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Autore: loutommosofia    17/07/2017    0 recensioni
Andrea e Daniel sono due ragazzi adolescenti. Entrambi vengono da situazioni amorose molto difficili. Il primo, dichiaratamente gay, ha vissuto una relazione in cui il suo ragazzo lo maltrattava, il secondo sará il protagonista di una disgrazia che causerá in lui un blocco da un punto di vista sentimentale, come se la precedente relazione potesse influenzare la prossima arrivando a impedirla per parecchio tempo. Alla fine i due, conosciutisi per caso e diventati subito amici, saranno protagonisti di un'intensa storia d'amore, nonostante Andrea avesse mentito a Daniel sulla propria identitá. Alla fine, una volta scoperta la verità, sará l'attrazione e la stima che ciascuno di loro due proverá per l'altro a vincere sulle menzogne.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Io e Sonia eravamo vicinissimi, sentivo il suo respiro affannoso sulle mie labbra. Vidi una lacrima formarsi nei suoi occhi, cadere e raggiungere il sui naso. La asciugai prima che potesse proseguire il percorso, rigandole il viso. Appoggiai una mano sul suo collo "Amore, ascolta. Se non ti senti pronta a dirmi ciò che vorresti , non fa niente. Sul serio. Io ...io prima non volevo insistere. Ti chiedo scusa" le sussurrai. Le guardai gli occhi, ma lei fissava le mie labbra. "D'accordo. Dani, grazie ". Mi prese la mano con la sua. "Di niente ". La abbracciai. Mia sorella si unì a noi. Sorrise. Nel frattempo io non riuscivo a smettere di pensare come fosse potuta crollare così all'improvviso, passando da un momento di serenità ad uno di rancore. Ma non trovavo soluzione. Chiusi gli occhi. Sonia's pov "Che cosa sto facendo ? Perché, perché non gli ho detto la verità? Prima o poi verrà a scoprire tutto. È inevitabile. E si arrabbierà a tal punto, con me, che non vorrà nemmeno parlarmi " dissi tra me e me. Daniel era sempre stato un ragazzo adorabile, con me. Con tutti, in realtà. Con sua sorella, con i suoi compagni e le sue compagne, i genitori. E per tutti era un esempio da seguire, sotto tutti i punti di vista. Tutti volevano essere come lui. Ed io avevo avuto la fortuna di averlo come fidanzato. Ma per come mi stavo comportando, avrei perso la sua fiducia, la sua amicizia, la sua complicità, il suo amore. Dall'altra parte, ciò che avrei dovuto dirgli lo avrebbe fatto soffrire. Avrei dovuto rifletterci ancora un po'. Ma come si dice, è meglio la peggiore verità che la migliore delle bugie. "Daniel, senti". Lo lasciai. "Dimmi, So'". Mi sorrise, tenendomi le mani tra le sue. "Ora devo andare". "Ma come..sei qua da poco più di venti minuti!". "Sì, lo so". "Per favore. Resta". "Resterei, lo sai. Il fatto è che...". "Che?". Dovevo inventare in fretta una scusa per potermene andare. Non volevo rimanere lì a lungo. Ero passata solo per salutarli. Vederlo così succube di me, in quel momento, mi faceva stare così male , che non avrei potuto permettermi di restare dopo il modo in cui mi ero comportata. "Mi sono ricordata che alle quattro ho un'impegno. Niente di importante. Però devo farlo. Magari torno domani, che ne pensi? ". Mi guardò, abbattuto. "Non ce la faccio ad aspettare domani. Resta, e rimanda ciò che devi fare". Si avvicinò per baciarmi. Lo allontanai. "Daniel. Dico sul serio. Fammi andare. Sono già le quattro meno dieci" dissi seria e decisa. Forse ero stata troppo cruda. Feci un sorriso per cercare di rimediare e non mostrarmi arrabbiata. "Va bene, So'. Allora a domani. Ma promettimi che ti fermerai almeno un paio d'ore. I miei sono al lavoro, oltretutto. Così non ci rompono". "Perché, di solito lo fanno?". Risi. "Sono degli angeli, i tuoi". Ci guardammo. "Va bene. Dai, ora vado". Gli diedi un bacio sulla guancia. "A me non saluti?"sentii pronunciare dalla voce di Vanesa. "Oh, certo". Si fece salutare alla sua maniera, saltando energicamente sulla mia schiena. "Ciao, Vane". "Ciao So'". Mi avviai verso la porta di casa. Abbassai la maniglia e tirai la porta verso di me, aprendola. "Ciao". Sorrisi. "Ciao". Dissero Daniel e Vanesa all'unisono. Uscii, lentamente, chiudendo con delicatezza il portone. Feci i tre gradini che mi separavano dal marciapiede. Iniziai a piangere, ininterrottamente. Camminavo di fretta, volevo raggiungere casa mia il più velocemente possibile e rinchiudermi nella mia camera a pensare. Per strada incontrai gente a me conosciuta, ma non salutai, nè tanto meno alzai lo sguardo. Avrei voluto teletrasportarmi. Non riuscivo neppure a camminare. Mi sentivo così debole...passo dopo passo perdevo energie. E tutto ciò, solo per una maledetta decisione presa dai miei genitori. Finalmente, dopo venti minuti di camminata, arrivai esausta davanti alla porta di casa. Ma fu impossibile per me, rintanarmi nella mia stanza: i miei non c'erano e io non avevo le chiavi per entrare. Tirai un pugno alla porta. Mi sedetti sul muretto esterno, appoggiando la borsa accanto a me. In poco tempo, il cielo si scurì, le nuvole divennero minacciose e cominciò a piovere a dirotto. Non mancò il temporale, di cui avevo sin da piccola avuto paura. E io , nonostante il maltempo ed il malumore, ero costretta a rimanere fuori di casa, a guardare la gente che, munita di ombrello e k-way, si avviava verso casa o giovani colti impreparati che correvano per i marciapiedi alla ricerca di un riparo, come un terrazzo. Mai fino a quel momento avevo pensato di voler fuggire per andare chissà dove, pur di non restare lì, un posto triste e umido. Ma purtroppo, non potevo immaginare che il peggio dovesse ancora venire.
   
 
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