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Autore: lady lina 77    18/07/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mamma, mamma!”.

Era avvolta dall’oscurità, si sentiva leggera e inconsistente e la voce dei suoi figli pareva provenire da lontano. Avrebbe voluto ignorarla, lasciarsi andare all’oblio perché sapeva che se avesse riaperto gli occhi, avrebbe provato dolore. Ma era anche consapevole che, finché un alito di vita fosse stato presente in lei, avrebbe risposto alla loro chiamata.

Aprì gli occhi, a fatica, travolta da un dolore fortissimo e schiacciata dalla difficoltà di respirare, trovandosi accanto i suoi tre bambini in lacrime. Si guardò attorno, erano ancora nella grotta e le voci dei contrabbandieri apparivano lontane, anche se ancora presenti. Sentiva il sangue defluire velocemente fuori dal suo corpo e solo in quel momento si accorse della mano di Jeremy, premuta sul suo costato, nel disperato tentativo di fermare il sangue. Era stato Ross ad insegnarglielo, pensò fugacemente… E a quel ricordo le venne da sorridere. Era un bravo papà e lo sarebbe sempre stato anche in futuro, qualsiasi cosa fosse successa…

Mamma”. Clowance le si gettò addosso, aggrappandosi alle sue spalle. Debolmente portò una mano ai capelli rossi della figlia, accarezzandoli piano. “Shhh, non aver paura… Andranno via”.

Mammmaaa”. Bella le batté con la manina sul braccio. E a Demelza vennero le lacrime agli occhi. Non li avrebbe visti crescere, diventare adulti, sposarsi e realizzarsi nella vita… La sua unica consolazione era che li lasciava in buone mani e che Ross avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per loro, perché fossero felici…

Pensò a Ross, a tutto il tempo sprecato che avevano trascorso lontani, a tutto il tempo perso a litigare e all’amore indissolubile che li univa… Non lo avrebbe più rivisto, non lo avrebbe potuto salutare, dargli un bacio d’addio, non avrebbe avuto occasione di dirgli quanto lo amava, quanto si era sempre sentita fortunata per essere diventata sua moglie, non lo avrebbe visto guarire… Perché lui sarebbe guarito, ne era certa. Strinse la mano di Jeremy, la allontanò dalla sua ferita e lo guardò negli occhi. Era il suo ometto e doveva dirgli cosa fare e come muoversi per portare in salvo lui e le sue due sorelle. Era orgogliosa e fiera di Jeremy, era un bambino accorto, intelligente e buono, sarebbe diventato un grande uomo. E poi c’era Clowance, tanto bella quanto raffinata. Sarebbe diventata una lady ammirata e corteggiata da tutti, ne era certa. Infine la piccola e buffa Bella, che rideva e strillava talmente forte che non faticava ad immaginare un futuro da cantante per lei. Non li avrebbe visti crescere ma, era strano, era come se potesse già vedere il loro futuro. Che si augurava felice, sereno e con la loro famiglia sempre unita. “Jeremy… Quegli uomini torneranno alla loro barca, non staranno qui troppo a lungo…”. Deglutì, faticava a parlare, a respirare, a fare qualsiasi cosa. Ma doveva farlo! “Quando saranno lontani, quando non sentirai più le loro voci, prendi Bella e Clowance e scappate, correte a casa da papà, al sicuro! Capito? Devi correre forte, non fermarti e non voltarti indietro finché non sarete a Nampara. Promettimelo!”.

Jeremy scosse la testa, mentre Clowance iniziò a piangere più forte. “Ma mamma, no! E tu che farai?”.

Io resto qui… E voi andrete via! Ti prego, dimmi che lo farai” – chiese, quasi implorandolo. Stava morendo, sentiva le forze venir meno e l’oscurità da cui era appena uscita che la stava risucchiando di nuovo. Voleva andarsene sapendoli sani e salvi, col loro papà.

Jeremy capì, annuendo, mentre le lacrime continuavano a rigargli il viso. “Va bene mamma, lo farò. E poi torno con papà a prenderti”.

Certo tesoro, ti aspetterò qui” – gli rispose, sapendo bene che anche Jeremy aveva capito che era una bugia.

Si voltò verso Clowance che, accanto a loro, le stringeva assieme a Bella il braccio. “Devi fare la brava, soprattutto con papà. Promettimi che farai pace con lui. E’ l’unica cosa che vorrei davvero”.

Ma…” – obiettò la bimba.

Promettimelo. E’ importante, lui ti vuole bene e tu ne vuoi a lui. Stagli vicino, avrà bisogno di te. Parla, gioca con lui, fate le cose insieme come una volta, fa la brava e ascoltalo e sarai contenta di nuovo. Aiutalo con Bella, è la tua sorellina e sarai tu a darle l’esempio per aiutarla a diventare grande”.

Clowance scosse la testa e pianse più forte, capendo appieno il significato di quelle parole. “Ti prometto… che ci provo. Ma mi devi aiutare tu”.

Avrebbe voluto risponderle e dirle che le sarebbe sempre stata vicina in qualche modo, ma sapeva che per Clowance sarebbero state solo parole vuote. Eppure ci credeva… Sarebbe rimasta in ognuno dei suoi figli, negli insegnamenti e nei ricordi e forse, crescendo, in qualcosa, in qualche scelta, si sarebbero ispirati a lei. “Ti voglio bene, vi voglio bene” – sussurrò. Il buio la avvolse di nuovo, mentre si sentiva sempre più inconsistente e leggera. Il dolore scomparve, tutto scomparve e anche il pianto dei suoi bambini, sempre più lontano, divenne intangibile. Li stava lasciando per sempre. E stava per riabbracciare l’altra sua figlia, Julia. Sarebbe tornata ad essere la sua mamma e questa cosa, in un qualche modo, rasserenò la sua discesa verso il nulla.

Non è corretto, non è educato, non è appropriato e non è gentile!” – sbottò Prudie, girando lo stufato nel pentolone. “La cena è pronta e la signora è in ritardo”.

Ascoltando quei borbottii, Ross guardò fuori dalla finestra. Era quasi buio e in effetti Demelza stava ritardando. “Strano, non è da lei”.

Ci dobbiamo preoccupare?” – chiese Jud, seduto al tavolo a lucidare la sua pipa.

Ross scosse la testa, pensieroso. “Sono andati alla spiaggia, una cosa tranquilla. Non credo ci sia da preoccuparsi, ma magari faccio un salto laggiù per chiamarli”.

In quel momento, l’abbaiare furioso di Artù spezzò la calma. Il cane si avventò sulla porta d’ingresso, guaendo ed abbaiando in un modo quasi feroce che non gli era mai appartenuto.

Il volto di Ross si oscurò e di scattò andò ad aprire la porta. Artù gli si avventò contro, prendendolo per i pantaloni e tirandolo verso di se. L’uomo si chinò, stranito dal fatto che il cane si comportasse a quel modo. Gli accarezzò la testa cercando di calmarlo, lo strinse a se e solo in quel momento si accorse della ferita che aveva al costato. Sfiorandolo, il cane guaì dal dolore, accucciandosi e leccandosi il pelo. Ross sentì il fiato mancargli. Che cos’era successo? Dov’era sua moglie? E dov’erano i suoi bambini? “Artù, cosa stai cercando di dirmi?” – sussurrò al cucciolo.

Artù, a quella domanda, parve capire. Si alzò di nuovo, addentò la stoffa dei suoi pantaloni e tirò, invitandolo a seguirlo. Ross annuì. “Jud, vieni! Credo sia successo qualcosa. Tu Prudie, aspettaci qui”. E detto questo, col servo alle calcagna, corse fuori da Nampara, diretto alla loro spiaggia.

Corsero come forsennati e nonostante Jud faticasse a stargli dietro, sentiva l’esigenza di essere veloce. Il suo istinto gli gridava di fare presto, che era una corsa contro il tempo. Improvvisamente, forse a causa della tensione, sentì una fitta fortissima alla testa, tanto simile a quelle che lo avevano tormentato nei giorni seguenti al suo incidente. Si accasciò a terra sfiorandosi le tempie, mentre per un attimo si sentì mancare e strane immagini gli balzavano nella mente senza un oggettivo senso logico.

Jud gli fu subito vicino. “Signore?”.

Ross scosse la testa, tirandosi su. “Non è niente, seguiamo il cane”. Dwight gli aveva detto che un colpo in testa o un trauma emotivo forte, potevano aiutarlo nella sua condizione. E per un attimo, mentre correva, immagini sfuocate di un passato che poteva sfiorare ma non ancora toccare, gli passarono davanti agli occhi. Ma non era il momento di pensarci, doveva correre, trovare i suoi bimbi e sua moglie e vedere cos’era successo. Il resto aveva poca importanza.

Artù corse lungo la spiaggia, velocemente, incurante della sua ferita. Ross lo seguì, arrivando fino alla grotta che delimitava la loro proprietà. In lontananza vide una barca carica di casse di legno allontanarsi e subito entrò in allerta. Chi erano quelle persone? E cosa ci facevano lì? E dov’erano i suoi figli e sua moglie?

Jud, quasi leggendogli nel pensiero, gli rispose. “Contrabbandieri! Dannazione, sono fra le peggiori canaglie”.

Ross scosse la testa, in quel momento quella faccenda era di secondaria importanza.

Artù abbaiò, facendogli segno di seguirlo nella grotta. E Ross corse, seguito da Jud, addentrandosi nell’oscurità. “DEMELZA!” – urlò – “AMORE, SEI QUI’?”,

PAPAAAA’”.

La voce di Jeremy giunse dal fondo della grotta, disperata. E Ross corse di nuovo, col cuore in gola. “Jeremy, dove sei? Dove siete?”.

Papà, papà!”.

Alla voce di Jeremy si aggiunsero anche quelle di Clowance e Bella e Ross si precipitò nella direzione da cui provenivano.

E quando li ebbe davanti, sentì il cuore fermarsi. I suoi bambini erano il lacrime e Demelza… la sua Demelza… era in un lago di sangue. Sentì le gambe tremare, rimase senza fiato e la testa tornò a dolergli con un’intensità ancora maggiore. “Cos’è successo?”.

Jud, accanto a lui, lo guardò con l’orrore negli occhi. “Signore, è… lei è…?”.

No!”. Se Jud voleva chiedergli se era morta, la risposta era NO! Razionalmente non avrebbe potuto affrontare una verità diversa.

Jeremy corse da lui, lo abbracciò. Le sue mani erano sporche di sangue, piangeva ed era terrorizzato. “Quei signori hanno sparato alla mamma! Papà, si è addormentata, non si sveglia più” – singhiozzò il bimbo.

Ross gli accarezzò i capelli e poi lo affidò a Jud. Infine si avvicinò col terrore nel cuore che fosse morta e che lui non le era accanto per difenderla. Era pallida, piena di sangue, immobile. Lei, il suo amore, lei, sempre piena di vita…

Si inginocchiò, strinse a se le bimbe e stavolta Clowance non oppose resistenza. “Andate da Jud, così potrò aiutare la mamma”.

Clowance annuì senza dire nulla. Prese Bella in braccio, diede un’occhiata a sua madre e poi corse a rifugiarsi fra le braccia del servo.

Ross sfiorò la fronte di Demelza, fredda e marmorea. Poi le toccò il polso, cercando in esso un alito di vita. Lo trovò, il battito era debole e irregolare ma c’era. Demelza sembrava lontana ed irraggiungibile ma era ancora con loro e lui l’avrebbe salvata. La prese fra le braccia, intuendo cosa avesse provato lei quel giorno, quando lui era quasi morto nella miniera. Le baciò la fronte, sentendosi in colpa per il dolore che le aveva arrecato allora e provandolo anche lui sulla sua pelle, per la prima volta. Pregò che non se ne andasse, pregò che trovasse la forza di resistere e che tornasse da lui e dai loro figli. Senza di lei, nulla avrebbe avuto più senso, pensò, con un tormento nel cuore. “Amore mio, ti riporto a casa, resisti. Fallo per me, ti prego”.

Demelza non rispose, come era ovvio. Ross la sollevò, la strinse delicatamente a se e guardò Jud e i bambini. Aveva di nuovo la testa che gli faceva un male terribile, le vertigini e flash che gli annientavano la mente con immagini sfuocate. Immagini che riguardavano lei, loro! Immagini che voleva far sue di nuovo, non tanto per se stesso ma per tornare ad essere davvero una famiglia. Lui con lei, coi loro figli, il loro cane e i loro servi. “Corriamo, dobbiamo fare in fretta!” – disse a Jud.

Non c’era tempo da perdere, ogni attimo poteva essere fatale per Demelza.


  
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