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Autore: FeelingRomanova    14/07/2017    1 recensioni
Tu resisti, non ti muovere, amore mio, io arrivo a prenderti.
Non mi sono mai fermata, non un secondo mi sono concessa, ma è passato troppo tempo ormai, ed io ho bisogno di far tappa in questo luogo, uno dove mai ero entrata prima.
Perdonami amore, ti prometto che riparto subito.
(...)
Non approveresti questa visita, come me hai sempre disprezzato l'odore d'incenso che ora mi riempie i polmoni, ma ho paura, amore, e non so più che fare.
Avanzi e mi inginocchio, una formica qualunque tra quelle panche.
Prima di unire le mani mi guardo intorno, nervosa, come se temessi un testimone della mia preghiera.
Intrecciò le dita, vi poggio le labbra, chiudo gli occhi.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Root
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ti muovere.




Arrivo amore mio, ti prometto che arrivo.

Ormai sono mesi che ti cerco, che sei sparita, che Samaritan ti tiene lontana da me.

Non ho idea di cosa ti stiano facendo, non lo riesco nemmeno ad immaginare, ed in cuor mio non so più se sperare che tu sia viva o morta, perché non sopporto l'idea che tu sia soffrendo, amore mio.

Tu resisti, non ti muovere, amore mio, io arrivo a prenderti.

Non mi sono mai fermata, non un secondo mi sono concessa, ma è passato troppo tempo ormai, ed io ho bisogno di far tappa in questo luogo, uno dove mai ero entrata prima.

Perdonami amore, ti prometto che riparto subito.

Tu non ti muovere, amore mio, resta dove sei e rimani su questa terra ancora un po'.

Non ti muovere, amore, non morire prima che io possa rivederti.

Non volare angelo mio; non ti muovere.

Scendo da questa auto che ospita i miei giorni e le mie notti; la parcheggio accanto al marciapiede e guardo l'imponente edificio di fronte a me.

Una volta gli lanciavo occhiate sprezzanti, ne ridevo, ora lo temo, mi fa sentire insignificante; mi tremano le mani.

Guardo il campanile, il rosone, il grande portone di legno che da poco accoglie i fedeli e penso che entrerò anch'io, tra non molto.

Prendo un respiro profondo, mi muovo.

Entro in quel luogo sempre avvolta nella penombra, la luce filtrata attraverso le vetrate colorate a me sembra triste. Le panche di legno occupano le tre navate, guardano l'altare, attendono con calma l'arrivo di decine di formiche con la tesa bassa.

Dietro l'altare, una grande croce di legno dipinta veglia su di loro, e raffigurazioni di santi che non riconosco adornano le pareti.

Ora mi ricordo, qualche volta sono entrata in chiesa, mi ci portava mai madre; mi costringeva ad ascoltare la messa, diceva che quelle parole mi avrebbero sempre ispirata, sorretta nei momenti più bui, e io non sono mai stata così persa, amore mio.

Non approveresti questa visita, come me hai sempre disprezzato l'odore d'incenso che ora mi riempie i polmoni, ma ho paura, amore, e non so più che fare.

Avanzi e mi inginocchio, una formica qualunque tra quelle panche.

Prima di unire le mani mi guardo intorno, nervosa, come se temessi un testimone della mia preghiera.

Intrecciò le dita, vi poggio le labbra, chiudo gli occhi.

 

Padre, da anni non mi rivolgo a te, e mai l'ho fatto sinceramente, solo ora mi trovi qui ad implorare il tuo aiuto perché davvero lo necessito.

Ho paura, padre, ho paura.

Temo sia morta, temo di non rivederla mai più, e ripeto a me stessa che è viva, ma non riesco più a credere alle mie parole; non so nemmeno se io l'abbia mai fatto.

Mi fingo sicura, mi mostro convinta, ma se sono sola tremo e grido una disperazione che non avevo mai conosciuto.

Io non merito pietà.

Ho ucciso, ferito, manipolato ed usato, e mai me ne sono pentita, e mai mi sono fermata a pensare a quei corpi.

Ho procurato questo dolore, questo che io sento ora, a decine di uomini e donne, quindi non merito misericordia.

Ho chiamato dio una macchina e le sono stata schiava, l'ho idolatrata e mi sono inchinata a lei, considerandola, alle volte, amica. Un messia, questo mi sentivo, un messia fasullo d'un dio di cavi; quindi non merito la tua compassione, ma non è per me che ti chiedo d'agire.

Sono disposta a non vederla mai più, a guardarla correre lontano da me, se mi permetterai di salvarla.

Ti chiedo di lasciare che la guardi un'ultima volta e che le dica sei libera, amore mio, corri, amore mio, e non cercarmi più. È il prezzo che devo pagare per saperti salva.

E lo so che forse non guarderai con occhi buoni questo mio amore, che forse ti offenderà e ti disgusterà, ma non considerarlo un amore.

Non guardare me, non guardare questo mio peccato, ma guarda Sameen e guarda tutto ciò che di buono ha fatto.

Io non la merito viva, ma lei non merita la morte.

Salvala, lascia che io la salvi; questo ti chiedo, padre.

 

Ringrazio, dico amen, perché non ricordo come si concluda una preghiera, e riapro gli occhi.

Sto piangendo, non me ne ero accorta.

Tremo, quasi fatico a tornare in piedi torno all'entrata accompagnata da una marcia di singhiozzi sommessi.

Immergo due dita nell'acqua santa, contaminandola con le mie lacrime, e mi faccio il segno della croce in ginocchio, poi esco.

Scusami, amore mio, scusami se ho perso tempo così, ma avevo bisogno di piangere in silenzio.

Non ti muovere amore mio, sto arrivando, e non mi fermerò più adesso.

Tu non morire, non andartene.

Non ti muovere.

 


a/n: non so da che cosa nasca questa flashfic, seriamente, mettere Root a pregare, ora come ora, mi sembra alquanto assurdo e non ho idea di come mi sia venuto in mente, però sono particolarmente fiera di questo scritto, sarà proprio a causa del suo essere abbastanza improbabile.
Spero sia piaciuto anche a voi, e ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino a qui.
I commenti sono sempre apprezzati, un bacio,
fr

ps il titolo è ispirato ad un romanzo della Mazzantini

  
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