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Autore: MalessereBlu    19/07/2017    4 recensioni
L'inverno è arrivato e Sansa governa il Nord insieme al nuovo Re, Jon.
Il Mastino giunge a Grande Inverno dopo mesi di solitudine.
Sandor e Sansa si rincontrano, più arrabbiati, più consapevoli. Più forti.
SanSan ambientata dopo la Sesta Stagione.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo II

 

Joffrey Baratheon era sempre stato uno stronzo. Il bambino viziato di un reame che non era nulla di più di un parco giochi. Sua madre era il male puro: se ne stava lì, in tiro, a scambiare falsi sorrisi con dame dall'emotività di un topo mentre si crogiolava nella speranza di vedere la testa della piccola Stark su una picca. “Sansa, cara, vieni qui” era sempre risuonato come il richiamo di un'arpia alle sue orecchie.
Umiliazioni e risate incarnavano la sua nuova canzone: niente cavalieri e damigelle in difficoltà. Ne sapeva qualcosa Sandor di quei rumori così dolorosi, non era mai riuscito a sopportarli.
“Mi dispiace.”
Sansa mantenne lo sguardo fisso, completamente indifferente nei confronti di quello sfregio che tanto l'aveva terrorizzata.
“A qualunque situazione vi stiate riferendo, non è colpa vostra.” Sospirò, abbassando gli occhi. “Ormai è troppo tardi e, in ogni caso, nemmeno voi avreste potuto proteggermi.”
Non sapeva cosa le fosse successo, non sapeva che fine avesse fatto né come fosse tornata a Grande Inverno.
“Vi farò accompagnare nel vostro alloggio, dopo parleremo.” disse voltandosi senza attendere una risposta.
“Uccelletto, io...”
“Lady Stark. Chiamatemi Lady Stark.”

Tra tutte le compagnie che avrebbe volentieri evitato, quella di Brienne occupava un posto speciale. Lo sguardo accigliato della donna lo seguiva come le ombre che l'inverno aveva ormai portato via con sé. Non la temeva, semplicemente la odiava: l'aveva sconfitto nel più brutale dei modi e lasciato morire sotto gli occhi della ragazzina che avrebbe dovuto proteggere. Da quel che aveva potuto intendere, per giunta, non sembrava lasciare il fianco di Sansa nemmeno per un istante.
Non era poi il suo unico problema: per ragioni incomprensibili, Petyr Baelish si aggirava nei corridoi della fortezza come un fantasma nel pieno del tormento; sembrava che non lo avesse notato, ma avrebbe scommesso che fosse consapevole del suo arrivo da ben prima che si accingesse anche solo a varcare le mura. Non gli piaceva, non gli era mai piaciuto.
Il punto fondamentale era però che il Mastino non sopportava la vita di corte: il gelo negli occhi delle persone, l'autorità ingiustificata che aleggiava sulle spalle del Re del nord, odiava quel tipo di circostanza.
Aveva sempre immaginato gli Stark come dei regnanti modesti, avvezzi alle umili tradizioni del Nord, degni di fiducia, invece trovava di fronte a sé un'atmosfera incredibilmente tesa, come se tutti fossero pronti alla guerra nonostante ne fossero appena usciti.
L'inverno era arrivato e, per quanto gliene poteva importare, l'unico problema che gli arrecava era il culo ghiacciato.

La stanza si presentava inospitale e spartana, quanto più gli si addiceva, pensò. Avrebbe potuto svolgere qualche mansione all'interno delle mura: avrebbe chiesto al Castellano non appena ne avesse avuto la possibilità. Un gruzzoletto sarebbe bastato per ricostruirsi una vita e magari cercare di raffazzonare una nuova armatura.
Una nuova vita, suonava così ridicolo. Si trovò a ridere da solo quando la porta riecheggiò di un rumore sordo e timido. Qualcuno di particolarmente esile o impaurito – o magari entrambi – stava bussando.
Quando aprì si trovò dinnanzi un ragazzo dalle spalle minute e la faccia paffuta, un certo Podrick, che sembrava attenderlo per condurlo al cospetto di Lady Stark.

“Sei sicura?” Il viso di Jon sembrava incredibilmente più adulto quando era attraversato dalla preoccupazione.
“Sì, Jon. Sandor Clegane non mi farà del male.”
Non era raro vederli così vicini, fratello e sorella bocca a bocca per quelle taciute confessioni di affetto. Non le dispiaceva, anche se all'inizio sembrava così strano.
“Come puoi dirlo?” Non credevo che lo conoscessi così bene.”
Non vi era alcuna insinuazione, Sansa lo sapeva, ma non poté ignorare quel brivido di irritazione che le corse lungo la spina dorsale.
“Tu non sai niente della mia vita nella Fortezza Rossa, Jon.” rispose gelida.
Sospirò. “ No, ma... Lascia stare, sono solo preoccupato. Io...”
“Miei signori” Podrick si affacciò con circospetto sull'uscio della sala. “Ser Clegane attende la vostra udienza.”
“Fallo entrare” disse la Stark mantenendo gli occhi su Jon, in attesa che abbandonasse la stanza.

Erano soli e la cosa lo metteva tremendamente a disagio.
Se un tempo aveva sempre potuto percepire la calda carezza della compassione nei suoi riguardi, ora temeva di avere di fronte una sconosciuta che gli avrebbe elegantemente sputato in faccia parole amare. Un po' come Cercei.
“Che ti è successo?”. Non voleva girarci intorno.
“Pensavo vi premesse sapere se ci fosse un posto per voi qui al castello.” Sansa rimaneva seduta, la schiena dritta e gli occhi fermi.
“ 'Fanculo, mi so arrangiare benissimo ovunque.” cercava di mantenere un tono quantomeno moderato, nonostante la cicatrice si contorcesse a ogni parola vomitata vigore.
“Le cose sono cambiate, Mastino. Non siamo più ad Approdo del Re.”
“Sandor, mi chiamo Sandor!” sbottò.
Non aveva il minimo rispetto. Non le piaceva, non lo sopportava ma, per qualche goccia di passato che si ostinava a scivolare nella sua mente, non riusciva a congedarlo.
“Ser Clegane, vi devo chiedere perché sie...”
“Non sono un fottuto ser!”
Sansa si alzò, cercando di mantenere un contegno.
“Perché dovete essere sempre così odioso?!”

Fu il Mastino a ridere per primo.
Una situazione assurda, ecco cos'era tutto quello. Erano cambiati, erano così diversi da tanti anni prima ma ancora si ringhiavano. Come un cane e una lupa.
Sansa si lasciò scappare un timido sorriso: non pensava che quella conversazione avrebbe preso quella piega.
Sandor si meravigliò di quanto genuina quella risata che si era scatenata dalle sue viscere fosse. L'uccelletto riusciva sempre a farlo meravigliare di sé stesso.
“Sandor.” Sansa lo richiamò.
“Dimmi, Sansa.” La provocò intenzionalmente.
“Siete stato buono con me, pur nel limite della vostra natura e dei vostri doveri.”
Sembrava più rilassata ora.
“Al diavolo, non starò qui a scambiarci frasi da damigelle di corte.” Sorrideva ancora.
“Bene, allora ditemi quali sono le vostre intenzioni.”
Si sentì in difficoltà. Il proposito di guadagnare qualcosa per poi vivere la propria vita sembrò un'assurdità. Poteva rimanere lì, a Grande Inverno, vicino a lei. Avrebbe assunto un umile incarico e avrebbe potuto vederla ogni giorno mentre vagava calma e pensierosa tra le nevi del giardino sacro.
“Non lo so. Non so più nulla della mia vita.” confessò.
Sansa sembrò capire.
“Tutti noi abbiamo un passato che vorremmo rinnegare. Non so che cosa abbiate fatto voi fino a questo momento e non mi interessa. Quando vorrete me lo direte.” Si avvicinò di qualche passo. “Ora ho solo bisogno di sapere se siete pronto a essermi fedele.”
Sandor avanzò verso di lei. “Mi pare di aver già risposto a tuo fratello.”
“Io non sono Jon.”
La guardò spiazzato. Gli stava chiedendo di decidere ora il suo destino, così, all'improvviso.
“Datemi una risposta, Sandor.”
“Sì.” Abbassò gli occhi mentre indietreggiava. “Sì, Sansa.”
Che stava facendo? Credeva sinceramente di essersi rincoglionito. Si era fatto fregare da quegli occhioni azzurri. Si sentì più cane di quanto non lo fosse mai stato.
“Potrete rivolgervi all'armeria per ogni necessità. Comunicherò la vostra decisione a mio fratello.”
Lo superò senza remore.
“Sandor.” Lo richiamò prima di abbandonare la sala. “Non chiamarmi Sansa davanti agli altri.”
Lo lasciò lì, completamente frastornato.
L'uccelletto era cresciuto.

  
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