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Autore: Angie Mars Halen    14/07/2017    0 recensioni
Dopo anni trascorsi senza mai vedersi, Nikki e un’amica di vecchia data, Sydney, si rincontrano durante il periodo più difficile e turbolento per i Mötley Crüe. Questa amicizia ritrovata, però, non è sconvolgente quanto la scoperta che la ragazza vive da sola con suo figlio Francis, la cui storia risveglia in Nikki ricordi tutt’altro che piacevoli. In seguito a ciò il bassista comincia ad avvertire un legame tra loro che desidera scoprire e rinforzare in nome della sua infanzia vissuta fra spostamenti e affetti instabili. Si ritrova così a riscoprire sentimenti che aveva sempre sottovalutato e che ora vorrebbe conquistare, ma la sua peggiore abitudine è sempre pronta a trascinarlo nel buio più totale e a rendere vani i suoi sforzi.
[1987]
[Pubblicazione momentaneamente sospesa]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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21
SYDNEY





Mentre salivo di fretta le scale degli studi di registrazione, il ticchettio dei tacchi di cuoio dei camperos riecheggiava contro le pareti, attirando l’attenzione dei presenti, i quali si voltarono, convinti che si trattasse di una bionda di un metro e ottanta col tacco dodici. Notai con un certo divertimento le espressioni deluse quando si rendevano conto che altri non era che una ragazza in jeans e camicia di flanella, con tanto di cappello che penzolava sulla schiena.

Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi fermai davanti alla porta dello studio in cui, stando a ciò che mi era stato detto per telefono quella mattina stessa, Nikki avrebbe dovuto trovarsi. Mi assicurai di essere presentabile dopo aver corso ed essermi preparata in fretta una volta rientrata dal lavoro. Un attimo prima che bussassi, la porta si aprì da sola e mi si materializzò davanti l’unica persona che avrei voluto vedere in quel momento – e da cui volessi essere vista.

“Guarda un po’ chi si rivede,” esordì Vince con una punta di sorpresa nel tono della voce. “Cosa ti ha portata fin qui? Oppure dovrei domandare chi?”

Mi passai una mano tra i capelli per scostarli dal viso, rendendo così ancora più evidente la mia espressione seccata. “Cercavo Nikki.”

Vince sollevò le sopracciglia e si lasciò sfuggire un sorriso a metà tra il sadico e il sarcastico. “Ah, capisco... ovviamente so già tutto, non ci ha risparmiato nemmeno questo. Quando vuole sa essere molto loquace e non si limita a mandare tutti a fare in culo e a lamentarsi. Ma suppongo tu lo sapessi già, dico bene?”

Indietreggiai di poco, infastidita dalla sua eccessiva vicinanza. “Qualcosa che non va, Vince?”

“Se qualcosa non va?” ripeté fingendosi stupito, le braccia allargate e i palmi rivolti verso l’alto in segno di discolpa. “Va tutto benissimo, anzi, ci voleva qualcuno che tenesse dietro a quel coglione di Sixx visto che non è capace di farlo da solo.”

“Io non tengo dietro proprio a nessuno né ho intenzione di farlo,” ribattei acida, le braccia incrociate sul petto e gli occhi fissi nei suoi. “Ho già qualcuno a cui badare, non mi serve una persona in più. Io e Nikki siamo amici e abbiamo condiviso delle cose. Se così non fosse, non credo che avremmo continuato a parlarci dopo quella volta in cui mi ha aiutata a difendermi da un maniaco per strada.”

Vince roteò gli occhi. “Ah, dimenticavo che adesso è diventato anche un supereroe che salva le signorine in pericolo.”

“Avresti voluto esserci tu?” domandai schietta. “Vorresti essere tu la persona con cui condivido le cose che mi piacciono e che mi salva dai pericoli della strada?”

Tornò a ridere come se quella risata fosse l’unica cosa che fosse in grado di fare. “Non credo che–”

“Non credi cosa, Neil?” tuonò un’altra voce da dietro di lui, poi comparve Tommy che, a quanto pareva, aveva origliato la nostra breve conversazione. “Te lo dico io qual è il tuo problema, bello. Tu, amico mio, stai rosicando come un topo di fogna che ha appena trovato una crosta di formaggio, cazzo.”

La delicatezza in persona.

“Adesso fa’ una cosa carina: lascia in pace la ragazza, qui, e torna a casa. Tanto là ad aspettarti c’è l’intero staff del Tropicana. Ci penseranno loro a soddisfarti come si deve, non lei,” concluse Tommy quasi tutto d’un fiato, poi si accorse che Vince era ancora immobile sulla soglia con la bocca aperta e proseguì. “Avanti, muovi quel culo da diva che ti ritrovi e smamma. Syd non è come te, non ha tempo da perdere,” allungò un braccio e le sue dita ossute mi afferrarono il polso per trascinarmi all’interno, mentre con l’altra mano continuava a gesticolare in direzione dell’altro. “Hai capito? Sciò!”

E gli chiuse la porta in faccia, gesto a cui Vince rispose con un pugno sul legno prima di scendere rumorosamente le scale. Mi accertai che il ticchettio dei suoi passi fosse svanito del tutto prima di spalancare gli occhi e puntarli dritti in quelli di Tommy, che sembrava quasi divertito.

“Cosa ti è saltato in mente?” lo rimproverai a bassa voce per evitare che mi si sentisse anche nelle stanze adiacenti. “Perché lo hai mandato via così?”

Tommy alzò le spalle senza togliersi quel sorrisetto astuto dal viso. “Lo conosco abbastanza da poter dire con certezza che ti avrebbe tenuta ferma sul pianerottolo per un’ora, così ho pensato che avrei potuto fare un piacere al mio gemello visto che ho saputo che avete un appuntamento.”

Aggrottai le sopracciglia, ancora per niente convinta della sua risposta, una scusa evidentemente campata per aria, e seguii il suo dito che indicava un’altra porta, dietro alla quale sapevo che avrei trovato Nikki. Quando la aprii, lo sorpresi seduto su una sedia con le ruote, una paglia svogliatamente sostenuta tra il pollice e il medio in attesa che arrivassi. Ebbi l’impressione che il mio arrivo lo avesse sollevato.

“Allora, andiamo o no?” domandai sollevando la mano nella quale tenevo la custodia della macchina fotografica. Nikki annuì, raccattò il chiodo e il cappello da sopra il divano e mi seguì fuori dalla porta in totale silenzio e senza nemmeno fare un cenno di saluto a Tommy, che aveva osservato la scena con una certa curiosità. Scendemmo le scale quasi di corsa, sgusciammo nel parcheggio servendoci della porta sul retro, e ci intrufolammo a bordo della sua Corvette nera.

“Qual è la location per il tuo servizio fotografico?” domandò Nikki mentre accendeva il motore.

“Vai a Downtown L.A.. Una volta che saremo là, ti indicherò la strada.”

“Non credo sia una buona idea,” ribatté prima di uscire dal cortile. “Downtown è una zona piuttosto frequentata.”

“Nessuno andrebbe in cima a un grattacielo,” risposi con un finto tono di superiorità.

Nikki non rispose. Si limitò a scuotere il capo e a seguire le mie indicazioni, che lo costringevano a sterzare continuamente per le vie del centro finché non scese in un parcheggio sotterraneo, dove lasciammo l’auto. Gli pneumatici di un altro veicolo stridettero sul pavimento lucido e feci cenno a Nikki di seguirmi mentre mi muovevo a passo svelto in direzione dell’ascensore.

“Spero che non si tratti di una partita a nascondino,” obiettò, intento a guardarsi allo specchio mentre si aggiustava il colletto del chiodo e il cappello in modo da rendersi il meno riconoscibile possibile. “Questo tipo di gioco non fa per me.”

“Cerca di resistere per ancora cinque minuti. Ti assicuro che ne vale la pena,” risposi, e subito dopo si aprirono le porte. Dall’altra parte della strada c’era l’ingresso di un hotel, nonché la nostra meta. Presi Nikki per una manica del giubbotto e varcammo la soglia, passando del tutto inosservati grazie al viavai di persone in giacca o tailleur che avevano occupato l’atrio, probabilmente dopo una conferenza. Camminammo con le spalle contro il muro e ci intrufolammo in un altro ascensore, occupato solo da una signora sulla sessantina che doveva scendere al piano successivo. Sebbene non si trattasse di una persona che potesse riconoscerlo, Nikki si voltò col viso contro la parete della cabina e non si mosse finché la donna non scese, permettendoci di proseguire indisturbati fino all’ultimo piano. Il silenzio regnava sovrano nel corridoio e io, che sapevo già la strada, mi diressi verso la mia sinistra e continuai a camminare finché non mi trovai di fronte a una porta bianca che vietava l’accesso agli ospiti.

“Voglia di trasgredire?” domandò Nikki con un sopracciglio sollevato e un’espressione non del tutto convinta.

“No,” risposi prima di spingere la maniglia antipanico. “Voglia di vedere la città dall’alto.”

Oltre la porta pesante, dietro un muretto grigio, Los Angeles si estendeva come un tappeto di luci sovrastato dal brusio del traffico. I raggi del tramonto tingevano di rosso gli edifici e le colline, ma avrei dovuto aspettare il buio prima di scattare alcune fotografie. Nell’attesa non c’era altro da fare che sedersi contro il muro e guardare il panorama imbrunirsi lentamente fino a diventare un cielo stellato sulla Terra.

“Posso farti una domanda, Nikki?” esordii dopo un breve attimo di silenzio durante il quale eravamo stati entrambi concentrati a fissare Downtown dall’altro. Lui annuì e proseguii dopo aver superato l’imbarazzo iniziale. “Perché ce l’avete così tanto con Vince?”

Corrugò la fronte e prese a sfregarsi le mani. “Nessuno ce l’ha con lui. Forse, se la smettesse di atteggiarsi come se fosse il migliore, potremmo trattarlo un po’ meglio.”

“Credo che dovreste,” risposi seria. “Non voglio intromettermi negli affari vostri, però penso di poterlo fare dato che Tommy si è intromesso in quelli miei e di Vince.”

“Lascialo perdere. T-Bone è fatto così,” sussurrò il bassista. “Voleva solo che ti sbrigassi a entrare. Certe volte ha delle reazioni impulsive, ma è solo il suo carattere. Sul fatto che non avrebbe dovuto intromettersi, però, non posso darti ragione: se non fosse intervenuto, Vince sarebbe stato capace di tenerti ferma a parlare per non so quanto tempo.”

Strofinai i palmi sui jeans e mi fissai le dita. “Non credevo che fosse così arrabbiato con me e, sinceramente, non riesco neanche a giustificarlo. Tu pensi che sia stata cattiva o scortese con lui?”

Nikki si lasciò sfuggire una ghignata sarcastica e stese le gambe sul pavimento di cemento.

“Cattiva o scortese? Sei seria, Syd?” ripeté come se avesse voluto assicurarsi di aver sentito bene. “Rifiutare di essere portata a casa sua perché nella tua, di casa, c’è Francis che ti aspetta è un gesto di cattiveria? Non sentirsela di frequentarlo ancora perché l’ultima volta che hai fatto una cosa simile hai sofferto come un cane è da persona scortese?”

Mi strinsi nella giacca e raccolsi le ginocchia contro il petto, scuotendo il capo.

“Però c’è una cosa che vorrei che tu sapessi,” riprese mentre si accendeva una sigaretta. “Ci è rimasto male. Normalmente alza le spalle e va subito a cercare un’altra, ma stavolta è arrivato a porsi delle domande sul perché non lo volessi. Non credo che abbia trovato anche delle risposte, ma se ci è riuscito saranno il risultato sbagliato di qualche complicato viaggio mentale. In ogni modo, credo che non sia una bella sensazione sentirsi respinti. Se poi consideri che avevi fatto colpo, deve essersi sentito ancora peggio.”

Ascoltai il suo discorso con gli occhi fissi nei suoi, senza perdere una sola parola, e mi sentii rabbrividire. “Pensi che si sia rassegnato al fatto che non ho intenzione di diventare più che una sua normale conoscente?”

“Non l’ha ancora fatto ma, conoscendolo, prima o poi ce la farà alla grande,” rispose dopo aver scaricato la cenere della sigaretta sul pavimento, dopodiché la discussione si concluse e tornammo a tacere fino a quando Nikki si accorse che qualcuno mancava all’appello. “Dov’è Francis?”

“A dormire a casa di un compagno di classe,” dissi mentre cominciavo a preparare la macchina fotografica.

Nikki si morse un labbro con fare pensieroso. “Come vanno le cose? Sta bene?”

“Certo. Quando gli ho detto che stasera saresti venuto con me a fare delle fotografie ha detto di salutarti e che ti vuole bene,” gli raccontai, divertita dal ricordo di Frankie che, oltre a dirmi quelle parole, mi pregava di portarlo con noi. Tuttavia, sapevo che, ora che si trovava in compagnia del suo amichetto, non avrebbe sentito la nostra mancanza.

Nikki annuì prima di indicare il cielo. “Credo che sia diventato abbastanza buio per cominciare.”

Scossi il capo. “Ci vuole ancora un po’. Hai tempo di aspettare, vero?”

Fece spallucce e schiacciò il mozzicone sotto la suola di cuoio dello stivale per dare un tocco di spavalderia al suo atteggiamento. “Tanto a casa non c’è nessuno che mi aspetta a parte il cane. Preferisco stare qui con te piuttosto che seduto sul divano a guardare quei programmi idioti che trasmettono di notte. Anzi, mi fa piacere essere in tua compagnia.”

“Anche a me,” saltai su quasi istintivamente, accorgendomi solo pochi attimi dopo che quella breve affermazione gli aveva strappato un sorriso infantile come quello di Francis quando gli facevo una sorpresa e, dopo essere stata al supermercato, facevo comparire magicamente un ovetto di cioccolata sul tavolo, sopra la tovaglietta di plastica sulla quale era solito fare merenda.

“Normalmente la mia non è una presenza gradita,” aggiunse con una punta di amarezza nel tono della voce. “Ho la tendenza a essere noioso. Parlo solo di musica e dei testi che scrivo.”

“Sei noioso per chi non apprezza queste cose,” ribattei rigirando la custodia della macchina fotografica tra le mani. “Anzi, visto che non me ne hai ancora parlato, se vuoi puoi farlo. Giuro che terrò la bocca chiusa con quella mia collega del locale.”

“So che sei una persona affidabile,” disse più che convinto.

“Puoi scommetterci!” ribattei ad alta voce, poi gli feci cenno di seguirmi verso il bordo del muro. Appoggiai le mani sulla ringhiera di metallo e la strinsi saldamente. Sapevo di trovarmi molto in alto, ma volevo provare il brivido della vertigine prima di immortalare quello spettacolo di luci e tenebre sulla pellicola fotografica. Mi voltai verso Nikki con un sorriso astuto poi volsi nuovamente il capo davanti a me. Il vento fresco si insinuava tra i miei capelli, facendoli svolazzare. Le mani fremevano sulla ringhiera e sentii i passi di Nikki avvicinarsi al bordo. Sollevò un pollice in segno di OK e io ricambiai con lo stesso gesto prima di portare lentamente la testa avanti. Il mio sguardo passò prima sul muretto di cemento poi, non appena lo superò, si ritrovò sul vuoto: sotto di me c’erano decine di metri di nulla e, in fondo, una strada a sei corsie trafficata e illuminata da insegne al neon e lampioni. All’improvviso tutto cominciò a cambiare posizione, le luci si affievolirono per poi tornarmi a balenare negli occhi, e la terribile sensazione di non avere più nulla sotto ai piedi mi fece scattare all’indietro, senza però riuscire a staccare le mani dalla balaustra. Solo quando una presa salda e sicura mi afferrò inaspettatamente per le spalle mi decisi a sciogliere quel garbuglio che le mie dita avevano formato con la ringhiera di metallo e trovai il coraggio per indietreggiare di qualche passo.

“Devi stare attenta quando fai queste cose. Lo sapevi che avrebbe potuto girarti la testa,” mi ammonì Nikki.

“Sì, però è stato da brivido,” risposi col cuore che batteva ancora all’impazzata per lo spavento. “Non credo che lo rifarò ancora.”

Percepii il movimento del suo capo mentre annuiva e la morsa sulle spalle si allentò sempre di più, finché le sue mani non presero a scivolare lungo le mie braccia, fino a raggiungere le mie. “A meno che tu non sia una di quelle persone testarde che continuano a fare quello che vogliono e non smettono neanche quando sbattono il muso.”

“Cosa vuoi dire?” domandai perplessa sia dal suo tono improvvisamente malinconico che dalle sue parole.

“Ci sono un paio di cose che dovrei dirti,” confessò prima di lasciarmi andare, permettendomi di guardarlo negli occhi mentre mi parlava. “Non si tratta di buone notizie e probabilmente le sai già, però voglio essere sicuro che tu le sappia.”

“D’accordo,” approvai con un brivido che mi percorreva la spina dorsale. “Ti ascolto.”



   
 
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