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Autore: Miriam_M    18/07/2017    1 recensioni
In questa raccolta pubblicherò storie autobiografiche nel tentativo di superare il mio blocco dello scrittore e finalmente di creare un vero e proprio stile personale di scrittura. Spero vi piaccia, le critiche sono bene accette.
~capitolo 1 soggetto a revisione~
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mio nonno per tutta la mia infanzia fu un uomo magrolino con scarpe strane che si alzava dal divano solo una volta al giorno con una perenne espressione burbera in viso.
Queste sue particolari attitudini mi fecero assumere altrettanto particolari comportamenti, come entrare in casa dei miei nonni dicendo, appunto, "ciao nonni!" E affacciarmi sul salotto per incontrare il suo sguardo malgrado dovessi dirigermi in tutt'altra stanza della casa o evitare accuratamente il linguaggio osceno in salotto, dove lui passò la maggior parte dei suoi giorni, anche dopo la sua morte, sapendo quanto gli desse fastidio sentirmi parlare a quel modo.

Ricordo con affetto i suoi rari sorrisi sdentati che ora mi sembrano i più belli mai esistiti, che vidi sempre rivolti più a me che ai miei cugini, per il semplice motivo che vennero a visitarlo poco, ma ai miei occhi di bambina furono sempre come privilegi e mi fecero sentire amata. Mio nonno provava grandi passioni ben nascoste sotto uno sguardo arcigno e severo, ricordo non perdesse mai un'olimpiade o un Tour de France, un giro d'Italia o la vuelta, ripensando a questa sua passione mi stupisco non provasse invidia per quei prestanti individui nonostante lui vivesse in un corpo così debole.


Aveva poi una passione che quasi alla stregua di una malattia, riuscì trasmettere a chiunque portasse il suo sangue nelle vene o respirasse perfino la sua stessa aria, realizzai quanto si fosse sviluppata sotto la mia pelle solo quando a quindici anni assistetti all'Opera per la prima volta e al ritorno sorrisi come un'ebete per due ore, da allora ogni volta che vado all'opera sento la sua presenza vicina e immagino mi rivolga quel suo bellissimo e anziano sorriso che da bimba mi aveva resa speciale.

Fu un nonno anziano per la media, ebbe mia madre a più di trentotto anni e mia madre mi ebbe a trentadue anni, è addirittura sorprendente che con tutti i colpi bassi che la vita gli abbia riservato riuscì quasi a vedermi compiere quattordici anni, morì solo 7 giorni prima, uno dei tanti scherzi di Dio, anche se stento a capire se nei miei confronti o nei suoi.
Nonostante la debolezza che la sua ossuta figura trasmesse era e sarà l'uomo più dignitoso e rispettabile che io abbia mai conosciuto. La sua severa integrità nei miei confronti, lo comprendo solo ora, era la sua maniera di rendermi una persona che rispettasse i propri valori e che una volta cresciuta fosse stata abbastanza forte da passare gli ostacoli che le si fossero posti dinnanzi, sento tutt'ora il suo disappunto ogni volta che questo non succede.
Ricordo come fu l'unico che con discreti gesti sostenesse la mia nascente passione per la letteratura, forse rivedendo in me quel modo amare un qualcosa visceralmente che gli era sempre appartenuto, durante la preadolescenza amai rifugiarmi a casa sua per leggere soprattutto perché mentre leggevo impediva a mia madre e mia nonna di tartassarmi di domande e ordini come loro abitudine. La cosa più dolce che fece per me fu procurarmi un libro che desideravo senza che glielo chiedessi, che per qualcuno potrebbe sembrare una cosa da poco, ma lui aveva passato più tempo del solito in libreria su quelle sue gambe malferme e di diverse lunghezze reggendosi su un bastone pur di farmi contenta: quel pomeriggio feci uno dei sorrisi più belli della mia vita.

Mi sono sempre guardata bene dal chiedere a quante operazioni si fosse dovuto sottoporre, ho sempre avuto paura della risposta. Lo vidi sempre diabetico e claudicante. Sulla cinquantina gli rimossero la testa del femore destro così fu costretto a camminare su scarpe ortopediche di cui una più alta dell'altra che però non gli risparmiarono di zoppicare lentamente per gli ultimi anni della sua vita.

Prima che il giradischi in casa si rompesse Wagner, Bach, Čaikovskji, Grieg, Mozart e Vivaldi riempivano le stanze e le mie orecchie di infinita bellezza, dopo che la scomparsa della puntina dell'apparecchio mio nonno si dovette accontentare del concerto classico di capodanno e di quelli che gli capitava di trovare facendo zapping, mai senza dire "zum zum " alla fine di ogni pezzo solo per vedermi ridere e per poi sorridermi. 

La sorte trovo un modo molto poco fantasioso di portarselo via: dopo sei mesi di incredibile debolezza, che il medico aveva classificato come "vecchiaia" la mia famiglie decise di andare all'ospedale e fare delle analisi, quando gli infermieri e il medico dell'ospedale esaminarono le sue analisi prima di comunicare l'esito alla nostra famiglia mia madre mi ha raccontato di aver sentito dire a un infermiere "Il vecchio ha un tumore" in rigoroso dialetto pugliese.

Fu in quel periodo che nella sua casa la musica classica tornò a risuonare in casa abitualmente. Mio zio comprò a nonno uno stereo per permettergli di consolarsi nei giorni di malattia. Di quando in fine si ricoverò ricordo che L'unica cosa piacevole delle ore di viaggio per raggiungere nonno in ospedale fosse la vista di un piccolo borgo su una collina lungo la strada di ritorno con la cupola cerulea della sua cattedrale, sembrava un castello delle fiabe e, Dio, se amavo le fiabe! L'ospedale in cui era ricoverato era lontano dal nostro paesino, ma aveva salvato già molte persone e nutrivamo tutti la speranza di poterlo vedere ancora in piedi, dopo l'ennesimo malessere. Ci dissero che nonno era troppo debole per la chemioterapia, ma tutti lo sapevamo già, l'ultima volta che lo vidi fu prima dell'operazione e mi disse addio con lo sguardo.

Scelsi io dove mettere la sua lapide al cimitero e per la prima volta nella mia vita la mia opinione in famiglia fu presa completamente sul serio non so se perché soffrissero tutti così tanto da farsi andar bene una risposta qualunque per tutto o se avessero compreso che avevo perso la persona più vicina a un padre che io abbia mai avuto.
   
 
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