Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Ardesis    14/07/2017    11 recensioni
E se una piccola deviazione di percorso avesse compromesso l’intera vicenda?
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Bernard riteneva di aver maturato una certa esperienza con l’intimidazione dei flaccidi nobiluomini e delle leziose nobildonne dell’alta aristocrazia. Di solito gli bastava minacciarli appoggiando filo della spada sulle loro gole bianche di cipria per convincerli ad alleggerirsi di qualche costosissimo gioiello.

Oscar François de Jarjayes, invece, rappresentava un’eccezione. Ciò che avrebbe potuto ottenere da lei, sarebbe stato il bottino più prezioso mai conquistato: il suo appoggio.

L’anonimato gli avrebbe permesso di parlarle senza la seccatura dei convenevoli e delle formalità. Un vero privilegio. Sarebbe stata una chiacchierata a tu per tu che, nei panni di Bernard Chatelet, non si sarebbe nemmeno potuto permettere di immaginare. Decise di concedersi anche lo sfizio di sfiorare la sfrontatezza.

Tenne la ragazza stretta contro di sé, chiudendo saldamente nell’incavo del braccio quel corpo esile e affusolato che gli dava l’idea di poter scivolare via dalla sua presa da un momento all’altro, sinuoso come un’anguilla. Malgrado ciò, di fatto, Oscar François de Jarjayes, non dava segno di volersi liberare. Si limitava -con spregio, pensò Bernard- a respirare calma.

-Adesso tolgo la mano. Se provate ad urlare vi taglio la gola.-

Le sibilò nell’orecchio. Oscar accettò il compromesso con un cenno del capo e Bernard le liberò la bocca.

-Il Cavaliere nero, suppongo.-

Disse subito.

-In carne ed ossa.-

”Parla camuffando la voce” pensò lei “Potrebbe essere... e se fosse?”

-Se mi mostrate il vostro volto, giuro sul mio onore che non avrete nulla da temere da me.-

Gli comunicò provando a voltarsi verso di lui.

Il Cavaliere nero non perse tempo a valutare la sua richiesta. Le rispose scoppiando a ridere e stringendola più forte. Oscar ignorò il fastidio di essere costretta a subire la pressione di un corpo maschile sulla schiena e assaporò ad occhi chiusi il suono di quella risata del tutto sconosciuta

“No, non puoi essere André.”

-Ho sentito dire così tante storie su di voi, Madamigella, che non so a cosa credere, così ho deciso di venire qui a scoprirlo di persona.-

Il Cavaliere nero le parlò con voce gentile, ma la fece voltare senza alcuna delicatezza e la spinse all'interno dei suoi appartamenti, rimanendo cautamente alle sue spalle.

-Qualche lingualunga sostiene che voi siate l’uomo più uomo di tutta Versailles.-

Oscar rabbrividì, mentre la mano sfacciata di quello sconosciuto scivolava sul suo fianco e accarezzava la seta sottilissima della sua camicia. Lo tollerò a denti stretti, ma quando le dita di Bernard arrivarono a sfiorare il confine dei suoi pantaloni, con uno scatto strinse forte le cosce.

-L’istinto, però, è innegabilmente quello di una donna.-

Commentò lui, lasciandola andare e spingendola a qualche passo di distanza.

-Vi prego, sedetevi, Madamigella.-

Aggiunse, assumendo all’improvviso un tono pacato e cortese.

-Cosa volete?-

-Soltanto conversare con voi.-

Oscar lo guardò scettica e si accomodò su una poltroncina.

-Conversare?-

Gli fece eco, premendo i gomiti sui braccioli e intrecciando le dita. Il ladro si appoggiò di schiena alla parete di fronte a lei e la fissò serio.

-Sì, conversare. Non sono qui per intraprendere con voi una guerra di provocazioni. Innanzitutto, voglio chiedervi perdono, per il disturbo innanzitutto e se vi ho offesa, mi dispiace. Questa maschera, sapete, mi rende sfrontato.

Fece una pausa e aprì le labbra per mostrarle un sorriso. 

-Non sono qui per derubarvi, né per farvi del male. Di tutto ciò che è vostro, non mi interessa altro che la vostra attenzione.-

Con una mano, un po’ soprappensiero, prese e scosse un piccolo scrigno che, dalla mensola sopra il camino, aveva attirato il suo sguardo. Il tintinnio sonoro gli fece venire voglia di infilarsi quel piccolo manufatto d’argento in tasca, ma si trattenne.

-Io penso che ci intenderemo bene. D’altra parte, voi ed io siamo molto simili. Entrambi abbiamo bisogno di travestirci per muoverci in questo mondo. Sotto la maschera, però, siamo persone autentiche.- 

Mentre lo ascoltava, Oscar studiò l’inatteso ospite con attenzione. Quell’uomo parlava in tono entusiasta, sceglieva bene le parole, scrollava spesso la testa, agitando un groviglio di capelli scuri, e non riusciva a tenere ferme le mani. Prese mentalmente nota di ogni suo gesto e formulò qualche ipotesi. “Un giornalista, un attore o un uomo di legge” si disse.

-Guardatevi intorno, Madamigella, il Paese è al collasso e la monarchia sta fallendo, dovete riconoscerlo. Il popolo è scontento. L’insofferenza è diffusa, ha radici profonde e ribolle come lava in un vulcano.-

Mentre diceva così, Bernard aprì le braccia, mimò il gesto di un’eruzione esplosiva, con enfasi, come se dalla sua testa stessero schizzando fuori lapilli, poi cominciò a calpestare nervosamente il tappeto, camminando avanti e indietro di fronte a lei.

-Al popolo non basta avere pane, medicine, legna per l'inverno. La gente ha bisogno di considerazione!-

Finalmente si fermò, le rivolse uno sguardo acceso, sfavillante, e strinse i pugni.

-Il popolo ha una voce e vuole essere ascoltato, ma necessita che qualcuno porti questa voce fino ai vertici della società, una persona stimata dai Sovrani e dalle alte cariche e che creda nel valore dell’uguaglianza.-

Oscar si inumidì le labbra e appoggiò il mento sulle dita intrecciate.

-Sono d’accordo e mi sento onorata per la fiducia che mi dimostrate. Ma non sarò io la vostra arma, non posso.-

Rispose semplicemente. Bernard strinse forte le mandibole poi emise un ringhio, quasi un ruggito, e sfoderò la spada con un gesto solenne.

-Non cambieranno le cose finché non le cambieremo. Gli uomini sono eguali; non la nascita, ma la virtù fa la differenza.-

Oscar gli sorrise.

-Voltaire.-

Disse. Il Cavaliere nero le fece eco annuendo:

-Voltaire.-

Poi si dileguò, in un guizzo fluido di stoffa nera. Volò agile verso il balcone e si fuse con il buio, lo stesso buio da cui era emerso poco prima, silenzioso e inafferrabile, come un’ombra figlia della notte stessa.

Oscar restò ad osservare con le labbra schiuse il quadrato nero della finestra in cui il ladro si era immerso, poi si alzò dalla poltrona e camminò verso il balcone. Scoprì che la notte si era schiarita. Uno spicchio sottilissimo di luna galleggiava in uno stagno di cielo tra le nuvole.

Mentre appoggiava le mani sul freddo parapetto di marmo, provò a considerare l’ipotesi che quella visita fosse stata frutto della sua immaginazione, magari un’allucinazione causata dalla stanchezza.

Abbassò la testa e fece dei lunghi respiri profondi per decidere se credere a ciò che era appena accaduto. Poi, ad un tratto, ecco un bagliore. Si sporse oltre la balaustra per scandagliare con lo sguardo il muro della facciata, aiutata dalla fioca luce della luna, e quando finalmente riuscì ad individuare la fonte di quell’insolito scintillio, le mancò il fiato.

Un pugnale! Un pugnale infilato di punta in un incavo del cornicione. Doveva essere servito al ladro per scalare la facciata. 

Ecco la prova che era stato tutto reale.

 

 

 

 

 

-Che cosa? Il Cavaliere nero è stato qui? Qui, a Palazzo?-

Oscar annuì e premette le labbra sul bordo della tazza. Prese un piccolo sorso di tè e intanto ammirò con un sorriso la buffa espressione dipinta sul viso di André.

-Incredibile...-

Commentò lui stupefatto, portandosi una mano sulla fronte per sollevare i ciuffi di capelli che la ombreggiavano. 

-Davvero incredibile, André.-

Oscar studiò la scacchiera, fece una smorfia e appoggiò la tazza sul piattino.

-È stata una visita molto cortese, sai, quasi galante. Il ladro si è persino preoccupato di lasciarmi un dono.-

Sollevò un angolo della bocca e mostrò ad Andrè il pugnale che il Cavaliere nero aveva dimenticato nell’incavo del muro.

-Guarda lo stemma.-

Suggerì indicandogli il manico.

-È lo stemma degli Orleans.-

-Esatto.-

Oscar si decise a muovere la regina di un paio di caselle, poi incrociò le braccia sul petto e gli cedette il turno.

-Abbiamo già avuto modo di conoscere bene l’antipatia del Duca d'Orleans nei confronti di suo cugino, il Re. Nel caso in cui fallisse la monarchia di Luigi XVI, il Duca diventerebbe il candidato favorito per la successione o quantomeno per la reggenza.-

Gli occhi di Andrè si ridussero a due fessure e precipitarono da Oscar alla scacchiera, come a voler cercare in quella partita una rappresentazione emblematica della situazione politica di cui stavano parlando. Concentrò lo sguardo sulla pedina del re, provando ad immaginare che avesse le sembianze di Luigi XVI, e azzardò:

-Il Cavaliere nero è al soldo del Duca D’Orleans.-

Oscar prese in mano uno dei pedoni neri e se lo rigirò tra le dita.

-Sì, in un certo senso. Sono propensa a credere che il ladro sia soltanto una pedina, insomma un giovane di grandi vedute e piccole risorse, che ha plausibilmente trovato nel Duca D’Orleans un finanziatore e un protettore.-

-Non può essere che questo pugnale sia frutto di una rapina ai danni del Duca?-

Oscar si riempì nuovamente la tazza di tè e scrollò la testa.

-No, André. Il Duca non ha mai denunciato alcun furto e poi pare che il ladro non tenga mai nulla per sé di ciò che ha rubato. Ha dei valori morali piuttosto saldi.-

-Quindi tu come intendi agire?-

Oscar diede la precedenza alla partita. Le sue dita guidarono un alfiere bianco a conquistare un paio di caselle, poi sorrise ed esclamò, con il tono un po’ annoiato e un po’ arrogante di chi sa di avere la vittoria in tasca e la soluzione a tutti i problemi: -Scacco, André. Penso che mi servirò di questo rocambolesco personaggio mascherato per tenere sotto controllo le pericolose ambizioni del Duca d'Orleans.-

André annuì e rivolse gli occhi alle alte finestre, aperte sul parco. Uno stormo di rondini passò sopra le fronde dei faggi, creando un’elegantissima coreografia di piroette tra le impetuose correnti d’aria. Stava esplodendo la primavera.

-Devo farti una confessione, André. Ti riguarda. E sappi che non intendo offenderti, ma nemmeno lusingarti!-

André sorrise incoraggiante.

-Credevo che il Cavaliere nero fossi tu.-

Ammise lei e non riuscì a contenere una risata. André la fissò allibito, incerto se considerare quelle parole come una confessione sincera o come un semplice scherzo, poi si ritrovò a sorridere di riflesso.

-L'uomo che ti ha offerto il boccale di birra, quella sera, di sicuro si è ingannato come me: anche lui ti ha scambiato per il Cavaliere nero.-

Argomentò lei, servendosi di qualche sorso di tè per placare il sottile imbarazzo che le aveva suscitato quell’ammissione.

-Immagino di sì, Oscar. Ah, non credevo di avere un fascino così tenebroso!-

Oscar sorrise divertita, poi si fece di nuovo seria.

-André, ascoltami, non è il caso che qualcuno sappia che il Cavaliere nero è stato qui.-

-Certo, non ti preoccupare.-

-Ora aiutami a pensare. Come posso incastrarlo?-

Il ragazzo scrutò le pedine sulla scacchiera. Spostò la torre, ci ripensò, mosse il cavallo.

-Questo ladro non ha un’identità ma ha un nome, il ché implica anche il fardello di una reputazione. E sono sicuro che lui ne vada fiero.-

Oscar arricciò le labbra e continuò il ragionamento di André:

-Da come si pavoneggiava con me, sì, sicuramente l’umiltà non è la sua più grande virtù. Dunque la soluzione potrebbe essere pungolare il suo orgoglio. Ma come? E se gli rendessimo pan per focaccia? Ma sì. Il ladro sarà derubato di ciò che ha di più prezioso: la sua maschera! Scommetto che si farebbe subito avanti per difendere il buon nome del suo personaggio... Scacco matto!-

Esclamò gioiosa, quando la sua regina incastrò in un angolo della scacchiera il re di André. Lui ignorò la sconfitta -che peraltro aveva previsto ormai da diverse mosse- e allungò la mano verso di lei per arrotolare tra le proprie dita una ciocca bionda dei suoi capelli.

-Penso che anche al buio si capirebbe che hai i capelli biondi, Oscar. Potrei vestire io i suoi panni, se è vero che gli somiglio tanto. Di sicuro sarei molto più credibile di te.-

Oscar scrollò la testa con decisione, poi rifletté un momento, lo guardò e i suoi occhi si addolcirono.

-E sia, André, ma temo che dovrai accorciare i capelli.-

Lui le rivolse uno sguardo deciso e con gentilezza sfilò dalle sue mani il pugnale del Duca d’Orleans.

-D’accordo.-

Si portò la lama dietro la nuca e con un colpo netto recise la coda di lunghi capelli scuri che gli scendevano sulla schiena.

-Non ti ho mai visto con i capelli così corti, André.-

-Come sto?-

Oscar sorrise, accarezzando con i pollici i bordi della tazza che teneva tra le mani.

-Molto bene.-

-Beh, a questo punto, il minimo che puoi fare è concedermi una rivincita!-

 

 

 

 

 

Esattamente dieci giorni dopo la visita del Cavaliere nero a Palazzo Jarjayes, Bernard ricevette da un amico, per lettera, la notizia più raggelante che potesse aspettarsi. Qualche ignoto lestofante di Parigi aveva approfittato della sua decisione di abbandonare la carriera di ladro, per impossessarsi dell’identità del Cavaliere nero e compiere grossi furti nelle case dei nobili più abbienti, senza però ridistribuire i bottini tra la povera gente.

Furioso, incredulo e con l’orgoglio insultato, Bernard bruciò la lettera e si precipitò in chiesa. Non c’era niente di meglio della luce soffusa, del silenzio e del profumo d’incenso per stimolare la riflessione e poi i Santi, che si affacciavano dalle pale e dagli affreschi, spesso, pur senza parlare, davano ottimi consigli.

Entrò in una cappella laterale e si inginocchiò davanti ad una statua della Madonna circondata da gigli freschi. Congiunse le mani e provò a cercare un segno di compassione nel viso dolce e sereno che qualche anonimo scultore aveva attribuito alla Vergine. Gli occhi liquidi e tristi della statua sembravano abbracciare con un unico sguardo tutto ciò che la circondava, eppure lui si sentì ignorato. Avvertì un dolore al petto e lasciò la chiesa più nervoso e avvilito di prima. 

Mentre si inoltrava tra la confusione del mercato mattutino del quartiere, pensò che la scelta più saggia fosse andare immediatamente a chiedere consiglio al Duca D'Orleans.

-Lurido impostore.-

Imprecò tra i denti, camminando a passo spedito verso il Palais Royal e sgomitando tra la gente che si accalcava tra i carretti.

-André! Aspetta!- 

Una mano, piccola ma forte, si aggrappò alla manica della sua giacca per trattenerlo. Bernard si voltò con un ringhio, pronto ad vomitare tutta la propria frustrazione sul malcapitato proprietario di quella mano, ma quando scoprì che apparteneva ad una ragazza bionda dai lineamenti familiari, il suo sangue smise di bollire e si raffreddò di colpo. Col fiato sospeso la osservò schiudere le labbra e abbassare in fretta i grandi occhi azzurri.

-Perdonatemi, io... vi ho scambiato per qualcun altro.-

Balbettò, mortificata, poi ebbe un sussulto e risollevò in fretta lo sguardo con un’espressione luminosa sul viso.

-Ma voi siete Bernard Chatelet...-

Bernard le sorrise, si guardò intorno e fece una smorfia. Non era il luogo adatto per una tranquilla conversazione. La prese per mano e la condusse con sé in una via laterale, al riparo dal chiasso e dalla folla.

-Sì, sono proprio io. Voi siete Rosalie, dico bene? Sono davvero felice di rivedervi. Come siete diventata bella!-

Rosalie avvampò. Il rossore si diffuse sulla sua pelle pallida dal collo fino alla radice dei capelli e i suoi occhi precipitarono sul misero contenuto del cestino che pendeva dal suo gomito.

-Non vi ringrazierò mai abbastanza per ciò che avete fatto per mia madre, Monsieur.-

Gli disse, concedendogli uno spiraglio sui propri occhi attraverso i ciuffi che le cadevano sulla fronte. Bernard, intenerito, raccolse la sua mano tra le proprie.

-Rosalie, non dovete ringraziarmi, piuttosto, ditemi, cosa vi è accaduto dopo la morte di vostra madre?-

Rosalie si spostò la frangia dagli occhi con uno sbuffo e il suo viso ritrovò la luce.

-Sono stata accolta in casa di Madamigella Oscar François de Jarjayes. L’avete mai sentita nominare?-

Bernard deglutì.

-Sì, so chi è.-

-Allora saprete anche che è una persona squisita, gentile, intelligente e molto buona. Mi ha aiutato tanto, non potrò mai sdebitarmi con lei.-

-Rosalie,- la interruppe lui con un largo sorriso -Vi prego, lasciate che vi accompagni, ovunque stiate andando. Mi piacerebbe che mi raccontaste tutto ciò che vi è accaduto in questi anni.-

Rosalie arrossì di nuovo, si prese un momento per riflettere poi annuì con un sorriso dolce e si lasciò prendere sottobraccio. Il cuore di Bernard fu travolto dall’entusiasmo. La questione del falso Cavaliere nero sbiadì dalla sua mente, perse importanza, gli parve un problema di pochissimo conto, un‘inezia. Si dedicò con tutto se stesso ad ascoltare quella voce dolce e leggera che elogiava allegramente tutti i pregi e le qualità di Oscar François de Jarjayes.

“Forse è stato Dio a mandarmi questo angelo.”

Pensò, incapace di smettere di sorridere.

 

 

 

 

 

L’alba conquistò lentamente il cielo notturno e un lucore celeste invase il parco del Palazzo. Una leggera foschia profumata di erba e di terra vestiva il giardino come un evanescente mantello di tulle e il sole, appena sorto, era un disco di luce bianca sospeso sopra l'orizzonte e coperto da un velo di nuvole. 

André conficcò la punta della spada nel terreno umido di rugiada e mentre si rimboccava le maniche della camicia per prepararsi ad un solitario allenamento mattutino, sollevò lo sguardo verso le finestre della stanza di Oscar. Il suo pensiero volò verso quei vetri, li trafisse, aggirò le pesanti tende e si insinuò nell’intima penombra della stanza. Immaginò Oscar distesa nel suo letto, immersa in un sonno tranquillo, abbandonata su una collina di cuscini di piume, con le labbra schiuse, i capelli scomposti intorno al viso e la forma del seno che si imprimeva sulla stoffa sottile della camicia ad ogni respiro.

-Dio mio, cosa mi viene in mente?-

Si stropicciò gli occhi col dorso delle mani per stroncare quelle fantasie prima che la sua mente tentasse di approfondirle.

“Quanto è grave peccare col pensiero?” si chiese triste, fissando con occhi vuoti l’elsa della spada.

-Benedicimi, Signore, e assolvimi perché ho avuto, e continuerò ad avere, fantasie impure per una donna.-

Mormorò con un filo di voce, guardando il sole.

-Ti prometto che starò sempre al mio posto, non sarò altro che la sua ombra scialba e non oserò mai mostrarle il mio amore di uomo, ma abbi pietà di me e di questo desiderio che non so arginare.-

Con un sospiro lungo e profondo, tornò a concentrare la propria attenzione sulla spada.

Si sarebbe tenuto un ballo nel Palazzo della Baronessa Millet quella sera. Lui avrebbe indossato il travestimento da Cavaliere nero e si sarebbe addentrato nella stanza della Baronessa per rubare i suoi gioielli, mentre Oscar, appostata nel giardino della Villa, avrebbe teso una trappola al vero Cavaliere nero, nel caso in cui questi avesse deciso finalmente di farsi vivo. Fino a quel momento, tutti i finti furti che avevano commesso erano stati inutili.

Impugnò la spada e la sfilò dal terreno. Provò ad immaginare che il Cavaliere nero gli fosse davanti ed esplose in un solenne:

-En garde!- 

Cominciò a sferrare una serie stoccate e fendenti nel vuoto, volteggiando sull’erba umida, ringhiando e gemendo ad ogni sforzo. Continuò ad infilzare l’aria finché non perse le forze.

Stremato ma soddisfatto, abbassò la spada e si passò una manica della camicia sulla fronte madida di sudore. Mentre nutriva i polmoni di aria fresca e lasciava che il cuore riconquistasse un ritmo calmo e regolare, ebbe la sensazione di essere osservato. Alzò gli occhi verso la facciata del Palazzo e scoprì che Oscar era affacciata alla finestra. Teneva una tazza di té tra le mani e lo fissava immobile come il soggetto di un dipinto.

André si chiese da quanto tempo fosse lì. Aveva osservato ad ogni sua mossa? Aveva giudicato i suoi errori, approvato i colpi buoni, immaginato di essere lì con lui?

Si sentì fiero, quasi euforico. Avrebbe voluto gridarle “Hai visto, Oscar? Ogni mio movimento, ogni mio fiato, ogni mio sforzo erano per te!”, ma si limitò a lanciarle un ampio sorriso, poi si piegò in avanti per enfatizzare ironicamente un inchino. Quando risollevò lo sguardo, la finestra era un rettangolo vuoto.

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Ardesis