Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Amily Ross    20/07/2017    4 recensioni
(Sequel de: “Il Ritiro Natalizio della Nazionale Giovanile.”)
__________________________________________
È passato circa un mese dal ritiro natalizio in Austria, molte cose sono cambiate da allora, e molte altre dovranno ancora cambiare; è rimasto indelebile il ricordo di quella “vacanza” nel cuore di tutti. Ognuno ritorna a vivere la propria vita: chi in Francia, chi in Germania e chi in Giappone, ma c’è profumo di cambiamenti nell’aria: nuove vite, nuove città e nuove conoscenze, cambieranno la vita di alcuni di loro. Fanny ha intrapreso la carriera di manager alla Mambo, al fianco di Amy, ma presto una nuova avventura la porterà nel paese dei suoi sogni, là dove gioca il suo ragazzo: la Germania.
__________________________________________
Questa fiction è temporalmente collocata nel 2018, e i ragazzi e le ragazze hanno tutti ventuno anni o quasi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Grace (Machiko Machida), Jun Misugi/Julian Ross, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Note introduttive: ormai mi sa che è diventata una routine, ma anche in questo capitolo sono necessarie; come potrete vedere sin da subito, anche qui è presente una canzone di Max Pezzali – credo proprio che continuerò su questa linea – almeno finché non avrò esaurito le riserve di canzoni. xD Altra cosa che salta immediatamente all’occhio è il titolo: “Io ci sarò… Un amico è così” giustamente vi chiederete il perché, ebbene, non è un doppio titolo, ma un titolo correlato; in quanto questo capitolo è diviso in due parti – principalmente perché lungo – ma anche per creare un po’ suspense, come noterete alla fine della sequenza tedesca, la prima canzone non viene conclusa con l’ultima strofa – che verrà appunto – conclusa in seguito nel capitolo successivo; e per quanto riguarda la seconda, che ancora non è stata inserita, verrà inserita al prossimo pezzo, sempre tra le file tedesche. Questa volta niente canzoni uniche per entrambe le fazioni – e niente canzoni per il gruppo giapponese – anche se volendo, la seconda, potrebbe anche riferirsi indirettamente a loro. L’idea di usare due canzoni nello stesso capitolo, probabilmente è una pura pazzia, ma essendo che io lo sono – e ormai penso lo abbiate capito – ho voluto fare quest’esperimento, spero non renda tutto quanto incasinato e incomprensibile. Se qualcosa non dovesse esservi chiaro vi prego di farmelo presente, sono ben lieta di darvi delucidazioni a riguardo, non mi dilungo più di tanto, ho scritto abbastanza.

Vi lascio al capitolo.

Un bacione immenso, Amy

 

Capitolo 5: Io ci sarò… Un amico è così… (prima parte)

 

“Non posso giurare che ogni giorno sarò bello, eccezionale, allegro,

sensibile, fantastico… ci saranno dei giorni grigi,

ma passeranno sai, spero che tu mi capirai.

Nella buona sorte e nelle avversità,

nelle gioie e nelle difficoltà, se tu ci sarai,

io ci sarò…”

 

Ospedale di Amburgo: lunedì 24 gennaio, 2018 h. 19:40.

È passata un’altra ora da quando Karl Heinz Schneider è stato portato d’urgenza al pronto soccorso, il dottor Brown ha dato ai presenti una parziale diagnosi, in quanto non sa bene nemmeno lui con che tumore ha a che fare nello specifico. La famiglia con Grace e i due amici è rimasta là, sebbene abbiano appreso già da un po’ la notizia, non hanno ancora attutito il colpo, ma non è il momento di piangere e disperarsi: adesso bisogna dare la notizia al Kaiser e loro devono essere la sua forza, il suo sostegno.

Intanto, nella sua camera, Karl attende di poter vedere i suoi cari e anche un medico, che spera gli dica di poter tornare a casa; il mal di testa è passato grazie a un analgesico che il personale gli ha somministrato, ma l’ansia e la paura di scoprire la verità non è per niente passata. Guarda apaticamente la goccia che scende dalla flebo attaccata la suo braccio sinistro, non ha idea di che roba contenga, ma a giudicare dal colore trasparente del liquido e la sua poca conoscenza in campo medico, sembra normale soluzione fisiologica. Sospira, chiude un attimo i suoi occhi di ghiaccio, per poi riaprirli e fissare ancora quella goccia: lenta, ritmica e costante; che fa a botte con il suo stato d’animo, agitato e spaurito.

Non è la prima volta che finisce in ospedale, durante la sua carriera calcistica, è spesso capitato che ci sia finito per degli infortuni più o meno gravi, ma è sempre stato dimesso in giornata… questa volta teme che le cose possano andare in modo diverso. “Perché mi hanno portato in una camera singola e mi hanno attaccato questa flebo? C’è forse qualcosa che dovrei sapere? Che c’entrino i mal di testa?”  con questi pensieri e gli occhi lucidi, il ragazzo non si accorge dei genitori e del medico che sono appena entrati; il viso voltato dal lato opposto, stanco, triste e speranzoso.

«Karl, amore di mamma.» sussurra Beatrix avvicinandosi al letto dove è steso il suo bambino, posandogli un dolce bacio sulla fronte, carezzando quei capelli dorati che ha ereditato da lei; gli occhi verdi della madre – lui li ha ereditati azzurri dal padre – rossi e col trucco lievemente sbavato, gli fanno capire che ha pianto. «Mamma…» sussurra, accorgendosi anche del padre e del medico, più in là fermi sulla porta chiusa: Benji, Hermann e Grace, anche i loro volti sembrano provati dalle lacrime e stanchi. “Perché che cosa è successo? Perché avete pianto? È forse per colpa mia?” si chiede, timoroso di esprimere a voce queste domande.

A parte quella dolce frase di sua madre nessuno dei suoi cari ha ancora aperto bocca, sembrano tutti statue che lo fissano con occhi gonfi e rossi, mentre la sottile mano materna gli carezza i capelli, un gesto lento e delicato, incredibilmente dolce – lo stesso che aveva il potere di rilassarlo da piccolo e farlo riaddormentare dopo un brutto incubo. “Che anche questo sia un incubo?”  pensa ancora, mentre osserva il medico con in mano una cartella, probabilmente la sua, scambiarsi uno sguardo con suo padre che annuisce debolmente e sorride guardandolo – lo stesso sguardo orgoglioso e fiero che ha quando il suo Kaiser segna il goal della vittoria.

«Karl come ti senti?» gli chiede d’improvviso il medico, rompendo finalmente quel pesante silenzio dal quale poteva addirittura sentire il respiro caldo di sua madre. «Bene, mi sento solo un po’ stanco e vorrei tornare a casa.» ammette il ragazzo con sincerità; sente la mano materna bloccarsi sulla sua chioma e il padre sospirare. «Karl so che vorresti tornare a casa, riprendere la tua vita quotidiana ed essere in un campo da calcio piuttosto che qui… ma al momento non posso dimetterti, ragazzo.» dice il medico con voce dolce e paterna, come se stesse parlando con suo figlio.

Parole poco rassicuranti, che dicono tutto e niente, rimbombano nelle sue orecchie come se fossero state urlate, facendolo diventare improvvisamente sordo; la sua mente sembra essersi svuotata, solo quelle parole continuano a rimbalzare prepotenti, aumentando il suo crescente terrore. «Dottore… che significa? Perché non può lasciarmi andare?» chiede fissandolo con i suoi occhi azzurri, profondi e terrorizzati, mentre sente la mano di sua madre riprendere a carezzargli i capelli, questa volta con un gesto meccanico.

Il dottor Brown sospira e chiude un attimo gli occhi, conscio del fatto che ciò che sta per dire sarà anche peggio. «Karl hai un tumore al cervello, ma farò di tutto per farti guarire, tornerai presto a giocare a calcio. Te lo prometto, Kaiser.» dice, diretto e professionale, ancora con voce calda e paterna. Il tempo sembra essersi fermato nuovamente, i respiri sembrano essersi mozzati; Karl con gli occhi sbarrati osserva il volto della madre sopra al suo, senza realmente vederlo. “Tumore al cervello.”  è lì che la sua mente si è fermata, quelle tre parole che rimbombano assordanti nelle sue orecchie come una litania angosciante, preludio di morte.

Un singhiozzo di Grace lo ridesta dai suoi pensieri funesti, sente le lacrime della madre cadergli sul viso, unendosi alle sue che non si è nemmeno accorto  di aver versato, chiude gli occhi e stringe la mano della mamma. «Andrà tutto bene, piccolo mio…» sussurra Beatrix Schneider, con voce incrinata, ma dolce e calda. Karl non dice nulla, annuisce debolmente, ancora con quelle parole nella mente, mentre osserva uno per uno i volti delle persone presenti nella stanza: i suoi genitori, il medico, i suoi due migliori amici e Grace. La sua piccola dolce Grace, la sua Starlet. «Vorrei rimanere da solo.» dice infine con voce chiara e decisa, che non ammette repliche.

«Karl… amore ti prego noi siamo con te, lotteremo insieme a te, non è solo la tua battaglia.» sussurra la ragazza, avvicinandosi al letto e prendendogli la mano; lui la lascia fare e la guarda, non si oppone né ricambia, la guarda e basta. «Starlet… non te la prendere, lo so, ma al momento voglio stare da solo.» dice specchiandosi in quei profondi occhioni ambra che lo hanno fatto innamorare dal primo giorni che hanno incrociato i suoi. Grace ricambia lo sguardo, annegando a sua volta in quei meravigliosi occhi color ghiaccio che l’hanno subito colpita, con un velo di lacrime nei suoi, guarda il fidanzato e annuisce – anche se controvoglia – lo stringe e lo bacia sulla fronte per poi staccarsi e uscire dalla stanza, correre fuori e scoppiare in lacrime.

«Benji, Hermann prendetevi cura di lei…» sussurra Karl, chiudendo gli occhi per non cedere ad altre lacrime davanti ai presenti. «Papà… porta mamma a casa, prenditi cura di lei e di Marie Käte.» dice poi ai genitori. «Tesoro, piccolo di mamma non dire così, noi resteremo qui a prenderci anche cura di te, tua sorella la manderemo qualche giorno dai nonni a Leverkusen…» piange Beatrix, stringendo forte il suo bambino. «Ho detto che non voglio nessuno, cazzo, voglio rimanere da solo. È così difficile da capire? Mamma per favore vattene, almeno per adesso…» urla questa volta il Kaiser allontanandola e voltandosi dalla parte opposta.

Price e Kaltz guardano l’amico sconvolti, ma capiscono che non deve essere facile per lui, sospirano ed escono fuori dalla stanza raggiungendo l’amica in giardino. Thomas guarda il figlio con occhi lucidi, ma non piange, non può piangere. Non deve. Non ora. Stringe le spalle della moglie, che ancora china sul suo bambino, è rimasta paralizzata da quel tono duro. «Andiamo, Bea, per adesso lasciamo che elabori la notizia da solo, il nostro Karl è forte e non si arrenderà così, lotterà come ha sempre fatto durante le sue partite. Questa è la partita della sua vita e deve vincerla a tutti i costi.» dice l’uomo sorridendo al figlio, dandogli un leggero pugno sulla spalla destra; Beatrix stringe le mani del marito, guarda ancora il suo piccolo uomo, lo bacia in fronte e si lascia portar via. «Adesso cerca di riposare un po’, ti farà bene.» dice il dottor Brown congedandosi anche lui.

Rimasto solo Karl, si lascia andare ad un pianto liberatorio, dando un pugno non indifferente alla testata del letto. «Perché cazzo? Perché?» dice tra un singhiozzo e l’altro, mentre le lacrime continuano a rigargli il viso sempre più prepotenti e inarrestabili. Stringe il pugno destro, dolorante per il gesto rabbioso di poco prima e chiude gli occhi, lasciando vagare la mente di qualche anno addietro.

“Solo che la vita non è proprio così, a volte è complicata, come una

lunga corsa ad ostacoli dove non ti puoi ritirare

soltanto correre… con chi ti ama accanto a te.

Nella buona sorte e nelle avversità, nelle gioie e nelle difficoltà

se tu ci sarai, io ci sarò…

 

Inizio flashback

Era un caldo venerdì di luglio, quella sera dopo l’allenamento pomeridiano sarebbe dovuto andare con Grace, gli amici e i compagni al Paulaner’s Miraculum, come sempre – ma quella sera del 4 luglio di due anni fa, avrebbero dovuto festeggiare il suo diciottesimo compleanno – ma così non fu. Quell’anno non festeggiò il compleanno.

Finito l’allenamento raggiunse la panchina con i compagni, come sempre, quella volta però qualcosa catturò la sua attenzione particolarmente: suo padre. Nascosto all’ombra del tunnel dello spogliatoio con gli occhi fissi a terra. «Karl va a farti subito la doccia, dobbiamo andare immediatamente a Berlino.» disse senza aggiungere altro, lui lo guardò senza rispondere, ma annui e corse a lavarsi, non poteva immaginare cosa fosse successo di tanto sconvolgente, ma a giudicare dal tono del genitore doveva essere qualcosa di serio.

Associando la città al luogo in cui si teneva la finale degli Europei capi che fosse successa qualcosa… forse suo zio si era infortunato gravemente durante la partita o forse era successo qualcosa ai nonni, che erano lì a seguire la partita del secondogenito, ma solo una volta arrivato capì che non era per loro che erano lì, anche, ma fondamentalmente era un altro parente a star male; dopo aver lasciato Marie Käte dai nonni materni ad Amburgo, Karl con suo padre e sua madre, corse in ospedale. «Thomas…» sussurrò Beatrix, stringendo la mano del marito sul cambio, che non rispose, continuando a guidare in silenzio. Karl non ebbe il coraggio di chiedere cosa fosse successo, lo scoprì una volta arrivati.

Suo zio Bernd Schneider, fratello minore di suo padre, attaccante del Bayer Leverkusen era stato ricoverato d’urgenza dopo aver perso i sensi alla finale degli Europei contro la Francia.  La diagnosi fu brutale: cancro al cervello in stadio terminale; brutale e spietata come i titoli della stampa: “Bernd Schneider, bandiera dell’attacco del Leverkusen, a soli venticinque anni sta giocando la sua ultima partita, quella con la vita, contro un tumore. È la sua fine?”

Esattamente un mese dopo suo zio perse la sua partita più importante, si arrese ad un avversario più forte di lui: la malattia, il suo avversario più temibile, lo strappò per sempre e prematuramente dai campi di calcio e dalla sua famiglia, a soli venticinque anni, all’apice della sua carriera calcistica: Bernd Schneider morì stroncato da un tumore maligno al cervello.

Fine flashback

Questo triste e doloroso ricordo lo riporta improvvisamente al presente; adesso come allora, di nuovo in una camera d’ospedale, con la stessa diagnosi o quasi, due Schneider un solo destino. «No, io non finirò come te zio, non posso, non voglio morire e lasciare ancora un vuoto nel cuore di papà… non posso lasciare mamma col cuore a pezzi per aver perso il suo bambino… non posso lasciare Grace. Non posso...» sussurra come fosse una preghiera, dando un altro pugno al letto.

Stringe i denti per il dolore alla mano e asciuga le lacrime, non ha ancora razionalizzato per nulla la notizia, non è possibile; si siede sul letto tremante di rabbia e con tutto il suo coraggio si stacca l’ago dal braccio. Non è possibile, deve essere soltanto un brutto sogno, la storia non può ripetersi ancora una volta. Si alza dal letto e raggiunge la porta, si guarda cautamente attorno e vedendo la via libera da medici ed infermieri scappa dall’ospedale.

Un uomo nascosto nell’ombra sorride e lo lascia andare, prende il cellulare dalla tasca del suo camice da lavoro e fa partire una chiamata anonima, una chiamata pesante e meschina, solo per una manciata di popolarità.

 

“…Nella buona sorte e nelle avversità,

nelle gioie e nelle difficoltà

se tu ci sarai, io ci sarò…”

 

***

 

Dopo aver mangiato un boccone, seppur con lo stomaco chiuso, ognuno è tornato a casa per farsi una doccia e cambiarsi, con l’accordo di vedersi dopo a casa della ragazza; né Benji né Hermann vogliono che Grace rimanga sola, soprattutto visto che i suoi genitori sono ancora in Giappone. 

Amburgo: Villa Price, 24 Gennaio, 2018 h. 21:30.

Benji rientra a casa, tira malamente il giubbotto sul divano del salotto e lancia letteralmente le chiavi dell’auto sul mobile dell’ingresso. «Alla buon’ora, signorino. Ero venuto a prenderti al campo, ma evidentemente avevate già finito e il tuo cellulare è staccato. Va bene che non sono tuo padre, ma ti avevo detto che sarei arrivato oggi. Un minimo di rispetto, Benji, penso almeno di meritarmelo. Non credi?» dice Freddy Marshall, seduto sul divano in salotto, nascosto dalla penombra.

Il portiere sussulta sentendo la sua voce, essendosi totalmente dimenticato del suo arrivo con tutto ciò che è successo, poi sorride, ringraziando che sia lì. «Ciao, Freddy… scusami, me ne sono dimenticato con tutto il casino che è successo oggi e il cellulare mi si è scaricato.» sussurra con un tono lievemente tremante e parecchio scosso. L’uomo, che gli è vicino da quando era un soldo cacio, conosce ormai benissimo ogni suo tono di voce; in fondo è un po’ come se fosse suo figlio. «Benji ch’è successo?» chiede con tono paterno, alzandosi dal divano per raggiungere il suo pupillo.

Il ragazzo non si  muove e non risponde, rimane immobile nello stesso punto, con la visiera del cappellino calata sugli occhi e lo sguardo fisso a terra. «Benji? Tutto bene?» chiede ancora Marshall, iniziando a preoccuparsi, non avendo idea di quanto possa esser accaduto, nel frattempo gli è arrivato di fronte; a quel punto il ragazzo lo stringe e scoppia a piangere sul suo petto. Le lacrime che ha dovuto reprimere in presenza della sua migliore amica, adesso sono finalmente libere di esser sfogate, perché in fondo anche lui è umano e anche lui ha dei sentimenti, oltre al suo smisurato orgoglio.

Avrebbe potuto piangere anche prima, ma non voleva turbare ancora l’amica, voleva piuttosto darle la sua forza e il suo sostegno – perché lui è Benjiamin Price ed è fatto così – nonostante non sembri, consola sempre le persone a cui tiene, poi una volta in solitaria si lecca le ferite.

«Allora?» chiede ancora l’allenatore, tenendo il suo ragazzo tra le braccia e carezzandogli la schiena scossa dai singhiozzi. «Freddy… sono davvero contento del fatto che tu sia qui.» dice come se fosse un bambino piccolo tra le forti braccia del padre, tirando sul col naso; l’uomo sorride e continua a stringerlo forte contro il suo petto, aspettando che il ragazzo prosegua. «Abbiamo finito prima l’allenamento e siamo corsi in ospedale, Karl si è sentito ancora male, ha avuto le convulsione e lo hanno ricoverato…» inizia il portiere, senza riuscire a proseguire, ancora troppo scosso.

Il buon Freddy Marshall sbarra gli occhi castani sotto le sue lenti e allontana il suo pupillo, giusto quel poco che serve per guardarlo negli occhi. «Scheiße!»[1] si lascia sfuggire, anche se non è solito dire parolacce. «Vieni, sediamoci e raccontami tutto quanto. Spero non sia nulla di grave…» dice preoccupato per il giovane Kaiser, in fondo ormai è un grande amico del suo ragazzo, come lui lo è di Thomas da quando erano ancora entrambi calciatori.

Benji asciuga gli occhi con la mano destra e si lascia sprofondare sul divano, sospirando pesantemente e chiudendo gli occhi, mentre Freddy ritorna con un bicchiere d’acqua che gli porge, sedendosi al suo fianco; il ragazzo accenna un sorriso e beve un po’, posa il bicchiere sul tavolino e lo guarda. «Non sanno ancora di preciso con cosa hanno a che fare, ma dalle prime analisi… è emersa la presenza di un tumore al cervello. Dick,[2] Freddy ti rendi conto? Non è possibile, non può accadere di nuovo…» sussurra riprendendo a tremare.

Il mister lo stringe di nuovo a sé e lo carezza sulla schiena, cercando di calmarlo, non lo ha mai visto così scosso e in lacrime, ma è ben lieto di consolarlo – questo gli fa capire quanto sia alta la considerazione che ha di lui il pupillo. «Lo so, Benji, so a cosa stai pensando, ma non accadrà di nuovo. Hai detto che i medici non sanno ancora con cosa hanno a che fare nello specifico, ma cerca di stare tranquillo e stargli vicino… Karl non farà la stessa fine di Bernd, questa volta andrà tutto bene.» sussurra con una dolcezza che sfodera molto di rado, tenendo quel ragazzo che ha visto crescere – su tutti i fronti – tra le braccia, rincuorandolo e consolandolo.

Dopo aver parlato a lungo con il suo ex allenatore personale, Benji si sente leggermente più sollevato, consapevole del fatto che avrà sempre una spalla sulla quale piangere, che lo accoglierà ogni volta come un padre tra le braccia; lo ringrazia ancora per lo sfogo e sorride, finalmente sorride. «Adesso vado a farmi una doccia e mi cambio, tra un po’ arriva Kaltz, rimaniamo a dormire da Grace dato che i suoi sono in Giappone.» lo informa. «Non è un problema per te, vero?» si affretta ad aggiungere, come se dovesse scusarsi di qualcosa. Freddy scuote la testa e sorride. «Va pure, non preoccuparti, se avrai bisogno io sarò qui. Adesso chiamerò Thomas, tu prenditi cura di Grace e stalle vicino, ha bisogno della tua forza per sostenere il fidanzato e tu ed Hermann dovrete aiutarla. Karl ha bisogno anche dei suoi migliori amici.»

***

Furano: casa di Philip Callaghan, 25 Gennaio, 2018 h. 7:30.

Nonostante sia ancora presto, e hanno dormito veramente poco e male, Amy e Jenny sono già sveglie – anche se non devono preparare la colazione per i calciatori come in ritiro – perché ci penserà la mamma di Philip, le due ragazze non riuscirebbero più a dormire. Amy sospira pesantemente, guarda l’ora e si mette seduta sul letto, guardando il fidanzato ancora addormentato al suo fianco, ma non vuole svegliarlo.

Jenny, sentendo il sospiro dell’altra, e vedendola sedersi sul letto, la imita e si ritrova le braccia di un dormiente Philip alla vita, sorride  guardandolo, poi volge lo sguardo all’amica. «Buongiorno… anche se avrei preferito dormire ancora.» dice. Amy sorride. «Buongiorno. Non dirlo a me, mi sento stanchissima, ma una volta sveglia non riesco più a riprendere sonno.» ammette.

Jenny sospira, si stacca le braccia del fidanzato dalla vita e si alza. «Chissà com’è la situazione ad Amburgo…» sussurra accorgendosi che anche i due Ross stanno ancora dormendo. «Non lo so, sperò davvero non sia nulla di grave. Temo dovremo aspettare che si svegli Fanny per avere altre notizie, penso che Benji le avrà scritto ancora…» sussurra Amy alzandosi piano per non disturbare Julian, consapevole del suo sonno leggero.

Jenny sospira ancora e prende i vestiti e il suo beauty aprendo la porta, aspettando che l’altra la raggiunga, per poi richiuderla piano. «Se non fosse notte fonda da loro potrei chiamare Grace, ma penso stia dormendo dopo una giornata pesante, non voglio disturbarla se è così… potrei chiamarla nel pomeriggio, quando da loro sarà mattina…» dice pensierosa la manager della Flynet, mentre entra in bagno, seguita dalla compagna, che annuisce con un sospiro pesante.

«Immagino anche io stia dormendo, so bene cosa significhi passare ore infinite in ospedale senza che nessuno ti dica nulla, poi se quello che sta male è il ragazzo che ami…» sussurra Amy, persa nei suoi ricordi tristi, mentre Jenny inizia a lavarsi i denti. «In ogni caso penso che le farebbe piacere sentirti più tardi, sei la sua migliore amica, per quanto lì possa avere Benji, tu sei tu e lui sarà sconvolto quanto lei.» aggiunge dopo essersi ripresa, infilandosi sotto la doccia.

Dopo essersi lavate entrambe velocemente, tornano in camera per posare beauty e pigiami, richiudendo silenziosamente la porta, scendono al piano di sotto, dove la signora Callaghan sta preparando la colazione.  «Buongiorno, ragazze. Dormito bene? Quei tre sono ancora a letto?» chiede allegramente la donna. «Buongiono…» sussurra timidamente Amy, che conosce poco la mamma dell’amico.

«Buongiorno, signora Mizuki. Sì, abbiamo dormito bene e gli altri non si sono ancora svegliati.» risponde Jenny, che ormai ha una certa confidenza con la madre del fidanzato; non vuole dirle nulla, non finché non avranno notizie certe, sorride e si  mette tranquillamente ad aiutarla con la preparazione. Amy sorride e poco dopo inizia anche lei a dare una mano.

«Fanculo, stupido cellulare di merda!» sbuffa Fanny svegliandosi e afferrandolo, notando con disappunto che si è spento, sbuffando ancora lo attacca alla carica e intanto che aspetta che si carichi un po’ per riaccenderlo va in bagno a darsi una sistemata, con la sua solita grazia da elefante in una cristalleria entra in bagno facendo un casino assurdo.

«Fanny… ma perché sei sempre così maldestra?» le urla Julian, svegliato dai suoi rumori. «Scusa, cuginetto. Comunque buongiorno, sveglia quel pigrone del tuo amico, sono le otto.» urla lei dal bagno, facendolo sospirare;  Julian si alza e raggiunge il letto dell’amico per svegliarlo, ma lo trova già sveglio.

«Ma sicuro che è tua cugina? Lei è un uragano vivente, tu sei tutto l’opposto…» dice Callaghan sbadigliando, sedendosi sul letto e stropicciandosi gli occhi, Ross ride ed alza le spalle. «Beh, se non sapessi per certo che è la figlia del fratello di mio padre, avrei anche io qualche dubbio.» ammette, facendo ridere anche l’altro.

***

Dopo colazione i coniugi Callaghan si congedano, dicendo ai ragazzi che non ci sarebbero stati per pranzo, avendo delle commissioni da sbrigare a Tokyo. «Che facciamo oggi?» chiede un annoiato Philip, seduto sul divano, con la gamba infortunata alzata sul pouf. «Boh, con te in queste condizioni non è che si possa fare molto.» risponde Julian provocandolo. «Baronetto vorrei ricordarle che è stato lei a ridurmi in questo stato, quindi adesso si assuma le sue responsabilità.» risponde a tono il capitano della Flynet, scatenando le risate di Amy e Jenny.

Fanny colta da un lampo, si alza di scatto dalla poltrona sulla quale stava seduta, e senza avvertire gli altri corre immediatamente al piano di sopra per recuperare il suo cellulare, ormai sarà carico e deve assolutamente accenderlo per vedere se Benji le ha mandato altri messaggi: infatti, come volevasi dimostrare, una volta accesso trova due messaggi su Whatsapp proprio del fidanzato, titubante apre la chat e legge, spalanca gli occhi verdi e rilegge ancora una volta, sperando di aver capito male – purtroppo ha letto benissimo.

Rimane seduta sul letto a fissare il display del cellulare, mentre delle silenziose lacrime iniziano a rigarle il viso, fa un veloce calcolo sul fuso orario e sospira. «In Germania è circa l’una di notte, amore… vorrei risponderti, ma non vorrei svegliarti se stai dormendo.» sussurra tra sé, in questo momento più che mai, vorrebbe essere lì con lui e consolarlo, sospira ancora e alla fine decide di rispondere – male che vada lui le risponderà appena sveglio.

Ancora in lacrime e profondamente scossa, si alza e raggiunge gli amici giù. «Potremo passare la giornata a giocare alla PlayStation.» propone Julian, anche se un po’ gli scoccia, ma non è il caso di uscire, proprio mentre Philip sta per rispondere Fanny rientra in salotto. «Ragazzi…» sussurra con voce tremante e il viso ancora bagnato di lacrime; i presenti si bloccano tutti e la fissano, tornando immediatamente seri, a giudicare dalla sua espressione deve aver avuto altre notizie da Amburgo.

«Fanny non tenerci sulle spine. Che ti ha scritto Benji?» la esorta Jenny, seduta accanto al fidanzato, sentendo un brivido lungo la spina dorsale, stringendosi al ragazzo, che ricambia la stretta e guarda l’altra ragazza, così come Julian e Amy che, la osservano silenziosi, con un leggero terrore negli occhi. «È più grave di quel pensassimo… lo hanno ricoverato, hanno diagnosticato un tumore al cervello, ma devono fare altri accertamenti per saperne di più…» sussurra la Ross, scoppiando nuovamente a piangere.

Quattro paia di occhi si sbarrano contemporaneamente, quelli di Amy si riempiono immediatamente di lacrime, trovandosi le braccia del fidanzato sulle spalle che, prontamente, la stringe forte. «Grace…» mormora Jenny, consapevole di quanto la sua migliora amica possa essere in pena in questo momento. «Dobbiamo andare in Germania, dobbiamo stare vicini ai nostri amici.» dice Philip, profondamente dispiaciuto per l’amica e il tedesco, con cui alla fine – fuori dal campo – hanno sempre avuto un buon rapporto; dicendolo scatta in piedi come se nulla fosse, ricadendo immediatamente per terra data la poca stabilita della gamba infortunata.

«Philip, amore…» accorre subito Jenny, preoccupata del fatto che possa essersi fatto male. «Sto bene, piccola, fa solo un po’ male…» sussurra il ragazzo con voce strozzata dal dolore. «Philip Callaghan sei un completo idiota, capisco benissimo cosa ti passi per la mente, ma non avresti dovuto alzarti così di scatto e senza stampelle.» lo ammonisce Julian alzandosi e raggiungendolo, aiutato da Jenny, lo stende sul divano e gli toglie il tutore per controllare il ginocchio; intanto Amy e Fanny hanno trovato consolazione l’una tra le braccia dell’altra.

«Baronetto è sicuro di sapere quello che sta facendo?» chiede Philip, un po’ per smorzare la tensione, mentre l’altro gli alza il pantalone della tuta fin sulla coscia. «Taci, Callaghan. E comunque sì, ti ricordo che mio padre è il miglior ortopedico di tutta Tokyo, essendo suo figlio saprò pure qualcosa, e poi sai com’è, essendo calciatore conosco questi infortuni, inoltre, vorrei ricordarle che studio medicina» dice Julian non scomponendosi minimante alla provocazione dell’amico, toccando con accuratezza il suo ginocchio sinistro. «Jenny ho bisogno del ghiaccio e di una pomata per i traumi.» dice con un tono serio e professionale.

La ragazza annuisce e corre immediatamente a recuperare quanto chiestole, mentre lui massaggia lievemente la zona intorno al ginocchio dell’amico, che lo guarda tra il serio ed il divertito. «Sembri quasi serio, ti ci vedrei come medico sportivo, od ortopedico come tuo padre.» dice non resistendo. «Che voglio diventare medico e sto studiando medicina non è un mistero, ma non ho ancora deciso su che branca specializzarmi.» risponde Julian, sciogliendogli il quadricipite teso. «Cuginetto…» lo chiama improvvisamente Fanny, mentre Jenny rientra con ghiaccio e Lasonil. «Non adesso, Fanny.» risponde Julian, senza nemmeno voltarsi a guardarla, mentre inizia a spalmare la pomata sul ginocchio di Philip, che ridacchia  e guarda la fidanzata.

«Julian Ross!» tuona Fanny, che odia essere ignorata. «Anche se sei impegnato puoi benissimo ascoltarmi, almeno che tu non lo faccia con le mani anziché con le orecchie.» dice balzando in piedi senza ammettere repliche. Julian sospira. «Dimmi.» dice arrendendosi, non ha per niente voglia di sentire la cara cuginetta urlare; la ragazza sorride trionfante e si siede sul bracciolo del divano. «Guardandoti giocare a fare il medico, come tuo padre, ho avuto l’illuminazione. Potrei dire di Karl a mio padre, sai anche tu che è il neurochirurgo migliore del Giappone.» dice contenta di poter aiutare il miglior amico del fidanzato.

Il cugino la guarda un attimo, poi continua a spalmare la pomata sul ginocchio dell’altro. «Ma siete tutti medici voi Ross?» chiede Philip stupito, non si aspettava che anche lo zio dell’amico lo fosse. Julian annuisce, poi guarda di nuovo la cugina. «Non so, Fanny, potrebbe essere una buona idea, ma penso tu debba parlarne con Benji, che a sua volta dovrà parlarne con i genitori di Karl, che a loro volta dovranno parlane col medico che lo ha preso in cura… potrebbe essere utile, ma non è detto che sia fattibile, senza contare che tuo padre dovrebbe partire per Amburgo.» le risponde, mentre finisce di spalmare la pomata sul ginocchio dell’amico, posandoci poi sopra la borsa del ghiaccio.

«E quindi?» scatta la cugina. «Non mi sembra una cosa tanto impossibile da fare, e sinceramente, non vedo perché quell’altro medico tedesco non debba accettare l’aiuto di un collega. Cosa importa se è giapponese? È la bravura quella conta, e per la cronaca, mister so tutto io, so benissimo che se tutto venisse accolto di buon grado dalla Germania papà dovrebbe partire – e ovviamente io andrò con lui – così potrò stare vicina a Benji.» conclude mettendo su un lieve broncio, mal sopportando il modo di essere perfettino del cugino.

Julian sospira e si siede sul divano. «Fanny fai quello che ti pare, tanto non mi avresti dato retta neppure se ti avessi detto di no. E per la cronaca, non ti ho impedito di farlo, al contrario ho detto che potrebbe essere una buona idea elencando i pro ed i contro della faccende. Parla con Benji e vedi cosa ne pensa lui.» conclude poggiando il capo sul divano, chiudendo gli occhi e sospirando. Sono appena le nove del mattino e già la testa gli scoppia, bell’inizio di giornata.

«Ragazzi siete uno spettacolo mentre litigate, non immaginavo che il nostro caro Baronetto potesse litigare così con la cuginetta.» ride Philip, mettendosi seduto. «Callaghan taci o questa volta te lo rompo davvero il ginocchio.» lo riprende Julian poco carinamente, mentre Amy gli lancia un’occhiataccia e Jenny tira uno scappellotto sulla nuca del fidanzato e Fanny gongola. «Scusa, Phil, solo che con tutto il casino che è successo in dieci minuti mi scoppia già la testa.» ammette Ross. «Ti prendo qualcosa per il mal di testa.» dice prontamente Jenny, scattando in piedi, ma fermandosi subito, non sapendo cosa può prendere e cosa no, visto il suo problema cardiaco. «Jenny va bene la Tachipirina, non interferisce con i suoi problemi.» dice Amy cogliendo il dubbio dell’amica, che annuisce e corre in bagno per prenderla.

Fanny sbuffa, si butta sul divano e sblocca lo schermo del cellulare, andando sul contatto del fidanzato, sbarra gli occhi vedendolo online – addirittura che sta scrivendo – sorride e attende paziente che arrivi il messaggio, rimanendo a fissare lo schermo acceso, mentre Jenny ritorna con la medicina e un bicchiere d’acqua per Julian.

 

«Fuffy mia, vorrei averti qui con me in questo momento, ma non posso pretendere che tu venga con l’università e tutto il resto che avrai da fare a Tokyo.
Spero di poter fare Skype stasera, ho voglia di vederti.
Adesso sono a casa di Grace assieme a Kaltz, non volevamo rimanesse sola.
 Karl ci ha praticamente cacciato fuori non appena ha saputo del tumore; nonostante la gravità della situazione i medici mi sono sembrati molto ottimisti e preparati, so che è in buone mani.»

«Anche io vorrei essere lì con te, amore, forse ho una scusa per venire. Mio padre è un neurochirurgo, potrei parlargli della situazione e venire ad Amburgo con lui.» risponde Fanny felicissima di poter parlare col suo uomo. 

«Potrebbe essere una buona idea, ma adesso devo scappare.
Hanno chiamato i genitori di Karl piuttosto allarmati, appena so qualcosa e posso ti spiego.
Ich liebe dich. ♥»» risponde Benji disconnettendosi.

Fanny sospira e racconta agli amici della conversazione appena avuta col ragazzo. 

 

 

 

 

***

Angolo dell’autrice: non ho molto da dire, dunque non mi resta che ringraziare sempre chi segue e recensisce la storia, chi legge solamente e chi l’ha inserita tra i vari preferiti; come ormai è consueto, un ringraziamento particolare e doveroso, va alla mia fantastica Darling (ti adoro, tesoro. ♥) ormai promossa ufficialmente a mia consigliera personale e compagna di scleri e consigli, colei che un po’ dietro le quinte contribuisce nella stesura di questi capitoli e ha alcune anticipazioni in anteprima. Grazie davvero di tutto. :)

Un bacione grandissimo, al prossimo capitolo, Amy

 

 

 

 


[1] Merda

[2] Cazzo

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Amily Ross