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Autore: Elykei    21/07/2017    1 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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20. Ama il tuo prossimo.

Dopo qualche giorno di silenzio radio, Delia tornò a farsi sentire.

Da quello che avevo saputo da Umberto non aveva ancora contattato Gabriella, me lo aveva riferito lui perché Dede ancora non voleva parlare.

Quando avevamo affrontato l’argomento, Obi era parso un po’ arrabbiato con la mia amica. Capiva che era in difficoltà, però anche Gabriella ci stava male e lui era il suo migliore amico.

Il giovedì sera mi ritrovai con Genna, Delia, Raffaele e Diego in piazza in una cittadina di provincia.

Il mattino durante la nostra lezione mi era scappato che cercavo qualcosa di divertente da fare per tirare su di morale la mia amica, anche se il perché non l’avevo detto ad alta voce, e Raffaele aveva proposto di unirci a loro.

Delia non conosceva nessuno dei due, perciò dovetti presentarglieli io.

Finiti i convenevoli Gennaro chiese - Quindi quel è il programma della serata? -.

- Pensavamo di prenderci qualcosa da bere in un localetto qua vicino e poi andare al Balì -.

- Sembra carino, ho sentito parlare molto bene di quella discoteca -. Commentò Delia.

- Sì, non è affatto male. Io e Raffa ci siamo stati un paio di volte già, e poi stasera suona un ragazzo che conosciamo -.

- È bravo? -.

- Una bomba. -.

- Davvero? - Rise lei - Siamo tornati negli anni duemila? -.

- Non si una più dire una bomba eh? -.

- Da un bel po’ ormai -.

Ci sedemmo sul terrazzino di un bar, ci vollero quattro rampe di scale per raggiungerlo, ma quella vista valeva ogni fatica.

Da lassù c’era una chiara visuale di tutta la piazza, piena di gente di tutte le età e delle strade vicine illuminate dai lampioni e dai locali.

Il cameriere che prese le nostre ordinazioni sembrava un po’ a impacciato, infatti quando risalì con il vassoio dei nostri bicchieri notammo che aveva dimenticato un Moscow Mule.

- Scendo a prenderlo -.

- Ma no Delia, tanto il ragazzo deve risalire per prendere le ordinazioni di questi che sono arrivati ora e gli diciamo che manca il tuo ordine -. Assicurò Diego.

- No, non fa niente. Vado io che faccio prima -.

- Ti accompagno -.

- Grazie -.

Scendemmo le scale a due a due, d'altronde quella era la parte facile.

Mentre attendevamo il cocktail ci sedemmo agli sgabelli del bancone, c’era molta gente perciò trovare posto fu un vero colpo di fortuna.

Forse però il merito era stato degli occhini azzurri e del corpetto in pelle che indossava Delia, più che della sorte, dato che a cederci gli sgabelli erano stati due ragazzi che avevano squadrato la mia amica dalla testa ai piedi.

- Allora ragazze possiamo offrirvi qualcosa? – chiese il più basso dei due.

Delia lo soppesò per qualche secondo, poi con un sorriso ammiccante disse – Mi spiace ma abbiamo già ordinato -.

- Oh beh potreste prendere qualcos’altro, uno shottino, un secondo bicchiere -.

- Che ne dici? -. Mi guardò da dietro una ciocca bionda.

Sapevo consa aveva in mente e quella sera ero anche in vena di starle dietro.

- Beh, non so, qui fanno gli shot speciali no? -.

- Sì, - si affrettò a replicare l’altro – Volete provarne qualcuno? Conosco il barman, ci fa passare avanti -.

- Okay -. Rispose Delia.

I due si buttarono nella mischia, - Allora Dede, a quanto ci fermiamo? -.

- In discoteca quanto staranno i drink? Sei o sette euro? -.

- Se non di più -.

- Allora direi che possiamo andare avanti per un po’ -.

Risi, probabilmente lo faceva perché voleva distrarsi, e quella sera non glielo avrei assolutamente impedito.

- Ah no aspetta, non è che i tuoi amici su se la prendono se spariamo? -.

- Dubito che passeremo qui la serata, per una ventina di minuti non faranno problemi -.

- Che ne sai, magari sono simpatici -.

- Uno non riusciva a trovare i tuoi occhi e l’altro era decisamente troppo entusiasta all’idea di farci ubriacare -.

- Ho delle belle tette, che fosse interessato a quelle non è strano -.

- Questo è certo, – le dissi sorridendo, - Però l’ultima volta che ho controllato anche tu eri in cerca di tette -.

- Forse un cambiamento è ciò che mi serve -.

A quel punto mi feci più seria.

Quante volte l’avevo sentita fare, con coloro con i quali poteva parlare, discorsi su come la sessualità non fosse una scelta, né un modo di vivere, ma parte integrante del proprio essere?

- Delia? -.

Spostò lo sguardo sui due che tornavano – Ecco i nostri nuovi amici -.

- Ragazze, prego -. Disse quello dallo sguardo lungo, o corto, dipendeva dai punti di vista.

Avevano portato un paio di bicchierini a testa, metà erano bicolore, verdi e viola, gli altri erano gialli con schizzi di colore rosso e uno strato trasparente in cima.

Per un attimo mi chiesi se era il caso di bere cose offerte da sconosciuti, Delia fece lo stesso pensiero e mi sussurrò – Avvisa Genna, digli di darci un dieci minuti -.

Si allontanò ridacchiando, per evitare di destare sospetti. Io mandai il messaggio.

Brindammo e bevemmo.

Col passare del tempo parve chiaro che di simpatico o gentile non c’era nulla in quei due, e per quanto l’idea di drink gratuiti fosse all’allettante, c’era un limite alla nostra sopportazione.

Alla terza allusione sconcia li salutammo senza troppe cerimonie e raggiungemmo Gennaro, Diego e Raffaele.

- Tutto okay? -. Si assicurò il nostro amico, noi annuimmo e prendemmo posto.

- Delia, tutti questo tempo per prendere il tuo cocktail e lo hai anche dimenticato giù? -.

- Ne ho approfittato è l’ho bevuto direttamente lì -.

Diego era decisamente più socievole di Raffaele, non che la cosa mi stupisse.

Avevo constatato in prima persona quanto quegli occhi verdi potessero essere schivi all’inizio.

Arrivammo all’ingresso del Balì che erano le tre e qualcosa. La soglia non era altro che un grande arco con un solo buttafuori e gente accalcata.

I primi ad entrare furono Delia, Diego e Gennaro, il buttafuori era girato verso un ragazzo in un angolo. Quando io e Raffa ci avvicinammo l’uomo ci guardò e mi fermò con un braccio – Mi spiace ragazzi ma da ora si esce solo -. Quasi a rimarcare la cosa si avvicinò una coppia dall’interno del locale e prima di lasciarli passare il bodyguard disse – Sapete che se uscite non potete più rientrare vero? -.

Guardai Raffaele - E ora? -.

Cercammo gli altri, ma erano entrati spediti e probabilmente non avevano avuto il tempo di notare la nostra assenza.

Rassegnati ci sedemmo su un muretto lì vicino – Provo a chiamarli?  - proposi.

Raffaele scosse la testa - Con il volume così alto non sentiranno mai la suoneria, e comunque quando non ci troveranno torneranno indietro -.

- Hai ragione, oh già che ci siamo.. – Presi una scatolina dalla borsa - Questo dovevo dartelo stamattina, poi mi sono dimenticata -.

- Un regalo? -.

- Non siamo troppo lontani da natale vero? -.

Aprì lo scatolo, non era nulla di speciale: un bracciale in cuoio intrecciato con allacciatura in argento.

- Se non è il tuo stile puoi cambiarlo, non ero certissima su cosa prendere, volevo chiedere a Diego, ma non ho il suo numero -.

Lo rigirò tra le mani.

-  C’era anche nero e lo so che con quello sarei andata sul sicuro, ma questo verdone mi pareva più adatto, più intenso… più simile a quello dei tuoi occhi, non so -.

Accennò un sorriso – Dici? -.

Ricambiai – In effetti è più interessante il colore del bracciale, tuttavia almeno alla lontana gli occhi ci si avvicinano -.

Scosse il capo allungandomi il polso – Aiutami a chiuderlo -.

Il gancio era piuttosto duro, dovetti fare un paio di tentativi e mi guadagnai un mezzo sguardo di scherno.

- Avrei dovuto fartelo fare da solo, così sarei stata io l’ultima a ridere -.

- Saresti rimasta incantata dai miei occhi verdone -.

Mi morsi un labbro, non ero certa se ridere o rispondere a tono, optai per colpirli leggermente una spalla, alzando lo sguardo al cielo.

- Ho toccato un nervo scoperto -.

- Ma sta zitto! -.

- Mm, siamo sulla difensiva o sbaglio? -.

Cercai il modo più veloce per farlo capitolare e, dopo una brevissima ispezione, mi buttai sui suoi fianchi. Lui alzò le sopracciglia, però non fece altro.

Non era la reazione che volevo, - Non soffri il solletico? -.

- Era quello che cercavi di fare? Comunque no, non lo soffro -.

Mi bloccai con una mano sul suo fianco e una sulla pancia, poco sotto l’ombelico.

- In realtà sei un robot, giusto? -.

- Non tutti soffrono il solletico -.

- Baggianate -.

- Quindi mi stai dicendo che tu lo soffri? -.

Risposi con il no meno convincente della mia vita, e subito lui passò all’attacco.

Ero estremamente sensibile al solletico, bastava che qualcuno mi sfiorasse i fianchi o le cosce per mettermi in difficoltà.

Sentii delle lacrime minacciare di cadere, cercavo di bloccarlo dalle spalle, ma le braccia di Raffaele erano più lunghe delle mie, perciò mi ritrovai mezza stessa sul muretto con lui a pochi centimetri da me.

Da quella prospettiva gli occhi di Raffaele parevano brillare.

Forse non si era allontanato troppo dalla realtà con la supposizione precedente, quel verde era abbastanza ipnotico.

Ero pronta a chiedere pietà quando ci si parò da vanti una persona. Alzammo gli occhi, era Gennaro.

- Siete scomparsi, mi hanno mandato a cercarvi -.

Ci raddrizzammo entrambi, i volti ancora illuminati – Aspetta ti hanno fatto uscire senza problemi? -.

- Sì -. Disse confuso il mio amico.

- Ma che cavolo! -. Mi alzai e notai che il buttafuori era distratto da uno con la maglia dello staff.

- È attento solo quando cerchiamo di passare noi giustamente -.

- Chi scusa? -. Domandò Genna.

- Nessuno -. Rispose Raffaele, prese me per mano e lui per un braccio trascinandoci nel locale prima che l’omone decidesse di tornare a prestare attenzione ai ragazzi sull’uscio.

Vicino al bancone Diego e Delia ballavano e chiacchieravano.

Ci mettemmo qualche secondo per far capire a tutti il motivo che ci aveva trattenuto all’esterno del locale, dopodiché decidemmo di entrare nel vivo della serata, facendoci strada fino ad arrivare sotto alle casse.

Il Dj era giovane, ma se la cavava bene.

Ci scatenammo tutti assieme, alternando movimenti imbarazzanti a momenti nei quali seguivamo il ritmo senza fare i buffoni.

Ridemmo e ballammo fino a rimanere senza fiato. Quando ci fermammo stava sorgendo il sole.

- Che ore abbiamo fatto? -.

- Fammi controllare -. Mi disse Diego estraendo il cellulare dalla tasca.

Erano le cinque e ventisei e nessuno aveva sonno.

- Ci siamo fatti la chiusura dai, non è andata male come serata -.

- Affatto, ma io non voglio già tornare a casa -.

Ridacchiai - ‘’Già’’? È l’alba Dede -.

- L’ora perfetta per fare colazione, o potremmo andare in spiaggia per vedere il sole che sorge -.

- E morire assiderati -.

Sembrava che i nostri ruoli si fossero invertiti. Per la prima volta da quando ci eravamo conosciute lei era quella che proponeva di fare pazzie e io colei che faceva tornare tutti coi piedi per terra con fare sarcastico.

- Va bene, ma un cornetto non me lo toglie nessuno ora -.

- Ho una certa fame anch’io – Intervenne Gennaro.

- Colazione sia! -.

Diego era pronto ad assecondare i desideri di tutti senza pensarci due volte.

Non riuscivo a decidere se quello era un pregio o un difetto.

Forse assumeva una connotazione positiva per quelli che passavano del tempo con lui, ma a lungo andare dubitavo fosse utile a Diego stesso.

Era anche per questo che Raffaele mi aveva chiesto di badare a lui l’altra sera con Luisa?

Questo era uno degli aspetti della parte influenzabile del riccio?

Però più che influenzabile, l’avrei definito accomodante.

Lasciai perdere quel filone di pensieri quando raggiungemmo l’auto. I veicoli in movimento erano sempre stati più potenti delle ninne nanne per me, infatti mi addormentai.

Quando aprii gli occhi fu a causa del profumo di crema che mi lambiva il naso.

Delia mi sventolava un sacchetto sotto al mento, Lo presi, avevo i movimenti rallentati.

I ragazzi non erano nei paraggi.

Chiesi: - Dove sono tutti?  -.

- Dovevano andare in bagno -.

- Tu sei a posto? -.

Annuì.

- Ti sei divertita stanotte? -.

- Diego è simpatico -.

- Diego sta frequentando Annamaria -.

- Oh, l’avevo dimenticato -.

- È la prima volta che la tua memoria fa cilecca -.

- Che dici, sarà almeno la seconda -.

- Scema -.

Durante la chiacchierata mi ero stesa, e in quel momento la guardavo dal basso, la testa poggiata sulle sue ginocchia.    

- Dede? -.

- Dimmi -. Rispose mentre mi carezzava i capelli con una mano.

- È da prima che accenni a discorsi strani, è per i tuoi? -.

Fece finta di non sentirmi, o forse mi ignorò palesemente.

- Dede -. Ripetei.

Sbuffò – Magari così torneremo alla normalità, se trovo un ragazzo per bene e glielo presento intendo. Gennaro non dovrebbe più fingere a scuola. Anzi potrei chiedere a Ludovico di uscire, non rifiuterebbe -.

- Ma sì, l’unica a fingere a qual punto saresti tu. Certo il nostro compagno vivrebbe una menzogna, in modo inconsapevole per di più. E tu saresti miserabile, ma a chi importano queste cose? Sono solo piccolezze! -.

Non poteva abbassare lo sguardo perché c’ero io, così lo punto fuori dal finestrino.

- Ti manca? -.

- La vita di prima? Sì -.

- No, parlavo di Gabriella -.

- Non voglio parlare di Gabriella -.

- Perché? -.

- Non posso parlare di lei -.

- Perché Delia? -.

- Perché se penso a lei mi si mozza il respiro, e mi bruciano gli occhi. Perché se cedo mi vengono in mente le giornate passate assieme, e i baci rubati di nascosto al mondo -.

Una goccia calda mi colpì una guancia, Delia stava piangendo.

Mi misi dritta e la circondai con le braccia. Non strinsi troppo forte, a farlo ci pensava lei.

Vidi i ragazzi avvicinarsi all’auto, con un veloce cenno del capo dissi loro di tornare indietro, del pubblico era l’ultima cosa necessaria.

Quando si fu calmata le dissi – L’altro giorno ho scambiato due parole con tua mamma -.

- Cosa? Che le hai detto? -.

- Che non sembravi molto felice -.

- E lei? -.

- Vuoi che sia sincera? Si è incazzata, però la cosa sulla quale ha insistito non era tanto il fatto che ti piacciono le ragazze, ma piuttosto la bugia -.

Tirò su col naso.

- Sei seria? -.

- Sì, sembrava davvero dispiaciuta all’idea che tu le avessi mentito per anni -.

- Dispiaciuta -.

- Già -.

- Non capisco -.

Scacciai i capelli che mi penzolavano davanti al viso – Hai mai provato a considerare che tua madre sia più comprensiva del previsto riguardo a certe cose? Voglio dire, sappiamo tutti quanto ci tenga alla religione, ma le parole di Gesù sono anche ‘’ Ama il prossimo tuo come te stesso ‘’ ed è stato Dio a comandare ‘’ Non dire il falso ‘’-.

Continuai - Pretendere che tu menta sulla tua identità e odiarti non sono cose molto Cristiane. -.

- Aspetta un attimo, lei ha smesso di parlarmi dopo aver saputo di Gabriella -.

- Chissà, magari lo ha fatto perché ci è rimasta male. Ha sempre avuto una certa idea di te, idea che tu hai contribuito a costruire. Quando ha scoperto la verità, ha anche scoperto la menzogna -.

- Non può essere così facile -.

- Non deve essere tutto difficile -.

Delia si asciugò le lacrime, qualche riga di mascara le segnava il volto.

- Oggi sono un disastro -.

Le passai uno specchietto che avevo in borsa ed una salvietta struccante, cose che non mi mancavano mai in borsa.

Si aggiustò alla bell’e meglio, poi mi ringraziò.

Le avevo dato una piccola speranza, pregai con tutta me stessa di non aver fatto un danno.

Ci volle ancora un po’ prima che i ragazzi tornassero di nuovo da noi, a quel punto avevamo abbandonato gli argomenti corposi e ci eravamo concertate su cose che potessero distrarci.

Nessuno fece domande, erano ragazzi intelligenti.

A guidare era Raffaele, accompagnò per primo Diego che abitava in provincia.

Poi toccò a Gennaro e a qual punto credetti dovesse lasciare me, invece si diresse a casa di Delia.

Lasciata la mia amica si avviò verso la mia strada.

- Potevi accompagnarmi prima di Dede, ora ti tocca rifare il giro di mezza città -.

- Sopravvivrò… La tua amica sta bene? -.

- Se la caverà anche lei -.

- Anche tu parevi scossa prima -.

- No, è che non mi piace vederla stare male. Gennaro che vi ha detto? -.

- Problemi di cuore, ma non ha specificato -.

- Ha fatto bene -.

- Tanto brutto da non poterne parlare? -.

- Più che altro è una cosa privata -.

- Okay -.

La musica del nuovo album dei Linkin Park era un sottofondo non intrusivo che stimolava il discorso, invece di impedirlo.

- Suggerirmi di venire con voi è stata un’ottima idea. La serata era ciò che serviva -.

- Meglio così -.

- Davvero, Delia ne aveva bisogno, anche se magari dal tuo punto di vista per lei non è stata un successo. E poi anche io mi sono trovata molto bene -.

- Anch’io -.

Imbucò la stradella di casa mia.

- Beh siamo arrivati, direi che mi tocca scendere -.

- Puoi restare per qualche altro minuto, se preferisci -.

Alzai le spalle e mi poggia di nuovo comodamente al sedile, qualche stella si intravedeva anche da lì, nonostante i lampioni accesi.

Restammo così, circondati dalla quiete, a quel punto anche la radio era spenta.

Il silenzio che ci avvolgeva però, non era di quelli pesanti, che vorresti riempiere a qualsiasi costo, al contrario era piacevole, confortante, quasi familiare.

Dovevo aver passato troppo tempo con Raffaele nei giorni precedenti, perché raramente cose come quella accadevano a me.

Margherita Suonabassi era sempre stata una di quelle persone che iniziano a sparare cazzate pur di evitare le pause imbarazzanti. Il fatto che non avessi ancora fatto qualche battuta terribile era la dimostrazione che ormai per me Raffaele era un amico vero e proprio.

Il tepore dell’aria condizionata e la situazione in generale mi avevamo messa tanto ad agio da farmi ritornare sulla soglia del mondo di morfeo.

- Ti va di uscire domani? -. Mi svegliò la voce di Raffaele.

- Sicuro di riuscire a sopportare me e i miei amici per due giorni di fila? -.

- Tutti e tre forse è troppo, ma se sei sola posso cavarmela -.

Lo guardai con gli occhi socchiusi, mi stava chiedendo un appuntamento?

- Avrei giurato di essere quella meno gestibile -.

- Vorrà dire che mi metterò d’impegno -.

Sorrisi – Vedremo se sarai all’altezza -.

 

   
 
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