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Autore: Echocide    17/07/2017    5 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.623 (Fidipù)
Note: E si comincia! Una nuova settimana di aggiornamenti che si apre con Miraculous Heroes 3, ovviamente. Bene, che dire? Anche stavolta è un capitolo di collegamento e di spiegazioni: mi sto rendendo conto che ce ne sono stati veramente tanti in questa terza parte, ma ho dovuto tirare fili che tenevo in ballo da Miraculous Heroes e quindi l'azione è stata un po' abbandonata. Ma non temete, tornerà a breve!
Ma passiamo alle informazioni di servizio...
Come sempre vi ricordo la pagina facebook dove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi.
Vi ricordo che mercoledì verrà aggiornata La bella e la bestia, giovedì sarà il turno di Laki Maika'i, mentre venerdì ci sarà un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3 e, infine, sabato sarà il turno di Scene.
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

Lasciò andare un sospiro, mentre lo sguardo vagava sul panorama di distruzione ormai familiare: «Dovremo trovare un posto un po’ più romantico per i nostri rendez-vous» decretò Rafael, senza voltarsi e sentendo la risata argentina alle sue spalle: «Non so quanti anni hai al momento, ma hai veramente bisogno di lezioni su come e dove portare una persona a un appuntamento.»
Kang ridacchiò nuovamente, affiancandolo in silenzio e rimanendo fermo lì con lo sguardo rivolto in avanti: «Nel mio tempo, questa visione si sta mitigando» mormorò dopo un po’, mentre le labbra si piegavano in un piccolo sorriso che gli rischiarò il volto: «E ciò significa che state facendo un ottimo lavoro.»
Rafael alzò un poco gli angoli della bocca, piegando le labbra in un sorriso appena accennato, senza voltarsi verso il suo interlocutore: «Mio padre è coinvolto» mormorò poi, lasciando andare un sospiro: «Ed io non ho proprio idea di cosa fare: mi ha lasciato tutte le sue ricerche, dicendo di darle agli eroi di Parigi ed io…»
«E’ quello che hai fatto, no? In un certo senso.»
«Devo salvarlo.»
Kang annuì lento con la testa, continuando a fissare davanti a sé: «E lo farai» sentenziò dopo un po’, lasciando poi cadere nuovamente il silenzio fra di loro: «I pezzi si stanno muovendo tutti nella direzione che volevo…»
«I pezzi? Siamo questo per te, Kang?»
Il ragazzino storse le labbra, piegando appena il capo: «E’ una brutta espressione, chiedo venia» bisbigliò, chinando poi la testa e lasciando andare un sospiro: «Ma quando vedi il disegno più ampio, non puoi fare a meno di pensare che tutti siano pezzi di un’enorme scacchiera: ho mosso e posizionato persone, seguendo la strategia che mi ha portato, in questo, momento a parlare con te. E’ un rischio, è peccare di superbia ma dovevo farlo. Dovevo in ogni modo fermare il mio consanguineo.»
«Quindi Kwon è un tuo parente?» domandò Rafael, voltandosi verso l’altro e vedendolo con un sorriso appena accennato in volto: «Sai, ho sempre amato quando le persone mi dicevano le cose in modo chiaro. Parla, quindi.»
Kang mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, inspirando profondamente e lasciando andare l’aria: «I miti e le leggende che girano attorno alla mia patria, parlano di un unico grande cataclisma che distrusse tutto» si fermò, stringendo le labbra e socchiudendo poi gli occhi: «In verità per annientare quella civiltà, ne servirono tre: il primo autore fu una donna, colei che regnava sull’intera nazione e peccò di superbia; esse ebbe due figli, che divisero ciò che restava di quel grande impero ma, nuovamente, l’uomo peccò e un secondo cataclisma si abbatté e dette origine a ciò che voi conoscete come Daitya e Routo.»
«La patria dei kwami e l’altra isola…»
«Su Routo, la discendenza dell’ultima imperatrice continuò a regnare, mantenendo intatta la sua sete di potere e conquista. A Daitya le cose cambiarono e la discendenza abdicò in favore dei sette sacerdoti» Kang si fermò, sorridendo appena e voltandosi verso Rafael: «Kwon ed io discendiamo da quell’antica imperatrice, la cui sete di potere dette origine a tutto.»
Rafael assimilò le parole del ragazzo, la bocca aperta e lo sguardo sgranato, scuotendo poi la testa e lasciando andare il sospiro trattenuto, socchiudendo poi gli occhi: «Tu e Kwon siete cugini alla lontana?» buttò lì, portandosi una mano alla fronte e massaggiandosela: «Tu saresti una specie di principe?»
«Io sono niente, se non un vecchio con manie di grandezza che spera di fermare la parte marcia della famiglia.»
«Sei un principe.»
«Come ti ho già detto» Kang si fermò, sospirando e scuotendo appena la testa: «Non lo sono.»
«Sì, che lo sei. Tecnicamente saresti dovuto essere a capo di Daitya!»
«Tecnicamente, l’hai detto» Kang si fermò, alzando una mano e bloccando Rafael: «Possiamo concentrarci su altro? Prima che tu riprenda con la tua solfa sulla mia principesca discendenza, vorrei parlare di Kwon: lui vi attaccherà, o meglio vi farà attaccare ripetutamente, in modo da sfinirvi e poter così riuscire a prendere i Miraculous più facilmente…»
«E’ quello che sta già facendo. Mi sa che la tua sfera non funziona tanto a dovere, ultimamente.»
«A mia discolpa posso dire che non so esattamente in che preciso momento della storia sei» commentò Kang, storcendo le labbra e lasciando andare un sospiro: «Userà persone a voi vicine, sperando che in qualche modo lo portino ai Miraculous.»
«Persone a noi vicine…» Rafael ripeté queste parole, poggiando le mani sui fianchi e scuotendo la testa: «Com’è possibile? Kwon non sa chi siamo» si fermò, osservando l’altro alzare la testa verso il cielo e scuoterla poi: «Non mi spiegherai niente?»
«Al nostro prossimo incontro, Rafael.»


Wei strinse la macchinetta del caffè, poggiandola poi sul fornello e accendendolo, spostandosi velocemente lungo il bancone e iniziando a preparare la colazione anche per i kwami; si passò una mano sul volto, cercando di scacciare il rimasuglio di sonno che faticava a lasciarlo andare quel giorno, ascoltando il rumore di passi strascicati che lentamente si stavano avvicinando: «La colazione è quasi pronta» dichiarò, non appena sentì la presenza di Lila nella cucinetta.
Continuò a tagliuzzare l’insalata, sentendo la ragazza avvicinarsi finché non avvertì la fronte di Lila contro le spalle e il suo respiro caldo sulla pelle della schiena: «Vuoi andare da tuo padre?» le domandò, raggiungendo immediatamente il punto focale della situazione e senza tanti giri di parole: «E’ sempre tua madre.»
«Non so cosa potrei fare.»
«Qualunque cosa?» buttò lì Wei, chinando la testa all’indietro e toccando quella della ragazza con la nuca: «Puoi fare tantissime cose, Lila. Essere un aiuto morale per tuo padre, aiutare nelle ricerche…» si fermò, poggiando le forbici e la foglia di insalata sul piano della cucina e voltandosi, incontrando lo sguardo dell’altra: «Vuoi che venga con te?»
«Se ti dicessi sì, tu lo faresti» mormorò Lila, carezzandogli la guancia e sorridendo appena: «Ma preferirei che incontrassi mio padre in tempi più tranquilli. E poi Mercier…» si fermò, scuotendo la testa e facendo danzare i lunghi capelli: «Come farebbe senza di te?»
«E’ stato senza di me per gran parte della sua vita, potrebbe riuscire a sopravvivere un giorno solo.»
Lila scosse nuovamente il capo, mordendosi il labbro inferiore e lasciando andare il respiro, mentre teneva lo sguardo fisso avanti a sé: «No. E’ una cosa che devo fare da sola» dichiarò, spostando lo sguardo su quello di Wei e sorridendogli: «Ma so che, se ti chiamerò, tu risponderai subito.»
«Come sempre.»
«Ce la farò.»
«Sicura?»
«Sicurissima» decretò la ragazza con un sorriso in volto: «Andrò da mio padre, vedrò quel che posso fare per aiutare a ritrovare quella stupida di mia madre e poi…» si fermò, scuotendo le spalle: «Tornerò a casa, dove vivono quelle due piaghe di kwami nerd e il mio perfetto fidanzato.»
«E’ un buon piano.»

L’energia colpì in pieno petto Qionqgi, scaraventandolo contro il muro e facendolo gemere di dolore, mentre rovinava sul pavimento, il corpo completamente succube alle ferite e alle percosse subite: «Non siete nulla» la voce di Kwon tuonò nell’androne, facendo indietreggiare gli altri tre generali, mentre Yi rimaneva impassibile nell’ombra, osservando il suo signore usare nuovamente il Quantum per colpire Qionqgi.
Ancora una volta, il generale venne spedito contro il muro e un rivolo di sangue gli segnò l’angolo della bocca, mentre Kwon si voltava frenetico attorno a sé: «Non chiedo niente. Solo quei sette gioielli. E’ così difficile portarmeli?»
«Mio signore…» Hundun si prostrò ai suoi piedi, la fronte che toccava il pavimento e le mani congiunte avanti a sé: «Forse con un po’ di Quantum in più.»
«Ne ho sprecato fin troppo per voi. Avete perso ogni occasione, mandando le creature che io avevo forgiato per voi e perdendole, una dietro l’altra» Kwon si fermò, scuotendo la testa e sospirando: «Perché vi lascio ancora in vita? Perché vi permetto di avere ancora il Quantum che vi circola in corpo? Siete inutili. Siete…»
«Un’ultima possibilità» la voce di Qionqgi fermò la discussione e Kwon si voltò verso di lui, mentre con fatica si rialzava dal pavimento, tenendosi le mani sull’addome e lo sguardo rivolto verso il basso: «Ho ancora una carta nella mia mano. Una carta molto buona.»
Kwon lo fissò, rimanendo immobile e poi lasciando andare il respiro: «Spero per te che sia una carta vincente, Qionqgi. La mia pazienza è al limite.»
«Sì, mio signore.»
    

Si tolse gli occhiali da sole con un gesto fluido della mano, mentre entrava all’interno della Fondazione Vuitton e si fermava nei pressi della porta a vetri, bloccata dal suono del suo cellulare: velocemente lo prese dalla tasca del giaccone e sorrise al nome del mittente della chiamata: «Gabriel» tubò allegra, ascoltando il sospiro e poi la voce dell’uomo dall’altra parte della linea: «Sì, ti ho chiamato. Sinceramente, non so davvero come ringraziare Nathalie. La tua assistente è un genio» sentenziò Bridgette, incastrando il cellulare fra il volto e la spalla, mentre rovistava nella borsa alla ricerca delle chiavi del suo ufficio: «Sai per caso se le piace qualcosa di particolare, Gabriel? Vorrei farle un regalo per tutto il lavoro che ha fatto per me» la donna si fermò, sorridendo quando trovò l’oggetto a lunga cercato e, recuperato il telefono in mano, scosse il capo: «Come non sai cosa gli piace? E’ la tua assistente! Non parlate mai? Io so vita e morte di Maxime. Almeno, fino a poco fa sapevo vita e morte di quel traditore…»
Bridgette rimase in silenzio, ascoltando la risposta concisa dell’uomo dall’altro capo del telefono e osservando con disinteresse le persone all’entrata della Fondazione Vuitton: le ragazze alla reception, un fattorino, Maxime.
Bridgette sgranò lo sguardo, osservando il suo assistente mentre camminava tranquillo verso la parte dell’edificio che, di norma, veniva allestita per le esposizioni a lungo termine: «Scusa, Gabriel. Devo andare. Salutami Sophie» dichiarò veloce, chiudendo la chiamata e dirigendosi velocemente nella direzione in cui il suo assistente era andato.
Maxime era tornato senza dirle niente?
Camminò spedita, il rumore dei tacchi che risuonava nel corridoio e si fermò, osservando la porta aperta alla fine del disimpegno: se non ricordava male, in quella sala c’era l’esposizione di un giovane stilista che aveva esposto lì le proprie creazioni; si avvicinò e mise la testa all’interno, osservando i manichini all’entrata, agghindati con abiti dai colori appariscenti: «Maxime?» domandò, aprendo un poco la porta ed entrando, guardandosi attorno: la sala era quadrata con le mura candide e senza altre uscite se non quella da cui era appena entrata; una manciata di manichini erano sparpagliati ma di Maxime neppure l’ombra.
Poteva una persona essere svanita così?
Oppure era lei che si era immaginata tutto?
Bridgette scosse il capo, lasciando andare un sospiro e, dopo aver dato una nuova occhiata alla sala, tornò sui suoi passi e si chiuse la porta dietro di sé: sicuramente aveva immaginato tutto. Un uomo non poteva scomparire così dal niente.
Sì.
Stava lavorando veramente troppo e, da quando con Felix le cose si erano aggiustate, anche a casa...
Beh, le energie a quanto pareva iniziavano a scarseggiare.
Non che si lamentasse, ma la stanchezza si stava facendo sentire a quanto pareva.


Xiang prese un nuovo fascicolo, aprendolo e fermandosi al titolo del primo articolo, trattenendo l’aria dentro di sé e alzando una mano tremante, carezzando l’ultima parola: Shangri-la.
A quanto pareva il padre di Rafael non aveva indagato solamente sulla famosa Atlantide, ma era anche andato alla ricerca delle altre civiltà perdute.
Shangri-la.
Chiuse gli occhi e subito la sua mente la trasportò fra le sue montagne: il panorama che vedeva dall’apertura della grotta, i pendi ripidi che tante vite avevano tolto, la vegetazione che copriva tutto con il suo verde e si lasciava morire quando l’inverno giungeva; la sua città natale, ormai vuota e deserta, ridotta a un cumulo di pietre senza vita.
Quanto tempo era passato da quando aveva lasciato tutto ciò?
Le sembravano trascorsi anni, se non millenni.
Le sembrava di vivere da sempre a Parigi, quando invece era in quella della città da solo una manciata di mesi.
Briciole di tempo per lei o, per meglio dire, ciò che era stata.
«Tutto ok?»
La voce di Thomas la fece trasalire e Xiang riaprì lo sguardo, osservando quelli curiosi del Portatore della Farfalla e della piccola Manon: erano giunti da Fu dopo le lezioni e si erano messi a studiare la storia di Atlantide assieme a lei, in attesa che Alex tornasse dalle sue lezioni universitarie.
«Sì» mormorò, scuotendo la testa e chiudendo il fascicolo, riponendolo nella pila di quelli decretati inutili e prendendone un altro, aprendolo e leggendo velocemente il titolo: Atlantide e la sua religione.
Forse lì c’era qualcosa di utile.
Shangri-la non era importante, in quel momento.
«Certo che il papà di Rafael è veramente ordinato» commentò Manon, chiudendo l’ennesimo fascicolo: «Non lo credevo. Pensavo fosse come quelli che si vedono in televisione…»
«Rafael dice che lo è solo con le cose che riguardano il lavoro» dichiarò Thomas, alzando lo sguardo dai fogli e scrollando le spalle: «Per tutto il resto è un disordinato cronico. Almeno lui dice così.»
«Capito.»
Xiang sorrise, ascoltando i due e poggiando il viso contro il pugno chiuso, osservandoli mentre la discussione degenerava e iniziavano a battibeccare sul fatto di essere disordinati o meno: aveva vissuto tantissimo, eppure mai come nell’ultimo periodo si era sentita viva.
Le emozioni che provava, le situazioni in cui si trovava…
Tutto era nuovo e strano per una come lei, che era vissuta nella pietra fino a poco tempo prima.
Adesso finalmente comprendeva ciò che le raccontava sempre Felix, capiva perché Kang non aveva mai voluto che lei si fossilizzasse a Shangri-la e sentiva un dolore sordo al petto, ogni volta che il suo pensiero andava a un imminente partenza per ritornare al suo luogo natio.
Forse un giorno sarebbe tornata a Shangri-la, ma sapeva che sarebbe stato un addio carico di dolore: si era affezionata a tutti loro e non voleva dire addio a nessuno.
Alex.
Non voleva dire addio ad Alex.
Il giovane che aveva puntato come anello debole della catena, era entrato nella sua vita come un uragano e l’aveva cambiata come aveva fatto anche con lei: Alex era diventato importante per lei e lo comprendeva ogni giorno di più, sebbene sarebbe morta piuttosto che dargli quella soddisfazione.
Come diceva Lila?
Gli uomini vanno tenuti un po’ sulle spine, prima di accontentarli.
E lei stava provando a mettere in pratica quella massima dell’italiana.
Fallendo o riuscendo, questo non poteva saperlo.
«Forza, forza» la voce del Maestro Fu li fece trasalire tutti e tre: «Siete qua per studiare e aiutare i ragazzi o chiacchierare?»
«Per chiacchierare?» buttò lì Thomas, scambiandosi un sorriso pieno di complicità con le altre due: «E vorrei ricordare che io sono uno degli eroi di Parigi.»
«La cui prima azione è stata quella di akumatizzare sua sorella.»
«Zitta, Marionettiste!»
«Non rivangare il mio passato!»
«Tu puoi ed io no?»
«No!»
«Ma non ha senso!»
Xiang ridacchiò, osservando una nuova lite nascere fra i due ragazzini e si scambiò uno sguardo con il maestro Fu: «Amore e guerra sono le facce della stessa medaglia» sentenziò l’anziano, scuotendo il capo e sistemandosi su una sedia libera: «O almeno così dicono…»


Marinette osservò la frutta, storcendo le labbra e allungando poi la mano, infilata nel guanto di plastica, e prendendo un po’ di arance, chiuse poi il sacchetto di plastica e lo passò al ragazzo al suo fianco: «Banane? Kiwi?» domandò, voltandosi verso Adrien e vedendolo applicare l’etichetta al sacchetto e posarlo poi nel carrello di plastica verde: «Mele?»
«Mele e banane» le rispose il ragazzo, indicando poi con la testa le baguette esposte oltre la frutta: «Mi dispiace tradire Tom, ma abbiamo finito il pane.»
Marinette mugugnò una risposta, facendolo sorridere: «Per una volta non morirai, mon coeur» le disse il ragazzo, avvicinandosi e posandole un bacio sulla tempia: «Quante ne prendo? Una o due?»
«Una» borbottò la ragazza, recuperando una nuova busta di plastica e infilandoci poi dentro con stizza alcune mele: «Mi rifiuto di mangiare quel pane un giorno di più.»
«Domani passo da Tom, promesso» dichiarò Adrien, avvicinandosi alle baguette e prendendone una, infilandola in una busta di carta marrone e raggiungendo poi il carrello: «Devo prendere anche il camembert.»
«Ah. Manca anche il sapone per i piatti e quello per i pavimenti.»
«D’accordo» cantilenò il ragazzo, poggiandosi al carrello e osservandola mentre infilava in una nuova busta le banane: «Shampoo? Bagnoschiuma?»
«Se continui con le tue docce da modello, dovremmo prendere anche quelli.»
«Spiritosa» commentò Adrien, facendole la linguaccia e spingendo poi il carrello, seguendola fra i corridoi del supermercato: «Piuttosto, stasera che ci mangiamo? Il frigo è deserto.»
«Come al solito…»
«Abbiamo dei problemi a tenere il frigo pieno, mi sa.»
«Tu dici?»
«Marinette, siamo sposati da più di un mese e non lo abbiamo mai avuto pieno per più di due giorni consecutivi» decretò Adrien, fermandosi e osservandola mettere nel carrello due bottiglie di succo di frutto: «Anche quello alla pesca, grazie» l’osservò, mentre prendeva una bottiglia di succo e la posava nel carrello, riprendendo poi a seguirla fra i vari scaffali, mentre il contenuto della loro spesa aumentava velocemente.
«Ah. Devo prendere anche una cosa» mormorò Marinette, fermandosi all’improvviso quasi nei pressi della cassa e tornando indietro, sotto lo sguardo pieno di curiosità di Adrien che, le mani sulla barra orizzontale del carrello, spinse il mezzo fino alla zona dove la ragazza era tornata e ridacchiò, quando la vide studiare le confezioni di assorbenti: «Sai, fino a che non siamo andati a vivere assieme, non sapevo che ce ne fossero così tanti tipi…» commentò, osservandola per un breve momento e notando il lieve rossore che era apparso sulle guance.
«Non potevi aspettarmi alla cassa?» gli domandò Marinette, voltandosi verso di lui e scuotendo la testa, tornando poi al suo lavoro e mettendo nel carrello due confezioni: «Potevo tranquillamente tornare da me.»
«E farti girare con una confezione di assorbenti con le ali e una di…» Adrien si allungò sul carrello, recuperando il pacchetto e rigirandoselo fra le mani: «Ultra? Lungo con ali? C’è qualcosa che non mi hai mai detto Marinette?»
«Sono per…» la ragazza si fermò, scuotendo la testa e lasciando andare un sospiro: «Devo proprio spiegartelo?»
«Sono tuo marito. E’ un mio dovere sapere queste cose. E se per caso, te ne servisse uno e non saresti cosciente? Come potrei aiutarti se non sapessi a cosa servono.»
Marinette si portò una mano al volto, facendosi aria con quello e provando a ignorare il volto che le andava a fuoco: «E’ per quando ne ho tanto» borbottò la ragazza, alzando gli occhi al cielo e mormorando parole di ringraziamento, quando la suoneria del suo cellulare mise fine a quella conversazione; recuperò il telefono dalla borsetta, seguendo Adrien che puntava verso le casse, e rispose senza controllare il mittente della chiamata: «Allô?» domandò, senza ricevere nessuna risposta dall’altra parte.
Si fermò in mezzo al corridoio fra gli scaffali, controllando il mittente e accorgendosi solo in quel momento che era un numero a lei sconosciuto: «Chi sei?» chiese, portando nuovamente il telefono all’orecchio e alzando lo sguardo, incontrando quello curioso di Adrien che si era fermato, a pochi passi di distanza.
«Marinette.»
La voce nel telefono le provocò un brivido lungo la schiena, mentre serrava le dita attorno all’apparecchio e il cuore iniziava a batterle velocemente in petto, mentre la lingua le si faceva pesante in bocca e un nodo le serrava la gola: si trattenne dal guardarsi attorno, quasi convinta che se si fosse girata avrebbe trovato la figura vestita di nero: «Nathaniel» mormorò, tenendo lo sguardo su Adrien e osservandolo irrigidirsi appena: «Che cosa vuoi?»
«Sentire la tua voce» disse il ragazzo dall’altra parte del telefono, la voce ridotta a un sussurro: «Mi manchi, Marinette.»
«Questo non sei tu, Nathaniel.»
«E chi te lo dice?»
Marinette aprì la bocca, pronta a rispondere ma si fermò, avvertendo la presa ferrea di Adrien sulla mano che, con gentilezza, le toglieva il telefono di mano e se lo portava all’orecchio: «Ehilà, Testa a pomodoro» esclamò allegro, mentre la mano libera si stringeva a quella della moglie: «Sempre a importunare le donne altrui?»
«Lei è mia.»
Adrien ridacchiò alle parole piene di veleno, incontrando lo sguardo celeste e poggiando la fronte contro quella della ragazza: «Abbiamo già fatto questa conversazione, genio» commentò con la voce piena di stanchezza: «Quindi, fai un favore all’umanità, e piantala.»
«Tu…»
«Io ti avviso» decretò Adrien, stringendo la mascella prima di riprendere a parlare: «Non provare più a chiamare mia moglie, ad avvicinarla o altro, perché ti farò pentire di essere nato.»
«Come se tu ne avessi il potere.»
«Ti conviene non sottovalutarmi, Testa a pomodoro» decretò Adrien, chiudendo poi la chiamata e passando il telefono a Marinette, sorridendo dolcemente allo sguardo celeste che era fisso su di lui: «Perdono, ma sentivo il bisogno di intervenire.»
«E non pensi che, dicendogli così, ti attaccherà di nuovo? Non sappiamo quante creature a sua disposizione abbia.»
«Meglio me che te.»
«Adrien.»
«Con i tentacoli abbiamo appurato che sono immortale, no?»
«No. Tu non sei immortale, sei solo un grandissimo idiota» decretò Marinette, avvicinandosi al carrello e spingendolo verso le casse, ignorando il richiamo del ragazzo alle sue spalle, continuando per la sua strada finché Adrien non le si parò davanti, bloccando il carrello e fissandola in volto: «Che c’è?»
«Lo so che non vuoi che io mi metta in pericolo, ma dobbiamo mettere in conto che Nathaniel vuole te ed io sono un ostacolo per lui» decretò Adrien, accennando appena un sorriso: «Se vogliamo salvarlo è l’unico piano che abbiamo.»
«No, è l’unico piano che tu hai ideato, senza chiedere aiuto o consiglio.»
«Non è il caso di essere così puntigliosi.»
«E se ti succedesse qualcosa? E se…»
«Marinette, gli ‘e se…’ non sono certezze.»
«Ma potrebbero esserlo.»
«Non sarò mai in pericolo, Marinette» dichiarò Adrien, sorridendole appena: «Ladybug sarà sempre pronta a salvarmi. E anche gli eroi di Parigi.»
«Sei sicuro di questo?»
«Assolutamente sì» disse il ragazzo, facendole l’occhiolino e chinandosi verso di lei: «Ladybug è fin troppo innamorata di me per lasciarmi a me stesso.»
«Dovrebbe farlo» sentenziò Marinette, muovendo il carrello e liberandolo dalla presa di Adrien, superandolo e sentendolo mentre bisbigliava con convinzione il contrario, ben sapendo quanto lui avesse ragione.

 

   
 
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