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Autore: esmoi_pride    17/07/2017    1 recensioni
Quattro capitoli, quattro coppie, quattro stagioni, quattro vacanze. Un filo conduttore, l’unico nome che viene pronunciato: Dani o Daniele, protagonista dei dolci pensieri dei suoi amanti e dei suoi stessi pensieri. Il suo viaggio parte da ragazzo e lo vede percorrere passo dopo passo la strada che lo renderà un giorno un uomo maturo, costellata delle esperienze vissute con le persone che ha amato. E alla fine una domanda: se tutto finisce, ne sarà valsa la pena? ( Storia partecipante al contest "1st National Teen Slash Awards" indetto da "Surlaplanche". )
Genere: Comico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2 - La stessa direzione
 



 
Mentre risalgo la collina di Montmartre il mio cervello viene travolto dalla melodia di un violino. Risuona come un’eco tra gli edifici delle stradine impedendomi di capire da dove proviene. Devo fermarmi un attimo e voltarmi per e cercare la fonte di quella musica: un clown grottesco muove l’archetto sulle corde nel mezzo della piazza in cui ci troviamo. Mi fermo un istante a guardare la scena che mi si staglia davanti prima di sentire la mano di Dani stringere la mia e tirarla piano. Mi giro per guardarlo.
“Dai vieni, dobbiamo farci una bella camminata.”
Lui riprende il cammino e io lo seguo, tirandomi la sua mano per alleviare un poco la ripidità della salita. Parigi mi confonde, è come un caleidoscopio, solo che i caleidoscopi sono limitati: chiudi un occhio, apri l’altro e ti ritrovi davanti tante immagini aliene e curiose che attirano l’attenzione senza che tu sappia bene perché. Parigi è così, ma vastissima, ed è un caleidoscopio di suoni, di odori, di sensazioni. Sarà l’autunno. Il vento trascina con sé tante cose.
 
La salita è faticosa. Mi ritrovo ad avere il fiatone, non ho neanche il tempo per parlare. Dani è determinatissimo a raggiungere la cima e io, nel seguirlo, sembro chiedere pietà ma non mi lamento neanche un momento. So cosa ci aspetta una volta arrivati a destinazione. Ogni tanto lui mi tira per la mano per dirmi di muovermi, ogni tanto lo faccio io per aiutarmi a salire. Per nostra fortuna il vento ci soffia addosso e asciuga il sudore dalle nostre fronti.
Ci fermiamo solo quando raggiungiamo le scale di marmo. Allora io, ansimando, mi porto accanto a lui e poggio le mani sulle ginocchia in attesa dell’acqua. Daniele la tira fuori dalla borsa e me la porge, ma quando alzo lo sguardo su di lui i suoi occhi non stanno guardando me. Stanno guardando la bianca cupola del Sacre Coeur. Io faccio lo stesso per un momento, mentre prendo la bottiglietta e la stappo. Prendo una sorsata ansimando ancora, l’acqua mi si sbrodola sul mento e mi bagna la maglietta ma non mi importa. Finalmente siamo arrivati.
 
“Ancora qualche scalino…” mormoro avvicinandomi alle scale. Dani mi prende la bottiglia dalle mani e si fa un sorso prima di rimetterla a posto, poi inizia la salita. Lo seguo subito dopo, cercando di stare al passo. Dopo poco rimanere al suo fianco è un pensiero che scende in secondo piano, perché vengo di nuovo frastornato dalla bellezza di Parigi. Siamo solo alla prima scalinata ma già, da qui, la vista è meravigliosa. Resto a osservare il cielo chiaro e quasi terso, con delle nuvole ovattate qua e là a spezzare l’azzurro, e più sotto la skyline della città con le sue casette francesi, le piazze, i monumenti. Ma ora basta, devo guardarla dall’alto. Torno verso le scale e rischio di inciampare contro Daniele, che si era fermato a guardare con me senza che me ne accorgessi. Stava guardando nella mia stessa direzione… vedo i suoi occhi riempirsi di meraviglia, proprio come dovevano esserlo i miei poco prima. Lui si disincanta e mi fissa. Gli sorrido e lui ricambiando si volta per ricominciare la salita insieme a me.
                                                                            
Quando raggiungiamo la chiesa diamo un’altra occhiata al panorama, poi entriamo. La chiesa è silenziosa ma il profumo di incenso mi assale le narici e i timidi passi dei turisti mi riecheggiano nella testa. Camminiamo per osservarla, poi ci avviciniamo alle candele. Lo facciamo insieme: ne prendiamo due e ne cerchiamo una già accesa da cui cercare la fiamma. Io illumino la mia ma appena la allontano vedo Daniele avvicinare il suo cerino al mio per farselo accendere. Lo lascio fare, la sua candela si illumina con la mia fiamma. Mettiamo le candele vicine, poi restiamo fermi, a pregare. Prego di trovare la mia strada, di riuscire a diventare un bravo artista… di riuscirci con Dani al mio fianco. Lo sento accanto a me. So che anche lui sta pregando, che anche lui sta fissando la luce della sua candela come se fosse la sua unica luce nell’oscurità dell’ignoto. Non so quanto tempo sia passato quando ci scostiamo, ma so che è abbastanza. Cerco la mano di Daniele e mi accorgo che anche lui sta cercando la mia quando, trovandola, la stringe piano. Sembra consolato, come me. Insieme usciamo dalla chiesa. Il paesaggio è stupendo. Mi fermo per sollevare la macchina fotografica e fare qualche scatto; non ho neanche bisogno di muovermi, la composizione del quadro è già perfetta. Solo Parigi è così magica. Quando ho finito scendiamo le scale.
 
 
La giornata passa tra scatti, musei, chiese mozzafiato e crepes salate. All’ora del tramonto ci prendiamo del tempo per ammirare Notre Dame e il gioco di luce che la colora mentre il sole scende sotto la linea dell’orizzonte. Non ci sono parole per descrivere la maestosità di questa chiesa. Solo le mie foto possono raccontare, e in minima parte, la bellezza che i miei occhi stanno vedendo in questo momento. Cerco le angolazioni migliori, ci spostiamo per trovare il punto migliore e il sole, calando piano, la colora sempre più intensamente, le dà nuove sfumature.
“Incredibile,” confesso a Dani, “il sole riesce a rendere Notre Dame ancora più sacra.”
“È un po’ pagana questa cosa che hai detto.” Osserva Daniele in una risata bassa, appoggiandosi alla balaustra del ponte.
Io sorrido.
“È come Parigi. È fatta così.”
Mi avvicino a lui e gli circondo il fianco con un braccio, stringendolo piano a me.
“Ma questo la rende ancora più bella, no?” gli dico.
Daniele sta guardando Notre Dame. Io sposto lo sguardo per fare lo stesso. La ammiro, ora a occhio nudo, senza la lente a intermediare tra me e quella realtà; una realtà che non so se riesco ad abbracciare appieno e che mi lascia senza parole.
 
“Antoine De Saint-Exupéry diceva una cosa.”
La voce di Daniele coglie impreparate le mie orecchie.
Antoine De Saint-Exupéry. Certo che lo conosco. Forse… so anche cosa diceva.
“Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.”
Il mio cuore si stringe in una morsa dolorosa, e insieme batte impazzito.
Daniele si volta per guardarmi. Mi sorride, mi scruta come se fossi la cosa più bella che lui abbia visto oggi. Come se fossi il Sacre Coeur, la Saint Chapelle, Notre Dame, il clown con il violino, la crepe salata al prosciutto di oggi pomeriggio. Non ho le parole di dirgli quanto lo amo, ma riesco ad avvicinarmi per chiudere gli occhi e regalargli un lungo bacio.
 
 
   
 
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