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Autore: Ayr    14/07/2017    3 recensioni
"Ivory, a quanto pare sei riuscito a distinguerti per abilità, coraggio ed un pizzico di fortuna in mezzo a quella turba di guerrieri grandi il doppio di te, e sei anche riuscito a prevalere su di loro. Ciò significa che sei il migliore tra questi e che sei colui che è destinato a compiere la missione» il tono della sovrana si era fatto improvvisamente grave e serio, facendo preoccupare l'elfo, «Ciò che sto per chiederti è molto pericoloso e potrebbe anche essere considerato tradimento, se prima di questo non ne fosse già stato compiuto un altro: mia sorella, dopo l'ultima visita, mi ha sottratto una cosa a me molto cara, nella speranza che non mi accorgessi della sua assenza... Si tratta di uno specchio"
Quando Ivory sentì quelle parole uscire dalle labbra della Regina Rossa, pensò ad uno scherzo di cattivo gusto: come poteva uno specchio essere oggetto di una tale contesa?
Ma nulla è come sembra, e anche lo specchio non è una semplice superficie riflettente, bensì un oggetto pericoloso e affascinante, che ammalia e promette di realizzare i più profondi desideri di un uomo...a caro prezzo
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XIII

Una pioggia di frammenti di vetro investì Celeste, e la donna temette che lo specchio si fosse rotto. Fortunatamente, questo era rimasto illeso e le restituiva lo sguardo acceso di ira e di sete di sangue dell’elfo albino: i suoi occhi dorati brillavano come quelli di una belva ferita e le labbra erano distorte in un ghigno famelico: voleva vendetta e non si sarebbe ritenuto soddisfatto fino a quando non avesse saziato la sua brama.
Con un solo movimento estrasse il pugnale dalle assi della parete, mentre la regina recuperò lo spillone: era in evidente svantaggio; ma come aveva ucciso il ragazzo, poteva uccidere anche lui, sebbene si fosse rivelato un combattete abile ed esperto. Probabilmente, si trattava di un mercenario o di un criminale che aveva offerto la propria spada per avere salva la vita; il colore della sua pelle non gli avrebbe permesso di avere un lavoro più onesto o meglio retribuito.
Chiunque fosse, però, non era da sottovalutare, e la regina avrebbe dovuto giocare d’astuzia.
Con uno scatto si rimise in piedi, decisa a recidere la gola di quel ficcanaso dagli occhi d’ambra. In quel momento, la stava studiando con attenzione, carpendo ogni suo movimento e analizzando ogni sua mossa.
Celeste si fiondò sull’avversario, lo spillone puntato alla giugulare dell’altro, ma all’ultimo fece una finta, sorprendendolo, e regalandogli una lacrima dorata, che gli accarezzò lo zigomo candido.
Ivory, però, si riprese immediatamente dallo stupore, maledicendosi per aver sottovalutato quella donna: l’aspetto di ragazzina innocente l’aveva destabilizzato e tratto in inganno, impedendogli di colpire come avrebbe voluto: non era convinto di voler fare del male a quella creatura delicata e celestiale.
Ma la creatura tanto angelica non demorse e provò un nuovo attacco, spinta dalla disperazione di eliminare quello scomodo testimone. Questa volta, Ivory non si lasciò ingannare, schivò il colpo e con un’abile contromossa disarmò la donna e la spinse contro la parete su cui era appeso lo specchio. Il fiato di lei si condensò in una nuvola di vapore che andò ad appannare la superficie lucida. In uno scherzo grottesco, lo specchio restituì il suo profilo abominevole e veritiero, che andò a fondersi con l’altro, quasi lo specchio volesse mostrare le due nature della donna: quella ingannevole, bellissima e ingenua, e quella reale, spietata e incattivita dal desiderio. La regina provò a divincolarsi, dibattendosi furiosamente e provò a colpire Ivory, ma l’elfo aveva imparato dai propri errori e si teneva a distanza dalla testa scalpitante della donna e dalle sue unghie. Le mise una mano sulla bocca, impedendole di chiamare le guardie e soccorrerla e cercò di ignorare i denti di lei che cercavano di scavarsi una via per la libertà.
Senza alcun rimpianto né esitazione, Ivory trafisse la Regina al fianco, immergendo il pugnale fino all’elsa nelle sue carni; viscido sangue cremisi colò lungo il manico, e imbevve le dita e la camicia. L’elfo ruotò il pugnale e sangue schizzò sul suo volto e sullo specchio, che catturò l’espressione distorta dalla sorpresa e dal dolore della donna.
Lasciò la presa, e il corpo della regina si accasciò a terra, lasciando una scia di sangue sulla carta da parati; la bocca, lasciata finalmente libera, emise un gemito di dolore sommesso, che si spense quasi subito, assieme all’ultima scintilla di vita, prontamente catturata dallo specchio.
«Una vita in cambio di una vita» commentò lapidario.
Ivory sollevò lo sguardo e incrociò quello della sua immagine riflessa, sebbene non fosse propriamente lui: gli anni di guerre, fatiche e privazioni erano scivolati via lasciando al loro posto pelle liscia e serica, priva delle cicatrici e delle rughe; il suo naso era stato sistemato e il taglio provocato dallo spillone si era rimarginato senza lasciare nemmeno una cicatrice, non una goccia di sangue sporcava il suo volto. Era diventato più giovane e più bello, e per un attimo Ivory accarezzò l’idea di approfittare di quel potere e recuperare un paio di anni. La tentazione era seducente e la possibilità di attuarla così vicina e allettante: sarebbe bastato continuare a specchiarsi e lo specchio avrebbe fatto da sé.
L’elfo sollevò una mano e accarezzò lentamente l’immagine riflessa, spostando poi le dita verso il suo viso e percorrendolo tutto come se fosse la prima volta che lo toccasse e lo vedesse: con sua somma sorpresa, aveva perso ogni forma di imperfezione e di bruttura, la pelle era morbida e setosa, il naso aveva smesso di sanguinare e i lividi e i graffi provocati dalla lotta erano scomparsi, i segni dei duri allenamenti erano svaniti, perfino i calli alle dita e le cicatrici che correvano sulla schiena e sul petto si erano volatilizzati; era diventato perfetto e puro, quasi che né il tempo né la fatica lo avessero sfiorato. Assaporò quell’assaggio di eternità, e se lo godette fino all’ultima goccia.
La sensazione di invincibilità e di onnipotenza che quello specchio donava era incredibile.
Il tempo era stato, da sempre, il più grande terrore dell’uomo, troppo lento e troppo debole, per uscire indenne da questo incontro di forze impari; ma Ivory disponeva di un’arma che avrebbe potuto vincere lo scontro e donargli vita eterna ed eterna giovinezza: grazie a quello specchio avrebbe potuto ingannare la morte e vincerla, sottraendosi per sempre al suo sguardo.
Dietro il suo splendido volto Ivory, scorse il corpo senza vita di Brand: la Morte era legata indissolubilmente allo specchio, era intrecciata strettamente agli arabeschi della cornice e intessuta nella superficie riflettente. Solo con la morte ci sarebbe stata la possibilità di ricevere la vita, rubando il tempo di un altro per concederlo a se stessi, appropriandosi indebitamente di anni di vita per poter vivere un giorno in più.
Il richiamo della vita immortale era seducente e attraente come quello delle sirene, e come esso, nascondeva dietro la melodia armoniosa e le promesse attraenti, gli scogli e i cumuli di ossa spolpati; era un richiamo che puzzava di morte, pericoloso non perché letale, ma perché lusinghiero e ingannevole.
Ivory a fatica riusciva a discostarsi dal pensiero di poter vivere per sempre, di poter fare tutto quello che desiderava e spadroneggiare su quelle terre ormai prive di governo e di una guida, di poter commettere le più turpi nefandezze e di rimanere sempre puro e bello, senza che i sensi di colpa, le preoccupazioni e la miseria lo sfiorassero con le loro dita scheletriche, lasciando i loro indelebili marchi. Lo specchio rappresentava tutti i peccati e i desideri che non aveva mai avuto il coraggio di commettere,
ma che ora si palesavano vicini e raggiungibili; quasi poteva toccarli e palparli e saggiarne la consistenza: avrebbe potuto avere oro a profusione, donne in abbondanza, domini e terre da governare e sfruttare, avrebbe potuto appagare i suoi desideri più vili, più reconditi e più sordidi. Sarebbe stato il più ricco e il più vezzeggiato, si sarebbero inchinati al suo cospetto e nessuno avrebbe più osato insultarlo o deriderlo per il suo aspetto; avrebbero avuto paura di lui e l’avrebbero rispettato, non avrebbero mai osato mettersi contro di lui, bellissimo e perfetto, capace di vincere il tempo e di ingannare la morte. Sarebbe stato onnipotente e immortale, come un dio, e come tale sarebbe stato idolatrato e venerato, temuto e amato.
A fatica riuscì a distogliere lo sguardo da quelle visioni e a posarlo sul cadavere del fratello. Tutto quello sfarzo e quella potenza richiedevano un prezzo e lo specchio era molto esigente: per poter vivere eternamente si era costretti a provocare una strage, a circondarsi di morti e potenziali vittime sacrificali. Le relazioni umane sarebbero state sacrificate in nome dell’immortalità, e proprio come un dio, si sarebbe diventati soli e lontani, circondati da esseri troppo abietti e troppo deboli per meritarsi di sopravvivere.
Lo specchio aveva reso folle la Regina Rossa, costringendola a uccidere la propria madre, e aveva sviato la Regina Bianca, obbligandola, crudelmente ad assassinare l’uomo che amava, lasciandole sole nei loro deliri.
Con orrore, Ivory, si rese conto che lo specchio agiva solo in funzione di sé stesso, per soddisfare la sua insaziabile fame di sangue e di morte, e affascinava l’indole avida e suscettibile dei mortali con la promessa di poter sconfiggere la loro più grande paura: la caducità della vita.
Era uno strumento che mai sarebbe dovuto esistere: nessuna creatura sarebbe stata in grado di resistere ad una tale possibilità, così allettante, così desiderata, così vicina e fattibile. Per quanto gli costasse fatica ammetterlo, Ivory comprese che la soluzione migliore sarebbe stata distruggerlo. Un potere troppo grande e troppo incontrollabile era racchiuso in esso: il più grande desiderio di un uomo era incarnato in un riflesso, che secondo una macabra e perversa legge del contrappasso, invecchiava e si abbruttiva al posto dell’originale, scambiando i volti della realtà e della menzogna, e fondendoli fino a confonderli.
Lentamente alzò il braccio, la mano che reggeva il pugnale tremava e calde lacrime iniziarono a scorrergli lungo le guance: non piangeva per Brandbury, non piangeva per la regina e nemmeno per tutte le persone che dovevano essere morte a causa dello specchio; piangeva per sé stesso, perché rompendo quello specchio sarebbe tornato ad essere il mercenario albino coperto di cicatrici- visibili e nascoste- che era un tempo, umiliato ed escluso per il suo aspetto, a cui erano state precluse tutte le possibilità a causa del colore della sua pelle. Se avesse rotto lo specchio, non avrebbe più avuto l’occasione di diventare quello che aveva sempre desiderato essere, avrebbe frantumato una vita di agi e di onore, in cui sarebbe stato guardato con rispetto e ammirazione e non con disgusto o scherno; avrebbe reso vano persino quel viaggio tanto lungo e faticoso, lasciando volare via la sua possibilità di diventare ricco. Ma se avesse riportato lo specchio alla Regina, quello avrebbe continuato a richiedere vittime e la donna a procurargliele.
Un singhiozzo vergognoso uscì dalle labbra spaccate, gli sembrava meschino piangere, ma non poteva farne a meno: distruggendo quello specchio avrebbe infranto i suoi sogni, ma non rompendolo avrebbe distrutto sé stesso.
Era disposto a pagare un prezzo così alto, un tributo di sangue per un capriccio e un desiderio egoistici?
La Regina Rossa e la Regina Bianca lo erano state ed erano diventate l’ombra di loro stesse, ossessionate dal trascorrere del tempo e dal bisogno di un giorno in più, da vivere nell’ansia costante di guadagnarsi quello dopo, annullando la propria vita per poterla prolungare. Ivory non era disposto ad un tale sacrificio, non se significava doversi trasformare in un mostro e perdere coloro che amava.
Gettò un lungo sguardo a Brand, quell’amatissimo fratello che non aveva mai avuto l’opportunità di ringraziare per il sostegno e il conforto silenziosi che gli aveva sempre offerto, per la sua disponibilità e il suo amore incondizionato che andava oltre la sua pelle innaturalmente bianca, e gli diede l’ultimo saluto.
Si abbandonò contro la parete, ricercando il suo sostegno e il suo supporto: non aveva la forza e la volontà per compiere un simile atto; si morse le labbra, cercando di trattenere l’urlo disumano di dolore e disperazione che si arrampicava lungo la gola, lacerandola.
Con uno sforzo sovraumano, affondò la lama, lo specchio si crepò e si infranse in mille pezzi.


Ringraziamenti:

È la prima volta che scrivo dei ringraziamenti al termine di una mia storia, ma in questo caso sono doverosi.
Ringrazio innanzitutto Chiara, la prima lettrice ed estmatrice di questa storia (nonché l'artista mirabile della sua copertina), che mi ha supportato e sostenuto in ogni fase della stesura, sopportando pazientemente i miei deliri, i miei dubbi e le mie idee e che è stata tanto gentile da leggere e sistemare lo scritto, perfezionandolo e limandolo.

Ringrazio sentitamente anche Nirvana e Morgengabe che mi hanno seguita e sostenuta in queta avventura, leggendo e commentando OGNI capitolo, facendomi percepire la loro presenza e il loro supporto. È un piacere scrivere per persone del genere, entusiaste, presenti e gentilissime.
Vi sono profondamente grata, per aver investito il vostro tempo nel leggere e recensire questa storia.

Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite o le preferite (Elgul, GothicGaia, TotalEclipseOfHeart e Sophia99) e tutti i lettori silenziosi che hanno seguito questa storia nell'ombra.

Grazie di cuore a tutti



   
 
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