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Autore: KiarettaScrittrice92    15/07/2017    1 recensioni
Juliette e Arno sono i due portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Lei è una nobildonna di buone origini, lui il capitano dei moschettieri del re.
Durante la loro battaglia contro Comt Ténèbre e l'imminente rivoluzione francese, scopriranno il loro folle e passionale amore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Il segreto
 
16 Maggio 1789

Arno aveva fatto sedere Juliette sul divanetto blu stanzetta in cui si trovavano, dopodiché strappò uno dei cordoncini dorati che costituivano la frangia decorativa di quella stessa seduta.
«Usate questo per risistemarvi il corsetto.» disse porgendoglielo.
Lei lo prese, quasi stupita da quell’offerta, dopodiché si voltò, dandogli le spalle e iniziò a trafficare con i lacci.
«È molto preparato su queste cose, non è vero capitano?» gli chiese continuando a mostragli solo la sua schiena.
«Beh... – cercò di dire, mentre quell’imbarazzo, accompagnato dal disagio, tornavano prepotenti – Diciamo che non è la prima volta che mi succede.»
«Preferisco non conoscere i particolari, soprattutto se si tratta delle sue precedenti fiamme.» disse usando quasi un tono di rimprovero e assumendo un aria stizzita.
Arno scoppiò a ridere, divertito da quella reazione, e quando notò che lei lo stava guardando ancora storto, cercò di ricomporsi ed assumere un aria quanto meno seria.
«Non era mia intenzione, mademoiselle.» disse rivolgendole un sorriso.
Poi il suo sguardo cadde sulla sua scollatura, come a volersi assicurare che tutto fosse di nuovo ben legato e stretto, o almeno cercò di dare quell’impressione. Il fatto era che non appena la furia del momento verso il conte era passata, lui si era pian piano reso conto di come la ragazza era effettivamente ridotta e i ricordi della notta passata insieme a lei erano riaffiorati prepotentemente.
Fu proprio lei che con un verso stizzito attirò nuovamente la sua attenzione, facendogli alzare lo sguardo sul suo viso.
«Allora capitano... Cos’è che mi dovrebbe dire?» chiese tentando di nascondere la curiosità che ormai aveva preso possesso di lei già da qualche minuto.
«Io... Le devo le mie scuse, mademoiselle Ponthieu.» disse chinando il capo, puntando lo sguardo sulle sue stesse mani, che teneva poggiate sulle ginocchia.
«Ma capitano, me le ha già chieste tre giorni fa, non ricorda?»
«Non mi riferivo alle scuse per il bacio, io parlavo del non essermi presentato subito da lei oggi, forse se l’avessi fatto, tutto questo non sarebbe successo.» disse con tono affranto continuando a tenere gli occhi puntati sui ginocchi e buttando, solo ogni tanto, uno sguardo alla giovane donna.
«Non vi dovete assolutamente scusare di nulla, voi non potevate sapere… Non potevate sapere quello che sarebbe successo.» disse poggiando la mano sulla sua e facendogli finalmente alzare lo sguardo.
«Voi non capite…» disse allora lui, guardandola con quegli occhi di ghiaccio.
Fu un attimo, ma in quell’attimo, nello scrutare quegli occhi chiari come il cielo invernale, Juliette ebbe sensazione di essere già stata guardata in quel modo, così deciso e innamorato, ma da qualcun altro.
Si riscosse da quei pensieri e si rivolse nuovamente a lui, cercando di fargli continuare il discorso per capire cosa lo turbava.
«Si spieghi allora.» disse per spronarlo a parlare.
Lui per tutta risposta, fece un lungo respiro, dopodiché si alzò dal divanetto e si diresse all’ingresso della stanza, quello da cui era entrato poco prima. Non appena ebbe raggiunto la porta la chiuse, girando poi la chiave nella serratura. Senza degnare di uno sguardo Juliette che lo osservava perplessa, attraversò la stanza e andò all’altro ingresso a fare la stessa identica cosa, chiedendo anche scusa a una nobildonna che voleva passare di lì per andare al salottino successivo, chiudendole praticamente la porta in faccia.
«Si può sapere cosa sta facendo?» chiese sempre più confusa la ragazza.
Lui fece un altro sospiro e poi si voltò nuovamente verso di lei.
«Io ti ho chiesto scusa perché due giorni fa ti ho dato appuntamento a questa festa e quando poi, oggi, ti ho vista lì non ho avuto il coraggio di raggiungerti subito.» disse tutto d’un fiato, come se si fosse liberato di un peso, nonostante però tenesse ancora il suo sguardo serio e preoccupato puntato su di lei, che lo guardava ancora più confusa.
«Appuntamento? Quale appun… ta…» gli occhi ambrati della ragazza sgranarono stupidi, man mano che quell’idea assurda le affiorava nella mente.
Prima ancora che potesse chiedere spiegazioni, lui parlo. Non si rivolse a lei, ma a qualcun altro e solamente a sentir pronunciare quelle due parole, prima ancora che la creaturina nera schizzasse fuori dalla giacca blu dell’uniforme del capitano e venisse risucchiata dall’anello che portava al dito, lei comprese.
In pochi secondi, davanti a lei, non c’era più Arno Dumas Pierre, capitano dei moschettieri del re, come si era presentato a lei il giorno che si erano conosciuti. No, davanti a lei adesso c’era Chat Noir, vestito di tutto punto nel suo completo nero. Colui che combatteva Comt Ténèbre assieme a lei, colui di cui si era invaghita col passare dei mesi al suo fianco, colui che fino a poco prima stava aspettando con trepidazione, ma soprattutto colui a cui soltanto tre sere prima si era conceduta completamente.
A quel pensiero abbassò lo sguardo imbarazzata, mentre si domandava il motivo di quella sua improvvisa timidezza, in fondo era da quando aveva aperto gli occhi, quella stessa mattina, che aspettava quel momento, che sperava di conoscere anche lei la vera identità dell’eroe gatto, proprio come lui conosceva la sua.
Lo sentì avvicinarsi percependo gli stivali neri battere contro il parquet che costituiva il pavimento del salottino e dirigersi verso di lei.
«Juliette, ti prego… Puoi perdonarmi?»
Lei accennò un sorriso divertito, dopodiché alzo lo sguardo su di lui, capendo finalmente il significato di quell’assurda confusione che aveva iniziato a provare dopo aver conosciuto il giovane capitano. Stava per rispondergli quando un grido riecheggiò da qualche stanza più in là, o forse dalla sala principale.
Entrambi si girarono verso la porta in legno bianca, domandandosi cosa poteva essere successo, ma in pochi secondi ebbero la risposta. Il kwami rosso della sua compagna, che lui ancora non aveva mai visto, fece capolino dalla borsetta, avvisando la sua portatrice.
«Juliette è Comt Ténèbre! Devi trasformarti!»
La ragazza annuì decisa e dopo pochi secondi si ritrovò nel suo comodo vestito da supereroina, composto da un semplice corpetto, che le lasciava le spalle completamente nude, di sopra e un collant nero aderente, coprendo così ciò che non riusciva a coprire la morbida gonna di tulle che le arrivava fino a poco sopra le ginocchia, mentre ai piedi un paio di comode scarpe con un leggero tacco. Ovviamente il tutto rigorosamente rosso a pois neri come la maschera che portava sul viso.

  
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