Serie TV > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Mary_Julia_Solo    17/07/2017    0 recensioni
[post2x10]
----
"Sceglierei lui. Sempre. Dovessi anche morire. Sceglierei lui. Perché non potrei accettare una vita senza. Lui è come lo Yin Fen. Anche peggio. Il suo cuore fermo è l'unica cosa in grado di far battere il mio."
----
Isabelle Lightwood non si è mai sentita così stupida. Non riesce ad accettare di essersi innamorata di Clary. Sa che lei ama Simon, e che non ci sarà mai alcuna possibilità per lei. Mentre sente il suo mondo crollarle addosso, accecata dal suo amore per la giovane Morgerstern, rischia di non vedere quanto sia forte l'amore delle persone che la circondano. Intanto, il mondo dei Nascosti è minacciato da un giovane, che nessuno hai mai visto in viso, che ha tra le mani un'arma tanto magnifica quanto pericolosa: la Spada dell'Anima. E una vampira resa pazza dalla voglia di vendetta, farà di tutto per portare a termine il suo piano, anche uccidere ogni persona in grado di ostacolarla. È solo questione di tempo prima che gli Shadowhunters si trovino a dover affrontare un grave pericolo, avvisaglia di uno ancora più grande e terribile...
----
[IsabellexLydia][RaphaelxSimon][MagnusxAlec][JacexClary]
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Isabelle Lightwood, Lydia Branwell, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Because '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5. – Too dark to care (pt.5)
Isabelle era rimasta chiusa nella sua stanza tutto il giorno. Nessuno aveva cercato di andare a parlarle, e lei ne era stata ben felice. Erano tutti troppo occupati a preoccuparsi di Jace per preoccuparsi di lei. Non che le dispiacesse. Anzi, aveva quasi benedetto il biondo per essersi fatto ferire da quel demone. Almeno aveva potuto stare nella sua stanza a sbollire la rabbia. Non che ci fosse riuscita, effettivamente. Questa volta Alec aveva passato il segno. Avrebbe dovuto ribellarsi e andarsene, forse per sempre, ma lui aveva fatto il nome di Max, ed era crollata. Poteva accettare di deludere sua madre e suo padre, ma non di certo il suo fratellino. Così aveva scritto a Raphael quel messaggio. Non si era mai sentita tanto in colpa come in quel momento. Appena Alec l’aveva lasciata andare, era corsa nella sua stanza e si era buttata sul letto, singhiozzando. Le mancava la presenza del vampiro, le mancava essere consolata da lui. Ora stava seduta vicino alla finestra, guardando fuori con sguardo assente. Stava pensando a quanto era stata stronza. Così Raphael avrebbe avuto la conferma di una cosa sbagliata: che lei l’aveva solo usato. Perché non era vero. Lo amava davvero tanto. Se avesse potuto, avrebbe preso lui come suo parabatai. Avrebbe tanto voluto fosse possibile, così nessuno avrebbe più potuto nemmeno provare a separarli. Non ci sarebbe riuscito. E poi, quello che diceva Alec era ridicolo. Lui era ridicolo. Perché tutti avevano il diritto di stare insieme a una Nascosto, mentre per lei era diverso? Mentre per lei era “pericoloso”? Non era una bambina. O una Mondana. Sapeva difendersi da sola. Ma suo fratello continuava a cercare di proteggerla, senza capire che lei non ne aveva bisogno. Alec doveva già proteggere l’Istituto, lei poteva cavarsela da sola. Eppure lui insisteva. Diceva che lei non poteva capire, non davvero. Che era ora di crescere. Lei gli aveva urlato che era lui a dover crescere, e a liberarsi di tutti i pregiudizi che aveva verso i Nascosti. I Nascosti tranne Magnus. Perché Magnus era diverso. Certo, come no. E anche Simon. Forse gli Shadowhunters avrebbero dovuto rendersi conto che i Nascosti non erano solo cattivi e pericolosi. Erano come tutti i normali esseri umani, a parte qualche piccolo dettaglio. C’erano Nascosti che facevano cose crudeli, ma c’erano anche quelli che facevano cosa buone. E le persone normali non erano sempre cattive o sempre buone. Non ci poteva essere una distinzione precisa, non si potevano separare le persone cattive da quelle buone. A volte persone buone erano costrette a fare cose cattive, per sopravvivere. E viceversa. Ma questo era un concetto troppo difficile da capire per i Nephilim. Ma se l’aveva capito lei potevano capirlo tutti. Osservava le luci della città oltre la finestra. Si era ormai fatta sera. Non era tardissimo, ma era praticamente inverno, il sole tramontava presto. Si domandò cosa stesse facendo Raphael in quel momento. Si domandò se avesse letto il messaggio che gli aveva scritto dopo, in piena notte, corrosa dai sensi di colpa. Si chiese se avesse capito che non avrebbe voluto dirgli quelle cose, che era stata costretta. Sospirò, appoggiando la fronte sul vetro freddo della finestra. Avrebbe dato di tutto pur di poter parlare con qualcuno, ma non aveva idea di chi quel qualcuno potesse essere. Non aveva intenzione di parlare con Alec, con Clary. Avrebbe tanto voluto potesse essere Raphael. Ma non poteva essere così. Si alzò in piedi e si guardò attorno, osservando tutta la stanza. Lo sguardo le cadde sulla torta al cioccolato, abbandonata sulla scrivania ad un lato della stanza. Sapeva che era ancora presto, ma lei era l’unica persona con cui si sentiva di parlare. E poi, doveva ancora farsi perdonare. Se avesse aspettato ancora un po’, non ci sarebbe stato verso, lo sapeva. Fece un salto nella cucina dell’Istituto, riuscendo a trafugare un coltello e un paio di piatti. Poi, tornò nella sua stanza, prese la torta e si avviò verso la sua meta, sperando che nessuno la vedesse. Ma probabilmente erano tutti rinchiusi in Infermeria, quindi non sarebbe stato un problema. Raggiunse quella che sperava fosse la stanza di Lydia, e bussò piano, sentendosi all’improvviso poco coraggiosa. Sentiva il battito del suo cuore rimbombarle nelle orecchie. Non sapeva perché si sentisse così agitata. Forse perché sapeva di essere stata una stronza, e aveva paura che la giovane Branwell non l’avrebbe perdonata. Certo, non era sembrata molto arrabbiata quando le aveva parlato, la mattina precedente, anzi, era stata gentile a informarla di quello che era successo a Jace, pur avendolo fatto in un modo piuttosto brusco. E poi, Isabelle non riusciva a togliersi dalla testa il suo sorriso quando era arrivata Margot. Era certa di non averla mai vista sorridere così. Vedere il suo viso illuminarsi l’aveva scaldata dentro. Lydia cercava sempre di comportarsi in modo freddo, eppure era tornata all’Istituto, anche dopo essere stata ferita da quel demone che li aveva attaccati, aveva deciso di essere migliore, anche dopo tutto quello che era successo, aveva lasciato che Alec seguisse il suo cuore, che facesse la cosa giusta, anzi, lo aveva incoraggiato. Vedere come era stata felice all’arrivo della sua sorellina, aveva solo confermato le cose. Cercava di non mostrare troppo i suoi sentimenti, dopo quello che le era successo, cercava di fare ciò che andava fatto, e non di seguire il suo impulsivo cuore. La porta si aprì e Isabelle si ritrovò davanti una Lydia ancora vestita di tutto punto, anche se ormai cominciava a farsi tardi. Il viso della bionda sembrò illuminarsi quando la vide. Alla giovane Lightwood si scaldò di nuovo il cuore, vedendo quanto potesse essere dolce quella ragazza. La invitò subito ad entrare, senza nemmeno pensarci. Forse, ottenere il suo perdono non sarebbe stato così difficile, dopotutto.
-Isabelle! –esclamò, pur cercando di non mostrarsi troppo felice che la mora fosse andata a cercare lei, tra tutti. Eppure lo era, oh, se lo era. –Cosa ci fai qui? –Lydia doveva ammettere che era rimasta stupita vedendo lei, sulla porta. Si era aspettata Margot, o magari Alec, ma non lei. Ma non era certo dispiaciuta. Credeva che l’altra fosse arrabbiata con lei per qualche motivo. Per essere tornata forse. Avrebbe voluto che le spiegasse cos’era successo, invece di fare finta di nulla. Avrebbe voluto che le dicesse perché era sembrata così triste di vederla, così disgustata. Isabelle sollevò la torta, che aveva poggiato su un vassoio, sorridendo debolmente, come se fosse insicura di quello che stava facendo. Effettivamente era così. Non sapeva perché si sentisse così stupida, così imbarazzata. Si sentì arrossire, ma cercò di non mostrarlo troppo.
-Lo so che è un po’ presto, ma… -Lydia la fissò per qualche secondo, come se fosse impazzita. Poi, scoppiò a ridere. Era una risata genuina, bella, non era certo fatta per prenderla in giro. L’altra le domandò quale fosse il problema, e la bionda rispose che aveva sentito che la sua cucina non era così affidabile. Izzy prese appunto mentale di uccidere suo fratello, dato che poteva essere stato solo lui a darle quell’informazione. Le domandò se potesse fidarsi. La mora fece finta di essere offesa, non riusciva a non essere felice, lì, in quel momento, con lei. Si diresse verso la scrivania vicino alla finestra, posò lì la torta e cominciò a tagliarla con quasi troppa forza. Disse che quelle cose erano assolutamente infondate. Non che potesse dirle la verità. Cioè che un vampiro ultraottantenne che sapeva cucinare meglio di lei e probabilmente di chiunque altro che conoscesse, l’aveva aiutata. Ci avrebbe rimesso la sua dignità. Già la sua fama di terribile cuoca si stava sfracellando davanti ai suoi occhi. Be’, non che potesse esserne triste, ad essere sinceri, ma comunque… “Speriamo di non avvelenare nessuno”. Quella frase le mise gioia e tristezza allo stesso tempo. Non poteva davvero credere di aver scritto a Raphael che non si potevano più vedere. Come poteva vivere senza di lui? Era impossibile. Nessuno poteva capirla come la capiva lui. Nessuno poteva. E poi, sapeva che la vita del vampiro non era stata facile, e si separava per sempre da lui, soltanto con un messaggio? Come aveva potuto fargli questo? Avrebbe dovuto rinunciare alla famiglia, deludere Max, ma non comportarsi così da stronza. Si accorse di avere le lacrime agli occhi, e cacciò giù il nodo che aveva in gola. Doveva rimediare almeno al casino che aveva fatto con Lydia, non poteva scoppiare a piangere in quel modo. La giovane Branwell si accorse che la mora aveva qualcosa che non andava, perciò si alzò e le andò vicino, osservandola con i suoi occhi azzurri. Non sapeva cosa le stesse succedendo, ma si stava comportando in modo strano, negl’ultimi tempi. Certo, lei era tornata da poco tempo, due giorni, forse meno. Ma aveva visto quanto tutto l’Istituto sembrasse in subbuglio. Alec era sempre incredibilmente preoccupato da quando Jace era stato ferito. Continuava a non riuscire a spiegarsi perché un’orda di demoni avesse attaccato uno Shadowhunter in piena New York. Poteva essere una cosa normalissima, ma lui continuava a insistere che non lo era. Nessuno lo prendeva sul serio, dicevano tutti che era troppo paranoico. Avessero saputo che non si sbagliava, non si sbagliava affatto… Ma loro erano Nephilim, davano tutto per scontato, anche quando le cose cominciavano a degenerare. Eppure, dopo quello che era successo con Valentine, avrebbero dovuto capire che le cose non erano mai semplici come sembravano. Jace era stato ferito, ma continuava a insistere che stava bene, che non era successo niente di grave. Certo, si stava riprendendo, grazie agli iratze e alla magia di Magnus, ma era abbastanza sicura che, dopo essersi ritrovato con metà faccia bruciata, non poteva certo dirsi in buona salute. Clary non faceva altro che stare con Jace, e quando non poteva, con Simon. Era certa che il vampiro non apprezzasse di essere la sua ultima spiaggia, eppure era sempre lì, quando poteva, anche mentre la giovane Fairchild continuava a piangere vicino a Jace, che continuava a fingere di dormire. Sembrava che facesse di tutto pur di non parlare con lei. Non ne capiva il motivo, però. Persino Margot si comportava in modo strano, diceva di continuo che doveva allenarsi, non le parlava quasi mai. Era strano, ma forse voleva soltanto essere ben accetta dagli altri Shadowhunters, visto che era così giovane. Isabelle aveva smesso di tagliare, fissando un punto imprecisato sul tavolo. Lydia le chiese se stesse bene, prendendole gentilmente il coltello dalle mani, dicendo che avrebbe fatto lei. La giovane Lightwood se ne sarebbe volentieri andata, per tornare dal suo adorato letto, e piangerci sopra ancora un po’. Ma non lo voleva davvero. Era stanca di piangere. L’unica persona di cui Lydia non sapeva niente, era Isabelle. Sapeva che anche lei era stata ferita dopo l’attacco del demone, anche se non gravemente come lei. Nient’altro. In quei due giorni l’aveva vista solo una volta all’Istituto. Si chiedeva dove passasse tutto il suo tempo. Avrebbe voluto domandare ad Alec, ma sapeva che lui aveva altri problemi per la testa, e non poteva preoccuparsi di rispondere alle sue stupide domande. Quindi, aveva deciso di lasciare perdere. Forse prima o poi l’avrebbe chiesto a lei. Sembrava che i due fratelli avessero avuto una discussione tremenda, la notte prima, forse era per questo che la mora sembrava così triste. Quando prese il coltello dalle mani dell’altra Shadowhunter, le loro dita si sfiorarono, e Lydia si sentì una cretina sentendo il rossore salirle alle guance. Avrebbe dovuto stare più attenta, era una cosa da stupidi comportarsi in quel modo. Forse era perché aveva deciso di tornare e di essere un po’ più umana e un po’ meno macchina che seguiva alla perfezione le regole del Clave. Era solo stato il suo dolore a farla diventare così, ma lo faceva per risparmiarsi altre delusioni. Essere gentili, essere buoni, essere ingenui, non faceva altro che male. Portava solo sofferenza. Essere dei bastardi era più facile, anche se meno piacevole, sia per gli altri, sia per te, se non lo eri davvero. Se dovevi farlo solo per poter andare avanti. Mise accuratamente una fetta di torta su un piattino e la porse a Isabelle, che sorrise, dicendo che avrebbe dovuto provarla prima lei. Lydia ricambiò il sorriso, domandando se davvero si potesse fidare. L’altra disse di sì, ma tutti gli effetti collaterali non erano a carico suo. La bionda non riuscì a trattenere una risata, provando con cautela una forchettata di torta. Isabelle tenne gli occhi fissi su di lei, sperando che non fosse davvero una torta killer o qualcosa del genere. L’espressione stupita di Lydia la fece quasi offendere. La giovane Branwell disse che era incredibilmente buona, e che avrebbe dovuto dire a tutti che si sbagliavano. Isabelle Lightwood sapeva davvero cucinare. L’altra disse che forse non era una buona idea, altrimenti tutti avrebbero voluto provare il suo cibo e mezzo Istituto sarebbe morto. Parlarono per ore del più e del meno, finendo praticamente tutta la torta in due. Di quando avevano ricevuto la loro prima runa, di quando avevano cominciato ad allenarsi. Isabelle raccontò qualche episodio imbarazzante della sua vita, come ad esempio quando aveva cercato di cucinare la prima volta, a otto anni, e aveva quasi appiccato il fuoco alla loro casa di Idris. Era stato piuttosto imbarazzante, soprattutto ricevere la sgridata da sua madre. Ma poi, accidentalmente, si lasciò sfuggire molti avvenimenti riguardanti Alec, e anche Jace. Soprattutto all’inizio, quando Jace era appena arrivato all’Istituto. Aveva pensato che i suoi occhi fossero bicolore perché era indemoniato, e lui l’aveva inseguita dappertutto, fino fuori, nel parco, dove lei era riuscita a farlo inciampare e cadere nel laghetto. Non aveva mai visto nessuno urlare così tanto per un paio di anatre. Così aveva scoperto la peggiore paura di Jace. Diceva che aveva sempre avuto paura delle anatre, senza davvero un vero motivo. Se lo sentiva dentro che erano perfide. Avevano quegli occhietti diabolici. Lei e Lydia risero per un quarto d’ora a questo. Perché, davvero, chi si sarebbe mai aspettato che uno Shadowhunter come lui avesse paura di qualcosa di così adorabile come le anatre? Il mondo era davvero strano a volte. Le cose successe ad Alec non erano molte, era sempre stato fin troppo serio, fin da bambino. Però, ogni volta che succedeva qualcosa di imbarazzante era colpa di Jace. Davvero. Come quella volta, qualche anno prima, quando era stati mandati in una semplice missione, il giovane Wayland, seppur ancora davvero troppo giovane, era riuscito a flirtare con un gruppetto di fate e farsi quasi portare alla corte Seelie, trascinandosi dietro Alec. Il fratello di Izzy era riuscito ad evitare un disastro, ma comunque la figura era stata fatta. Jace era sempre stato così, fantastico Shadowhunter, ma un po’ troppo incline ad essere poco modesto, e, così facendo, a far cadere ai suoi piedi praticamente tutti. Isabelle cercò di evitare il più possibile di parlare della sua fama di calpesta cuori, perché ora faceva troppo male. Non le era mai dispiaciuto essere etichettata così, ma in quel momento si sarebbe volentieri uccisa. Come aveva potuto calpestare il cuore dell’unica persona che era in grado di tenerla in vita? Cercava di smettere di pensarci, ma non ci riusciva. Lydia notava che ogni tanto lo sguardo dell’altra si perdeva nel vuoto. Le dispiaceva molto non poterla aiutare. Forse era qualcosa di legato al vampiro con cui era comparsa alla festa. Era strano per i Nephilim interagire in quel modo con i Nascosti, ma non avrebbe certo detto alla mora come doveva vivere. Ognuno poteva fare quello che voleva. Sapeva che Izzy era una persona con la testa sulle spalle, sapeva che era perfettamente in grado di difendersi. Sapeva che se le cose fossero diventate rischiose, lei avrebbe fatto le cose giuste. Non sapevano quanto tempo fosse passato da quando avevano cominciato quella festa in anticipo, ma non importava davvero. Lydia era davvero felice di sapere che Isabelle non era arrabbiata con lei, e viceversa. Si erano preoccupate troppo. Quello che era successo non era stato così grave, avevano solo pensato al peggio. Era stata una cosa di un attimo, non era stato difficile da perdonare. Isabelle non si sentiva così con un altro Shadowhunter da due mesi ormai. Anzi, praticamente erano due mesi che non parlava con un altro Nephilim. Ma tutta quella felicità non poteva durare. Era impossibile. La gioia è qualcosa che si sentiva dentro a cuore, era nata destinata a morire, come ogni cosa sulla Terra. Ogni cosa nasceva, ogni cosa moriva. Anche gli immortali potevano morire, forse prima o poi dovevano. Ma, alla fine, la loro era davvero vita? Erano tutti mostri, nascosti, non-morti. Non si poteva chiamare davvero vita, quella. Quando il telefono di Izzy suonò, lei lo prese dalla tasca, si alzò dal letto di Lydia, dov’erano sedute, e si diresse verso la finestra, scusandosi con la bionda, per rispondere. Le sembrava strano che Simon avesse chiamato lei, invece di Clary. Lui stava con la giovane Morgenstern, non aveva alcun motivo per voler chiamare lei. Si erano parlati forse due volte da quando si erano conosciuti. Eppure, avevano comunque i rispettivi numeri di cellulare, tanto per sicurezza. Rispose, lanciando un ultimo sguardo sorridente a Lydia, che ricambiò il sorriso. Ma, sentendo la voce preoccupata di Simon, si sentì rallentare il battito del cuore. Chiamava lei, ed era preoccupato. Poteva decisamente partire con il panico. Non poteva certo immaginare quello che era successo, ma non riusciva a capire nulla, causa la voce balbettante del vampiro. Sembrava che avesse appena subito uno shock. Lei gli disse di fare un respiro profondo, l’avrebbe aiutato a calmarsi, anche se non era necessario. Simon riprese a parlare con più calma. Disse che era al Jade Wolf, con Luke, e che erano successe fin troppe cose, quella notte. Isabelle lo ascoltò mentre tentava di spiegare, la voce ancora tremante, in silenzio, cercando di non criticare il suo pessimo modo di spiegare. Lydia le osservò il viso, per quanto potesse, visto che la vedeva solo di profilo, cercando di capire con chi stesse parlando. Vide la sua espressione farsi sempre più preoccupata, fino a quando non la vide in completo panico. Eppure, rispose a chi stava dall’altra parte della linea con voce determinata, controllata. Disse che sarebbe arrivata il prima possibile, solo il tempo di prendere alcune cose. Poi, finì la chiamata. Non disse nulla, non fece nulla. Rimase solo a osservare un punto imprecisato del pavimento, come se non sapesse cosa fare. Isabelle aveva fatto di tutto per sembrare calma, ma avrebbe voluto spezzare il collo a qualcuno. Era colpa sua, era solo colpa sua, lo sapeva perfettamente. Come poteva essere stata così stupida? Se fosse stata lì, forse… Ma adesso non poteva piangere sul latte versato. Doveva svegliarsi, aprire gli occhi, e trovare una soluzione, anche se poteva non esserci. Doveva almeno provarci. Lydia continuò a osservarla, fino quando non si accorse che l’altra stava piangendo. Allora si alzò e andò davanti a lei, guardandola preoccupata. Le mise le mani sulle braccia, mentre Izzy avrebbe voluto scoppiare a piangere. La mora era felice che lei fosse lì, altrimenti era probabile che sarebbe morta. Sentiva che il suo cuore avrebbe potuto cedere. Lydia le domandò quale fosse il problema, cosa fosse successo. Isabelle la guardò negli occhi chiari, le lacrime che le scorrevano sul viso. Sapeva che alla bionda non sarebbe importato quanto importava a lei, ma non cambiava le cose. Era colpa sua, era colpa sua. Era stata lei ad abbandonarlo, dopo tutto quello che lui aveva fatto per lei. E adesso… Non avrebbe nemmeno potuto scusarsi. La vita sapeva davvero essere ingiusta. Lydia rimase immobile a osservarla, guardandole gli occhi pieni di lacrime, mentre Isabelle cercava il coraggio di dire quello che avrebbe dovuto dire. A qualcuno era importato abbastanza da chiederle cosa ci fosse di sbagliato, e lei aveva un incredibile bisogno di sfogarsi. L’ultima cosa che gli aveva detto era che non potevano più vedersi, ma che lei non voleva perderlo. Che cosa stupida da dire era? Ma adesso non poteva certo tornare indietro, non c’era più nulla da fare, se non trovare una soluzione a qualcosa a cui poteva non esserci soluzione. Ma ci doveva essere. Altrimenti non avrebbe potuto vivere. Non sapendo di avergli fatto del male. Raccolse tutto il coraggio che aveva per dire quella frase che le gravava sul cuore, senza scoppiare a piangere. Lo disse, e miracolosamente, riuscì a non morire dentro.
-Raphael potrebbe essere morto. -

Angolo autrice: 
Eheheheh, lo so sono una persona orribile, ma cosa potete farci ;( Come ho già detto e ripeto, nessuno è morto davvero, doveva solo far spaventare un po' di gente (ma l'avrete gIà capito, visto che, altrimenti, la storia non ha più senso). Non vedevo l'ora di scrivere da qualche parte di Jace e le anatre XD Comunque, ho deciso, visto che non sono una persona così orribile come sembra, che invece di cominciare a pubblicare la seconda parte della storia mercoledì, comincerò oggi (non chiedetemi perchè  è una cosa molto casuale). Ma avrete solo la prima parte del sesto capitolo e poi aspetterete fino a mercoledì. Credo ce pubblicherò tra le sei e le sette, questa sera. Nle prossimo capitolo DAN DAN: Saphael (wow!) quando ancora Simon stava al DuMort (oddio, che cosa striste), un messaggio dalla vampira pazza per i nostri eroi, Raphael :0, ADIOS CLIMON (era al settimo cielo mentre scrivevo questa parte), Magnus parla con Simon, Clace, Lizzy di nuovo (oddio, il prossimo capitolo ha sette parti :0 ops)
Allora, ci si rivede questa sera :) 

P.S: Scusate per eventuali errori di distrazione o di grammatica (quelli di distrazione ho paura siano tanti, quelli di grammatica, spero pochi) 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Mary_Julia_Solo