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Autore: Urban BlackWolf    17/07/2017    3 recensioni
Michiru scorse mentalmente il titolo della prima pagina sentendosi improvvisamente le gambe molli. Ferma accanto a lei la giovane Usagi rilesse ad alta voce quello che appariva essere un epitaffio inquietante. “Consegnata la dichiarazione di guerra da parte del giovane Regno d'Italia.”
“Ecco perchè il nostro treno è stato soppresso.” Disse Ami stravolta. Lei era italiana ed ora si ritrovava ad essere nemica di alcune di loro.
“Michiru adesso cosa faremo? Dove andremo se non possiamo più varcare i confini?”
La più grande sospirò ripiegando il foglio dalla carta grigia accarezzandole poi una guancia. “Non lo so Usagi. Ma non possiamo fermarci qui, dobbiamo proseguire. Il mondo che conosciamo da oggi in poi non sarà più lo stesso.”
Legato ai racconti: "l'atto più grande" e "il viaggio di una sirena".
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Inner Senshi, Michiru/Milena, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Le trincee dei nostri cuori

 

Legato ai racconti:

L'atto più grande

Il viaggio di una sirena

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Ami Mizuno, Usagi Tsukino, Rei Hino, Makoto Kino e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

Quinto comandamento

 

 

 

La pioggia senza tregua che tambureggiava sulla copertura del capanno, il vento forte che sbatteva sui vetri opachi, il crepitio delle fiamme ormai basse, Michiru che continuava a tenere le dita della mano sinistra arpionate all'oro dei capelli di colei che le aveva appena donato tutto; la libertà, l'amore, la vita. I respiri ancora incontrollati di Haruka premuti a forza contro la sua spalla, la pelle bollente di entrambe che, come un'ancestrale risonanza stava continuando a generare goccioline di sudore formicolante lungo gran parte dei loro corpi, il leggero tremore dei muscoli, il crollo dei reni, l'abbattimento totale di ogni difesa, l'abbandono. Il piacere era andato a fondersi con il cuore e l'anima li aveva benedetti. Sconvolte dalla scoperta l'una dell'altra, da un appagamento carnale che non avevano mai provato nella solitudine della loro maturità femminile, si ritrovavano ora abbracciate, strette, incredule che si potesse raggiungere un'affinità così grande con un altro essere. Com'era stato possibile vivere fino a quel momento? Come la luna e le stelle potevano essere sorte ogni notte senza il respiro dell'altra al fianco? Cosa la percezione degli occhi era andata vedendo in quegli anni di recesso?

Michiru strinse la destra alla vita dell'altra avvertendo i battiti decelerare. Non si muoveva Haruka. Soltanto lo sterno continuava ad alzarsi ed abbassarsi velocemente.

“Ruka...” Un soffio stranamente rauco per un timbro pulito come il suo.

Nell'affanno l'altra riuscì a far leva sul gomito incrociandone lo sguardo. Un verde talmente scuro ed una pelle del viso così arrossata che le venne istintivo iniziare ad accarezzarle una guancia.

“Tutto bene?” E si stupì di tanto autocontrollo.

“Credo... di si.”

“Ne sei sicura?” Disse mentre un sorriso sempre più marcato inondava le labbra di entrambe.

“Credo... di si.” Ripeté per poi ridacchiarle nella piega del collo.

Se la strinse forte al petto quella ragazzona bionda nata dalle Alpi e cresciuta all'ombra dei boschi. Libera ed irruenta, sempre pronta a dar battaglia, fosse anche contro se stessa. La strinse così forte da riuscire ad avvertirne il battito. Lo fece fino a quando non sentì la stanchezza cullarla nel suono della pioggia.

 

 

Non sognò Michiru o almeno quando riaprì le palpebre non ricordò di averlo fatto. Si raggomitolò sorniona tra la coperta ancora leggermente umida di pioggia che Haruka era riuscita a tirar fuori dal suo zaino. Si contrasse in posizione fetale notando nell'aria più calore di quanto rammentasse. Si sentiva stanca, ma aveva ogni muscolo rilassato, ogni fibra apaticamente sciolta. Gemette stiracchiandosi puntando lo sguardo al fuoco ravvivato nel camino poco lontano ed alle forti spalle di Haruka, girata mentre controllava i vestiti che aveva steso ad asciugare su una delle sue corde da scalata. Permise alla sua voluttà di guardarla ancora e ancora, mentre si muoveva lenta prendendo un ciocco per sistemarlo sulla fiamma, si massaggiava la base del collo controllando la cartina raggrinzita per l'acqua presa e scuoteva la testa alla confusione regnante nel suo povero zaino.

“Come fai ad essere già così energica?” Chiese alzandosi a sedere e coprendosi alla bene e meglio il petto. E sentì il fiato venirle meno quando voltandosi, la bionda le rivelò uno sguardo di una femminilità disarmante. Era come se fosse sbocciata.

“Merito tuo Kaiou.” Rispose andando a sedersi sulla branda toccandole poi il viso con il dorso di due dita.

“Ben svegliata marmotta. Ringrazia che fuori piova ancora forte altrimenti avrei dovuto strapparti ai sogni.”

Ma quelle parole arrivarono all'insegnante come leggermente ovattate. Ma quanto poteva essere bella quella donna. I capelli arruffati, lo sguardo gentile, gli occhi fieri ed una dolcezza nei movimenti che non le aveva mai visto.

“Mentre stavi bellamente riposando ho preparato la colazione, steso i panni ad asciugare e trovato un po' d'acqua per lavarci. E' pioggia, ma è pulita.” Assicurò non rivelando però che in tutta quella militare efficienza aveva passato svariati minuti ad osservarla respirare beata come una bambina, come una dea reincarnata.

“Ma non sarà di qualcuno questo posto?”

“Con molta probabilità del proprietario della miniera, ma visto in che condizione era il lucchetto, bè non credo che avremo improvvisate.” Rispose ridendo a quel viso assonnato.

“Allora vuoi mangiare?” All'assenso si alzò per prenderle una canottiera e della biancheria pulita.

“Ma è odore di carne quella che sento?” Le chiese afferrando il vestiario notando l'improvvisa vergogna dell'altra all'apparizione del suo seno.

“Ma... Ruka! - Un finto rimprovero. - Dopo questa notte?”

Grattandosi la testa e stirando un sorrisetto sornione giustificò la sua reazione facendole notare che da li ad un paio d'ore avrebbero dovuto muoversi. “Non indurmi in altre tentazioni Michi. Te ne prego.” E scoppiando a ridere entrambe iniziarono a mangiare sedute sul bordo di pietra del camino perché quel posto era completamente sprovvisto di sedute.

“Me l'ha data Stefano. Ieri è andato a comprarla da un macellaio vicino alla stalla del fabbro. Era tutto contento quando è riuscito a darmela. Credo l'abbia pagata uno sproposito.”

“Bada Tenou, non è tutta per te. Dividila anche con la signorina Michiru, le ragazze e con Giovanna, intesi?!” Le aveva detto posandole fraternamente una mano sulla spalla prima di salutarla.

“Come se riuscissi a mangiare così tanto. Ma per chi mi ha presa quello li?!” Borbottò tra se porgendo all'altra la borraccia.

“Ruka posso farti una domanda un po' personale?” E al vederla asserire con il capo continuò chiedendole che legame ci fosse tra lei ed il soldato.

“Vedi, credo che il piccolo Mattias mi abbia un po' confusa.”

“A si? Ti ha per caso detto che Astorri mi ha spezzato il cuore per mettersi con mia sorella?”

“Una cosa del genere, si.” E dopo una fragorosa risata Haruka le spiegò del mancato fidanzamento e di come l'orgoglio battuto a sangue dal suo rifiuto lo avesse spinto ad aumentare il disagio di suo padre.

“Non ti nascondo di averci messo un po' per perdonare Stefano, ma ormai è quasi uno di famiglia. Credo che ami veramente mia sorella e questo mi fa piacere. Per quanto riguarda mio padre ed i suoi pregiudizi... e' acqua passata.” Nel dirlo però evitò volontariamente di accennarle di quella frase cruda, rabbiosa, intollerabile per una figlia, che Sebastiano le aveva sputato contro prima che lei scappasse di casa per sempre.

“Io ti maledico!” Ricordò soffrendone ancora a distanza di tempo.

Dimenticando per un attimo la scodella sulle ginocchia si toccò distrattamente il ciondolo dal laccio di cuoio che portava al collo da anni. Proprio non ce l'aveva fatta a gettarlo via, a separarsene. Ultimo piccolo legame che aveva voluto mantenere con il suo passato famigliare fino all'inizio di quel viaggio.

Michiru lo sfiorò con lo sguardo riconoscendo nel legno l’intaglio di un'ala.

“Me lo regalò Giovanna per il mio quindicesimo compleanno, per ricordarmi di puntare sempre alla vittoria sul traguardo della vita. Sai, ci piaceva correre l'una contro l'altra. E' molto competitiva come persona. A volte anche più di me.”

“Devi amarla tanto. Mi sarebbe piaciuto avere una sorella.”

La bionda tirò su con le spalle rivelando che non era sempre stato tutto rose e fiori.

“Come in ogni rapporto.”Sentenziò matura l'altra.

Haruka sospirò ingoiando un boccone. Per più di un anno non aveva più corso, si era fermata gettando all'aria ogni proposito di vittoria, ogni sogno, ogni conquista, preferendo vivere in una condizione di marcato annichilimento personale, scappando, nascondendosi come una reietta pur non avendo mai fatto nulla di male, accettando il giudizio degli altri piuttosto che provare a cambiare le cose.

Michiru si sporse baciandole una guancia. “Ti sei intristita?” Chiese vedendo riaffiorare quel sorriso guascone che tanto le piaceva.

“No, non preoccuparti.” Disse serenamente convinta. Non avrebbe mai più permesso alla paura di fermarla.

Guardando le goccioline di pioggia serpeggiare al di la del vetro cercò di non far trasparire la vergogna che stava provando per un pensiero appena sortole nei sensi. “Potrebbe anche metterci un po' più' del previsto a spiovere. - Confessò sperando di non apparire troppo licenziosa. - Come potrebbe passare del tempo prima che si possa nuovamente avere un po' d'intimità.”

L'altra sembrò pensarci su, poi prendendo le scodelle e posandole accanto al fuoco, si alzò offrendole la mano. “Hai ragione mia Ruka. Vieni...” E lasciandosi guidare verso la brandina la bionda tornò ad esporle cuore, corpo e anima.

 

 

Respirando pesantemente Giovanna cercò di non scaraventare la stampella nel burrone che si apriva nel poco lontano. Per l'ennesima volta il gruppo aveva dovuto fermarsi a causa della sua gamba e per l'ennesima volta nel corso di quelle disgraziate ore, tornava a sentirsi la zavorra che stava provando faticosamente a condurle all'appuntamento. L'appuntamento. Ci sarebbe poi stato? Si perché da quando la bionda si era incamminata per seguire la compagnìa di Daniel Kurzh loro sei non avevano più avuto notizie. In quei tre giorni poteva essere successo di tutto ed anche se Giovanna riponeva in Haruka la massima fiducia, non si sarebbe sentita tranquilla fino a quando non avesse rincontrato lo sguardo della sorella. Le mancava la sua Ruka, le mancava in tutto, anche in quei lati negativi che tanto la facevano andare fuori dai gangheri. Petulante, testarda, bastan contraria, scorbutica, superba, in una parola; faticosa. Ma non l'avrebbe mai scambiata con nessuna. Mai!

Quei giorni di ritrovata unione erano stati per la maggiore come una droga, ed ora che su per quel percorso boschivo ne sentiva il distacco, ora si rendeva conto di stare contando i minuti che la separavano dal rivederla e questa cosa la spaventava a morte, perché sapeva che alla fine di quel viaggio, quando tutto avrebbe ritrovato il giusto ordine, Haruka sarebbe quasi sicuramente tornata a vivere la sua vita e con molta probabilità Giovanna non ne avrebbe fatto parte. Che fosse stata da sola o con Michiru al suo fianco, alla baita o in un altro posto, la donna aveva come lo sgradito presentimento che da li a breve avrebbe dovuto dire addio al suo bizzoso cavallino di fanteria.

“Tutto bene Giò?” Makoto si sistemò meglio la cinghia del fucile sulla spalla infilandole il braccio sinistro nell'incavo dell'ascella per aiutarla a togliersi dall'empasse fangosa.

“Maledizione, se continuiamo di questo passo ci metteremo il triplo del tempo!” Sibilò nervosamente tra i denti serrati al fastidioso dolore che la ferita le stava offrendo.

“La mappa riporta che ci siamo quasi. Un'altra oretta e dovremmo riuscire ad arrivare, non agitarti così. Il grosso è stato fatto.” Minako cercò dolcezza e convinzione nella voce, ma in realtà era preoccupata quanto lei, lo erano tutte, ed Usagi, sicuramente più sensibile delle altre chiese che cosa sarebbe successo nella disgraziata ipotesi che Haruka e Michiru non si fossero presentate all'appuntamento.

Tutte fissarono la più grande che di rimpetto guardò il mezzo lupo fermo a qualche decina di metri da loro.

“In quel caso sarà Flint a guidarci. Troverà l'odore di Haruka conducendoci da lei. Almeno spero.”

 

 

Chiudendo la porta della baracca e posando gli occhi sul lucchetto spaccato dimenticato ad un lato della soglia, la bionda si sentì in colpa. Si era comportata peggio di una ladra, ma non aveva potuto fare altrimenti ed anche se difficilmente qualcuno sarebbe tornato per appurarne il danno, quel lucchetto ormai inservibile le avrebbe rimorso la coscienza per un bel po'.

“O be, poco male.” Si disse voltandosi per andare verso l'insegnante ferma ad aspettarla.

Michiru luminosa le sorrise rassicurante. “Quanto pensi ci metteremo ad arrivare all'appuntamento?”

“Ad occhio e croce un paio d'ore.” Rispose stringendosela forte iniziando poi a camminare tra il fango ed i rivoli d'acqua che nonostante avesse smesso di piovere, stavano continuando a scendere dal fianco dalla montagna.

“Dunque ci dirigeremo a Zurigo?” Chiese la bionda rimettendo ogni decisione all'altra.

“Si Ruka. Minako e Makoto devono cercare di raggiungere il fronte occidentale per ricongiungersi ai loro cari.”

“Ma non sarebbe meglio aspettare qui in Svizzera la fine della guerra?”

“E se durasse ancora mesi?”

Dubbiosa Haruka lasciò cadere l'argomento, perché se da una parte era convinta che il conflitto si sarebbe estinto da li a breve, dall'altra l'entrata in guerra del Regno d'Italia non prometteva nulla di buono.

Camminando a passo sostenuto mano nella mano su per il sentiero in mezzo al bosco che portava al crinale, fermandosi di tanto in tanto spinte dalla necessità di un contatto, di un bacio, uno sguardo, una carezza. non si resero conto del tempo che passava, dei metri fatti, del fango cementatosi alle calzature o della fatica che stava ripiombando sulle loro gambe e quando arrivate in cima ebbero la vista delle vette tutte intorno a loro, il lago dei Quattro Cantoni con la cittadina di Altdorf in lontananza, seppero che la meta era ormai a poco meno di mezz'ora da loro. Sentendosi finalmente tranquille si abbracciarono strette cercarono di riprendere fiato.

“Abbiamo tirato, ma ci siamo quasi Michi.” Le sussurrò vicino all'orecchio facendola rabbrividire per poi guardarsela soddisfatta.

“Ma che bei piccioncini abbiamo qui!” Una voce purtroppo conosciuta si espanse alle loro spalle, una voce che le fece voltare di scatto mentre un battito di mani faceva eco esattamente dalla parte opposta.

Haruka bloccò il respiro sgranando gli occhi lasciando che la destra corresse al coltello dimenticato alla cintura.

“No, no, biondino. Se fossi in te non lo farei.” Disse l'uomo armato dietro di loro abbassando il cane del fucile mentre quello che aveva bloccato loro la strada si avvicinava facendo segno di consegnargli la lama.

La donna guardò la canna puntata ed ingoiando si accorse di essere stata presa tra due fuochi. Avverti Michiru piantarle convulsamente le dita nel cotone della camicia ed iniziare a respirare velocemente. Troppo velocemente.

“Calmati.” Le suggerì piano dando all'uomo non armato la testa del suo coltello.

“Bravo biondino. Ma lo sai che sono giorni che voglio parlare con te?”

“Parlare!?”

“Certo parlare. Riprendiamo la conversazione interrotta al Taglio dell'Erba... vuoi?” E preso il coltello se lo infilò nella cintura posandole non troppo amichevolmente una mano sulla spalla.

“Io non ho nulla da dire!” Ringhiò scansando impulsivamente la stretta con un brusco movimento del braccio destro.

“Ma si può sapere cosa vi abbiamo fatto per ricevere un trattamento simile?” Intervenne Michiru frapponendosi tra loro.

“Michi stanne fuori!” Ordinò continuando a fissare in cagnesco le iridi dell'altro.

“O... ma che grinta ha la nostra brava signorina. Ma il vostro fidanzato lo sa che ve la fate con questo paesanotto?”

“Non ti permettere...” E questa volta fu la bionda a far scudo all'altra con il proprio corpo.

“Per me quel Dragone ci riempirà la scarsella di franchi se gli riporteremo l'amore perduto.” Disse ridendo sguaiatamente quello col fucile lasciando intendere che si, erano stati realmente loro ad indicare a Kurzh il paese dove si erano rifuggiate dopo il ferimento di Flint e Giovanna.

“E' probabile. Coraggio biondino spostati.” Ma Haruka non si mosse e lui ne approfittò per piantarle un pugno bene assestato alla bocca dello stomaco che ne mozzò il fiato.

“Haruka!” Gridò Michiru vedendola piegarsi in avanti.

“Haruka?!” Ripeté l'uomo sbigottito per poi afferrare la bionda per il colletto della camicia iniziando a squadrarla da capo a piedi.

“Sei una donna?” Ed un sorriso torvo iniziò ad invadergli le labbra carnose mentre l'altro afferrava l'insegnante per un braccio strattonandola.

“Lasciala stare! Non toccarla! Ruka...”

“Michi...” Articolò sentendo saliva e sangue nella gola.

“Sta zitta tu! - Intimò quello tornando a guardare la bionda in viso. - O si... In effetti a guardarti meglio... ”

La destra corse serrandole il mento per studiarne le fattezze. “Sei una ragazza ed anche piuttosto bella. E così giochiamo a fare l'uomo!?” Trascinandola fuori dal battuto intimò all'altro di badare al preziosissimo ostaggio.

“Lasciala!” Michiru sentì gli avambracci bloccati da dietro.

“Te lo faccio sentire io com'è fatto il corpo di un vero uomo... biondina.” Rise già eccitato al pensiero di quello che le avrebbe fatto da li a breve.

Camminando per qualche metro la sbatté violentemente contro una roccia iniziando a slacciarsi i pantaloni. Era più alto e di gran lunga più pesante di lei. Ci avrebbe messo niente. “Allora... Ti fotto e poi ti sgozzo, o ti sgozzo per poi fotterti?”

Pulendosi la bocca con il dorso della mano Haruka tornò a respirare normalmente. Guardando in direzione dello sterrato si accorse di non vederlo più.

“Se fossi in te non penserei alla tua amante... - E si avventò su di lei afferrandole entrambi i polsi bloccandoglieli contro la roccia. - Lei è merce preziosa, mentre tu non vali neanche il peso delle tue ossa.”

Il fiato arroventato sbattutole in faccia, la pelle viscida, la sua mascolinità già eretta premutale contro. Haruka provò a pensare, ma il terrore che stava provando era troppo forte. Si sentì stringere le braccia sopra la testa, polso contro polso da un’unica enorme mano e toccata al petto dall’altra.

“E si... direi che sei proprio una donna.”

Le gambe ancorate dalla sua stazza, i muscoli impediti nei movimenti, la mente annebbiata dall'adrenalina. “Lasciami cane schifoso.” Urlò sentendo le dita di lui iniziare a slacciarle la cintura.

“Stai ferma...”

Dio no, pensò con terrore e non appena il bollore del suo tocco scivolò sulla sua pelle, Haruka reagì scattando la testa in avanti colpendolo in pieno setto nasale. Libera nei polsi, d'istinto e con tutta la forza che aveva gli mollò un pugno in faccia non avvertendo neanche dolore alle nocche della destra ancora coperte da un sottile strato di crosta. Alcuni passi all'indietro tenendosi il viso inondato da un fiotto di sangue e la ragazza riuscì a spostarsi un poco.

“Troia bastarda!” E stava per caricarla come un toro furioso quando un colpo di pistola lo centrò in piena spalla sinistra. Barcollando si schiantò schiena alla roccia proprio dove aveva bloccato la bionda pochi istanti prima.

“Ruka... allontanati!” Urlò Giovanna tenendolo sotto tiro.

Respirava pesantemente quella donna dallo sguardo di ghiaccio sempre pronta a far da pacere. Gli occhi carichi di furia omicida, collera liquida che le pulsava ora nelle vene del collo, pompata da un cuore impazzito che stava viaggiando al triplo della velocità. Le stampelle dimenticate a terra, le braccia tese davanti a lei, la canna della Luger ferma, senza alcun tremore. Determinata.

“Non muoverti schifoso o ti faccio saltare la testa!” Tagliente e senza alternative.

“Giò...” Chiamò la minore vedendo che l'uomo non aveva assolutamente intenzione di obbedire.

“Cagna...”

“Dammi solo una scusa, brutto figlio di puttana! Dammene solo una!" Urlò socchiudendo gli occhi.

“Giovanna... no.”

“Cosa ti ha fatto Ruka?!” Chiese guardando i pantaloni mezzi slacciati di quella bestia.

Cogliendo una pericolosa scintilla negli occhi dell'altra, Haruka iniziò ad avvicinarsi con cautela. “Niente. Non e' riuscito a farmi niente. Giovanna... dammi la pistola.”

"Io lo uccido questo porco... Gli pianto una pallottola in mezzo agli occhi!"

“Non sei un'assassina. Dammi la pistola...” Andandole al fianco alzò il palmo cercando di farla ragionare impressionata dal vederla così trasfigurata.

“Toglierlo dal mondo non può essere considerato omicidio.” L'indice destro pericolosamente spinto sulla mezzaluna del grilletto con in canna un secondo colpo.

"Giovanna..."

Ma niente. Scuotendo impercettibilmente la testa continuò a tenere la canna alta. "Non avrebbe dovuto permettersi... La deve pagare... La deve pagare per tutti!"

“Giò ... Dammi la pistola.

"No... "

Ti prego... Sorella...”

Un leggero fremito e la maggiore finalmente staccò gli occhi dall'uomo per posarli sulla bionda che stirando un sorriso le prese l'arma dalle dita. "E' finita. E' tutto finito, stai tranquilla."

“Put... tane...” Articolò allora lui a capo chino per cercare di non ingoiare il proprio sangue.

Un paio di passi tenendosi la spalla con la mano opposta e prima che Haruka riuscisse ad alzare l'arma per abbatterlo, un qualcosa di scuro saltò fuori da un cespuglio rilasciando un suono gutturale vibrato e profondo. L'uomo gridò divincolarsi incontrollato appena sbattuto in terra dalla furia di quattro poderose zampe e quando le zanne del giovane mezzo lupo si serrarono alla gola stringendo pelle e muscoli, un suono sordo di rottura rilasciò gli arti lasciando che il tronco si muovesse ancora un paio di volte per giacere poi immobile e senza più vita in una pozza rossa. Continuando ad emettere una sorta di ringhio, il muso di Flint si mosse ancora un'ultima volta a destra e a sinistra inondandosi di sangue.

Alla vista di quella scena la mascella di Haruka tremò un attimo poi un altro colpo d'arma da fuoco, questa volta proveniente dal sentiero, seguito poi da un paio di urli la scossero facendola scattare. “Michiru!” E corse più forte che poteva raggiungendo in brevissimo tempo il punto dove l'aveva lasciata.

Si fermò guardando la ragazza stravolta, una mano premuta alla bocca, gli occhi dilatati fissi su l'uomo che aveva ricevuto l'ordine di trattenerla e che ora giaceva in terra rantolante, faccia rivolta verso il cielo e mani premute all'addome.

 

 

I singulti di Usagi rendevano tutto molto più difficile. Haruka in cuor suo sapeva che avrebbe dovuto intervenire, fare qualcosa, riportare ordine in un gruppo totalmente allo sbando, ma per quanto ne fosse conscia proprio non riusciva a richiamare la forza nelle gambe ed il volere nelle intenzioni. Impossibilitata a muoversi, intorpidita, dritta sulla schiena pugni serrati e sguardo fisso alla scena che continuava a svilupparsi davanti ai suoi occhi, non avvertì neanche la presenza di Giovanna arrivatale accanto. Dopo un'agonia di alcuni istanti l'uomo colpito in pieno addome dal proiettile del fucile della guida mori'. Makoto lo aveva centrato non appena Michiru era riuscita a liberarsi assestandogli un calcio alla tibia forte della sorpresa di lui improvvisamente vistosi circondato dalle ragazze, ed ora abbandonando l'arma a terra come se fosse stata infuocata, la ragazza più giovane stava continuando a scuotere la testa formulando sottilissimi no, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena fatto.

“Ami...” Chiamò Giovanna facendole cenno con il mento di andare ad accertarsi dell’effettiva morte dell'uomo.

Dovevano muoversi. Agire. “Haruka prendiamogli le armi ed andiamocene. Ruka mi ascolti?!”

Guardando gli occhi dell'altra la minore sembrò tornare in se scuotendo la testa convinta. No, dovevano seppellirli, far sparire i corpi in modo che non si fossero mai più trovati. Perché nessun tutore della legge avesse mai potuto additare quelle morti ad un omicidio.

“D'accordo, allora diamoci da fare.” Continuando a mantenere un tono freddo e distaccato nonostante si stesse parlando della sepoltura di due uomini, Giovanna chiamò Minako chiedendole di aiutare Haruka.

“Non ci sono problemi.” Rassicurò la viennese dirigendosi verso la guida forzandosi nell'essere convincente.

“Giò, lascia che lo faccia io. Non coinvolgiamo Mina e' troppo giovane.” La prego' l'insegnante posandole una mano sulla spalla cercando di non farsi sentire dalle altre.

Ed anche se ormai dopo quello che avevano visto e vissuto erano cresciute tutte di colpo, Giovanna si trovò concorde e lasciò che l'altra aiutasse la sorella nello scavare la fossa.

 

Passo Spig

Svizzera centrale – 18/6/1915

 

E' sera, abbiamo approntato un bivacco e provato a mangiare qualcosa.

Quello che è accaduto oggi ha dell'assurdo.

Non riesco a credere che sia successo davvero.

Abbiamo fatto quello che dovevamo, ma ammetto che ci sia costato.

Siamo tutte molto provate, ma chi sta peggio è Mako.

Sorprendentemente è stata Rei a starle più vicina. E' proprio vero che nel bisogno

emerge il vero “io” delle persone.

Usagi non riesce a smettere di piangere

e la mia Ruka mi preoccupa. Non ha parlato molto ed è sparita senza neanche

toccare cibo. Vorrei starle accanto, ma non posso lasciare le ragazze da sole prima di

saperle addormentate.

Perché il cielo si sta accanendo così?

M. K.

 

Iniziando con il togliersi la giacca, per passare poi alla camicia ed infine alla canottiera, in silenzio, compiendo gesti lenti, quasi pensati, continuando a tenere gli occhi fissi sull'oscurità dell'acqua di quel piccolo torrente, Haruka si sedette su una roccia passando a slacciarsi gli scarponi. Aveva bisogno di lavarsi. Aveva bisogno di non sentirsi più così sporca dentro. Ancora con il puzzo di quell'uomo sulla pelle, sui vestiti, fin quasi dentro l'anima, si era spinta lontano dal gruppo per ritagliarsi un momento tutto per se e per il suo Flint, ora fermo accanto a lei con ancora i peli del muso incrostati del sangue di quella bestia. Aveva avuto paura Haruka. Tanta. Paura prima per Michiru e poi per se stessa. Quello che era accaduto dopo che si era resa conto di non poterla difendere perché minacciata da un arma da fuoco, perché accerchiata da esseri senza scrupoli, l'aveva destabilizzata ed ora non sapeva come riuscire a ritrovare la strada del suo io.

Sospirando avvertì il muso di Flint sbattergli sulla coscia e guardandolo dolcemente iniziò a lavargli il pelo. Anche vedere lui compiere quello che poi era da sempre un ovvio gesto naturale l'aveva sconvolta. Mostrando una brutalità sconvolgente aveva reciso le arterie di quell'individuo spezzandogli le vertebre cervicali con una precisione ed una ferocia disarmanti. La stessa scintilla di ferocia vista per qualche istante negli occhi di Giovanna appena si era resa conto di quello che avrebbe potuto subire se non fossero arrivati. Una violenza.

“E' fredda l'acqua, sei proprio sicura di volerti bagnare?”

Girandosi di scatto con i nervi ancora provati, la bionda vide la maggiore ferma a qualche metro da lei mentre Flint schizzava via rifugiandosi nel fitto della foresta.

“Scusa, non volevo spaventarvi. Hai avuto ragione a volerlo lasciare legato fino alla nostra partenza, Non vedendovi all'appuntamento ci ha messo meno di mezz'ora a trovarti.” Disse ricordando quanta pazienza Usagi aveva dovuto investire nel dargli da mangiare mentre erano state costrette a tenerlo a catena nella stalla di Leopold per impedirgli di seguire la sua amica.

“Si ma credo si sia inselvatichito ancora di più.” Rispose togliendosi le calze.

“Haruka senti... Va tutto bene?”

E l'altra stava per risponderle di non preoccuparsi quando invece le uscì una sorta di supplica spezzata. “Per favore Giovanna... mi lasceresti da sola?”

“Non credo tu lo voglia veramente.” Ed iniziò ad avvicinarsi.

“Si...”

“No Ruka... Non credo.” Lasciando le stampelle poggiate alla roccia dov'era seduta la sorella, si inginocchiò prendendo la pezza abbandonata accanto alle sue gambe iniziando a bagnarla.

“Ho avuto paura... Non ne ho mai avuta così tanta in vita mia.”

“Lo so tesoro mio, lo so.” Disse iniziando a strofinarle delicatamente un braccio.

"Non avrei mai creduto che anche vestita così un giorno un uomo avrebbe provato a prendermi... fisicamente.

"Dimentichi troppo spesso di essere una gran bella ragazza, anche se a bestie come quello basta veramente poco."

“Lo avresti ucciso?”

“Si.- La guardò decisa. - E non avrei provato il rimorso che ha ora Makoto."

E dopo quella terrificante confessione tornò il suono dell'acqua che frustava le rocce sulla riva, gli uccelli notturni, il leggero vento sulle fronde degli alberi.

Una decina di minuti dopo Giovanna si rialzò piantarsi le stampelle sotto le braccia. Posando il palmo della destra sulla guancia dell'altra le sorrise mesta. “Va un po' meglio adesso?”

“Un po'.”

“Va bene allora vado dalle altre. Ma ricorda che lei ti aspetta.” E tornando verso la luce del bivacco si sentì improvvisamente più vecchia di cent'anni.

 

 

Michiru continuò ad accarezzare la guancia umida di Makoto fino a quando il sonno non si impossessò di lei. Accertandosi che anche Usagi e Minako dormissero scambiò una rapida occhiata con Ami e Rei ferme nei sacchi da viaggio poco propense a chiudere gli occhi, andando poi verso Giovanna ferma davanti al fuoco persa in chissà quali pensieri e lasciandole un'affettuosa carezza alla nuca si diresse verso un paio di rocce che aveva scelto come spazio tutto suo. Volendo aspettarla sveglia rimase in piedi fino a quando non vide la sua bionda fare ritorno dal torrente. Versando lacrime silenziose di rabbia si era cambiata lavando gli indumenti che avevano visto quella disgraziata giornata. Non si erano ancora parlate, non avevano potuto e l'insegnante bramava di averla accanto, di ascoltarne il possibile sfogo, di accarezzarla e farsi accarezzare per cercare di tornare alla normalità.

Haruka le si fermò davanti con le mani piene di panni sgocciolanti che l'altra prese per iniziare a distenderli sulle rocce.

“Mi manchi. Ho bisogno di un tuo abbraccio.” Soffiò la bionda puntando gli occhi in terra vergognandosi di tanta umana fragilità. Abbandonando tutto il resto Michiru si alzò leggermente sulle punte per raggiungerle la fronte con le labbra e non dovette certo parlare per farle capire quanto l'avrebbe tenuta stretta quella notte.

 

 

 

Note dell'autrice: Il bollino è arancione, perciò ve lo dovevate aspettare che qualcosina di poco “simpatico” sarebbe accaduto, che Giovanna non avrebbe ricoperto solomil suo canonico ruolo di spalla comica, che si sarebbe dovuti scendere a patti con i demoni della rabbia, della paura e della vendetta e che visto che si sta praticamente svolgendo tutto a contatto con la natura, qualche scena violenta ce l'avrei messa, come con il buon piccolo Flint. Ma in effetti Haruka a fare i conti con un tentato stupro proprio non lo avevo preventivato. E mi dispiace di non averla dipinta tanto nella sua forza (comunque sempre presente) quanto nella sua fragilità di donna.

Come ammetto di essere stata indecisa fino alla fine su chi tra Makoto o Usagi fosse stata chiamata a violare il quinto comandamento; il non uccidere. Se fosse “toccato” alla seconda credo non sarei riuscita a gestire la cosa. In più avrei voluto descrivere meglio gli avvenimenti. Scusate.

Ma di una “piccola” questione sono contenta: vi ho graziato della presenza di dottor belloccio popò almeno per questo capitolo.

A prestissimo e sempre grazie per le vostre recensioni ed i vostri suggerimenti.

 

 

 

   
 
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