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Autore: DramioneMalfoy    20/07/2017    0 recensioni
Essere la figlia di uno dei più influenti gerarchi nazisti può essere un vantaggio o una condanna ai primordi del terzo reich. Lo sa bene Kathrein Bergmann, costretta a mentire e dissimulare i propri pensieri. All'esordio di una nuova era è costretta a fronteggiare la realtà della pura razza ariana di cui fa parte e scendere a patti con la propria coscienza, non senza un coinvolgimento emotivo straordinario che si snoda attraverso esperienze al limite e affetti inseguiti sino in fondo al baratro. In questo connubio di sentimenti e colpi di scena Kathrein si lascia trasportare dalle sue emozioni e dall'affascinante e misteriosa vicinanza dello standartenführer Diedrich Schneider, con il quale vivrà un'intensa e passionale storia d'amore che sarà lo spiraglio di luce nel tunnel degli orrori della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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I segreti del Terzo Reich



Berlino, 3 settembre 1939

Il ritorno a casa non era stato poi così disastroso come Kathrein aveva immaginato.

Come previsto, sua madre aveva predisposto che fosse tutto impeccabile per il ritorno della sua unica figlia e suo padre si era visto poco e niente in giro. Troppo impegnato in affari importanti che lo rilegavano nel suo ufficio, a malapena aveva presenziato alla cena della sera precedente.

Ma a Kathrein andava bene così, ormai avevano troppo poco da dirsi e la lontananza aveva solo fortificato il ghiaccio tra di loro in quegli anni.

Ovviamente nessuna parola su Diedrich o sul loro fidanzamento era stata proferita e lei aveva preferito lasciar fluttuare nell'aria quella bolla di sapone che, prima o poi, sarebbe comunque scoppiata.

Il giardino sembrava risplendere di una luce nuova. Kathrein era immobile davanti alla finestra della sua camera e non poteva fare a meno di ammirare i giochi d'acqua sprizzati dalle fontane.

Un tempo, quando era solo una bambina, adorava correre in quello spazio così verdeggiante. Ricordava ancora la sensazione di libertà e leggerezza che la avvolgevano mentre correva in contro a suo padre quando tornava da lavoro o a sua madre che la osservava piena di premure seduta sul cornicione del lago.

Un giorno suo padre le aveva portato dei pavoni da un lungo viaggio in India e le aveva concesso di giocarci per qualche ora al giorno, a patto che dopo non facesse capricci per seguire le lezioni del precettore.

A Kathrein venne da sorridere a quel pensiero, rammentando quanto avesse infastidito quelle povere bestiole che, adesso, apparivano stanche e affaticate.

Il tempo non aveva risparmiato nessuno in quella casa e i cambiamenti erano ben visibili dai comportamenti di ciascun membro della famiglia Bergmann.

Heinfried non aveva più molto tempo da dedicare ai suoi doveri di padre e marito e negli anni, se Kathrein ne aveva attutito il colpo, Elsbeth ne era stata profondamente scossa e ciò aveva avuto ripercussioni sul suo modo di essere.

Aveva smesso di occuparsi dell'arredamento di una casa che sembrava condividere con nessuno se non con se stessa e la servitù. Aveva smesso di andare dal parrucchiere tre volte a settimana per compiacere un marito che neanche le prestava più attenzione.

Eppure non molto tempo prima, Heinfried aveva amato sua madre con un'intensità di cui Kathrein non lo riteneva nemmeno capace. Sebbene il loro matrimonio fosse già assicurato da un contratto siglato tra suo nonno ed Heinfried stesso, suo padre aveva fatto di tutto per conquistare anche il cuore di Elsbeth. Sua madre, da sempre considerata una delle donne più belle di Germania che spesso aveva posato per le propagande del Reich stesso, era capitolata ai suoi piedi e, da quel giorno, sparirono tutti i possibili pretendenti intorno a lei.

Non seppe dire con esattezza Kathrein per quale motivo tale sentimento così disarmante fosse svanito nel nulla, né perché una riserva naturale così pura come il loro amore si fosse esaurita e sfiorita nel vento.

Ad ogni modo, verso i suoi quindici anni, i loro rapporti avevano iniziato a raffreddarsi e Kathrein aveva visto sua madre rimanere bloccata in momenti nostalgici che non sarebbero mai ritornati.

Da quel poco che suo padre le aveva detto a cena, ricordò che quel giorno sarebbe arrivato un treno di soldati che rimpatriavano dopo lunghi mesi in Italia. Non aveva chiesto se fosse il reparto di Diedrich e lui non gliel'aveva accennato, ma in cuor suo sperò che fosse così.

Perciò, quel giorno, decise di vestirsi e recarsi in città, dove avrebbero alloggiato i militari in attesa di ricevere altri ordini e ripartire.

Guardò per un'ultima volta la servitù che si affaccendava a preparare il necessario per la festa che si sarebbe tenuta quella sera in onore del suo ritorno in società che, dall'estrema elaborazione dei preparativi, immaginava non sarebbe stata dimenticata molto facilmente.

A suo padre piaceva ostentare ricchezze e potere, senza limite alcuno. A sua madre invece i ricevimenti erano sempre piaciuti perché, nonostante trovasse estremamente false la maggior parte delle mogli dei colleghi di Heinfried, era una donna civettuola e sapeva di restare sempre la bella tra tutte loro per cui quegli stessi ufficiali molti anni prima avevano fatto follie.

Anche suo padre era stato, e tuttora lo era ancora, uno degli uomini più avvenenti di Berlino e dalla loro unione era nata Kathrein.

Benché lei si sentiva straordinariamente normale, era consapevole di essere bella e non avrebbe mai finto il contrario per ricevere complimenti. Lei non aveva bisogno di tali convenevoli.

Heinfriend, in particolare con l'ascesa del Reich e dei suoi stereotipi, aveva sempre mostrato sua moglie e sua figlia con una certa fierezza che se all'inizio le aveva fatto piacere, con il tempo le aveva fatto ricevere proposte indesiderate.

Sino a quando Diedrich non aveva deciso di mettere in chiaro a suo padre che voleva prenderla in moglie. O meglio, che avrebbe voluto officiare il loro fidanzamento. Ma in un'epoca come quella di Kathrein fidanzarsi davanti alla società equivaleva a sposarsi e giurare fedeltà ad un unico uomo.

Da quel momento la maggior parte dei pretendenti intorno a lei erano scomparsi e, nonostante alcuni persistessero perché all'oscuro del suo impegno con un uomo che avrebbe potuto annientarli con poco, lei era stata grata che non si sarebbe dovuta sposare con uno sconosciuto.

Kathrein, da sua madre, non aveva ereditato solo la bellezza e l'ascendente su uomini potenti, ma anche l'invidia delle altre donne. Eppure non si capacitava di come qualcuno potesse invidiare la sua vita.

Nonostante vivesse negli agi e nei lussi, sentiva gravare sulla sua coscienza i sacrifici dei contadini e operai tedeschi e ciò le bastava per immaginare di togliersi quelle sembianze troppo ariane di dosso e scappare alla ricerca di una vita diversa, più umile.

Ma per sua madre sarebbe stato un dolore troppo grande e suo padre avrebbe dato di matto e sicuramente avrebbe incolpato Elsbeth di non averle impartito una buona educazione e non essere stata una brava madre.

Nonostante Kathrein non avesse più la stessa intesa di un tempo con sua madre, non avrebbe mai permesso che fosse ulteriormente declassata nella vita di Heinfried così ingiustamente.

In realtà, era stato lui ad essere un padre pessimo ed un marito manchevole.

Il suo sguardo venne attirato da due persone che passeggiavano sottobraccio nel portico sottostante alla sua finestra.

Non fu difficile mettere a fuoco le due figure e, quando lo fece, il suo cuore perse qualche battito e cominciò a scalpitare secondo un ritmo irregolare.

Schulze sorrideva alla ragazza con una sincerità innegabile. In lei Kathrein riconobbe la stessa donna della foto, solo un po' più cresciuta.

Aveva visto Alexander sorridere in quel modo solo due notti prima, quando le era stato a così pochi centimetri di distanza. Evidentemente neanche lui, come Josel, era a conoscenza del suo fidanzamento con Diedrich o, semplicemente, non gliene importava molto dato che aveva già una fidanzata a Berlino da cui sapeva che presto sarebbe ritornato.

La consapevolezza che aveva soltanto messo in atto un giochino con lei la punse fastidiosamente e le fece salire un moto di rabbia.

O forse doveva prendersela soltanto con se stessa e con la sua ingenuità per avergli permesso di avvicinarlesi così tanto.

Chiuse di scatto le tende e decise di prepararsi per recarsi in città, dopo avrebbe scelto con sua madre cosa indossare quella sera. Festeggiavano il suo ritorno in società e Diedrich non era lì. Non che per lei quella festa avesse un senso, era solo una scusa per dare l'ennesimo ricevimento sfarzoso per la cui organizzazione Elsbeth sembrava dare corpo e anima. Ma, in fondo, era l'unica detenzione di potere che le era davvero rimasta in quella casa.

Quando si voltò notò che le domestiche avevano già riordinato la stanza e Marge, la donna che molti anni prima era stata la sua balia, stava spolverando il quadro sul camino.

«Vostra madre è molto bella» disse poi in direzione di Kathrein.

Marge non era mai stata pettegola ed era sempre stata al posto suo, ma non aveva mai fatto segreto della profonda ammirazione che provava per la signora Bergmann che con lei era stata una benevola e gentile benefattrice a toglierla dalla strada e darle un lavoro, proprio come zia Ruth aveva fatto con Meredith. Forse, si disse, nonostante l'austerità e la severa educazione, a dispetto di ogni crudele diceria sul loro conto, le donne della sua famiglia avevano questo istinto di protezione verso il prossimo.

Solo con il passare dei mesi e la morsa sempre più stringente della guerra, Kathrein si sarebbe accorta che questa caratteristica era connaturata anche nel suo DNA e, con un uomo intransigentecome Diedrich accanto, non sempre sarebbe stato considerato un pregio.

«Si lo è, mio padre è stato senz'altro un uomo astuto» assentì Kathrein mentre si avviava verso il suo armadio per scegliere cosa indossare.

Il fatto che si trovasse in vestaglia l'avrebbe messa a disagio davanti a qualsiasi persona della servitù, ma non davanti a Marge che l'aveva cresciuta e aveva assistito praticamente ad ogni cambiamento ed evoluzione del suo corpo.

«Anche vostro padre è un bell'uomo, signorina Kathrein»

«Non quanto lei» asserì Kathrein, indicando la foto del quadro che stava spolverando.

Heinfried, orgoglioso della bellezza di una donna che fra tanti aveva scelto di amare proprio lui e del fatto che fosse stata scelta da Hitler in persona molti anni prima per una campagna propagandistica sulla razza ariana, aveva preso gli scatti migliori del fotografo e aveva ordinato che le foto di sua moglie fossero disposte in ogni stanza padronale e nei salotti.

A Kathrein la foto che si trovava nella sua camera piaceva più di tutte le altre e adorava quando i crepitii del camino accendevano fioche scintille di luce sul viso di sua madre

A Kathrein la foto che si trovava nella sua camera piaceva più di tutte le altre e adorava quando i crepitii del camino accendevano fioche scintille di luce sul viso di sua madre.

Ciò la faceva sentire un po' più di quel calore materno che negli anni si era perso, a causa della disciplina che Elsbeth stessa aveva dovuto imporle.

Perse qualche secondo a rimirare il viso perfettamente scolpito di sua madre e la pelle candida che risaltava sotto la folta chioma bionda e gli occhi color ghiaccio.

Tuttavia il groppo in gola che le si era formato dopo aver visto Alexander con quella donna passeggiare amabilmente nel giardino della sua casa come se non avesse mai tentato di provarci con lei, premeva per uscire e rovesciare addosso all'ufficiale una marea di insulti.

Poi si chiese con quale diritto o con quale faccia avrebbe mai fatto una cosa del genere. Lei non era la sua fidanzata, anzi era la fidanzata di un altro e non poteva accampare nessuna pretesa nei confronti di Schulze per quella che, probabilmente, era stata solo una sua fervida immaginazione e nulla più.

Con quei pensieri, si tolse la vestaglia e si infilò nel tepore della vasca da bagno. Lasciòil suo corpo in ammollo per molti minuti e si strofinò la pelle per attimi che sembrarono eterni, quasi a voler grattare via la sensazione di impudicizia che la coglieva ogni volta che pensava a quell'uomo così enigmatico e misteriosamente complicato.

Poi si asciugò con cura e si fece aiutare da Marge a sistemare i capelli. A Kathrein piaceva essere sempre in ordine, ma tornata sotto lo stesso tetto di Elsbeth esserlo non era più solo una sua scelta ma un'imposizione.

Scelse cosa indossare e lo infilò senza troppi preamboli, mentre con il cuore si ritrovò a sperare che Diedrich fosse su quel treno di ritorno dall'Italia.

Si guardò un'ultima volta allo specchio e, dopo aver ispirato profondamente, aprì la porta e si avviò tra quei fitti e tortuosi corridoi che a Kathrein non erano mancati poi così tanto. Nemmeno i suoi genitori conoscevano ogni angolo di quell'enorme tenuta che, di generazione in generazione, era stata voluta dal trisavolo di Heinfried inizialmente come palazzina di caccia.

Vi erano molti nascondigli e sottopassaggi che nel tempo erano stati dimenticati e non più utilizzati. In molti di questi Kathrein si nascondeva per ore da bambina per sfuggire alle noiosissime lezioni di herr Koch.

Ricordava ancora quando quell'uomo corpulento e grassoccio, dalla statura troppo bassa per incutere timore o rispetto, si sistemava gli occhiali sul naso a patata e squittiva in direzione di sua madre che quello della bambina era "un comportamento inaccettabile". Lei si scusava mortificata ed esasperata andava alla ricerca della figlia.

Kathrein affrettò il passo e scese le scale quanto più velocemente fosse concesso a una donna del suo rango, desiderosa di raggiungere presto il centro della città e scoprire se Diedrich fosse tornato da lei e avesse saputo della festa per il suo ritorno.

Tuttavia qualcosa arrestò il suo incedere e la spinse verso la sala da pranzo, dove i suoi genitori stavano consumando la colazione insieme.

Un'allegria che Kathrein non seppe giustificare aveva preso il sopravvento sul religioso silenzio che di solito regnava tra Heinfried ed Elsbeth durante la consumazione dei loro pasti.

Sebbene suo padre stesse leggendo qualche notizia sulla testata del giorno, sua madre rideva in sua direzione e, questo, fece piacere alla ragazza che si fermò qualche secondo sull'uscio ad osservarli.

«Serviva il ritorno della vostra figlia preferita per riportare il buonumore in questa casa?»

Sua madre voltò il viso nella sua direzione e il suo sorriso si allargò ulteriormente. Kathrein non vedeva quella felicità sul volto di sua madre da ormai molto tempo.

Suo padre, invece, abbassò il giornale che stava leggendo e le dedicò la sua attenzione. Per Kathrein era già un enorme passo avanti, o meglio, un passo indietro agli anni in cui Heinfried trascorreva molte ore con sua lei.

«Sei la nostra unica figlia, Kathrein. Altrimenti ti assicuro che la mia preferenza non sarebbe ricaduta su te» ribatté scherzando suo padre, decisamente troppo propenso al positivismo quella mattina per non essere successo nulla.

«Allora sai essere simpatico qualche volta» constatò Kathrein, mentre suo padre la invitava con una mano a prendere posto accanto a lui e a fare colazione con loro.

Esitò un attimo, non avrebbe voluto perdere ulteriore tempo e recarsi in fretta nel centro speranzosa del ritorno del suo fidanzato. Poi, però, si convinse che era da molto tempo che desiderava un momento così spensierato e tranquillo con i suoi genitori e allora si sedette di fronte a sua madre.

Chi li vedeva avrebbe potuto tranquillamente scambiarli per una famiglia normalissima che faceva colazione. Ma i gradi sulla divisa dell'uomo seduto a capotavola minavano quella tranquillità e li spingeva su un piedistallo ammirato o detestato dal resto della società.

Tuttavia quei momenti le regalarono una spensieratezza che non credeva di poter più condividere con i suoi genitori, soprattutto adesso e suo padre fu molto loquace con lei.

«Kathrein, tesoro, dove stai andando?» domandò incuriosita Elsbeth quando notò che era vestita già di tutto punto a quell'ora del mattino.

Infatti, sebbene suo padre indossasse già l'uniforme, era molto presto e sua madre portava addosso ancora la vestaglia di seta.

«Volevo fare un giro per il centro, mamma. È molto tempo che non ci vado» rispose mentre si versava del succo d'arancia nel bicchiere.

Suo padre ripiegò il giornale e finì il suo caffè.

«Portati un mio uomo, non andare sola» disse solamente, prima di alzarsi e risistemare la sedia sotto al tavolo.

«Adesso ho molto lavoro da sbrigare, se vi serve qualcosa sono nel mio ufficio»

Posò un bacio rapido, nulla di convenevole o esageratamente prolisso, sulla fronte di entrambe le donne e poi sparì oltre la porta della sala da pranzo.

I domestici subito si affrettarono a sparecchiare il posto dell'uomo con efficienza. Sicuramente dovevano sbrigarsi per i preparativi di quella sera.

Kathrein, invece, afferrò una fetta biscottata ancora sbigottita e guardò sua madre che intanto sorseggiava una tazza di tè. 
Suo padre aveva davvero dato a entrambe il permesso di entrare nel suo ufficio?

«Come mai tutto questo buonumore?» chiese a sua madre.

Lei fece spallucce e semplicemente le spiegò:

«Ci sono buone notizie per la Germania dal fronte»

Il peso della realtà gravò di nuovo sulle sue spalle e ricordò che, oltre quel momento così fugace, Heinfried fosse un uomo devoto al Reich e che il suo umore dipendesse da quel dannato regime. 

«Ma certo» mormorò soltanto e sua madre non colse la nota sarcastica nella sua voce.

«Kathrein stasera ci sarà anche il führer» sentenziò sua madre quasi come se stesse parlando della reincarnazione di Dio in persona, mentre allungava una mano per afferrare quella di sua figlia.

«Stai tranquilla mamma, sarò impeccabile. Non mi sembra di avervi mai dato problemi» glacialmente finì quella conversazione che già iniziava a starle stretta e consumò il resto della sua colazione in silenzio.

Sua madre aveva già finito, ma era evidente che la stesse aspettando.

«Vuoi che venga con te in centro?» le domandò ad un tratto.

«Oh no mamma non ce ne sarà bisogno, devi assicurarti che sia tutto svolto con regolarità per stasera. E poi ho intenzione di passare dalla vecchia libreria e vedere se c'è qualche lettura che mi interessa» spiegò Kathrein con molta più enfasi del dovuto, sperando che sua madre non insistesse ulteriormente.

Non voleva passare l'ennesima giornata a fare compere in boutique costose.

«Se non ti va di andare fin lì, posso farti recapitare un catalogo della libreria qui a casa e potrai scegliern-»

Kathrein allungò di nuovo una mano ad afferrare quella di sua madre e, quando questa alzò lo sguardo, lesse sconforto nei suoi occhi.

«Mamma, ti prego. Ho bisogno di uscire. So che hai paura per me ora che siamo in guerra, ma non sono più una bambina e so badare a me stessa»

Seppur a malincuore, Elsbeth assentì e si lisciò le pieghe della vestaglia color rosa avorio. Poi si alzò e le rammentò di essere a casa non più tardi delle diciassette.

Ma Kathrein ci avrebbe messo di sicuro molto meno tempo a scoprire se Diedrich avesse fatto ritorno a Berlino.

Si diresse in giardino e constatò, con molto più compiacimento del dovuto, che il maggiore Schulze e la sua fidanzata non fossero più lì.

Da lontano scorse un viso famigliare e si avvicinò all'uomo che impartiva ordini ad un suo sottoposto.

Kathrein attese pazientemente che Josel finisse di parlare e, una volta che ebbe congedato il soldato, si girò nella sua direzione e le rivolse un sorriso radioso.

«Cosa posso fare per te, mia dolce e triste principessa rinchiusa in un castello fiabesco e solitario?» chiese con finta aria solenne, mentre inclinava leggermente il busto in avanti con aria melodrammatica e si esibiva in un gesto di riverenza con la mano sul cuore.

Kathrein scoppiò a ridere e gli diede una leggera spintarella sul braccio, ma l'uomo non perse l'equilibrio nemmeno un attimo e rimase immobile nella sua posizione.

«Sei davvero un buffone, Josel Lang. Ma devo ammettere che cercavo proprio la tua compagnia» proferì sorridente la ragazza mentre si avviava al suo seguito lungo il perimetro dell'intero giardino.

L'uomo camminava compostamente con le mani incrociate dietro la schiena qualche passo più avanti rispetto a lei e attendeva silenziosamente che Kathrein gli rivelasse il motivo per cui lo stesse cercando.

«Ebbene cosa posso fare per te, Kathrein?» chiese finalmente, voltandosi di nuovo verso di lei e togliendola dall'evidente imbarazzo di porgergli la domanda che l'aveva colta. Si fermò e rimase a scrutarla, attendendo che la ragazza prendesse coraggio e parlasse.

«Volevo chiederti se potessi accompagnarmi in centro. Volevo fare una passeggiata e qualche compera, ma mio padre mi ha imposto di farmi scortare da un suo uomo. Saresti così gentile da allietarmi questa crudele imposizione ed essere tu il fortunato prescelto?» propose Kathrein assumendo la stessa posa e lo stesso tono fintamente solenni e autoritari che aveva usato un attimo prima Josel.

«Kathrein mi dispiace, ma io e il maggiore Schulze dobbiamo andare in città a reindirizzare verso i momentanei alloggi i soldati che arriveranno tra poche ore»

L'espressione di Lang le sembrò sentitamente dispiaciuta, ma il momentaneo rammarico fece spazio alla sua curiosità e decise di approfittare di quella conversazione per scoprire di più.

«Non è un compito che spetta al loro comandante?»

«L'ufficiale Schneider pare abbia scelto di rimanere in Italia, non ha preso il treno con i suoi uomini. Alcuni dicono che non sono soltanto dicerie quelle sulla sua relazione con Edda Mussolini, ma puoi ben capire che non mi interesso della vita privata dei miei superiori»

Questa volta Kathrein non ne rimase scossa, era preparata all'eventualità che Diedrich non fosse su quel treno e prima di uscire dalla sua camera si era ripromessa di non farsi destabilizzare da tale notizia. Tuttavia il pensiero che fosse stato lui a scegliere di rimanere in Italia le lasciò un sapore di amarezza in bocca e nel cuore, perché nonostante non si vedessero da ormai più di sei mesi lui aveva deciso di non ritornare a Berlino da lei.

Stupidamente tentò di convincersi che non fosse al corrente del suo ritorno in Germania, ma poi scartò quell'idea e nella sua mente si riaffermarono con prepotenza le immagini di Diedrich tra le braccia di un'altra donna bella e avvenente.

«Kathrein, va tutto bene?»

Nella voce solitamente pacata di Josel la ragazza individuò una sfumatura di preoccupazione e, quando riportò lo sguardo davanti a sé, notò che la stava scuotendo come per farla riprendere da una sorta di trance.

«Cosa? Oh si, si certo Josel. Allora ci vediamo più tardi» dopo quel lieve mormorio, cominciò a muovere dei passi in direzione del portone. Non avrebbe più avuto motivi per recarsi in centro dopo aver ottenuto la risposta alla sua domanda e, in realtà, in quel momento non avrebbe trovato neanche valide ragioni.

Voleva semplicemente tornare nella sua camera e non uscirvici più sino al mattino seguente. Il pensiero di quella festa in cui sarebbe stata costantemente al centro dell'attenzione le pesò sullo stomaco e le fece venire voglia di sparire per un po' da quella casa.

«Non dovevi andare in centro?» la voce di Josel la richiamò e la costrinse a mantenersi ferma sulle sue gambe, ma roteò il busto di mezza posizione.

«Non mi sento molto bene, preferisco riposarmi un po' prima di stasera. Ci sarai vero?»

«E' la festa per il tuo ritorno, ovviamente ci sarò. Adesso vai a riposare, ci vediamo più tardi»

Scorse con la coda dell'occhio Josel che si infilava i guanti neri e raggiungeva Schulze che era comparso in quel momento alla fine del viale. Kathrein, involontariamente, si girò completamente per scambiare uno sguardo con quell'uomo nel quale poteva scorgere ancora desiderio e tentazione, nonostante la sua sfuriata mai chiarita, il ritorno a Berlino e la sua fidanzata.

Una volta che i due uomini furono fuori dalla sua visuale, oltre l'alta siepe del giardino Bergmann, percorse il tratto finale che la separava dall'ingresso.

Scivolò dentro e fece attenzione a non essere notata da nessuno. L'ultima cosa che desiderava era dover dare spiegazioni a sua madre sul perché non fosse più uscita.

Così camminò in punta di piedi fino alla sua stanza e quando ne fu all'interno, si buttò pesantemente e con molta meno eleganza del solito sul letto. Poi si addormentò.

Ore 08:00

Quando si svegliò un'ora più tardi decise di andare alla ricerca di suo padre e farsi dire quale sarebbe stato il suo primo compito in società e, nel caso in cui non le fosse stato bene, avrebbe potuto approfittare del suo buonumore per tentare di distoglierlo e convincerlo ad affidarle qualcos'altro.

Percorse di nuovo quei corridoi tortuosi e si diresse verso l'ala est del palazzo, scendendo poi le lunghe ed ampie scale per raggiungere l'ufficio di Heinfried.

Un uomo, però, le comunicò educatamente di aspettare che fosse suo padre ad uscire dalla stanza e darle il permesso di entrare.

Così si sistemò sul divano del salotto. Da quella posizione aveva una visuale perfetta della porta dell'ufficio dell'uomo.

Perse qualche secondo ad osservare un quadro raffigurante sua madre il giorno del suo matrimonio. Era molto più giovane e, benché fosse ancora una bellissima donna, i segni del tempo sembravano non sfiorarla minimamente.

Il lungo vestito a sirena fasciava perfettamente il suo corpo snello e le forme sensuali. Il suo sguardo sembrava puntato altrove e, in quella posizione, emanava fascino ed eleganza.

I capelli, che al tempo sua madre portava più lunghi di adesso, ricadevano compostamente sulle sue spalle in ciocche leggermente boccolose

I capelli, che al tempo sua madre portava più lunghi di adesso, ricadevano compostamente sulle sue spalle in ciocche leggermente boccolose. La scollatura vedo non vedo creava un drappeggio composto che scendeva sino in fondo al vestito, percorrendolo per intero. Kathrein si ritrovò a constatare che, nonostante fosse un abito realizzato dalla migliore sartoria di Berlino, non era il suo genere e non avrebbe mai scelto quella tipologia.

Spostò il suo sguardo sulla libreria lì accanto e si alzò per vedere se ci fosse qualche nuova lettura che non avesse ancora divorato. Quando si avvicinò agli scaffali, però, fu costretta a voltarsi al ticchettio di alcuni passi sul parquet. Non erano i tacchi di sua madre, li avrebbe riconosciuti perché avevano una cadenza ritmica e aggraziata che si intervallava con regolarità.

Quello sembrava un passo molto più lento e strascicato, quasi svogliato. Non fu difficile per Kathrein poi confermare che non fosse Elsbeth, poiché una donna perfettamente abbigliata e acconciata si presentò nel corridoio. Si lisciò le pieghe della gonna e portò una mano ad ordinare immaginariamente i capelli perfettamente raccolti.

Sentendosi osservata, si voltò nella sua direzione e lo sguardo che le rivolse fu puro ghiaccio. D'altra parte Kathrein non fu poi molto più amichevole, poiché osservò con aria di sufficienza il tentativo malconcio di abbellire il suo viso sgraziato con il trucco. Non era bella, o almeno non possedeva nessuno dei canoni ariani, ma trasudava un senso accattivante di seduzione.

Anche la donna sembrò guardarla con lo stesso sentore e pareva stupita di trovarla lì. Kathrein non seppe dire il perché, ma qualcosa la faceva sentire vicina a quella donna e al tempo stesso le intimava di starle lontana perché pericolosa. Forse era stato quello scambio di sguardi a instillare in entrambe la consapevolezza di essere simili e calcolatrici di fronte all'ignoto e agli sconosciuti.

Si fermò davanti alla porta dell'ufficio di suo padre e bussò tre volte. Questa volta l'uomo in divisa non la fermò come aveva fatto con lei e Kathrein vide la donna entrare nella stanza dopo che Heinfried le ebbe accordato il permesso.

Si indispettì non poco a quella constatazione e sbuffò sonoramente. Prese a camminare avanti e indietro per il corridoio e ciò non sembrò disturbare minimamente la guardia davanti alla porta che non la degnava nemmeno di uno sguardo.

Erano circa dieci minuti che aspettava di essere ricevuta da suo padre, mentre quella donna ci aveva messo il tempo di uno sguardo e tre tocchi sulla superficie di legno.

Non capì cosa avesse di così importante da comunicare quella donna ad Heinfried e soprattutto perché meritasse addirittura più attenzione della sua stessa figlia.

Prima della sua adorata bambina, Heinfried avrebbe ascoltato solo il führer in persona o qualcuno che era lì per suo conto. Così Kathrein si chiese se quella donna non fosse legata al Reich e se fosse per quel motivo che emanasse un tale senso di spietatezza ed austerità.

Un nuovo rumore di passi si insinuò nelle sue orecchie mentre sbuffava nuovamente. Questa volta parve infastidire il militare di guardia e ciò, infantilmente, la divertì. Non trovava nulla di più esilarante di vedere quegli uomini, solitamente imperturbabili, con un cipiglio contraddittorio. 

Ad ogni modo tornò a concentrarsi sul rumore pesante di anfibi che si abbattevano al suolo e si chiese se dovesse attendere ulteriormente che anche questo nuovo arrivato finisse di parlare con suo padre.

Rassegnata all'evidenza, tornò a sedersi compostamente sul divano e, dopo aver scelto un libro, si infittì nella sua lettura.

Solo quando il rumore fu ormai prossimo e l'uomo che fino ad allora era rimasto fermo sull'uscio sbatté gli stivali a terra per eseguire il saluto, facendola sussultare, decise di alzare lo sguardo e mettere a fuoco la figura dell'ufficiale che gli ordinava di rompere le righe.

Il suo cuore mancò uno, due, tre, indeterminabili battiti e, se non avesse conosciuto così bene la fisionomia del suo corpo, non l'avrebbe riconosciuto.

I capelli, meravigliosi crini biondi, erano più corti dell'ultima volta che l'aveva visto e qualsiasi accenno di barba era stato rasato ed estirpato via dal suo bel viso.

Il suo corpo sembrava aver acquisito ancora più possenza e virilità. Forse il duro allenamento e la rigida disciplina nel tempo non si affievolivano, bensì aumentavano.

Tuttavia non si concentrò molto sulle sue fattezze o sul suo viso perfettamente scolpito. Kathrein sentì solo un capitombolo di felicità riversarsi in lei. Nonostante tutto ciò che aveva potuto udire sul suo conto, lui era tornato e, anche se non fosse stato per lei, ne era ugualmente contenta.

Ad ogni modo, Diedrich non notò la sua presenza e Kathrein non fece nulla per attirare l'attenzione dell'uomo nel salotto.

Forse al momento non aveva tempo per lei e questo spiegava il perché si era recato prima nell'ufficio di suo padre o forse non voleva proprio vederla.

Represse quei pensieri e decise di aspettare ad incontrarlo per il semplice fatto che non avrebbe saputo nemmeno lei come reagire e a Kathrein non piaceva quel senso di incertezza.

Non era mai stata colta impreparata davanti ad una situazione e in poche occasioni si era ritrovata senza parole. Di solito nulla riusciva a far vacillare la sua personalità così ferrea e quando qualcuno ci riusciva preferiva prenderne le distanze, anche se si fosse trattato del suo fidanzato.

Anche lui sparì oltre la porta e quando questa si richiuse, Kathrein provò uno strano senso di soddisfazione al pensiero che non fosse più tra le braccia di Edda e al contempo un altro di sconforto al pensiero che fosse in quella stanza con quella donna che le pareva disposta a tutto.

Si avvicinò alla finestra e vide che un'auto nera di ufficio perfettamente lucidata sostava nel vialetto della villa. Sicuramente Diedrich era arrivato con quella e, seppur le sembrò strano che non fosse venuto con la sua, si chiese come mai l'autista non la parcheggiasse nella rimessa o non fosse andato via.

Avrebbe voluto avvicinarsi alla porta e fare qualcosa di vergognosamente inaccettabile: origliare e tentare di capire perché mai una donna assistesse ad un colloquio tra ufficiali. Ciò le confermò che avesse a che fare con gli affari tedeschi e, forse, Diedrich era tornato proprio per quell'incontro.

Tuttavia la guardia le rendeva il compito più complesso e allora decise di rimanersene buona e giocarsi bene le sue carte per capire cosa avrebbe dovuto fare con il suo fidanzamento.

Mentre rimuginava la porta si aprì e con delusione notò che si trattava della donna.

Anche lei sembrò non aver assorbito ancora il peso degli sguardi precedenti e le si avvicinò. Si sedette accanto a lei e, prendendo carta e penna dalla borsa, si piegò sul tavolino a scrivere qualcosa.

«Non è sbagliato sfruttare la propria bellezza e il proprio ascendente sugli uomini per ottenere quello che si vuole. È giusto che le decisioni politiche degli uomini più importanti di tutti i tempi vengano approvate anche da noi donne. Meritiamo un posto importante nella storia e tu mi sembri degna. Se avrai bisogno di consigli per sfruttare il tuo potenziale, sarò ben lieta di aiutarti. Mi troverai a questo indirizzo»

Poi come se nulla fosse stato detto, si alzò con grazia e andò via.

Kathrein rimase confusa da quelle parole e non capì a cosa si riferisse o perché le avesse offerto aiuto. Consigli per cosa poi? Sfruttare la sua bellezza per ottenere quale posizione sociale?

Abbassò lo sguardo sul biglietto e lesse soltanto "Wallis Simpson" e poi l'indirizzo dove evidentemente alloggiava. Nonostante non riuscisse davvero a capire se fosse soltanto un'arrivista che si era infilata nel letto di molti uomini per ricavarne i vantaggi, ripiegò quel biglietto e lo conservò nel libro che stava leggendo.

Appena rialzò gli occhi verso la porta, questa si aprì. Tuttavia fu nuovamente delusa, poiché fu suo padre ad affacciarvisi e dopo averle rivolto un:

«Tesoro pazienta ancora qualche attimo», l'uomo ordinò qualcosa a bassa voce al soldato di guardia e questo si allontanò per eseguire il comando.

Suo padre richiuse la porta e questa volta la sua tentazione di origliare, benché sbagliata, ebbe la meglio e non fu contrastata da nessuna guardia.

Accostò l'orecchio al legno e riuscì a cogliere solo le ultime battute della loro conversazione

«Ufficiale Schneider, sono informazioni estremamente delicate e importanti quelle che ci ha fornito la duchessa di Windsor. Capirà che non possono trapelare per nessun motivo al mondo. Il führer dovrà essere informato subito, ma non mi fido di nessuno»

Heinfried parlò con serietà e dalla pausa che fece tra una parola e l'altra, Kathrein capì che stesse fumando un sigaro e lo faceva solo quando qualcosa lo preoccupava. Ed era piuttosto raro che qualcosa turbasse un uomo come suo padre.

Si chiese chi fosse la duchessa e poi pensò a quella Wallis. A lei non mostrava l'aspetto regale di una nobile, almeno non di nascita.

Poi la voce del suo fidanzato arrivò alle sue orecchie come una cantilena dolce ed armoniosa, dopo tanti mesi che non la udiva e le restituì un pezzo di sé che non sapeva di non possedere da sei mesi. La sua voce la tranquillizzava e la rilassava nelle notti più tempestose e, nonostante fosse quasi sempre fredda, con lei assumeva tonalità più mansuete e l'aveva cullata per ore.

«Allora andrò io stesso, herr. Partirò immediatamente»

Kathrein sentì soltanto suo padre assentire e la conversazione fu chiusa. Si allontanò immediatamente dalla porta, quasi come se si fosse bruciata. Semplicemente né Heinfried né Diedrich avrebbero perdonato il suo ficcanasare in affari di stato e non voleva pagare la conseguenza della sua curiosità.

Forse era per quello che la macchina non era andata via. Diedrich sarebbe ripartito subito e non sarebbe passato nemmeno a salutarla.

Quella constatazione le arrivò come un pugno in faccia e la fece ribollire di rabbia, ma mantenne il suo contegno.

«Signorina Kathrein, cosa ci fate qui?» la voce di Marge che accorreva preoccupata all'espressione assente della ragazza la fece rinsavire.

«Marge vieni con me» affermò semplicemente la Bergmann mentre la afferrava per un polso e la trascinava delicatamente dietro di sé.

«Ma cosa succede, signorina?»

«Non fare domande Marge, fingi solo di avermi accompagnata a raccogliere delle margherite per il bouquet di questa sera. Per favore» domandò supplichevole e la donna acconsentì senza più replicare.

Aveva capito che Diedrich non avrebbe fatto visita nella sua stanza e, se lei non l'avesse visto, sarebbe rimasta nella convinzione che fosse ancora in Italia. Chissà quante volte in quei sei mesi aveva potuto far ritorno a Berlino senza che lei lo sapesse.

Probabilmente tornare in patria per passare del tempo con lei non era la sua priorità e questo le sembrò più che ovvio.  Non pretendeva di certo che un uomo come lui la anteponesse ai suoi doveri come gerarca nazista.

Ad ogni modo voleva che lui la vedesse e non avrebbe atteso fuori dallo studio, sperando che lui si accorgesse di lei e non avrebbe elemosinato le sue attenzioni.

Si sarebbe accorto di lei in modo più naturale. Così decise di passeggiare con Marge nel giardino, senza allontanarsi troppo dall'entrata della casa in modo tale che, una volta uscito, Diedrich l'avrebbe per forza notata.

Così, dopo qualche minuto passato a regolarizzare il battito del cuore che le saliva in gola, il suo piano poté attuarsi.

Diedrich uscì seguito da due uomini e marciava con decisione verso l'auto. I suoi anfibi schiacciavano pesantemente i ciottoli del viale e il suo sguardo indurito puntava davanti a sé e null'altro.

Quando alzò lo sguardo incontrò quello di Kathrein e fu una fusione totale di oceano contro oceano e di imperscrutabilità contro ghiaccio.

Nonostante tutto, i loro sguardi riuscivano ancora a parlare e Kathrein scorse nei suoi occhi tutto quello che aveva scorto quando tanti mesi prima si erano promessi di aspettarsi.

Il peso di quello sguardo che per tanti mesi aveva cercato e agognato servì ad annullare tutto intorno a lei e per lui parve lo stesso. L'uomo, infatti, si fermò qualche secondo lungo il viale e la osservò per interminabili attimi.

Sembrava volerle dire tante cose, ma non avere il tempo per farlo. Rimasero così, lontani ma vicini. Nessuno dei due mosse un solo passo verso l'altro, ma quello scambio di sguardi sarebbe bastato a colmare la mancanza di altri sei mesi.

Kathrein sperò con tutta se stessa che per un attimo Diedrich ritardasse il suo lavoro e le andasse in contro, chiedendole come stesse e abbracciandola dopo un lungo periodo lontani. Ma tutto ciò non successe e questo, intimamente, le fece molto male e la portò a pensare che probabilmente i pettegolezzi sulla sua possibile relazione con la figlia di Mussolini fosse vera.

Forse non l'amava. Forse se n'era accorto in quei mesi ed era stata proprio Edda a farglielo intuire. Forse adesso la guardava in quel modo perché, in fondo, anche lui riusciva a provare un po' di dispiacimento e senso di colpa per averla presa in giro in quel modo.

Ad ogni modo il momento della verità non era ancora arrivato perché Diedrich dopo aver annuito ed ordinato qualcosa ad uno dei due uomini dietro di lui, le lanciò un ultimo sguardo fugace e poi salì in macchina.

Eppure, quando questa si allontanò lungò il viale sino a sparire, non riuscì ad essere arrabbiata con lui per non averla cercata e per star ripartendo senza neanche averla salutata

Eppure, quando questa si allontanò lungò il viale sino a sparire, non riuscì ad essere arrabbiata con lui per non averla cercata e per star ripartendo senza neanche averla salutata.

Ammise a se stessa che quel semplice collegamento di sguardi per lei era stato più importante di qualsiasi altra cosa perché, in fondo, la sicurezza e la protezione che vi aveva letto dentro le bastavano ad avere molte più conferme di quelle che le sue tacite domande chiedevano e a pensare che niente e nessuno avesse scalfito il loro legame. O almeno così sperava.

Rientrò in casa più rincuorata e, forse, più fiduciosa in Diedrich e nell'amore che i suoi occhi promettevano.

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Ciao tesoriii, eccomi qui. 
Volevo ringraziarvi per l'entusiasmo e il sostegno sempre più crescenti che state dimostrando a me e alla mia storia. Sono davvero contentissima che vi stia interessando e che il mio modo di scrivere vi piaccia. 
Ci sono due foto di come immagino Elsbeth e nella mia mente i suoi tratti si delineano nella bellissima Charlize Theron. Una foto risale al suo matrimonio con il padre di Kathrein, mentre l'altra è uno scatto propagandistico della razza ariana. Erano di uso comune certe campagne pubblicitarie durante il terzo Reich. Anche voi la immaginavate così?
Spero che la storia continui a piacervi,  
Bacini, 
HeyC❤️

  
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