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Autore: Chainblack    20/07/2017    0 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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I tredici studenti si riunirono sulla scena del crimine dopo pochissimo.
Xavier aveva sentito le urla di Rickard fin dalla caldaia; un simile richiamo bastò per far accorrere tutti in breve tempo.
All'interno della stanza si udiva soltanto il lento e pesante scalpitare dei macchinari, gli sbuffi della caldaia e il rumore di acqua passante per le tubature.
La maggior parte dei presenti osservava il cadavere di Elise a capo chino, e pochi ebbero il coraggio di avvicinarsi.
Pearl Crowngale socchiuse gli occhi; i suoi avvertimenti non erano serviti ad impedire l'inevitabile.
Karol Clouds era inginocchiato vicino al corpo; teneva la mano fredda e inerte di Elise tra le proprie, quasi come a ricercarne inutilmente una pulsazione.
Il suo sguardo era particolarmente vacuo. 
Appoggiò delicatamente la mano della compagna a terra e si alzò in piedi. Dovette inspirare ed espirare profondamente prima di riuscire a proferire parola.
- Noto con profondo dispiacere come le ultime parole di Alvin siano state vane... - mormorò.
- Prof, so di sembrare ripetitiva, ma vista la situazione mi vedo costretta a ribadirlo - si fece avanti Pearl - Ognuno di noi può avere dei motivi per uccidere che per gli altri non sono minimamente immaginabili. E' una dura realtà, ma dobbiamo accettarla -
Karol alzò lo sguardo; il suo volto era stanco e provato.
- Come posso accettare che, in questo preciso istante, uno dei tredici presenti sia un assassino? - si chiese l'Ultimate Teacher - Uno di noi ha ucciso Elise... vorrei davvero capire con che coraggio è riuscito a compiere un gesto simile, dopo ciò che è successo a Refia... -
- Può significare solo che quel certo qualcuno desidera uscire da qui molto più intensamente degli altri - rispose Xavier.
Il detective rivolse il suo unico occhio in direzione dei compagni.
Judith e June ancora non riuscivano a capacitarsi dell'accaduto, mentre Hayley, Hillary e Pierce rimanevano a debita distanza per evitare anche solo di posare gli occhi sull'accaduto.
Lo sguardo di Karol era profondamente amareggiato, mentre Michael sembrava essere pesantemente irritato dalla situazione.
- Lo sapevo... - mormorò con rabbia il chimico - Un'altra vittima...! Quando finirà questa follia!? -
In un angolo della stanza, Vivian stava cercando di aiutare Lawrence a riottenere un colorito normale. La traccia di vomito del musicista era ancora lì; Kevin pensò di andare a prendere uno straccio e dell'acqua, più che altro per distrarsi da ciò che stava accadendo.
- Che... cosa facciamo...? - chiese timidamente Rickard - Non dovremo affrontare un altro processo...? -
- Sono le regole, che noi lo vogliamo o meno - annuì Pearl - Dovremmo cominciare le indagini -
- No, no...! Non di nuovo! - singhiozzò Pierce - Oh, Dio, voglio tornare a casa...! -
- Ma perché...? - Hayley affondò la testa tra le braccia - Perché tutto questo? Perché a noi!? -
June Harrier strinse i pugni.
- Assassino... - sibilò - C'è un altro assassino tra noi... -
- Non perdere la calma, June - la fermò Xavier - Avrai bisogno di lucidità mentale se vuoi andare fino in fondo a questa storia -
Il calore divampante della caldaia si fece sempre più intenso, probabilmente amplificato dall'infervorare dell'animo dell'arciera.
Il suo volto divenne ancora più rosso, le gote sembravano andargli in fiamme.
- Giuro che lo troverò...! -
- Quindi siamo pronti a cominciare? - 
- Non abbiamo altra scelta, no? - sospirò Judith.
- Un'altra caccia all'uomo... - mormorò Kevin - Che schifo di situazione... -
Xavier annuì. Guardò ciò che rimaneva di Elise, e poi i dodici altri sopravvissuti.
Avrebbe dovuto collaborare con loro per giungere alla verità, avrebbe dovuto affrontare le insidie del processo con l'aiuto di tutti.
Ma tra quelle persone si annidava un nemico nascosto, un lupo in veste d'agnello. Un assassino.
E, ancora una volta, la vita di tutti era sul filo del rasoio.



Michael Schwarz passò ad esaminare minuziosamente ogni singola area del corpo; la causa del decesso era più che evidente, ma la speranza di trovare qualche indizio in più era ancora accesa.
La sua mano ispezionò la sezione attorno al collo della vittima, il cui colorito era oramai divenuto completamente pallido a causa dell'assenza di sangue.
Uno squarcio le aveva reciso buona parte della pelle e della carne, risultando in una ferita fatale.
Un altro fiotto di sangue svicolò dalla ferita e bagnò il pavimento: questo era già completamente ricolmo di fluido sanguigno, e la differenza non si notò.
Un ampio lago di sangue si era disteso a macchia d'olio attorno alla testa, inglobando gran parte della pavimentazione.
Michael dovette, suo malgrado, tastare il terreno con le dita per accertarsi che nulla di importante fosse andato sommerso.
Una sensazione di disgusto gli pervase le membra; il suo braccio tremò e si contorse.
- Bah... - brontolò lui - Che mi tocca fare...? -
- Abbi pazienza, Michael - lo incoraggiò Judith - Sei l'unico che possa capirci un minimo -
- Io sono un chimico! Non un paramedico! - protestò - Il mio posto dovrebbe essere chiuso in un laboratorio, con nessuno tra i piedi e, sopratutto, senza cadaveri! -
Judith notò come l'indagine del compagno non si fermava nonostante le continue lamentele, segno che in cuor suo Michael aveva accettato il proprio ruolo, seppur malvolentieri.
- Scoperto qualcosa? - chiese la legale.
- Qualche traccia, sì... ma non riesco a cavare un ragno dal buco -
La ragazza estrasse un taccuino e una penna dalla tasca dei pantaloni e raggiunse la prima pagina pulita. 
- Fammi un elenco -
Lui la guardò un po' storta.
- Ti sei... preparata, vedo -
- Considerala una deformazione professionale - si giustificò Judith - Avere qualcosa su cui scrivere torna sempre utile -
- C'è una singola ferita sul corpo, nient'altro - cominciò Michael - Non ha né lesioni, né graffi, neanche un livido. Ironico, considerando che era solita inciampare nei suoi stessi lacci... -
Judith gli lanciò uno sguardo severo.
- Michael... abbi un po' di tatto -
- Va bene, mi asterrò da commenti futili... - sbottò, mentre l'altra si chiese se avesse capito in cosa consisteva il rimprovero - Deve essere morta sul colpo, l'arma è penetrata a fondo in una zona vicina alla clavicola. Il collo ha subito seri danni. Probabilmente una lama irregolare -
- Irregolare, dici? -
- Non un coltello, o altre armi dritte - spiegò lui - La ferita è un po' strana -
Judith appuntò tutto con la massima cura.
- C'è altro? - chiese.
- Sì, e qui arriva la parte peculiare - Michael si sistemò gli occhiali - C'è del terreno sparso qua e là -
- Terreno? - lei lanciò uno sguardo sul corpo - Non ne vedo -
Lui le fece cenno di avvicinarsi; alzò una mano e le mostrò alcuni minuscoli ciottoli.
- Sono piccoli, probabilmente frammenti di ghiaia o terriccio. Non ne ho idea - continuò lui - Ne ho trovati sul suo petto. Inoltre c'è una macchia abbastanza evidente sulla sua spalla sinistra: sempre terriccio -
- In pratica i suoi vestiti erano insudiciati con del terreno - annuì lei - Piuttosto inusuale -
- E non è tutto - Schwarz le indicò un'area attorno alle gambe di Elise, sulla quale fortunatamente non era stato versato sangue - Ci sono delle chiare impronte di scarpe in questo punto. Non sono troppo numerose, ma abbastanza evidenti: c'era del terriccio accanto alle suole, lo stesso di prima -
Il volto di Judith si illuminò.
- Possiamo identificarne il proprietario? -
- Magari - scosse il capo - No, non c'è niente che riconduca a chi le ha indossate. E a quest'ora il colpevole se le sarà già pulite -
- A proposito di "ora"... - si domandò Judith - Possiamo stabilire a che orario è avvenuto il delitto? -
Michael si grattò la chioma arruffata.
- Neanche questo è possibile - sbuffò - Il calore della caldaia ha alterato le proprietà del cadavere. Il rigor mortis potrebbe essere già entrato in funzione da un po', e non potremmo saperlo -
Judith Flourish prese nota di tutto nel dettaglio. Michael non riuscì a fare a meno di notare una nota di apprensione da parte di lei ogni volta che la penna si muoveva lungo la carta del quadernino.
- E' tutto? -
- Non c'è altro - confermò Michael.
- Ne sei certo? -
Il chimico trovò una vaga conferma dei propri sospetti, ma evitò di far trapelare la sua irritazione.
- Judith, sei hai qualcosa da ridire sulla mia indagine, sei libera di esprimerti! -
Lei indietreggiò; si accorse di essere stata colta in flagrante. Promise a se stessa di lavorare sulla neutralità della propria espressione nel corso dell'investigazione.
- S-scusa, Michael, ma devo prendere ogni informazione con le pinze... soprattutto le tue - ammise - Sei nella posizione migliore per fornire prove false... e non vorrei dubitare di te -
- Prove false, dici? -
- Beh... sei tu che gestisci l'autopsia - deglutì - Se dipendessi troppo da ciò che mi dici... potrebbe ritorcersi contro... -
Si zittì; sapeva di aver parlato troppo. Un'espressione strana era comparsa sul volto di Michael Schwarz: un misto tra sospetto e compiacimento.
- Sapevo che prima o poi ti saresti rivelata per ciò che sei, Judith Flourish -
- C-come, scusa!? -
- Intendo dire che hai finalmente iniziato a dubitare di tutti - annuì Michael - Lascia che quell'idiota di Karol continui da solo la sua crociata per una classe devota all'amicizia e alla cooperazione. Tu non sei una stupida, o non saresti l'Ultimate Lawyer -
Le gote di Judith divennero sempre più rosse; lei stessa non capiva se per la rabbia o per il calore, ma sentiva in cuor suo di voler rispondere per le rime a Michael.
- E che cosa intendi insinuare con questa frase!? - ribatté lei - Che chi crede nel prossimo è un idiota e che gli avvocati sono tutti scaltri!? -
- Chi ha orecchie per intendere, intenda - fu l'ultima risposta di Michael prima che i due si separassero definitivamente.
L'avvocatessa tentò di concentrare la propria mente sulle indagini, principalmente per non pensare alla sgradevole conversazione avvenuta poco prima.
La sua prima tappa fu raggiungere June, che sembrava intenta ad esaminare quella che sembrava una grossa botola metallica.
Questa era aperta ed il coperchio era appoggiato a terra. Provò ad afferrarlo: era parecchio pesante, ma in qualche modo riuscì a sollevarlo da terra.
Dopo essersi accertata che il suo peso non fosse insostenibile, lo lasciò cadere con un tonfo rimbombante.
- Trovato nulla da queste parti? -
June annuì, ma mantenne un'espressione di distacco. Judith intuì che non era il caso di disturbarla troppo e decise di fare da sé.
La botola sembrava ricondurre ad una celletta sotto il pavimento: una breve scaletta in ferro scendeva verso il basso, dentro la stanzina.
L'interno era angusto, principalmente perché la maggior parte dello spazio era occupato da tubature, e nemmeno troppo illuminato.
Cominciò a scendere al suo interno; passandoci davanti notò che il coperchio della botola poteva essere aperto da entrambi i lati.
Non appena i piedi poggiarono terra, la ragazza guardò innanzitutto verso l'alto: era scesa di appena tre metri.
Poi, esaminando la cella sotterranea, la sua attenzione venne rapita dal particolare più evidente.
Vicino alla scala, poco più avanti, vi era un oggetto metallico dalla forma arrotondata dal quale grondavano tracce di sangue: era un falcetto.
Judith era certa di aver visto quello strumento nella serra, assieme agli altri utensili botanici. Non che vi fosse davvero qualcosa che richiedeva una mietitura, ma la giovane sapeva che quell'arnese non era stato piazzato in quella scuola per un motivo interamente devoluto al giardinaggio.
Strinse i pugni, avvicinandosi a quella che era chiaramente l'arma che cercava.
Ne osservò la lama: ricurva, quasi a mezzaluna. Il metallo scintillante di cui era composto era quasi completamente offuscato dai grumi di sangue.
Ripercorrendo le parole di Michael su come l'ipotetica arma del delitto fosse composta da una lama irregolare, ogni dubbio fu fugato.
Diede ancora un'altra occhiata nei paraggi, ma non vi fu nient'altro che catturò la sua attenzione.
Il pavimento attorno al falcetto era sporco di sangue oramai secco; nessuna altra traccia era presente nel resto della stanza.
Intuendo che il suo lavoro in quel luogo fosse concluso, si apprestò a risalire lungo la scaletta, portando con sé lo strumento insanguinato.
Nel vederla risalire, June storse il naso. La vista dell'arma era già poco gradevole di suo, senza contare le circostanze della scena del crimine.
- Elise è stata uccisa con... quello? -
- Sì, tutto fa pensare che sia così - annuì Judith - E' piuttosto leggero, si può tenere con una mano sola. Persino Hillary riuscirebbe a maneggiarlo -
June scacciò dalla mente quell'esempio.
- C'era altro là sotto? - chiese.
- No, ho controllato bene - la rassicurò Judith - Ma per qualsiasi dubbio faresti meglio a ispezionare di persona. E tu? Trovato qualcosa? -
A quelle parole, June le indicò ciò che stava attirando la sua attenzione.
Un gigantesco macchinario, posizionato alle spalle del cadavere, alto quasi cinque metri e largo tre. Emetteva sbuffi di vapore e diversi rumori, e bastava starci vicino per avvertire un forte calore: la liscia superficie in metallo era incandescente. Era chiaro che quella macchina era un componente della sala caldaie.
- Che cos'è? - chiese l'avvocatessa.
- Michael ha detto che è una sorta di cisterna. E' collegata con uno scambiatore di calore; dovrebbe essere il responsabile della trasmissione dell'acqua calda -
Judith apprezzò l'erudizione, ma non ne intravide il significato.
- Ha a che fare con il caso? -
- Non ne sono davvero certa... - mormorò Harrier - Però l'acqua calda ha smesso di scorrere poco fa, giusto? Mi chiedevo se la cosa non fosse connessa con l'omicidio... -
Qualcosa nella mente di Judith scattò. 
- E' vero... in effetti io stessa me ne sono accorta - constatò - Mentre facevo la doccia, la regolazione termica dell'acqua si è bloccata di colpo -
- Magari questo bestione ne sa qualcosa - osservò June, poggiando la mano sul gigantesco macchinario.
Non sembrava presentare dei difetti evidenti. Anzi, era perfettamente in funzione, e ad ogni sbuffo Judith si convinse che non vi era nulla che non andasse.
Le due notarono che dalla cisterna si diramavano una cospicua quantità di tubature. 
Fu solo seguendole una ad una che si accorsero in cosa consisteva il problema: una delle tubature presentava un'ammaccatura consistente.
Il tubo in questione si trovava esattamente sopra le loro teste, ad appena un metro dalla cisterna, ed era leggermente staccato dal soffitto.
A differenza degli altri era incrinato verso il basso, e delle minuscole e fugaci gocce d'acqua colavano sul pavimento.
- Ecco il "colpevole" - asserì Judith - Quella tubatura è danneggiata -
- Ma è sempre stato così? - si domandò June - Non mi pare di aver notato nulla del genere quando... -
La frase le morì in gola. Un ricordo che stava tentando di scacciare era riaffiorato improvvisamente.
Non era la prima volta che la caldaia veniva ispezionata a causa di un omicidio. June si chiese se quel luogo non fosse stato colpito da una maledizione.
Judith non ci mise molto a notare lo stress della compagna.
- Vuoi uscire un momento, June? -
L'altra scosse il capo con veemenza.
- Sto bene - tagliò corto - Starò meglio quando questa storia sarà finita... -
- Intendi quando troveremo l'assassino? -
L'arciera strinse i pugni.
- Sì, chiunque esso sia - sbottò lei - E non credere che non sospetti anche di te, Judith. Per quanto mi riguarda siete tutti sospetti! -
- Non posso biasimarti... - sospirò.
- Ho fin troppe persone sulla coscienza, ora come ora... - June si diede dei buffetti in faccia come per darsi una strigliata da sola - Non permetterò a chiunque abbia assassinato Elise di fare fuori anche tutti noi e di farla franca. Assolutamente NO! -



Le piccole dita di Hillary rovistarono tra i rottami della videocamera di Elise nella speranza di trovarvi qualcosa di utile.
Fece attenzione a non danneggiare ulteriormente il dispositivo che, a giudicare dalle condizioni in cui era stato rinvenuto non sarebbe mai più tornato a funzionare.
Xavier prestò attenzione ad ogni movimento delle sue mani: era evidente che Hillary sapeva come gestire la situazione.
Il detective aveva notato la presenza della videocamera distrutta vicino al cadavere e aveva deciso istantaneamente di requisirla per sottoporla all'attenzione dell'Ultimate Clockwork Artisan.
Oltre ad Alvin ed Elise, Hillary era l'unica ad aver già lavorato precedentemente con quegli strumenti; dunque era l'unica rimasta da poter consultare.
- Che cosa ne dici? - chiese Xavier.
- E' al di là di ogni riparazione - annuì lei - Ma forse siamo stati fortunati -
Notò il suo cambio di tono ed espressione.
- Dunque hai trovato qualcosa -
- La videocamera sembra essere stata colpita violentemente, ma la rientranza della memory card si è salvata - gli disse - E se la scheda è intatta possiamo leggerne i dati su di un'altra videocamera. Ci metterò qualche minuto -
Xavier annuì pazientemente. Fece qualche passo indietro e appoggiò la schiena al muro, attendendo che Hillary finisse.
Nonostante ciò, il suo sguardo non si distolse nemmeno un momento dalle mani della compagna. Ogni movimento delle dita, ogni pezzetto del dispositivo che veniva
rimosso, ogni percettibile azione veniva immediatamente assimilata dal suo occhio.
"Se Hillary è l'assassina, non le permetterò di liberarsi di qualche prova sotto il mio sguardo
La sua attesa terminò dopo pochissimo tempo: Hillary estrasse un minuscolo chip dal congegno.
- La ho trovata! - lo richiamò lei - Sembra ancora integra -
Lui se la fece consegnare seduta stante.
Girò lo sguardo di lato: proprio in quel momento, Vivian era tornata portando con se uno straccio bagnato in una mano e una delle videocamere di sicurezza in un'altra.
La ragazza si fermò lungo il corridoio, dove Lawrence Grace era seduto sul pavimento.
Il musicista appariva ancora sofferente a causa del ritrovamento di Elise; la sua faccia non era ancora tornata di un colore normale.
Lei gli porse lo straccio umido, e dopo qualche parola di convenevole andò poi da Xavier.
Lawrence chiuse gli occhi, sospirò, e si passò il panno sulla fronte.
Vivian appoggiò la telecamera sulla mano libera di Xavier.
- Ecco, l'ho presa -
- Come sta Lawrence? - chiese lui - Sembra ancora piuttosto provato -
- Lo è, ma sta migliorando - sorrise Vivian.
Xavier lanciò uno sguardo diffidente in direzione di entrambi, poi procedette ad inserire la scheda memoria.
Sotto la mani capaci di Hillary la videocamera di attivò. Vi era un singolo file video salvato sopra; la lunghezza era notevole.
Hillary mandò avanti veloce la registrazione fino a quando non trovò la parte che interessava loro.
Il video era stato fatto in movimento: intuirono che ciò a cui stavano assistendo era il punto di vista di Elise.
- Eccoci, si sta avvicinando alla caldaia - la avvertì Xavier - Manda a velocità normale -
All'interno del video, Elise sembrava aver notato che la porta della caldaia era aperta. Sullo schermo comparve la sua mano che, spingendo delicatamente la porta, entrò al suo interno.
Vivian rabbrividì: il pensiero di stare assistendo a ciò che aveva visto e provato una persona che fino a poco tempo prima era ancora viva le fece venire i sudori freddi. Una sensazione strana e nefasta che sperò di non provare mai più. 
- Prestate attenzione - le spronò Xavier nel momento in cui la parte importante stava giungendo.
L'interno della caldaia era assolutamente identico a quello che avevano visto, e non vi era nulla che sembrasse immediatamente fuori posto.
Persino i ridondanti rumori degli sbuffi erano perfettamente udibili attraverso la piccola telecamera.
Elise mosse qualche passo lungo la caldaia; la telecamera era dritta di fronte a lei.
Ad un tratto, parve fermarsi davanti alla gigantesca cisterna: l'obiettivo si mosse a destra e sinistra, esaminandola nel dettaglio.
Fu in quel momento che accadde: nel video venne avvertito un forte rumore proveniente da fuori la caldaia, ed Elise si girò di scatto.
Mosse un passo avanti, poi un altro e un altro ancora.
Il suo respiro si era fatto vagamente più intenso.
E poi, come in un baleno, Xavier, Vivian ed Hillary sentirono un urlo agghiacciante. Elise sembrava stare urlando oltre le proprie possibilità, struggendosi le 
corde vocali. Un tonfo sordo e il rumore di una lama furono le uniche altre cose che riuscirono ad ascoltare.
Hillary sobbalzò sul posto, mentre Vivian si coprì occhi e orecchie.
La mano di Xavier vacillò per un istante; odiò il dover ammettere a se stesso che quella vista era piuttosto spinta anche per lui.
Il grido non durò che qualche attimo: Elise cascò a terra e, assieme a lei la telecamera. 
Poi, un altro colpo si avvertì, e la telecamera cessò di registrare. L'ultima cosa intravista era un fiumiciattolo rosso scorrere lungo il pavimento.
Hillary respirò a fatica.
- Nessun dubbio che il delitto sia avvenuto qui dentro... - mormorò.
- Ma il colpevole non si vede da nessuna parte... - si lamentò Vivian - Eppure, entrando nella caldaia, Elise non sembra aver adocchiato nessuno -
- Ma doveva essere lì, e credo anche di sapere come - 
Le due ragazze rimasero allibite.
- Dici sul serio? - chiese Vivian.
Xavier annuì.
- C'è un singolo, piccolo dettaglio fuori posto nel video - spiegò lui - La botola metallica era chiusa, nella registrazione. Ma quando siamo arrivati la abbiamo trovata aperta -
- Oh, capisco dove vuoi arrivare -
Hillary si massaggiò il mento.
- E cosa c'era nella cella sotterranea? - chiese.
- Judith ha dato un'occhiata per prima. Sembra che ci fosse un'arma - asserì Xavier - Mi farò dire di più non appena lei, June e Michael avranno finito -
Vivian abbozzò un sorriso.
- Non l'avrei mai detto -
- Che cosa intendi? - domandò lui.
- Beh, ti stai affidando a loro tre per compiere un'indagine al posto tuo - lo punzecchiò lei - Non è forse segno che ti fidi di loro? -
Il volto del ragazzo si contrasse in un'espressione infastidita.
- Al contrario. Quei tre dovranno uscire da quella porta, quando avranno finito - disse indicando la caldaia - E io sarò lì a controllare che non abbiano combinato scherzi con le prove. Io sospetto di tutti, Vivian. Tutti -
L'Ultimate Painter perse ogni parvenza di ottimismo; la sua espressione emanava un forte alone di delusione.
Hillary non poté che guardare Xavier con uno sguardo sprezzante e di disgusto.
- Un'ultima cosa - le richiamò Xavier - Avete idea di che cosa fosse quel forte rumore udito da Elise? -
Vivian Left ci pensò su per un istante: i suoi occhi si illuminarono.
- Oh! Credo di saperlo! - esordì l'artista - Credo sia lo scatolone che June ha fatto cadere vicino all'imballatrice -
Le orecchie di Xavier Jefferson captarono un'informazione succosa.
- Hai detto che è stata June? -
- La ho incontrata nel deposito rifiuti - spiegò lei - Stava trasportando della roba dalla palestra, credo, e la ha fatta cadere per errore -
- Quindi mi stai dicendo che eri con lei? -
Vivian deglutì.
- S-sì, è così... -
Hillary si pose fra i due.
- Soddisfatto del responso, Xavier? - i suoi occhi lo squadrarono in cagnesco.
Lui si limitò a sbuffare.
- Lo sarò quando June confermerà questa versione - rispose - Ora è meglio se torni da Lawrence. Non sembra stare benissimo... -
- Tsk! Certo! - gli ribatté di rimando Hillary - Fai pure finta di preoccuparti per lui! -
E con ciò, la piccola ragazza dai capelli rossi si fece strada lungo il corridoio.
Vivian lanciò a Xavier uno sguardo triste, decidendo di seguire a ruota la compagna.
Rimasto solo coi suoi pensieri, l'Ultimate Detective non poté che immergersi nelle proprie riflessioni.
Sgomberò la mente da ogni dettaglio superfluo e riattivò la videocamera, pronto a vivere una seconda volta la morte di Elise Mirondo.
 

   
 
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