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Autore: Lady I H V E Byron    19/07/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: per questo capitolo ho dovuto vedere dei video sull'odontoiatria, uno spettacolo quasi orrendo... ah, e scusate se il capitolo è più lungo (per ovvie ragioni...)

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Lo studio in cui entrarono esprimeva freschezza e rilassatezza: pareti in bianco, pavimento cobalto, abbastanza grande da ospitare più di dieci persone, forse l’intero “Drogesviertel”. La sala di attesa era composta da dieci poltroncine color cobalto, un televisore, scaffali con animali imbalsamati e un cesto con diverse riviste e giornali.
Profumava… di pulito, di genuino, di onesto. Esattamente come Georg.
-Accidenti… quante cose da apprendere in una sola giornata…- mormorò questi, appena chiuse la porta –Allora, fatemi capire bene… voi due venite da un quartiere malfamato, giusto?-
-Sì.- disse Bill, annuendo.
-Chiamarlo malfamato è quasi un complimento…- aggiunse Tom, tra i denti.
-E dopo il divorzio dei vostri genitori, questo… Gordon Trümper vi ha presi con sé? Un magnate della droga?-
-Sì.-
Tom tacque.
-Dev’essere dura fare una vita di quel genere…- fu il solo commento del castano, provando compassione per i due gemelli –Quindi vivete di furti, rapine e cose del genere…?-
Bill e Tom si scambiarono una rapida occhiata, colma di malinconia.
-Tutto ciò che si impara, vivendo in posti del genere, è cercare di sopravvivere.- spiegò il biondo, osservando Georg –Non importa come.-
-Ma questo perché siete costretti a farlo. A vedervi così non sembrate malvagi.-
“Non sembrate malvagi.”
Era la prima volta che i Kaulitz sentirono una frase del genere rivolta a loro.
O forse la seconda: anche Linda aveva detto loro una cosa simile.
Non avevano tutti i torti: i loro gesti malvagi, effettivamente, partivano tutti dagli ordini di Gordon a cui dovevano obbedire. Ma ciò non significava che fossero persone cattive.
Salvare Linda, o la ragazza del locale… lì l’iniziativa era partita da loro.
Il dentista, vedendo gli sguardi malinconici dei due gemelli, si sentì in imbarazzo, temendo di essere stato indelicato con la frase appena detta.
Decise di cambiare argomento, avvicinandosi al bancone di fronte all’entrata, dopo aver sceso alcuni scalini.
Dietro di esso vi stava una ragazza bionda, intenta a guardare il computer di fronte a lei.
-Suzanne, a che ora è il prossimo appuntamento?- chiese, dopo averla salutata.
Lei osservò un’agenda che si trovava vicina al computer.
-Ehm… alle 15:45.-
-Ah, perfetto, abbiamo tutto il tempo del mondo. Ah, ragazzi, lei è Suzanne, la mia segretaria, assistente e fidanzata.-
-Salve.- salutò lei, notando i due gemelli.
-Ciao, io sono Bill.-
-Io Tom, molto piacere.-
Georg si rivolse nuovamente a loro.
-Ehm… Immagino che… tu non ti sia lavato i denti, Tom…- domandò, un po’ in imbarazzo.
Tom inclinò la testa, mettendosi una mano sotto il mento.
-Uhm… vediamo un po’… ero così impegnato oggi che devo essermene dimenticato.-
Era chiaro che il suo fosse sarcasmo.
-Ma voi, solitamente, li lavate i denti? Avete lo spazzolino da voi?-
-Sì, sì!- rispose Bill, evitando che il fratello desse un’altra risposta ironica e imbarazzante-Solo che… non oggi non credevamo che…-
-Non importa.- tagliò corto il giovane, prima di indicare a Tom il corridoio di fronte a loro –Lì, nel bagno, troverai degli spazzolini usa e getta, con il dentifricio. Non è la prima volta che capita che alcuni pazienti vengano qui senza lavarsi i denti, quindi mi sono attrezzato di un kit di emergenza. Mentre ti lavi i denti, io mi preparo e preparo il necessario. Bill, se vuoi, puoi attendere nella sala di attesa.-
-No, no, entro anch’io.-
In realtà, era curioso di sapere come avrebbe sostituito i denti di Tom.
 
Tom sputò il dentifricio che aveva in bocca, prima di sciacquarsi la bocca. Si osservò lo spazio tra l’incisivo e il premolare sinistro, passandoci la lingua. Gli piaceva il viscido della gengiva. Sapeva che gli sarebbe mancata quella sensazione, consapevole che da quel giorno avrebbe riottenuto i denti mancanti.
Uscì dal bagno, dirigendosi verso una stanza aperta. Trovò Bill mentre conversava con Georg: aveva indosso il camice e dei guanti di gomma. Bill appariva come disgustato.
-Ah, Tom, eccoti qui.- salutò il castano, invitando il moro ad entrare –Come stavo spiegando a tuo fratello, solitamente, quando ad una persona mancano due denti l’uno vicino all’altro, io metto sempre il ponte. Ma siccome voi due non fate proprio una vita “tranquilla” e, da come mi avete detto poco fa, tu ricevi spesso botte in faccia, il ponte non è proprio consigliabile, in quanto non è molto stabile. Per cui suggerisco un impianto, molto più stabile, ma è necessario che ti privi del premolare per farlo.- osservò Bill, quasi scoppiando a ridere -Dovevi vedere la sua faccia quando gli ho descritto come avrei fatto l’impianto…-
-Praticamente ti metterà delle viti nelle gengive.- tagliò corto Bill, ancora disgustato.
-Non sono proprio viti…-
Tom aveva preso la sua decisione: avrebbe fatto qualunque cosa pur di tornare a sorridere e far dimenticare al gemello la vicenda di due anni prima.
-Fai quanto ritieni necessario.- disse, senza alcun timore.
-Certo, accomodati pure qui.-
Il moro si sistemò sulla poltrona, già sistemata per l’intervento.
In quel momento, entrò anche Suzanne, anche lei con il camice addosso.
Aveva una siringa enorme in mano, piena di un liquido trasparente.
-Che siringona!- commentò Tom, mentre Bill impallidì. Non avevano mai visto una siringa di quelle dimensioni. Solitamente, usavano quelle piccole, per iniettarsi la droga.
-Sì, per l’anestesia locale, così non sentirai nulla, mentre ti mettiamo l’impianto.- spiegò Georg, facendo spruzzare del liquido in aria –Dovremo attendere circa mezz’ora prima che faccia effetto, il tempo di preparare il resto.-
-Così lui ha tutto il tempo di supportarti moralmente.- aggiunse Suzanne, sorridendo dietro la mascherina.
Tom rise a quella frase, poi osservò il gemello.
-Io?! Semmai, è lui quello che necessita supporto morale, in questi momenti...-
Solo Bill capì il senso della frase, infatti tirò fuori un pezzo di lingua, mostrando il piercing, rivolto al fratello.
Lui era entrato nella stanza solo per far compagnia a Tom. Tra i due, era Bill quello un po’ più sensibile al sangue e agli apparecchi usati dai medici.
 
-Un’ultima cosa e… fatto!-
Tom percepì una strana sensazione. Non era l’effetto dell’anestesia locale, ma sentire, anche se solo con la lingua, i denti fino ad allora assenti.
“Che strana sensazione…” pensò.
Ma il vero stupore si manifestò quando gli fu porto uno specchietto: i suoi nuovi denti. Sembravano proprio i suoi.
Finalmente.
Finalmente poteva tornare a sorridere.
-Tomi, i tuoi denti…- mormorò Bill, sorridendo, emozionato.
-Ti avverto che all’inizio ti farà una strana sensazione…- spiegò Georg, togliendosi la mascherina -…ma col tempo li sentirai nuovamente come parte di te.-
Per tutto il tempo dell’operazione, il biondo, quando non soffriva interiormente a causa di quello che stavano facendo alla bocca del gemello per mettergli l’impianto, non faceva altro che osservare Georg, ammirandone la calma, la sicurezza e la cura con cui faceva il suo lavoro. Si vedeva che ci metteva passione nel suo lavoro. Prima di entrare nello studio, infatti, aveva raccontato ai gemelli che il mestiere del dentista gli aveva suscitato interesse da quando era bambino; era stato il padre, dentista anche lui, ad averlo ispirato, tutte le volte che portava il figlio al lavoro e lo faceva assistere agli interventi.
Bill ammirava Georg. Dalla testa ai piedi. Il tipo di persona che sarebbero stati lui e Tom, se avessero vissuto una vita “normale”.
-Billi, hai visto? Ora ho tutti i denti! E’ meraviglioso!- esultò, moderatamente, Tom, alzandosi dalla poltrona per abbracciare il fratello, sollevandolo da terra –Ti posso sorridere di nuovo!-
Ma poi si resero conto che c’erano altre persone lì presenti, che li stavano osservando divertiti. Si separarono immediatamente, imbarazzati.
-Scusate…- mormorarono, grattandosi dietro la nuca.
Il castano si mise a ridere.
-Non importa. E’ una reazione assolutamente normale.-
Sentì improvvisamente le mani del biondo stringere le sue. Gli stava sorridendo, tra le lacrime di commozione.
-Grazie. Grazie tantissime.-
Annuì sorridendo, come per dire: “Non è niente, davvero.”
-Dov’è che si paga?-
Quella frase fece stupire Georg e Suzanne.
Il primo fece un movimento strano con la mano.
-Non è necessario.- disse, modesto e umile –Io ho voluto aiutarvi perché lo volevo e basta, non in cambio di soldi. Non posso chiedere soldi a quelli come voi, che vivono nella povertà.-
Bill serrò le labbra, come Tom: frugò tra le tasche dei pantaloni, tirando fuori due banconote da 50€ e porgendole al dentista.
-Guarda questi soldi, Georg. Guardali bene. Non sono dei falsi.- spiegò, con aria supplichevole –Ti sembriamo persone bisognose? Noi lavoriamo ogni giorno per guadagnare queste banconote. Ogni lavoro sporco ci costa rotoli di queste. Ne siamo pieni, di queste banconote. Tante da cercare e comprare un appartamento in affitto qui in città e costruirci una nuova vita, invece che spenderli in droga, in tatuaggi e piercing e altre cose oscene. Questi servono più a te che a noi; a te che lavori, che ti dai da fare ogni giorno, curando le persone e preoccupandoti per la loro igiene orale, che fai una vita onesta. A te che fai del bene e la gente forse non ti apprezza per il piccolo che fai per loro, mentre noi, che sopravviviamo facendo crimini su crimini, veniamo pagati come milionari. Noi due, invece, ti siamo doppiamente debitori. Ci hai salvato la vita, hai restituito a Tom l’unica cosa che gli mancava per essere felice, e questi soldi sono il nostro ringraziamento. Vorremmo solo fare di più…-
La dimostrazione che anche nei gemelli c’era del buono.
Aver salvato Linda, preoccuparsi ogni giorno della piccola Schäfer, soccorrere la ragazza del locale… erano chiari segni dell’assenza di malvagità nei loro cuori.
Il male che operavano non veniva da loro e tutte le volte che erano costretti a picchiare qualcuno era per difesa, non per attacco.
Commosso da quel discorso, Georg prese le banconote.
-Allora mi basteranno questi…- ringraziò, prima di invitarli a seguirlo.
Li condusse al bancone, dove diede loro due bigliettini, dopo averci scritto qualcosa dietro.
 
Studio dentistico di Georg Listing.
 
Questo c’era scritto, stampato, insieme agli orari di apertura, l’indirizzo e il numero di telefono. Dietro aveva scritto un altro numero.
-E’ il mio biglietto da visita.- spiegò, appena i gemelli lo presero –So che vi servirà a poco, ma per qualunque cosa, non esitate a chiamarmi, anche sul cellulare, che vi ho segnato dietro.-
La loro storia lo aveva commosso; non gli importava se fosse stata una menzogna. Ma se così fosse stato,  perché insistere a pagare? Le banconote sembravano persino autentiche…
Voleva aiutarli, come voleva farlo Linda.
I gemelli sorrisero di nuovo, senza mostrare le labbra.
-Grazie, Georg…- iniziò Bill.
Tom si avvicinò al gemello, cingendogli le spalle con un braccio.
-Sì, grazie. Tantissimo.- aggiunse, mordendosi un labbro –E scusa se prima ti ho risposto male…-
-Non preoccuparti. Avrei fatto così anch’io.- concluse Georg, rispondendo al sorriso.
Erano le 15:30. Mancava sempre meno alla telefonata di Gordon.
-Dobbiamo andare.- disse Bill, osservando l’orologio presente nella sala d’attesa –Ciao, Georg. E grazie ancora.- disse insieme a Tom, in direzione dell’uscita.
-Ciao e arrivederci a voi.- salutò il dentista, accompagnato dal gesto della mano –E… se posso darvi un consiglio…- I Kaulitz, vicini alla porta, si fermarono –Se proprio volete scappare, fatelo subito.-
Si guardarono l’un l’altro. Esattamente quello che non avevano fatto altro che dirsi per tutta la settimana.
Forse non dovevano attendere di aver guadagnato abbastanza soldi per l’affitto e i beni primari.
Senza dire una parola, uscirono.
Georg li seguì con lo sguardo fino a quando non chiusero la porta alle loro spalle.
-Che tipi…- commentò, divertito.
Si stirò la schiena, diretto verso il corridoio. Suzanne aveva ripreso il suo posto di segretaria.
-Che impressione ti hanno fatto quei due gemelli, Suzi?- domandò, appoggiandosi al bancone.
-Molto buona.- rispose lei, sorridendo lievemente –Spero riescano a fuggire da quel luogo maledetto.-
-E’ quello che spero anch’io.-
La porta dello studio si aprì di nuovo.
Georg apparve come stupito.
-Ehi, chi si vede!- salutò, prima di osservare l’orologio –Sei un po’ in anticipo, oggi, Juschtel!-
La persona entrata scese gli scalini con passo pesante. Gustav Schäfer, il giovane a cui i Kaulitz avevano rapito la figlia.
-Lo so, Schorschi, ma, miracolosamente, sono riuscito a trovare parcheggio.-
Nel suo tono, sforzato per apparire il più sereno possibile, si poteva scorgere un velo di angoscia.
Si salutarono come due adolescenti, con un cinque. Ma il dentista percepiva il disagio dietro quel volto sorridente.
-A proposito…- disse, consapevole di toccare un tasto dolente –Ci sono novità su tua figlia?-
Gustav divenne scuro in volto. Scosse la testa.
-Niente. E’ come scomparsa.- mormorò, stringendo un pugno –Non mi sorprenderebbe se, per la polizia, fosse già morta…-
Per consolarlo, Georg gli mise una mano sulla spalla.
-Spero che trovino presto i rapitori e diano loro una bella lezione…- disse, mentre si dirigevano verso il corridoio.
-E’ davvero da vigliacchi…- aggiunse la giovane –Rapire una bambina innocente…-
-A proposito, Gus… non indovinerai mai cosa mi è accaduto oggi…-
Se solo avessero saputo che stavano parlando dei Kaulitz…
Nel frattempo, questi stavano già camminando in direzione della Harley. Pregarono di ritrovarla esattamente dove l’avevano lasciata.
-Che sensazione strana…-mormorò Tom, toccandosi i suoi nuovi denti –Penso che farò fatica ad abituarmici…-
-Figurati io a vederli, allora…- aggiunse Bill, ridacchiando. Poi si ricordò di una cosa –Come va la gamba?-
Tom stava ancora zoppicando, in effetti. Ma sembrava stare meglio.
-Sono sopravvissuto a ferite peggiori…- assicurò, facendo l’occhiolino -A proposito… ho voglia di una sigaretta. Ce l’hai?-
-Sì, tieni.-
Si accesero la loro sigaretta quotidiana, camminando.
-Comunque, Tomi…- riprese il biondo, soffiando del fumo –Se non ci fosse capitata questa vita, cosa ti sarebbe piaciuto fare per lavoro?-
Anche Tom espirò il fumo appena inspirato, prima di guardare il gemello con aria confusa.
-Perché questa domanda?-
-Non so perché, ma… hai visto com’è Georg? Curato nell’aspetto, un lavoro che gli permette di fare del bene agli altri… Elementi di una persona che vive una vita normale. Mi immagino spesso cosa sarebbe capitato a noi, se avessimo vissuto una vita come la sua, tutto qui, invece di vivere come primitivi in un quartiere di psicopatici.-
Quella frase fece riflettere Tom: in effetti, anche lui ci pensava spesso. Fin da quando erano bambini, fantasticavano spesso su cosa sarebbero divenuti da grandi.
-Chi lo sa? Tante cose.- fu la sua risposta –Un medico, un avvocato, magari un pilota.-
-Beh, sul pilota perché no? Sai già guidare una moto…-
-A te cosa sarebbe piaciuto fare?-
-Che tu ci creda o no, non mi sarebbe dispiaciuto fare il poliziotto.-
Tom tossì, una volta aspirato il fumo.
-Cosa?! Il poliziotto?! Tu?!- si mise a ridere sguaiato. Ma smise, appena vide lo sguardo serio del gemello –Ah, dici sul serio? Il nostro peggior nemico?-
-Lo so, ma il loro compito principale sarebbe quello di proteggere le persone da quelli come noi; questo è l’unico fatto che mi affascina, di loro. Oppure il modello.-
-Quello non ti starebbe male…-
-O, perché no? Il cantante.-
Il moro si fermò, stranito.
-Il cantante?-
-Sì, come quelli che vediamo al bar, come Alice Cooper. Salire sul palco e far impazzire orde di ragazzi e ragazze che cantano le nostre canzoni insieme a noi… Sarebbe stato davvero emozionante, non trovi?-
-Già… beh, se tu fossi divenuto cantante, io allora sarei stato il chitarrista.-
Bill ridacchiò al solo pensiero del gemello con una chitarra in mano.
-Tu il chitarrista?-
-Ehi, perché no? Se mi ci metto d’impegno, posso fare qualsiasi cosa…-
A quella frase risero entrambi.
Ma i loro sorrisi svanirono subito.
-Pensiamo piuttosto al presente…- riprese il moro, buttando la cicca della sigaretta sul marciapiede, insieme a Bill –Adesso che facciamo?- Il gemello osservò per terra, con sguardo vuoto –La rapina è andata a puttane, fra quasi due ore lo stronzone ci chiamerà per sapere com’è andata… Non oso neppure immaginare cosa ci accadrà se sapesse come sono andate le cose…-
Tom non aveva tutti i torti. Li avrebbe costretti a partecipare alla sua prossima festa, o a mutilarsi l’un l’altro.
Non potevano continuare a vivere in quel modo.
L’evento capitatogli la sera prima e le parole di Georg convinsero Bill a prendere finalmente una decisione: non sarebbero più tornati indietro.
-Scappiamo.-
Quella parola fece stupire il fratello.
-Sì…- ironizzò, come suo solito –E’ quello che ci diciamo sempre da un paio d’anni, ma poi non…-
-No, Tomi, dico sul serio.- tagliò corto il biondo, prendendolo per le spalle –Stavolta lo facciamo davvero. E subito, come ha detto Georg.-
Tom sorrise: da tempo attendeva che lo dicesse.
Erano tornati nel vicolo dove avevano parcheggiato la Harley quando erano tornati sul discorso apparentemente concluso cinque sere prima.
-Non sai da quanto ho atteso che lo dicessi, fratellino…- proseguì il moro –Solo una domanda: con quali soldi ce ne andiamo, visto che li abbiamo bruciati tutti?-
Bill impallidì e si mise le mani sul volto e sui capelli, quasi rischiando di strapparseli.
-Cazzo, è vero!- imprecò –Ci toccherà nuovamente vendere qualcosa…!-
-Ma… guarda caso…- aprì il bauletto della Harley, con aria da furbo. Sotto il doppio fondo c’erano delle banconote da 50€ -Devo essermi scordato di dare anche queste alle fiamme…-
Lui non aveva mai rinunciato veramente al piano di fuga, ma il gemello era ancora titubante; o, almeno, lo credeva.
Questi resistette alla tentazione di urlare dalla gioia. Ma abbracciò ugualmente il fratello, quasi saltandogli addosso.
-Oh, Tomi, ti adoro!- esclamò, baciandolo –Allora siamo praticamente pronti. Non ci resta da fare che…-
-Billi…- tagliò corto Tom, tornando serio –Non mi devi dire niente?-
Quel tono non gli piaceva.
-In che senso?-
-Come va il tuo braccio? Fa’ vedere…-
Prima che Bill indietreggiasse, Tom gli prese il braccio sinistro, proprio sull’incavo dietro il gomito.
Urlò dal dolore.
Il livido era lo stesso, non si era esteso su tutto il braccio. Ma il moro sospettava ugualmente qualcosa.
Osservò il gemello con aria severa, quasi inquisitoria.
Sapeva.
-Bill…- mormorò, incrociando le braccia.
L’altro si sentì quasi con le spalle al muro.
-Lo hai sempre saputo?- domandò.
-Siamo gemelli, Billi, lo hai dimenticato? Un’unica mente in due corpi. Ovvio che l’ho sempre saputo…-
Il biondo abbassò lo sguardo, triste.
-Mi dispiace. Non volevo farti preoccupare…-
Tom lo abbracciò. Non si aspettava una reazione simile.
-No, sono io che mi devo scusare con te.- aggiunse, guardandolo in faccia –Per tanti anni ti ho sempre protetto da chiunque, ma di recente sono stato un pessimo protettore. Dovevo restarti più vicino. Non saresti tornato a drogarti o qualunque altra cosa tu abbia fatto, altrimenti…-
Insieme a Tom, Bill era la persona più felice del mondo. Gli bastava lui per continuare a vivere.
-Ci sei ora…- fu l’unico commento.
Il gemello sorrise, finalmente mostrando la prima fila di denti, completa.
Fu strano vederla, dopo due anni.
-Ma dimmi…- proseguì questi –Cosa ti ha convinto a cambiare idea sulla fuga?-
Bill gli raccontò della sera prima, della ragazza senza nome, del bacio. Di come tutto gli aveva fatto comprendere che erano ancora in tempo per rimediare al loro errore.
-Ti ha dato un bacio?!- si stupì il moro.
-Sì, senza preavviso. E’ stato meraviglioso… Non era come baciare te o una prostituta.-
-Interessante…- si scorgeva una nota di gelosia nel suo tono –E qual è il suo nome?-
-Non ne ho idea…- Bill tornò malinconico –Quando stavo per chiederglielo, è scappata via… Potevamo portarla con noi...-
-Ah! Intendo chiarire una cosa! Prima di tutto: non intendo dividerti non NESSUNO!- puntualizzò Tom, con una punta di ironia sulla lingua –Secondo: non la conosci nemmeno!-
-Mai sentito parlare di “colpo di fulmine”?-
-Io lo sapevo che leggere troppe favole ti avrebbe fatto male…-
-Ha parlato lui…-
Tom parlava per esperienza personale. Anche a lui era capitata un’esperienza simile: una storia d’amore, purtroppo, finita male. Si augurava che al gemello non fosse mai capitata un’esperienza simile.
Deviò dal discorso.
-Allora, la facciamo o no, la nostra fuga?-
-Aspetta.- si ricordò il biondo, osservando il gemello negli occhi –Prima c’è un’ultima cosa che dobbiamo fare…-
Sapeva di cosa si trattava: infatti, sorrise, determinato.
-Salta su, Billi! Torniamo per l’ultima volta nel quartiere degli psicopatici!-
 
Mancava ancora mezz’ora alla chiamata di Gordon, quando tornarono nel “Drogesviertel”.
Fecero il giro di tutti i vicoli, rivolgendo rapide occhiate alle zingare che vi abitavano.
Erano circondate da bambini di età inferiore ai sei anni, l’età giusta, per Gordon, di svolgere i primi incarichi per lui, come piccoli furti.
Dopo un quarto d’ora trovarono finalmente chi stavano cercando.
Un pianto a loro molto familiare.
Non aveva più il pigiamino rosa che indossava la notte del rapimento, aveva uno squallido abito fatto di stracci, era sporca di terra, ma la sua testina ricciuta era inconfondibile. La piccola Schäfer piangeva e urlava, guardandosi intorno, terrorizzata da chi era circondata.
Come biasimarla?
-Smettila di piangere!- disse la zingara a cui era stata affidata, una donna dalla pelle scura, capelli neri ispidi, che dimostrava almeno dieci anni in più della sua età; esattamente come tutte le zingare che abitavano il quartiere –Si può sapere che cosa hai?! Smettila subito o ti picchio!- minacciò, prendendo un piccolo bastone.
Facendosi strada tra bambini che univano le mani, chiedendo l’elemosina, i gemelli si avvicinarono a lei, rosi dall’ira, per loro stessi; non passava istante in cui non si maledivano per aver condotto la piccola in una situazione simile.
Erano tornati per sistemare tutto.
Decisero di saltare i convenevoli.
-Rivogliamo indietro quella bimba bionda lì…- disse Bill, con aria minatoria.
La bambina smise di piangere, riprendendo fiato, mentre la donna si voltava verso di lui, indifferente.
-E perché mai dovrei farlo?- domandò, maleducatamente –Mi è stata affidata dal signor Trümper, che mi ha detto di occuparmene fino al suo compimento dei sei anni…-
-I piani sono cambiati.- tagliò corto il biondo, aggrottando le sopracciglia folte –Ora il signor Trümper la rivuole indietro. Ha deciso di occuparsene lui stesso.-
La zingara, per poco, non scoppiò a ridere. Sembrava credere alla storia del ragazzo, ma ciò che aveva udito le parve ugualmente assurdo.
-Il Drogeskaiser sentiva la mancanza dei bambini in casa sua…?- commentò, divertita.
I gemelli strizzarono gli occhi, facendosi sempre più minacciosi.
-D’accordo. Se vuole questa bambina, la prenda pure, ma ad un prezzo, miei cari. 100€.-
-100€?!- esclamò Bill, sgomento. Anche Tom era del suo identico parere -100€ per una bambina che ancora non ha fatto niente?!-
-Mi è stato detto che Trümper ha intenzione di usarla per le sue missioni, quindi è speciale.- spiegò, allungando una mano -E una bimba speciale richiede il suo prezzo. Voi non avete problemi di denaro, vero, gemellini?-
Tom si fece avanti: non potevano accettare compromessi.
Dalla tasca della felpa estrasse la pistola, ancora carica, puntandola alla fronte della donna.
-Io ho un’alternativa…- sibilò, serrando le labbra –Che ne dici di una pallottola in testa come pagamento?-
La zingara era abituata a situazioni simili, ma la vista della pistola e lo sguardo furioso del ragazzo la fecero sobbalzare e impallidire.
-Chi penserà a questi bambini, se io ti ammazzo? Pensaci…- concluse il moro, facendo il gesto di premere il grilletto.
Ecco cosa la spinse ad accettare.
-D’accordo, prendetevi pure questa piccola peste! Fateci quello che volete, annegatela, avvelenatela, gettatela da un ponte, non mi importa, levatemela di torno! Non ha fatto altro che piangere da quando l’hanno affidata a me! Non ne posso più.-
Annuendo, Tom rimise la pistola in tasca, mentre Bill scavalcò la donna, prendendo la piccola Schäfer in braccio.
-Stai tranquilla, piccola…- le sussurrò, sorridendo dolcemente –Ora ti riportiamo da mamma e papà…-
-Beh, grazie per la tua generosità, signora…- ironizzò il primo, prima di voltarle le spalle, seguito dal gemello.
La zingara rimase dov’era: non provò nemmeno ad aggredire i Kaulitz.
Si erano già allontanati da quel luogo, pregando e ringraziando Dio di non tornarci mai più.
La piccola era calma. Non piangeva.
-Mi riportate dal mio papà…?- disse, con la sua vocina dolce.
Bill e Tom si stupirono: l’avevano quasi sempre sentita piangere e urlare, ma mai parlare.
Bill si sciolse a sentire la sua voce.
-Ma certo che sì.- rispose, continuando a sorridere –Ti riportiamo subito da lui. Ah, io sono Bill e lui è mio fratello Tom.- Tom la salutò facendo un piccolo gesto con la mano, alzando un angolo della bocca-Tu come ti chiami?-
La piccola, sorridendo anche lei, disse: -Britne.-
Appena tornati alla rimessa, dove avevano messo la moto, sperando per un’ultima volta, il cellulare di Bill squillò.
Lo prese, impallidendo.
Gordon.
La telefonata a cui aveva accennato quella mattina.
Sarebbe venuto a conoscenza del fallimento dei suoi Zwillinge. Se Bill avesse risposto.
Tom, aggrottando le sopracciglia folte, glielo strappò di mano, senza preavviso; poi lo lanciò con tutta la forza che aveva contro il muro.
Il telefono smise di suonare. Si frammentò.
I Kaulitz erano finalmente liberi.
Il moro osservò il gemello, sgomento da quel gesto.
-Adesso basta.- disse, con tono fermo –Facciamolo.-
Bill sorrise, ed annuì, respirando di sollievo.
 
Con un braccio, Bill si reggeva a Tom, con l’altra teneva la piccola, sopita sulla sua spalla, durante il tragitto che separava il quartiere dalla casa di Gustav Schäfer.
Era il tramonto, quando tornarono di fronte alla villetta. Faceva un altro effetto, illuminato, anche se di poco, dal sole. Almeno si potevano vedere i suoi colori: le mura erano in una tonalità tra il giallo e l’arancione, un colore molto particolare, diverso dal solito e noioso bianco o dalle pareti verdi ammuffite delle abitazioni del “Drogesviertel”. Se fossero riusciti nella loro impresa, i gemelli si sarebbero semplicemente accontentati di un appartamento, come quello di Little John”, qualunque cosa pur di vivere come persone normali, per ricominciare. Per dimenticare tutti quegli anni passati a vivere come ladri, assassini, tossici.
Tom spense la Harley, mordendosi entrambe le labbra. Gustav non li aveva visti in faccia, ma forse li avrebbe riconosciuti dal suono della moto, o dalla moto stessa. Sapevano che non avrebbe accettato una semplice discussione diplomatica.
Aiutò il gemello a scendere, ancora con la bimba in braccio.
-Siamo a casa, piccola…- sussurrò il biondo, avanzando con il gemello verso il cortile, in direzione della porta d’ingresso –Ti riportiamo da mamma e papà.-
Non si erano accorti di una presenza minacciosa affacciata su una finestra del piano superiore, della cameretta della piccola, che li aveva visti arrivare.
Infatti, all’improvviso, il portone si aprì: Gustav Schäfer si presentò di fronte ai gemelli, infuriato come non mai, puntando loro un fucile. I capelli biondi erano raccolti in un codino, rendendo il suo volto ancora più grasso di quanto non lo fosse già. La sera del rapimento lo avevano scorto di sfuggita, ma in quel momento, nonostante la sorpresa e il fucile rivolto verso di loro, ebbero l’occasione di studiarlo più accuratamente. Non era chiaro se definirlo “grasso” o “muscoloso”. Forse entrambi. Occhi scuri, più o meno del loro stesso colore, che li fissavano minacciosi.
-A Trümper non bastava il messaggio minatorio, eh?- disse, con voce infuriata; aveva una tonalità di voce molto bassa, quasi quanto quella di Georg –Ora mi manda i suoi sgherri per assicurarsi che paghi il dovuto riscatto per mia figlia? Se non sbaglio, l’appuntamento era all’ultimo piano dell’ultimo palazzo che ho fatto costruire per lui e tra due giorni.-
-Non siamo qui per il riscatto.- tagliò corto Bill, scostando la parte della giacca che teneva quasi nascosta la piccola, per tenerla al caldo e per nasconderla da occhi indiscreti –E non lavoriamo più per Trümper . Vogliamo solo restituirti tua figlia.-
Le sue parole erano sincere, ma il giovane non abbassò la guardia.
-Non ti credo.- disse, caricando il fucile.
Di consueto, Tom avrebbe subito sparato. Ma quella non era una situazione come un’altra. Senza aggiungere altro, dalle sue tasche, tirò fuori la pistola e il coltello, tenendole bene in vista, e poi posarle a terra, come segno di resa, prima di alzare le braccia.
“Che armi hai, Bill?” pensò. Il gemello lo percepì.
“Guarda nelle mie tasche e svuotale.”
Aveva le stesse cose che aveva lui, più l’accendino con cui si accendevano la loro sigaretta.
-Guarda.- aveva detto, nel frattempo –Queste sono le nostre armi.- scavalcò quanto aveva tolto dalle sue tasche e da quelle del fratello, che lo seguì, tenendo la piccola Britne in braccio –Non abbiamo motivo di farti del male.-
Non sembrava bastare per Gustav.
-Prima rapite mia figlia.- disse, aggrottando sempre di più le sopracciglia –Cos’altro volete ora, da me?-
-Gus!-
Una figura femminile si unì, avvicinandosi a lui.
-Ti prego, caro, non fare così.- mormorò, cercando di calmarlo; non aveva ancora visto i due ragazzi –Guarda. Hanno posato le loro armi e ci hanno riportato nostra figlia. Non pensi che siano sinceri?-
I gemelli, invece, appena scoperta l’identità della donna, si guardarono l’un l’altro, con la bocca spalancata.
-Linda?!- esclamarono, all’unisono, guardando nuovamente i coniugi.
Lo sguardo di Linda, per la prima volta, si posò sui due “ospiti”. Anche lei ebbe la loro stessa reazione.
-Bill?! Tom?! Siete davvero voi?!-
Gustav abbassò l’arma, confuso.
-Eh?! Quei due ragazzi di cui tu mi avevi parlato?!- esclamò, sgomento –Quelli che ti hanno portato via dal quartiere dei drogati?!-
-Sì, loro!-
Il giovane ridacchiò, osservando la moglie.
-Strano. Guarda caso, Georg, oggi, mi ha parlato di due ragazzi chiamati Bill e Tom, mentre mi faceva la pulizia dei denti… due poveracci che stavano sfuggendo dalla polizia…-
Tom alzò, sorpreso, le sopracciglia, lo stesso fece Bill.
-Hai detto “Georg”?! E fa il dentista?!-
-Beh, sì, perché?-
Si indicò i denti finti.
-Effettivamente, un dentista di nome Georg mi ha sistemato i denti, oggi.-
-E lui mi ha proprio raccontato di aver messo dei denti finti ad uno di questi due ragazzi, gemelli, per giunta, in particolare a quello moro…-
Gli uomini erano sempre più sgomenti.
-CONOSCETE GEORG?!-
-CONOSCI GEORG?!- esclamarono.
Linda era sempre più confusa. La sorpresa di rivedere la figlia sana e salva, le coincidenze con Georg…
Si mise le mani sopra la testa, cercando di calmarsi.
-A-aspettate un attimo!- intimò, dopo un breve respiro col naso -Facciamo un passo indietro! Se voi due siete qui, con nostra figlia, questo vuol dire…-
I gemelli abbassarono lo sguardo, colmi di vergogna.
Anche Linda si oscurò in volto.
-No… Quindi l’uomo per cui lavorate è…-
I loro sguardi risposero per loro.
I conti tornavano. L’anello della catena che li collegava non era solo Georg era anche Gordon Trümper. Bill e Tom, i due bambini, oramai adulti, che lui aveva preso con sé, divenendo i suoi principali agenti, e Gustav, un semplice architetto finito nella sua rete.
Poi c’era Georg, un innocente coinvolto per caso in quella storia; un semplice dentista, amico di quell’architetto, che aiuta proprio i rapitori della figlia dell’amico, pur essendo venuto a conoscenza del rapimento, senza, però, riconoscere gli autori.
Fu la piccola a rompere quel silenzio quasi imbarazzante; destata dal suo sonnellino, si voltò indietro e, tendendo le braccine in avanti, urlò: -Mamma!-
La donna scosse la testa, tornando nel mondo reale; per poco non scoppiò a piangere quando corse da Bill, prendendo in braccio la figlia, abbracciandola. Anche Gustav si unì a loro, lasciando cadere il fucile, prima di abbracciare sia la moglie che la piccola.
La famiglia era finalmente riunita.
Bill e Tom si sentirono due mostri di fronte a quella bellissima scena familiare. Anche se l’iniziativa non era partita da loro, avevano rischiato di rompere la loro vita familiare, la loro armonia, con il rapimento di Britne. O forse era semplicemente invidia nei loro confronti, perché la loro famiglia non era mai stata unita come lo erano gli Schäfer.
Lui aveva ormai perduto ogni aggressività. Infatti, osservò i due gemelli, sorridendo lievemente.
-Grazie.-
Ma loro sentivano di non meritare quel ringraziamento.
-No, ti prego.- ribatté Bill, mentre dentro di lui cresceva una voglia di nascondersi –Abbiamo rapito tua figlia, quasi rischiando di ucciderti. Non devi ringraziarci.-
L’altro storse la bocca.
-E’ vero.- commentò –Ma avete salvato mia moglie da una gabbia di pazzi senza chiedere niente in cambio e averla riportata da me senza nemmeno averla stuprata, e mi avete riportato il mio piccolo tesoro senza esigere il risarcimento. Avete salvato la mia famiglia. Vi sono debitore. E Georg, anche se vi ha conosciuto per poco, mi ha parlato bene di voi, esattamente come Linda.-
-Avete rapito la piccola, è vero, ma questo perché ve l’ha ordinato quel mostro.- aggiunse Linda, ancora con la bimba in braccio –Voi non siete persone cattive.-
Era la terza volta, in tempi recenti, che udivano quella frase.
Sorrisero.
In fondo, sapevano di esserlo. Potevano essere più che agenti di un magnate della droga. Ora che si erano liberati di lui, potevano essere quello che volevano. Potevano ricominciare da capo. Vivere una vita come le altre. Come persone normali.
Come Gustav, o Georg, o Linda.
Tuttavia, indietreggiarono, riprendendo le proprie armi.
-Ora… dobbiamo andare.- mormorò Bill, mettendo in tasca il coltello.
-Dove andrete?- domandò Linda, premurosa.
-Lontano da qui. Ovunque.- rispose Tom, prendendo il suo casco e quello del gemello -Se Gordon ci avesse scoperti, non vogliamo che ci trovi qui.-
-Non avete nulla di cui temere. Chiameremo subito la polizia e lo faremo arrestare per i suoi crimini.-
-No, Linda!- tagliò corto Bill –Se chiamerai la polizia, lui lo verrà a sapere e Dio solo lo sa cosa potrebbe succedervi.-
-Ma così voi…!-
-Noi sappiamo di cosa è capace Gordon e non lo auguriamo neppure al nostro peggior nemico. Preferiremo pagare da soli il prezzo delle nostre azioni, piuttosto che coinvolgere degli innocenti…-
La donna non sembrava convinta delle sue parole: lasciarli da soli al loro destino non era la soluzione giusta, per lei. Persino Gustav voleva aiutarli, per sdebitarsi con quanto avevano fatto alla sua famiglia, salvando la moglie e la figlia.
Per loro, invero, non rimase altro che augurare il meglio per i due gemelli. Questi, comunque, apprezzarono la premura da parte loro e anche da parte di Georg.
Sorrisero, prima di mettere ognuno il proprio casco.
-Allora, addio…- disse Bill. Tom odiava gli adii. In genere, odiava mostrarsi sentimentale agli occhi del mondo.
La Harley partì di nuovo, scomparendo tra le tenebre.
I coniugi Schäfer, seguendoli con lo sguardo, vennero invasi da un forte senso di colpa: i Kaulitz avevano spiegato in modo esplicito che non volevano ricevere alcun aiuto esterno, per paura che Trümper riservasse loro lo stesso trattamento di coloro che osavano mettersi contro di lui. Si sarebbero sacrificati volentieri per le persone che volevano aiutarli, era questo che spaventava Gustav e Linda.
Loro volevano aiutarli. Perché sapevano che erano persone buone, nonostante la vita che avevano vissuto e il luogo dove abitavano.
Dalla villetta degli Schäfer bastava proseguire per la extraurbana principale per dirigersi al centro di Lipsia.
Bill e Tom avevano già pianificato cosa fare: si sarebbero subito diretti alla stazione di polizia, non per costituirsi, ma per denunciare Gordon, per concludere finalmente quel capitolo della loro vita, per fare in modo che non rovinasse più la loro vita; poi avrebbero trovato un posto per passare almeno una notte. E dal giorno seguente si sarebbero impegnati a cercare un appartamento in affitto, l’inizio della loro nuova vita. A seguire un lavoro, un lavoro onesto, finalmente. Avrebbero cambiato tutto. A partire da loro stessi.
Ma forse era ancora troppo presto per programmare la loro nuova vita, sebbene ci avessero spesso pensato, anche prima del loro progetto di fuga.
Era ormai sera.
La strada doveva essere sgombra. O, almeno, non dovevano circolare molte macchine.
Per raggiungere l’extraurbana, bisognava percorrere una strada a senso unico.
La via sembrava libera.
Tuttavia, i Kaulitz furono bloccati da una macchina. Un’intera fila di macchine.
Tom batté leggermente la mano sui manubri della moto, ringhiando.
-Cazzo! Non ci voleva!- imprecò, prima di ricevere delle leggere pacche sulla schiena da parte del gemello.
-Rilassati, Tomi…- mormorò. Fortunatamente, lui era l’unico in grado di calmarlo dai suoi attacchi d’ira, anche quelli più leggeri.
La fila non era lunga, c’erano solo cinque macchine una dietro l’altra, tuttavia non si muovevano. Eppure le luci erano accese, compresi gli stop, e c’erano delle persone all’interno.
Non c’era nemmeno la polizia.
Non poteva essere un caso di avaria.
I gemelli si osservarono l’un l’altro. Bill impallidì dietro il casco. Scosse lievemente la testa, mentre il respiro si faceva sempre più affannoso.
-No…-
Fu il turno di Tom calmare il gemello. Gli toccò delicatamente la gamba.
-Tranquillo…- mormorò, anche lui impallidendo –Ora cerco di aggirarli…-
La strada era stretta, ma lo spazio lasciato dalle macchine era abbastanza largo per far passare la moto.
Forse avevano ancora una speranza.
No.
Le portiere si aprirono; degli uomini in giacca e cravatta uscirono, puntando delle pistole contro i gemelli.
Non potevano più andare avanti.
-Indietro…- mormorò Bill a Tom, involontariamente –INDIETRO!-
Era esattamente ciò che intendeva fare il gemello. Facendo una rapida e abile inversione a “U”, diedero le spalle alle macchine.
Ma degli abbaglianti costrinsero loro a fermarsi. La frenata fu troppo brusca: la Harley vacillò, cadendo.
I gemelli erano scesi appena in tempo, prima che si fratturassero una gamba. Ma scivolarono ugualmente sulla strada, rotolando per un metro.
La moto finì fuori strada.
Di fronte ai ragazzi si era materializzato un SUV nero come la notte, lo stesso che li aveva abbagliati poco prima. Aveva un teschio disegnato sul cofano.
Da esso uscì una figura estremamente nota ai gemelli: indossava degli stivaletti texani, con la punta, dei jeans strappati e camicia nera che scopriva il petto.
Gordon Trümper.
Appariva alquanto deluso. Incrociò le braccia.
-I miei cari Zwillinge…- sibilò, prima di fare un cenno con la testa; due uomini fecero alzare Bill e Tom, mettendoli in ginocchio, e levando loro i caschi; Bill era terrorizzato e tremava, Tom rivolgeva sguardi minatori al Protektor –Solitamente rispondete subito alle mie chiamate. Pensavo fosse successo qualcosa, ma poi il telefono ha fatto “numero non raggiungibile”. Poi questo…- Il biondo, per poco, non collassò, scoppiando a piangere, ma resistette, guardando in basso; l’uomo che lo teneva gli tirò i capelli, costringendolo a guardare in avanti; se anche Tom non fosse stato bloccato, non avrebbe esitato a torcergli il collo, per trattare il gemello in quel modo –Allora? Come me lo spiegate questo?-
Lo sguardo dell’uomo era penetrante, come suo solito, come se, solo, fosse stato in grado di piegare il mondo alla sua volontà. Bill cedeva facilmente a quello sguardo: ancora non sapeva dove avesse trovato il coraggio di parlargli in modo aggressivo, qualche  giorno prima.
Tom ricambiò quello sguardo: rispose, per lui e il fratello.
-Una fuga, Gordon!- disse, digrignando i denti –Da te, dal tuo mondo di merda, dalla tua cazzo di droga!-
Gordon alzò un sopracciglio: fra i due, il moro era sempre stato quello più aggressivo nei suoi confronti, ma mai come quella sera.
Accennò una risata, prima di recitare nuovamente la parte della vittima.
-Dunque, questo è il vostro ringraziamento?- disse, mostrandosi deluso e dispiaciuto insieme –Io ho fatto così tanto per voi due, Zwillinge… vi ho accolti sotto il mio tetto, vi ho cresciuti come foste figli miei, avete avuto ogni cosa da me. Tutto quello che ho fatto in questi ventun anni è stato solo per voi!-
Bill ebbe di nuovo la tentazione di abbassare lo sguardo, se non fosse per la presa sui suoi capelli, ma Tom si faceva sempre più determinato.
-Ci hai usati fin dall’inizio per i tuoi scopi!- ribatté, più furioso che mai –Quello che tu chiami “amore” non è stato altro che opportunismo: ci hai viziati, affinché stessimo dalla tua parte, affinché vedessimo in te un idolo, un dio da seguire. Per te non eravamo altro che giocattoli, oggetti qualunque da usare a tuo piacimento e poi buttarci nel caso non ti fossimo più serviti. Dicevi di amarci, ma ci hai sbattuto in quel quartiere del cazzo alla prima occasione, facendoci vivere con gli psicopatici!-
-I miei seguaci vi avrebbero ucciso!- si giustificò l’uomo –Io vi ho salvato la vita!-
-Ah, sì? E come? Riempiendoci di droga? Farci vivere in un appartamento in rovina? Farci quasi uccidere dai poliziotti che tu stesso chiamavi ogni volta che compivamo un crimine che tu stesso avevi progettato? Ordinarci di sodomizzarci l’un l’altro per intrattenere i tuoi ospiti? Uccidendo coloro che osavano tenerti testa?!-
-Lo so, me ne rendo conto. Ma è stato tutto per il vostro bene. Io tengo molto a voi.-
-L’unica persona a cui tieni sei tu, brutto stronzo!-
Era troppo. La pazienza di Gordon superò il suo limite. Non tollerava alcun tipo di insubordinazione da parte dei suoi sottoposti.
Annuì, serrando le labbra.
Si avvicinò a lui, estraendo la sua revolver, appoggiando la canna sulla sua fronte.
-Ah, è così che la pensi?-
Il moro resistette alla tentazione di strizzare gli occhi. Anche lui serrò le labbra e tenne lo sguardo fisso sull’uomo.
Ma Bill sentì il proprio cuore battere più forte del previsto, alla vista della pistola puntata verso il fratello.
-NO!- esclamò, con tutto il fiato che aveva in gola. Si stava verificando il più grande dei suoi timori: perdere il proprio gemello. Non sapeva come avrebbe fatto a vivere senza di lui. –Non ucciderlo, ti prego!- supplicò, cedendo alle lacrime –Farò tutto quello che vuoi, ma non uccidere mio fratello, ti prego! E’ tutto quello che ho!-
Tom fulminò il gemello con lo sguardo. Era caduto nella trappola di Gordon. Stava usando la sua arma preferita: il ricatto.
Ridacchiò, divertito.
-Ecco la frase che mi piace…- sibilò, mettendo la sicura alla pistola; accarezzò i contorni del volto del moro con l’impugnatura –Ucciderlo, Bill? No, non mi permetterei mai… altrimenti come potrei spingerti ad obbedire ai miei ordini?-
Senza pensarci due volte, colpì Tom sulla tempia destra con l’impugnatura della pistola; cadde per terra, battendo la testa.
Era vicino a perdere i sensi, ma lottò per rimanere con gli occhi aperti.
Bill era sempre più disperato.
-TOMI…!!!- urlò, in preda alle lacrime. Se la guardia del corpo non lo avesse tenuto con forza, si sarebbe messo su di lui, abbracciandolo e facendogli da scudo.
Gordon osservava il ragazzo appena colpito con indifferenza; anzi, gli mise persino un piede sul volto, facendo lievemente pressione.
-Vai a fare del bene…- mormorò, deluso –E poi si rivoltano contro di te… Che razza di ingrati…-
Tom resisteva al dolore; le immagini erano sfocate, ma cercava con tutte le sue forze di non svenire. Gli bastava vedere Bill a dargli la forza. Quest’ultimo, invece, non riusciva a vedere il fratello in quelle condizioni.
Doveva trovare un modo per salvarlo. Anche se significava tornare nella rete di Gordon. Avrebbe fatto qualunque cosa.
-Smettila, Gordon!- esclamò, prima di essere osservato dal destinatario di quella frase.
Questi accennò di nuovo una risata.
-Sentiamo, perché dovrei smetterla?-
-Verrò con te dove vuoi, farò quello che vuoi, fai di me ciò che vuoi, non mi importa!-
Il moro soffrì più per quelle parole che per la percossa ricevuta. Il piede non premette più sulla sua tempia.
Gordon si avvicinò a Bill, inclinando la testa.
-Fallo alzare.- ordinò alla guardia del corpo, che mollò la presa sul biondo.
La mano ingioiellata lo prese per la mandibola, sorridendo malignamente.
-Un uccellino mi ha riferito che sei tornato a drogarti…- sibilò, divertito –Davvero credevate che non sapessi niente?-
I gemelli ottennero la loro risposta quando un altro membro della guardia del corpo tornò nella strada con diverse banconote da 50€ tra le mani. Era la somma nascosta nel bauletto.
-Io ho occhi dappertutto, Zwillinge… E tu mi stai supplicando di risparmiare tuo fratello, cambiando la sua vita con la tua?-
Bill non ebbe altra scelta che annuire. Dalla paura.
L’uomo storse la bocca.
-D’accordo… posso concedertelo…- decise –Ho una proposta da farti. Ho un grosso carico di droga appena arrivato. E’ tutto tuo, se lo vuoi. Mi devi solo dire “Sì, ti seguirò, signor Trümper.”.-
Una scelta allettante.
Tom, con lo sguardo, stava supplicando il gemello di non accettare. Questi si trovò in un dilemma. C’era in gioco la vita di Tom.
-Gli ho promesso che non mi sarei più drogato…- mormorò, ansimando.
Gordon sorrise di nuovo in modo strano.
-Come vuoi…- sibilò, prima di rivolgersi alle guardie del corpo –Sapete cosa fare.-
Altri due uomini si unirono a quello che teneva il moro. Lo presero per le braccia, facendolo sedere e poi sollevarlo di mezzo metro da terra, costringendolo a stendere le gambe. Il terzo aveva un martello in mano.
-Rompetegli le gambe.- ordinò il Drogeskaiser.
Di fronte a tale ordine, Bill prese la sua decisione.
-NO! D’ACCORDO! SI’, TI SEGUIRO’, SIGNOR TRÜMPER!-
L’ordine venne arrestato da un cenno con la mano.
-Billi…- uscì, lieve, dalla bocca di Tom, con un velo di delusione.
Uno sguardo compiaciuto formò il volto di Gordon.
-Hai visto, Bill? Ci voleva tanto?- mormorò, con voce premurosa, passandogli una mano sul volto, con l’affetto di un padre. I loro sguardi si incrociarono. Gli occhi nocciola erano ormai rossi e gonfi di lacrime.
Non si poteva tornare indietro. –E considerati fortunato, mio caro…- proseguì l’uomo, sorridendo –Almeno posso ancora usarne uno, di voi…-
I gemelli sapevano a cosa si stava riferendo: il biondo impallidì di nuovo.
-Portatelo via. Dove lo sapete.-
Tom, con le sue ultime forze, si dimenò tra le braccia delle guardie del corpo: non gli importava dove lo portassero o cosa facessero di lui, era vivere senza il gemello la vera tortura. Per Bill era lo stesso.
Si allungarono le mani, stringendole, urlando e piangendo i loro nomi, anche se per poco tempo.
I numeri tatuati su quelle mani si unirono. Le loro ore di nascita.
-SEE YOU IN OUTHER SPACE!- esclamò Bill, singhiozzando, appena venne separato bruscamente dal gemello.
-SEE YOU IN OUTHER SPACE!- fu la risposta, nello stesso modo.
Nel frattempo, Gordon era tornado in macchina; tornò dal biondo con una siringa, piena di un liquido dal colore strano. Appena scambiate quelle frasi, infilò l’ago dentro la gola del ragazzo, iniettando ciò che c’era al suo interno.
Bill tacque. Un senso di rilassatezza sostituì la disperazione.
Tom sgranò gli occhi; non era sicuro nemmeno lui se per sgomento o per rabbia, specie quando notò Gordon sussurrare qualcosa all’orecchio del gemello.
Si dimenò sempre di più, urlando, facendo in modo che uno degli uomini che lo tenevano gli strappasse la canotta, mostrando il torace per intero e gli addominali scolpiti.
-IO TI AMMAZZO, STRONZO! SE OSI ANCHE SOLO SFIORARLO, GIURO CHE TI AMMAZZO!-
Qualcosa lo colpì sulla testa. Un oggetto metallico e freddo.
Poi, il buio.

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Note finali: Eh! Credevi...! Invece no, non è ancora finita! Il primo arco è finito, ma non la storia. Anzi, a questo proposito... vi informo che la aggiornerò... un po' tardi, diciamo. La continuerò quando concluderò alcune storie, in particolare:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3648195&i=1 (Quattro Musicisti e Un Investigatore)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3683060&i=1 (Primus Amor Purus Leopardi)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3465068&i=1 (Unbreakable Connection)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3678577&i=1 (The Dragon Fairy, almeno il primo arco)
e alcune storielle su Dragon Age.
Ah, un'altra cosa: dopo questa storia, credo scriverò altre tre storie sui TH (di cui una a sfondo comico, sebbene non sia il mio genere...), sperando mi vengano meglio di questo spunto nell'occhio...
Spero avrete la pazienza di attendere.
Grazie di aver seguito e di aver sopportato.
Ciao a tutti!
I.H.V.E.
   
 
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