla testa, intrecciandola fra alcune ciocche di capelli affinché stesse ferma, ed assicurò l’acconciatura con qualche forcina.
Si rimirò allo specchio controllandosi per l’ultima volta prima di uscire.
Lo yukata a scacchi arancio s’intonava perfettamente con le calendule e le allamanda fra i neri capelli, mentre sulle palpebre una leggera sfumatura verdastra di ombretto richiamava il colore dell’obi stretto in vita.
Sulle labbra un velo di lucido impreziosiva il suo sorriso già luminoso, mentre al collo spiccava il piccolo ciondolino viola a forma di luna che si tramandavano nella sua famiglia da generazioni.
Sospirò soddisfatta e, con il cuore leggero e pieno di speranza, uscì di casa riversandosi nelle strade brulicanti di persone eccitate per il Tanabata.
Camminò velocemente, incespicando più volte sui sandali che le fasciavano i piedi.
Come da tradizione, la folla ingente di persone raggiungeva il tempio Higurashi e, come ogni anno, Rin si arrampicava sul Goshimboku per appendervi sopra il suo desiderio.
La prima volta, quando era ancora bambina, si era vista costretta ad appendere il suo desiderio sull’albero sacro, dato che gli spazi disponibili sui bambù erano tutti occupati. L’anno seguente, stessa storia. L’anno dopo ancora, neppure controllò, ma si fiondò direttamente al Goshimboku per appendervi il proprio foglietto.
Il tutto, ovviamente, contro il volere dei proprietari del tempio che, ogni anno, la scrutavano contrariati e le facevano la solita ramanzina preoccupati.
Ormai era parte della sua particolare tradizione pure quella.
Salì le scale a due a due, nonostante lo stretto yukata che la impacciava nei movimenti.
Il cuore le galoppava nel petto inarrestabile, l’euforia dipinta sul viso ed espressa con il suo solare sorriso.
Chissà se anche quell'anno sarebbe riuscita ad incontrarlo…
Ogni Tanabata, Rin incontrava sempre il solito ragazzo e vi trascorreva assieme quel giorno di festa per poi non vederlo mai più.
Aveva chiesto più volte ai Signori Higurashi, aveva provato a cercarlo per la città, ma pareva inesistente.
Chissà se quell’anno sarebbe stato quello buono, quello dove, finalmente, il suo desiderio si avverava.
Strinse a sé il fogliettino di carta, premendoselo sul cuore con aria sognante.
Sì, quell’anno ci sarebbe sicuramente stata la svolta che tanto attendeva.
Giunse infine all’ultimo gradino.
L’aria era piena d’eccitazione ed in ogni dove vi erano persone felici ed entusiaste per la festa in corso.
Fra i mille sorrisi sereni, Rin cercò un’espressione di apparente indifferenza che, come ogni anno, spiccava particolarmente fra il tumulto di persone.
Ci mise qualche minuto buono, scandagliando accuratamente ogni volto.
Poi infine, lo scorse.
Lo yukata azzurro chiaro lasciato scollato sul petto, gli fasciava il corpo perfettamente, mettendo in evidenza i pettorali scolpiti e le sue ampie spalle.
L’obi era scuro, di un blu notte molto intenso, con delle rifiniture argentee che s’intonavano perfettamente al peculiare colorito dei suoi capelli. Ma ciò che ammaliava Rin erano gli occhi ambrati del ragazzo, severi e tristi, dapprima diffidenti poi, con gli anni, erano mutati divenendo solamente distaccati con lei.
Gli sorrise felice agitando una mano concitata per farsi notare.
Lo raggiunse velocemente dando spallate a destra e a manca per farsi largo fra la folla.
“Ciao, Sesshoumaru! È tanto che sei qui?” Chiese giungendogli davanti, con il fiato corto ed il desiderio ancora stretto al petto.
“No. Ti aspettavo.” 
“Scusa, mi spiace di averti fatto attendere molto.” Sorrise colpevole abbassando il capo educatamente.
Il ragazzo restò in silenzio ed iniziò a camminare fra le mille e più bancarelle che addobbavano la via, senza mai vederle davvero.
Al suo fianco la giovane continuava a parlare raccontandogli delle difficoltà trovate negli studi, della sua vita in generale e dei cambiamenti in quell’ultimo anno.
Neppure la ascoltava davvero. Solo il suono cristallino e squillante della sua voce o della sua risata, erano come una litania rigenerante per il suo animo provato.
La scrutava attentamente, memorizzando alla perfezione i suoi lineamenti fini ma ancora infantili, e constatando che, in fondo, nei secoli non era cambiata poi così tanto.
I suoi guizzanti occhioni vispi ed espressivi erano sempre lucenti ed incantati come un tempo, il suo sorriso illuminava ancora tutto ciò che la circondava, la sua risata somigliava ancora al suono delle campanelle al vento e la sua voce era ancora cristallina ed inesauribile.
Soltanto il fischio assordante dei fuochi sparati riuscirono a distrarlo da lei e dalla sua immutabile bellezza.
“Guarda che belli!” Gioì lei indicando con la mano i mille colori che illuminavano la notte a giorno.
Il ragazzo annuì e rivolse allo spettacolo pirotecnico soltanto un lieve sguardo sfuggente.
Il vero spettacolo era lì, accanto a lui, dove la dimostrazione che l’amore fra due anime era più forte anche dello scorrere inesorabile del tempo.
“Rin…” la chiamò lui debolmente, ma conscio d’essere stato udito.
La ragazza si voltò verso di lui, scrutandolo curiosa con i suoi grandi occhi color cioccolato.
Bella.
Era sempre stata così bella la sua Rin.
Si avvicinò a lei lentamente, dandole la possibilità di fermarlo.
Ad ogni millimetro che avanzava verso quelle agognate labbra, il profumo floreale di lei lo inebriava, stordendolo completamente.
Persino il suo odore non era cambiato…
Un tripudio di fiori e natura, innocente ma selvaggio, che lo stregava esattamente come molti secoli prima.
Un roco ringhio gli fece vibrare la gola nel momento esatto in cui le loro labbra s’incontrarono.
Si sfiorarono a mala pena, saggiando la morbidezza delle loro bocche gentilmente, quasi come se temessero di ferirsi.
La mano della ragazza corse audace sulla sua guancia, carezzandogli dolcemente l’epidermide in un moto d’affetto istintivo.
Uno strano ed insolito rumore di carta stropicciata attirò l’attenzione del ragazzo, ma non vi diede troppo peso.
Separò le loro labbra con riluttanza, godendosi quel momento di vicinanza per inebriarsi ancora di lei, del suo profumo, del suo sapore, della sua essenza.
Infine, Sesshoumaru si allontanò, tornando a guardare distrattamente lo spettacolo pirotecnico in cielo.
Non voleva correre troppo, non voleva spaventarla e si era visto costretto a fermarsi per evitare che ciò accadesse.
L’aveva attesa per così tanto tempo… non poteva permettersi di allontanarla per la sua sciocca impazienza.
Un leggero soffio di vento, gli portò alle fini narici il profumo dell’imbarazzo della ragazza, mentre un timido risolino solleticò le sue orecchie.
Sempre la stessa timidona…
Sospirò felice per la prima volta dopo molto tempo, mentre la brezzettina serale portava via da loro un desiderio che, dopo troppo tempo, era infine stato esaudito.
  
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