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Autore: in rotta per il paradiso    20/07/2017    3 recensioni
Cecco e Max sono due ragazzi figli della strada. Sono cresciuti tra risse e droga e ne sono diventati campioni. L'unica cosa che può salvare Max è la piccola Benedetta, la sorellina del suo migliore amico. E quando tutto sembrava​ andare bene, qualcosa li travolge.
Dedicato a coloro che hanno qualcosa per cui vivere e talvolta anche per morire...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I genitori bussarono alla porta prima di entrare. Non era la prima volta che si trovavano lì, tuttavia nessuna visita era mai stata così colma di gioia, di buoni propositi e di nuovi inizi... Avanzarono di qualche passo per potersi chiudere la porta alle spalle. Dopo le opportune visite, il dottore era andato loro incontro giusto per riferire che il ragazzo era fuori pericolo, ma che avrebbero dovuto trattenerlo ancora un paio di giorni per ragioni di sicurezza. Quella notizia aveva risvegliato un’emozione di sollievo che sfociò nell'ennesimo pianto da parte di entrambi. Ora si stavano presentando di nuovo al figlio con gli occhi gonfi di chi ha appena terminato di piangere e di chi continuava a farlo.
«Massimiliano…» lo chiamò la donna.
Il ragazzo volse lo sguardo su di loro e sorrise.
«Ciao» bisbigliò.
Calò un lungo silenzio nella camera, sembrava che tutte le parole esistenti non fossero abbastanza.
«Figlio mio, perdonami… Ho rischiato di perderti dicendo cose orribili!»
Nonostante si fosse ripromesso di non versare una lacrima, l'uomo si coprì gli occhi e il viso assunse un colore bordeaux; decise così di mostrarsi debole di fronte a un figlio che, a volte, aveva odiato. La madre gli accarezzò i capelli ricci, non riuscendo ad evitare il pensiero che suo figlio fosse incantevole. D’altro canto, Massimiliano non ricordava i suoi genitori così magri né tantomeno così uniti. Forse a dargli quella sensazione inaspettata erano le fedi nuziali incastrate all’anulare sinistro di entrambe le loro mani, oppure il braccio di suo padre che circondava la vita della madre. La guardò negli occhi, brillavano di una luce diversa, tutta nuova. «Pensavo che non ce l'avreste fatta a rimanere insieme…» disse Max senza peli sulla lingua.
«Ti stavamo per perdere…» ripeté la donna, come se queste brevi parole potessero spiegare tutto il dolore che avevano provato e con il quale avevano vissuto per due lunghissimi mesi.
Lui chiuse gli occhi e sorrise di nuovo.
«Scusaci: siamo stati pessimi genitori, non ti abbiamo saputo dare niente se non tutti i nostri problemi… Forse era destino che questo accadesse, forse avevamo bisogno di qualcosa che ci unisse. Io avevo bisogno di ritrovare me stesso per ritrovare anche voi. Non vi abbandonerò più!»
«Immagino di essere stato un pessimo figlio per voi…»
In quel momento, suo padre compì un gesto che Massimiliano non si sarebbe mai aspettato: gli prese la mano e, guardandolo negli occhi, gli disse:
«Sei un dono del cielo e, da oggi in poi, ti ameremo come non siamo mai riusciti a fare».
La madre si asciugò col dorso della mano l'ennesima lacrima e sorrise davanti a quel quadretto familiare che tanto assomigliava allo stesso di qualche anno fa. Certo, niente era rimasto uguale, ma ora erano pronti a riparare tutti i cocci devastati per ricostruirli. Insieme.
«Ti va di iniziare di nuovo come una famiglia?»
Il ragazzo versò due lacrime, non di più.
«Sì!»

Cecco bussò alla porta della camera 61. Aveva inventato una scusa a Benedetta affinché lo aspettasse nella sala d'attesa, voleva farle una sorpresa e renderla felice dopo troppo tempo.
Il cuore gli batteva all'impazzata, sembrava un treno che andava a massima velocità sui binari, perché non sapeva a cosa sarebbe andato incontro: chissà se stesse dormendo o se fosse sveglio, chissà come lo avrebbe guardato dopo tutto quel tempo… Per un attimo, gli balzò nella mente che Massimiliano potesse odiarlo per ciò che gli era capitato. E il suo rancore, no, non sarebbe riuscito ad affrontarlo. Il timore gli stava per opprimere la gioia che traspariva dal suo muscolo cardiaco, doveva constatare coi propri occhi chi fosse diventato il suo migliore amico. Abbassò la maniglia e aprì la porta. Alzando lo sguardo dal pavimento, s'imbatté in quello luminoso di Max; dischiuse le labbra in un'espressione di stupore, tuttavia la vista non tardò ad offuscarsi. In quel momento, non capì più se il cuore gli stesse sprofondando nello stomaco oppure se battesse così forte da voler quasi uscire dal petto; non capiva se nel cielo splendesse il Sole o se fosse coperto da spesse nuvole scure; e non comprendeva perché anche Max stesse piangendo.
«Amico mio…» lo chiamò Cecco.
E così, nell’infinità di un solo attimo, si ritrovarono e piansero per tutto quello che di sbagliato c’era stato nella loro vita, per tutte le volte che non avevano potuto farlo.
«Fratello!» lo corresse Massimiliano.
Il ragazzo si avvicinò al letto, dal momento che era rimasto immobile sull'uscio della porta; gli strinse la mano e lo guardò: era decisamente più magro, con il viso scavato e pallido, i capelli ricci più arruffati del solito… Sì, era il suo migliore amico, colui a cui avrebbe donato anche un rene o un polmone, non aveva importanza rimanerne con uno solo finché erano in due in quella vita incasinata!
«Non te l'ho detto spesso, ma… »
«Ti voglio bene anche io, testa di cazzo!» scherzò Max per smorzare la tensione.
«Siamo patetici!» rispose Cecco sorridendo tra le lacrime.
«Dov’è lei… ?» domandò l'altro a disagio, non sapendo quale sarebbe stata la sua reazione.
«A proposito di Benedetta, scusami. Ho fatto tante stronzate, ma ho capito che l'unico che può renderla davvero felice sei tu. Prenditi cura di lei, amico mio!»
Gli sorrise e lo informò che tra qualche minuto avrebbe fatto venire la sorella.
«Ti vengo a prendere dopodomani per portarti a casa!» e si chiuse la porta alle spalle.

Negli attimi che seguirono l'arrivo della piccola Benedetta, Max si sentiva nervoso e imbarazzato. Cosa le avrebbe detto? Come le avrebbe dichiarato i suoi sentimenti? Si conoscevano fin da bambini, era così strano! Sentiva lo stomaco attorcigliarsi, chiudersi e provocargli dolore. Le avrebbe dato un dolce bacio, puro e casto come lei, tutto per farle capire quanto fosse indispensabile per lui.
La porta si aprì lentamente e la ragazzina entrò con lo sguardo basso di chi non si aspetta nulla di diverso.
“ O la va o la spacca! “ pensò, forse così sarebbe riuscito a stupirla; o forse avrebbe dovuto attendere di tornare nel loro quartiere, portarle una rosa e dichiararsi nel modo più romantico e antico possibile? Massimiliano non avrebbe resistito altri due giorni, voleva sentire il suo profumo, il sapore delle sue labbra, voleva sentirla solo sua finalmente.
«Ti amo!»
Benedetta spalancò gli occhi e alzò la nuca per guardare se davvero quel suono lontano fosse arrivato proprio da lui. Era là, a due passi da lei, appoggiato sullo schienale del letto. Sbatté le palpebre più volte, forse la vista le stava giocando dei brutti scherzi; ora le stava sorridendo, il volto più roseo, probabilmente anche troppo. La ragazzina si coprì il viso, incredula nel vederlo in tutta la sua bellezza. Andò accanto a lui, gli accarezzò una guancia e le vennero i brividi nel toccare la sua pelle calda, quasi normale. D’istinto lo abbracciò, affondando nelle lunghe braccia di quell'amico che non era poi così amico.
«Non so cosa dire… »
«Dimmi solo che mi ami, ne ho bisogno… » la pregò Massimiliano.
«Certo che ti amo! » gli confessò, singhiozzando ancora di più.
Il ragazzo le asciugò tutte le lacrime, era una cosa bellissima e come tutte le cose belle, non si rendeva proprio conto dell'effetto terapeutico che gli faceva. Appoggiò le labbra sulle sue, sussurrandole che l'amava. Era quello che provava e glielo avrebbe ricordato ogni giorno della loro vita.
   
 
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