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Autore: Leila 95    14/07/2017    3 recensioni
Nessuno vorrebbe ammettere di aver bisogno di qualcun altro, eppure talvolta è piacevole, addirittura rassicurante, abbandonarsi ad un'altra persona.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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WHAT ABOUT YOU NEED
Da quando era tornato al mondo dei vivi, Han Solo si sentiva un uomo diverso. A parte i postumi dell’ibernazione – la vista ancora gli si annebbiava e di tanto in tanto aveva attacchi di vomito – il suo fisico non era per nulla cambiato, ma la sua testa era stata come resettata e rimodulata con nuove impostazioni. Era come se vedesse tutto per la prima volta: la sua nave, i compagni di scorribande della squadriglia, la natura incontaminata su Sullust…tutto gli appariva diverso e stranamente estraneo, quantomeno più intenso. O forse, si convinse, non aveva mai veramente apprezzato ciò che lo circondava come ora che si era trovato ad un passo dalla morte.
 
Non che avesse avuto una grande percezione del suo periodo nella grafite – sei mesi e quattordici giorni solari, gli aveva detto Leia: erano perlopiù sensazioni confuse, che si mescolavano a sogni e ricordi. Di certo aveva perso parecchio della vita che aveva lasciato: una Morte Nera – più potente e avanzata di quella che aveva contribuito a distruggere – era in costruzione; Luke aveva preso ad illudersi di essere diventato un cavaliere Jedi; Lando si era stabilmente unito ai Ribelli (cosa che non avrebbe mai creduto possibile, se non l’avesse vista con i suoi occhi), mentre la Principessa…beh, anche lei era parecchio cambiata. Non era la ragazza che aveva imparato a conoscere durante il lunghissimo viaggio verso Bespin e che impaurita gli aveva dichiarato il proprio amore su una piattaforma idraulica a Cloud City. Han vedeva una donna forte, determinata, risoluta, che aveva ucciso a mani nude uno dei più pericolosi gangster di tutta la galassia e che ora guidava una missione segreta (di cui neanche lui conosceva tutti i dettagli) per distruggere la Morte Nera prima che venisse completata. Si chiedeva soltanto se fosse ancora innamorata di lui, come lo era stata su Bespin, o se in questi mesi di separazione qualcosa nei suoi sentimenti era cambiato.
 
Stava rimuginando su queste cose, senza riuscire a trovare una risposta, osservando Leia parlare con un giovane civile nell’hangar principale della base. Dal modo in cui si muoveva facendo agitare le lunghissime trecce dietro la schiena, in cui parlava e in cui gli sorrideva sincera, era chiaro che quell’interlocutore fosse più di un semplice conoscente e che probabilmente fra loro c’era qualcosa di più di una superficiale amicizia.
Han Solo si sentiva roso dalla gelosia come mai prima di allora. Mai gli era capitato di sentire un tale perverso e malato desiderio di possesso per una donna, un desiderio tanto forte che lo stava infiammando fin nelle viscere. Nonostante la sua voglia di saltare addosso a quell’uomo e di spaccargli la faccia, si tratteneva non sapendo neanche lui come, appoggiato alla parete e con le mani conficcate nelle tasche dei pantaloni, sfoggiando un’apparente calma di cui si sorprendeva perfino lui.
Non ci volle molto che Leia intercettò il suo sguardo e con un cenno della mano lo invitò ad avvicinarsi, ancora tutta presa dalla sua conversazione.
“Ti presento Jom Barrel” disse quando l’ebbe raggiunta. “Ti ha sostituito in questi mesi accompagnandomi in varie missioni. È un pilota eccezionale.”
Jom abbassò lo sguardo con falsa modestia. “Tu esageri sempre a tessere le mie lodi, Leia.” Aveva intanto teso la mano al contrabbandiere. “Han Solo, presumo. Leia mi ha parlato parecchio di lei.”
Han strinse automaticamente la mano che gli veniva tesa, mentre nella sua mente si affollavano mille pensieri: per esempio, come era possibile che un uomo conosciuto solo pochi mesi prima fosse entrato già così in confidenza con la Principessa, mentre lui aveva impiegato tre anni buoni solo per imparare a parlarle in modo civile, e come era possibile che la Principessa nutrisse per lui una stima tale da elargire complimenti così generosi. Poi si chiedeva fino a quanto Jom avesse preso il suo posto, se solo come pilota o anche…
“Immagino come!” sbottò acido, tentando in tutti i modi di trattenere la bile che iniziava a salirgli in gola.
“Niente di male, glielo assicuro” rispose affabile l’uomo. “Mi ha detto che anche lei se la cava come pilota e come meccanico…”
Ma Han aveva smesso di ascoltarlo, perché avevano preso a fischiargli le orecchie per la rabbia di dover stare a sentire quel parassita, che aveva approfittato della sua assenza per prendersi la sua donna. Leia gli aveva detto che lo amava, appena liberato dalla grafite, e glielo aveva ripetuto anche in seguito sul Falcon, ma davanti a quell’evidente complicità con Barrel e alle moine dei due alle quali stava assistendo adesso, quelle dichiarazioni d’amore sembravano aver perso importanza e significato.   
Non fece attenzione a cosa blaterò per congedarsi da quella coppia che gli pareva tanto affiatata, ma senza rendersene neppure conto si ritrovò a camminare a passo svelto per il lungo corridoio che dall’hangar portava all’esterno, ai moli di attracco dello spazioporto. Tutto ciò che desiderava ora era andare sul Falcon e tentare di darsi una calmata.
Leia aveva capito subito che qualcosa in Han non andava, che c’era qualche pensiero che lo turbava. Se n’era accorta già dal modo in cui stava fissando lei e Jom, credendo di non essere visto. Sebbene manteneva un’irreale compostezza, lo sguardo infuocato lo tradiva.
Lo rincorse nel corridoio semideserto: sapeva dove era diretto e sapeva che fermarlo sarebbe stato quasi impossibile, ma volle almeno provarci. Dovette chiamarlo tre volte, prima che si fermasse e si voltasse verso di lei.
Era furioso.
“Si può sapere cosa ti ha preso?” gli chiese.
“Niente, Altezza” rispose gelido Han. “Mi è sembrato essere di troppo, per questo ho tolto il disturbo.”
“Ma che stai dicendo, Han!?”
“Ho visto come ti guardava, e come tu guardavi lui. Credi che sia uno stupido?”
Leia sospirò. “Ascolta. Jom mi è stato vicino in questi ultimi mesi, ma è solo un amico e…”
“E io cosa sono per te, invece?” la interruppe il contrabbandiere.
Leia non sapeva cosa rispondere, colta alla sprovvista da quella domanda fatta a bruciapelo. Definire la sua relazione con Han era complicato, perché non c’erano in ballo solo loro due, ma anche il suo ruolo politico e sociale. Rendere pubblica la loro storia, cosa che non era stata ancora fatta, avrebbe significato una pioggia di critiche da tutti i fronti, e Leia non era ancora pronta per questo.
Abbassò lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Ecco, appunto” sbottò Han. Aveva avuto conferma di ciò che una parte di lui temeva, e cioè che Leia si vergognava di lui, e che la loro storia era finita su Bespin. “Io non sono niente per te.”
Fece due passi indietro e la squadrò da capo a piedi con disprezzo. “Addio Leia. Vedrò di togliere il disturbo il prima possibile e di lasciare questo pianeta.”
Detto questo girò i tacchi e percorse svelto il corridoio, sparendo alla vista della Principessa.
**************
Han Solo se ne stava stravaccato nella cabina di pilotaggio del Falcon ad osservare il whiskey ambrato roteare nel bicchiere che aveva in mano. Pensava a quello che i suoi occhi avevano visto, a ciò che gli aveva detto prima Leia, e a quello che gli suggeriva invece il proprio cuore.
Lui l’amava. Se ne era innamorato nell’istante in cui l’aveva vista per la prima volta, e sapeva che l’avrebbe amata per sempre. Ma sapeva anche che lei meritava molto di più di uno come lui, un contrabbandiere con un passato da delinquente e senza futuro. Cosa aveva da offrirle? Avrebbe dovuto sposare un principe, un senatore, un politico…quantomeno un uomo onesto, non un lestofante.
Eppure lei lo aveva salvato da un’ibernazione eterna, lo aveva sottratto alle grinfie di un gangster che aveva ucciso con le sue mani. Improvvisamente si rese conto di quanto fosse stato idiota a dubitare del suo amore e di quanto la sua mente fosse stata annebbiata dall’egoismo e dalla gelosia.
Doveva andare da lei e chiederle scusa subito.
Prima che fosse troppo tardi.
****************
Leia era esausta.
La riunione con il Generale Dodonna e con l’ammiraglio Akbar per pianificare l’attacco alla nuova Morte Nera si era prolungato ben oltre l’orario previsto e lei aveva fatto gran fatica a mantenere viva l’attenzione, distratta com’era dalle parole di Han che ancora rimbombavano nella sua testa. E ciò che la sorprendeva maggiormente non era tanto la sua gelosia, quanto piuttosto il modo in cui considerava lei e i suoi sentimenti. Aveva trascorso sei lunghi ed estenuanti mesi a cercarlo, affrontando l’ira dei generali ribelli che la volevano concentrata sulla lotta all’Impero, spogliandosi ed umiliandosi nell’offrire il proprio corpo a quel viscido verme di Jabba The Hutt. Aveva fatto tutto ciò che era necessario per riportarlo indietro, ma evidentemente non era bastato.
Non si era mai resa conto di quanto avesse bisogno di Han finché non le era stato portato via. Durante il loro lungo viaggio verso Bespin aveva sviluppato una vera e propria dipendenza dal suo profumo sulla propria pelle, dal tocco gentile delle sue mani, dal sapore delle sue labbra. Dipendeva da lui, in un modo che non avrebbe mai creduto potesse accadere: era sempre stata forte, indipendente e, a dispetto della giovane età, non aveva mai subito l’influenza di altri nella propria vita e mai si era lasciata traviare da niente e da nessuno. Anche per questo il suo rapporto con Han era così speciale: egli aveva un potere su di lei che nessuno aveva avuto mai…talvolta ne abusava, magari senza rendersene conto, e questo la terrorizzava. La sola idea che la sua vita fosse ormai completamente nelle mani di un’altra persona era sufficiente a gettarla nello sconforto più buio. E ciò che l’angosciava di più era il pensiero che – presto o tardi – Han sarebbe uscito dalla sua vita con il suo cuore fra le mani.
 
Finì di spazzolarsi i capelli corvini e indossò la vestaglia, preparandosi a trascorrere una lunga notte insonne. Credeva che stanotte avrebbe dormito con Han, che l’avrebbe scaldata fino all’alba con il suo forte abbraccio, e invece era sola e il letto era vuoto.
Magari avrebbe potuto dare un’occhiata a quel rapporto del generale Madine sulla missione esplorativa su Endor. Almeno avrebbe impiegato il tempo in modo proficuo.
Si era appena messa comoda alla scrivania, datapad alla mano, quando sentì bussare alla porta. Con un sospirò posò il datapad ed andò ad aprire. Han era sull’uscio, appoggiato con il gomito allo stipite della porta e con lo sguardo fisso a terra.
“Mi fai entrare?” chiese, quasi impercettibilmente, sollevando lo sguardo per incontrare quello di lei. Nei suoi occhi Leia poteva vedervi riflessa la sua anima. L’aveva sempre sorpresa quanto fossero profondi quegli occhi che adesso, per via delle luci artificiali, avevano dei riflessi quasi dorati. Poteva fingere di essere arrogante ed egoista, ma i suoi occhi avrebbero sempre tradito la sua vera indole.
“Certo, vieni pure.” Nonostante il modo in cui l’aveva trattata prima, non riusciva ad essere arrabbiata con lui, e una parte di lei aveva sperato che venisse nella sua stanza.
Chiuse la porta alle loro spalle e con un cenno del capo lo invitò a sedersi sul letto, ma lui scosse la testa. Preferiva restare in piedi, e risolvere la questione il prima possibile.
“Senti Leia” iniziò. “Scusami per prima, non so cosa mi abbia preso…ti ho vista con quell’idiota e ho perso le staffe, perché pensavo che mi avessi rimpiazzato.”
“Come avrei potuto fare una cosa del genere?!”
“Non lo so. Sono stato tagliato fuori per troppo tempo” le rispose. “Le cose sono cambiate…forse.”
“Han, tu non hai idea di quanto siano stati atroci tutti questi mesi senza di te” confessò Leia. “Sapere che tu eri da qualche parte nella galassia, imprigionato in un blocco di grafite, e sapere di non stare facendo abbastanza per te, per salvarti…”
“Tu hai fatto molto più che abbastanza” la interruppe l’uomo, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle. “Tu, Luke, gli altri…mi avete liberato da una prigionia senza fine. Nessuno aveva mai fatto tanto per me, e non credevo che qualcuno un giorno lo avrebbe fatto.”
Era duro per lui ammettere questo, ma Leia si meritava la sua sincerità. Questo era il suo modo di dire grazie ad una donna – una Principessa – che aveva messo da parte se stessa e attraversato l’intera galassia per uno come lui. “Io ho bisogno di te, Leia. Se ho scelto di restare qui, è perché ci sei tu.”
Non aveva mai voluto aver bisogno di qualcuno: aver bisogno significava essere deboli, un lusso che lui – arrogante mercenario senza scrupoli – non poteva permettersi. La vita di strada e di delinquenza era stata dura con lui, e gli aveva insegnato con batoste e cocenti delusioni ad essere quello che era. Eppure ora la prospettiva di necessitare di un’altra persona per continuare a vivere gli appariva piacevole, quasi rassicurante. Stava cominciando ad apprezzare un sentimento dal quale si era sempre tenuto accuratamente alla larga: l’Amore.
 
Rimase fermo immobile, ad attendere qualche reazione da parte di lei. I suoi occhi erano lucidi quando si avvicinò al suo volto. “Anch’io ho bisogno di te” mormorò contro le sue labbra. “Ne ho sempre avuto bisogno, anche se non l’ho mai ammesso – neppure a me stessa.” Per questo non aveva mai voluto che andasse via, che lasciasse la Ribellione, e per questo avrebbe mandato in frantumi la galassia intera se fosse servito a riportarlo indietro da lei.
Han le prese il volto fra le mai e la baciò con ardore, non riuscendo a trattenere un sospiro di sollievo per aver sentito la conferma di ciò che provava per lui. Lasciò che la Principessa gli sfilasse la giacca e gli sbottonasse la camicia, insinuando le dita fredde al di sotto del tessuto per toccare la pelle nuda.
Non c’era dolcezza né tenerezza nei loro movimenti, solo una irrefrenabile bramosia e il bruciante desiderio di sentire che l’altro era lì e pulsava di vita.
Avevano già fatto l’amore, su Bespin. Quello era stato un addio, questa invece era la promessa di un’eternità insieme.
Le loro dita tremavano nell’accarezzarsi mentre le loro labbra si cercavano per divorarsi voluttuosamente. Han decise in quel momento che mai più nel futuro avrebbe permesso che lo separassero da lei: le era mancata troppo, e ora si rendeva conto che non poteva più farne a meno.
 
Quando entrò dentro di lei, stringendo forte le sue cosce con le mani per trattenersi dall’essere troppo violento, la guardò intensamente negli occhi, affidando a quel contatto tutto ciò che a parole non riusciva ancora a dirle, a cominciare dal fatto che l’amava. I loro corpi avevano sin da subito appreso una lingua franca con cui poter comunicare le emozioni più profonde, laddove le parole – dettate dall’orgoglio e dalla testardaggine – avevano fatto più danni che altro.
Si chinò su di lei e la baciò famelico sulle labbra sul mento, sul collo, mentre sentiva il respiro di lei farsi sempre più affannoso e andare a tempo con il suo. Era ben conscio che avrebbe lasciato un segno livido sulla sua pelle candida, ma in fondo era quello che voleva: Leia era sua, e questo doveva essere chiaro a tutti.
Quando l’orgasmo esplose nelle sue viscere con la forza di una supernova, Leia strinse il suo volto, madido di sudore, e lo costrinse a guardarla negli occhi mentre gridava il suo nome. Questo finì Han che, scosso dai tremiti del piacere, collassò su di lei, svuotato ormai della linfa vitale.
Per lunghissimi istanti vi fu il silenzio più totale: nella stanza in cui fino ad ora erano riecheggiati i loro respiri, tutto taceva. Solo il battito dei loro cuori sembrava dare ancora voce a ciò che era appena successo.
 
Leia non aveva mai sperimentato una passione così intensa, e non credeva che potesse esistere qualcosa di tanto profondo e devastante. Era stato Han ad iniziarla ai piaceri della carne, e lo aveva fatto in modo dolce, facendole toccare le stelle con i suoi baci e le sue carezze. Ora invece era stato brutale, violento, mascolino…il piacere che le aveva regalato era stato così forte da farle quasi male. Ma sapeva che questo era ciò di cui aveva bisogno, di cui avevano bisogno entrambi, e ora gli occhi le si riempivano di lacrime per la gioia di aver ritrovato ciò che una parte di lei temeva fosse perduto per sempre.
Prese ad accarezzargli la testa poggiata sul suo seno, giocherellando con i suoi capelli bagnati con le dita ancora tremanti per l’adrenalina che aveva in corpo.
“Io ti amo. Lo sai?” disse piano.
Han sollevo la testa per guardarla negli occhi e accennò ad un sorriso. Premette a lungo le labbra sul suo petto sul cuore che batteva, poi disse: “Lo so. Sono stato un cretino a dubitarne.”
Le accarezzò la guancia con il dorso delle dita e la baciò languidamente sulle labbra. La frenesia che li aveva avviluppati prima si era ormai acquietata, ora restava solo la certezza che – qualunque cosa fosse accaduta – loro sarebbero rimasti insieme, nonostante tutto.
FINE
 
   
 
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