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Autore: verystar02    13/07/2017    2 recensioni
«Tu credi in Dio?»
Alzo la testa con impeto, gli occhi spalancati e le labbra tese in quello che può sembrare un sorriso.
«Rispondimi, credi in un ente- un padre se vuoi. Credi in qualcuno che guida i fili del nostro destino? »Chiese perduto nei suoi stessi pensieri e dubbi. La guardava ma non la vedeva.
«Credi in tutto ciò? » Continua tranquillamente lui
Un mero silenzio sostituisce la sua voce inquieta.
Silenzio che lui però ignora con cura, attendendo una risposta.
«Oh sì, io sì. Io ci credo....
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ayato Sakamaki, Kanato Sakamaki, Laito/Raito Sakamaki, Nuovo personaggio, Subaru Sakamaki
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Non credere mai di essere altro che ciò che potrebbe sembrare ad altri che ciò che eri o avresti potuto essere non fosse altro che ciò che sei stata che sarebbe sembrato loro essere altro."







Venti in punto.
Rose aveva appena terminato di ordinare tutti i suoi effetti personali nella propria stanza e finalmente poteva riposarsi, beh almeno fino all'ora di cena...
Tutto era minuziosamente curato nei minimi dettagli, i libri erano riposti nell'apposita piccola libreria, la scrivania, situata accanto all'immenso armadio, aveva in un angolo una rigorosa pila di quaderni pronti per la scuola.
L'armadio era perfettamente organizzato, nella cassettiera sul fondo c'erano le scarpe, sullo spazio laterale destro i pantaloni e le giacche, su quello sinistro invece camice, maglie e maglioni, in cima c'erano le borse e i cappelli.
Il letto era a due piazze coperto da un lenzuolo color mandorla così come le tende.
Svogliatamente Rose si buttò su esso e tirò un lungo sospiro, mettere tutto apposto le aveva fatto sprecare un mucchio di energie, e aveva bisogno di riprendersi.
Annoiata, con la pancia all'aria, fissava il soffitto chiaro. Si mise a pensare che, effettivamente, quella camera soddisfava tutti i suoi bisogni, era grande e abbastanza spaziosa e con molti scompartimenti per mantenere un costante ordine, ma i suoi pensieri vagarono ben altrove...
"Chissa chi erano quei ragazzi.. beh probabilmente i padroni di casa..." Pensava.
"Ma perchè non siamo state informate che c'erano altre persone? Dove sarà Amay in questo momento? Le altre ragazze avranno già finito di prepararsi?" Molti pensieri le affollavano la mente ma si scordò presto di Amay decidendo che a tutto quello ci avrebbe pensato succesivamente insieme alle altre ragazze.
"Dovrei cambiarmi per la cena? Forse dopo... Beh penso che ci sia un pò di tempo per andare in giro e guardare un pò dove mi trovo..."
Ad un tratto un'ombra, alla finestra, neanche il tempo di voltarsi che era sparita.
Si sentiva osservata, e quella sensazione la faceva innervosire non poco.
«Sciocca… sarà la tua immaginazione, muoviti che tra un pò è ora di cena ed è meglio arrivare puntuali... chissà cosa potrebbero farmi quei ragazzi se arrivassi in ritardo...» Si sussurò sfregando nervosamente le mani.
Detto ciò si alzò e a passo svelto uscì dalla stanza sensa guardarsi indietro.
Tutto ciò che sentiva era il rumore dei suoi passi sul pavimento di marmo e il suo respiro flebile e ripetitivo.
Si ricordò che nell'arrivare alle stanze non aveva notato altro che corridoi quindi aveva deciso di esplorare i piani superiori dirigendosi alla scalinata a sinistra dello spiazzo.
Ancora quella sensazione, inquietudine, paura misto ad ansia.
All' esterno la luce opaca della luna illuminava gli alberelli che ornavano il sentiero della magione, creando ombre scure, infinite.
Le era parso di sentire qualche passo oltre al suo.
 Continuò a camminare tenendo lo sguardo fisso in avanti ma pronta a scattare per ogni singolo movimento.
Desiderava che quel momento di inquietudine terminasse il prima possibile.
Si sentiva osservata... Aveva paura!
Improvvisamente sentì l'impulso irrefrenabile di correre. Qualcosa nascosto nel buio la stava inseguendo, lo sentiva.
Dopo aver salito le scale facendo due gradini alla volta e rischiando seriamente di cadere di faccia svoltò prima a destra, poi a sinistra fino a proseguire su un'ulteriore scalinata.
Non aveva idea di dove stesse andando ma non aveva intenzione di fermarsi finchè non avesse trovato un luogo dove il suo, probabilmente, inseguitore non l'avrebbe potuta raggiungere.
Continuando la sua fuga giunse fino alla fine di un corridoio sul terzo piano della magione.
Le scelte erano due ora.
O tornava indietro rischiando di imbattersi in un presunto pericolo o di entrava nell'unica stanza che quel corridoio ospitava.
Prese un respiro e girò il pomello della porta per aprirla.
Si accorse subito che lei stonava in quel luogo, tutto in essa emanava un senso di tranquillità disarmante, sensazione opposta a quella che provava lei in quel momento.
Il colore predominante era l'indaco, che si mostrava in tutta la sua bellezza sia nella splendida carta da parati decorata sia nella morbida moqette, abbinata perfettamente al legno di faggio scuro lucido di cui erano composti i mobili e le cornici dei numerosi quadri appesi alle pareti.
Immense finestre facevano entrare la luce della luna all'interno della magnifica stanza, rendendo inutile l'utilizzo di una lampada o di una candela.
Nonostante questo due enormi lampadari, ora spenti, dell'epoca dell'800 pendevano dal soffitto anch'esso decorato da moquette indaca.
Alla destra della stanza c'erano uno di fronte all'altro due divanetti della medesima tonalità azzurinea con un piccolo tavolino centrale anch'esso di faggio.
Ma la cosa più straordinaria, nonchè quella che la faceva sentire a casa, era l'immenso pianoforte a coda alla sinistra della stanza.
Rose restò ammutolita dall’ammirazione e subito le venne in mente la figura della madre seduta davanti alla tastiera perlacea, mentre solleva una delle sue solite ampie gonne eleganti mentre con un gesto pieno di grazia faceva scorrere le dita sui tasti traendone sinfonie celestiali. Quelle poche volte che la vedeva tra una sfilata e un'altra...
La sua infanzia, nonostante i genitori siano stati molto impegnati, fu agiata e felice, questo grazie a sua nonna Sabrin che si prendeva cura di lai come una seconda madre.
Sua nonna era profondamente convinta che la musica dia quel tocco di raffinata sensibilità e profondità di pensiero sempre più difficili da trovare al giorno d’oggi per questo insegnava costantemente a lei e a suo fratello Levi a suonarlo.
Rose sorrise al ricordo delle ramanzine che ricevevano lei e Levi da parte sua ad ogni sbaglio di accordo o stonatura, ramanzina che finiva con una goffa risata o una teglia di biscotti alla cannella della vecchia.
Se ci pensi la vita è come un pianoforte, i momenti più bui, più tristi e difficili sono come suonare un suono grave della tastiera, i momenti più belli quelli più acuti e dolci.
Senza pensarci mosse i primi passi verso la maestosa costruzione che tanto le faceva riordare la sua famiglia, la sua casa, la sua vita prima di partire allo sbaraglio in quel luogo sperduto.
Si accomoda sullo sgabello di legno ricoperto da una morbida imbottitura lasciando che le sue mani inizino a correre sui tasti. Ripercorro una melodia che le suonava sempre sua nonna Sabrin.
Le festin d'Esopeera il nome del brano, di Charles-Valentin Alkan, un noto pianista dell'800 che Sabrin aveva studiato fin dalla tenera età.
Rose accarezzava i tasti, sembra che li stesse corteggiando, tanta è la delicatezza con cui li sfiorava.
Le sue dita conclusero il pezzo e un sospiro flebile fuoriuscì dalla sua bocca.
Le ultime note aleggiavano ancora nell'aria beandola del ricordo della dolce melodia.
«Lui ti ammazzera per questo.» Disse calma una voce.
Rimasie paralizzata, la sua mente era bloccata, non riusciva a muoversi.
«Chi sei? Vieni fuori fatti vedere.» Rispose Rose con le mani che le tremavano ancora ancorata allo sgabello
Detto questo un ragazzo abbastanza alto si tirò su con aria stanca da un dei due divanetti indaco lasciando Rose sconcertata. Si riordava di lui, era colui che le aveva strappato la lettera dalla tasca.
Shu le sembrava di ricordare che si chiamasse il ragazzo biondo in piedi ora di fronte a lei.
«Vatene prima che decida di chiamarlo, nessuno può toccare il suo pianoforte, soprattutto una schifosa mortale come te. Lui ti ucciderà se lo verrà a sapere quindi vattene prima che cambio idea.» Disse Shu mentre si dirigeva verso una delle finestre.
Rose si alzò e di corsa si diresse verso la porta.
«Grazie...» Sussurrò infine la mora prima di chiudersi la porta alle spalle e tornarsene correndo nella sua camera.





Rose




Angolino di Veronique
Non ammazzatemi ma avevo completamente perso la voglia di continuarla, poi fatalità l'ho riletta e tante emozioni me l'hanno fatta riaquistare.
Dopo più di un anno eccomi qui con un nuovo capitolo.
Commentate se vi è piaciuto così capisco se anche voi avete ancora voglia di leggerlo o no.
Un bacione,
Verystar02.
  
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