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Autore: imdreaming_saffo    21/07/2017    1 recensioni
Quando Overwatch si riunisce, dopo la chiamata di Wiston, Lena 'Tracer' Oxton sa che vuole tornare a combattere per il bene e la giustizia. Non sa che le attenderà un futuro che metterà a dura prova la fede in tutto ciò che credeva. Il passato riaffiora insieme ad un nuovo avvenire, con un'inaspettata conoscenza...
[ Widowtracer ]
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Amélie 'Widowmaker' Lacroix, Lena 'Tracer' Oxton, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tracer.

Mi sentivo fossilizzata, come se i miei arti fossero diventati improvvisamente  di pietra. Quanto avevo dormito? Non lo sapevo, sentivo solo quel tipico sapore impastato fra le labbra. Sbattei appena le palpebre, ritrovandomi in una stanza decisamente familiare. Era estremamente pulita, sterilizzata, piena di lettini che però in quel momento erano completamente vuoti. L'infermeria alla base di Overwatch? Ero davvero tornata a casa o tutto quello era solo l'ennesimo sogno? 
Ricordavo poche cose prima del blackout totale: come il dolore provocato dalle scosse di quella macchina mi avesse tolto il fiato, gli occhi gialli di Amèlie che mi guardavano pieni di sofferenza... la consapevolezza di cosa aveva dovuto subire per mano della Talon.... e poi, tutto era diventato troppo da sopportare e avevo perso i sensi.

« Ma buongiorno... » 

Mi voltai di scatto, ritrovandomi la Dottoressa Ziegler che si avvicinava al lettino, dove ero sdraiata, con un foglio fra le mani che stava leggendo, i suoi occhi azzurri scorrevano fra le righe. Quando alla fine mi fu accanto mi regalò uno dei suoi dolci e materni sorrisi. 
Rimasi li a fissarla, sorpresa.

Le sopracciglia bionde del medico si sollevarono confuse e preoccupate, data la mia reazione. « Lena, stai bene? »

Mi piegai sul letto, posando i palmi sul materasso per sollevarmi. 

« Che cosa è successo? Perché sono qui? » chiesi immediatamente, passandomi una mano sulla fronte. Mi girava la testa, ma probabilmente perché mi ero alzata troppo velocemente. 

Angela si appoggiò con una mano alle sbarre ai piedi del letto, rivolgendomi uno sguardo che non riuscii a decifrare. « Abbiamo avuto una soffiata anonima e siamo riusciti a individuarti.  Siamo riusciti poi a fare irruzione nella base della Talon per prelevarti. Tu non ricordi proprio niente? »

Un brivido mi corse lungo la schiena, non avevo proprio voglia di parlare di che cosa ricordavo. Lo sguardo di Amèlie attraverso l'acqua e il vetro...  c'erano lei e Sombra nella stanza dove mi ero trovata, che fine avevano fatto? Amèlie era riuscita a scappare all'incursione di Overwatch?

« Io non capisco... credo di aver perso i sensi prima del vostro arrivo. » mormorai, abbassando lo sguardo. 

La Svizzera s'infilò le mani nelle tasche del camice, avvicinandosi di più a me. « Non ricordi proprio niente, Lena? Sta per arrivare Ana per farti alcune domande su quello che è successo prima di trovarti. »

Sull'accaduto? Cosa era successo mentre ero svenuta? Parlava del Trattamento della Talon? Mi premetti la mano sulla fronte, pensando che forse la stanza stesse iniziando a girare troppo velocemente. « Doc, penso che mi stessero facendo lo stesso lavaggio del cervello che hanno fatto ad Amèlie. Gli agenti non parlavano con me, mi trascinavano solo da una parte all'altra. Solo Amèlie... »

« Widowmaker? Ricordi che cosa è successo con lei? » incalzò immediatamente, inclinando appena il capo di lato.

Se ricordavo che cosa era successo con la donna francese? Dio, ovviamente lo ricordavo, ricordavo tutto. 

Ma perché mi stava  domandando proprio di lei? Sembrava interessata più a lei che alla situazione generale. Erano sulle sue tracce? O... l'avevano catturata? Sollevai le sopracciglia, decisamente preoccupata. « Perché me lo stai chiedendo? Che volete da Amèlie? »

Angela abbassò appena lo sguardo per qualche istante, mordendosi il labbro inferiore. Sapevo bene cosa significava quel gesto, sopratutto perché dopo tutti gli anni che avevo passato a lavorare insieme avevo imparato a conoscerla piuttosto bene. Stava riflettendo e questo non fece altro che turbarmi ancora di più. 
Gli occhi azzurri del medico si puntarono poi un attimo sulla porta, quasi ad assicurarsi che nessuno fosse in ascolto o stesse per entrare. Alla fine, si avvicinò ancor di più a me, abbassando il tono di voce.

« Quando ti abbiamo trovata... le circostanze erano strane. Nel laboratorio gli uomini della Talon sono stati tutti eliminati e non per mano nostra. Amèlie ti teneva stretta fra le braccia... l'abbiamo trovata con una ferita d'arma da fuoco. Supponiamo che ti abbia "protetto" fino al nostro arrivo nella stanza. » 

I miei occhi si spalancarono, confusi e sorpresi da quelle parole. Sentii perfettamente il cuore battermi più veloce nel petto, nella paura.
Se per loro era una supposizione per me era una sicurezza: Amèlie mi aveva salvata. Aveva ucciso i suoi stessi compagni e per difendermi... era stata sparata.

« Dov'è ora, Angela?! Dov'è Amèlie?! » esclamai, saltando giù dal letto a cui mi aggrappai dato che la stanza aveva cominciato a girare vorticosamente, mentre il flash della mia mano che toccava la sua, attraverso il vetro di quella macchina abominevole, mi aleggiava nella mente. Mi aveva salvata.
Le mani della dottoressa si posarono sulle mie braccia, per evitare che cadessi rovinosamente a terra.

« Lena! Devi stare a riposo, ancora non sappiamo le tue condizioni! Amèlie è nel mio laboratorio, l'ho operata e sta bene anche se non ha ancora ripreso conoscenza. » la voce della donna era allarmata, visibilmente preoccupata. 

Io però non avevo tempo per quelle sciocchezze, io stavo benissimo. La scostai da me, guardandomi per un attimo in giro. Il mio accelleratore Temporale era accanto alla porta, sulla base per caricare. 
Mentre mi muovevo verso di esso, sentendo il freddo del pavimento sotto i piedi scalzi, il cuore non faceva altro che battermi così forte da sentirlo nella gola. Dovevo andare da Amèlie, dovevo vederla. 

« Lena... » mormorò la donna Svizzera, ma non mi voltai a guardarla. 

Siccome indossavo il  pigiama da infemeria, fatto da pantalone in tuta che mi arrivava sopra alla caviglia e poi una semplice maglietta bianca, non ci misi molto ad infilarmi e stringere le cinghie dell'accelleratore.

Angela mi corse accanto, parandosi fra me e la porta, sollevando i palmi quasi a tentare di porre una barriera. « Lena, nessuno può entrare nel laboratorio, hanno isolato Amèlie perché non la ritengono sicura. Fareeha e Genji sono di guardia alla porta. Non è una buona idea andarci, credimi. »

Per quanto stesse cercando di farmi ragionare, non m'importava chi mi sarei trovata davanti. Io dovevo vederla, dovevo assicurarmi che stesse bene. Inoltre, con Morrison che aveva quei piani per lei... non potevo lasciare che rimanesse senza protezione. 
Sollevai il mento in direzione della bionda

 « Angela, io devo vederla. » le dissi decisa, dato che volevo tutto tranne che repliche. 

Le passai accanto con passo deciso,  il mio andamento era moderato ma poi, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai a correre e a saettare in lampi blu per i corridoi della base. Non solo avevo fretta di arrivare da lei per controllare le sue condizioni ma c'era qualcosa dentro di me che mi tirava, letteralmente parlando, verso di lei. In quel momento, starle vicino non era diventato un semplice dovere legato alla mia missione di salvarla. Quando svoltai l'angolo e mi ritrovai l'ingresso dei laboratori bloccato da Genji mi fermai, piantando le piante dei piedi sul pavimento. 

Il ragazzo cyborg si voltò verso di me, inclinando il capo di lato. La sua armatura m'impediva di vedere i suoi occhi e quindi anche quel poco di espressione che gli era rimasta dopo l'incidente con il fratello. 
« Lena, ciao. » disse, calmo come suo solito. 

Ma io non ero calma, ero tutto fuorché che calma. Amèlie era oltre quelle porte, incosciente, ferita e in pericolo, in una base dove c'era qualcuno che voleva farle del male. Dovevo andare da lei. 
« Devo passare, Genji. » affermai, avanzando verso la porta.

« Ana ha dato ordini di non far entrare nessuno. » spiegò, spostandosi dal muro su cui era appoggiato per portarsi esattamente davanti l'ingresso. « E credo davvero che dovresti riposare, non hai una bella cera. »

Strinsi i pugni, storcendo appena le labbra. 
Non potevo assalire un mio compagno come un giocatore di rugby, dovevo semplicemente fare quello per cui ero famosa: correre. In un lampo azzurro superai il ninja, ritrovandomi contro la porta a doppia ala, che spinsi con violenza prima di scattare di nuovo avanti nel tempo, per avere la sicurezza di aver posto della distanza fra me e lui.
Sentivo il rimbombare dietro di me dei piedi sul pavimento, mentre mi inseguiva urlando.

« Lena! Fermati! » gridò, ma a me non importava, io volevo solo assicurarmi che Amèlie stesse bene e che nessuno le aveva torto anche un singolo capello. 

Corsi per il corridoio dell'ala adibita ai laboratori come un razzo, dando sfogo ai muscoli delle gambe che erano rimasti addormentati fino a quel momento. Non avevo previsto che, una volta arrivata davanti la porta dove Amèlie era tenuta, Fareeha si mettesse in mezzo. Era esattamente lì davanti, con le braccia conserte, e nel momento esatto in cui mi vide si posò le mani suoi fianchi. Gli occhi dell'egiziana si puntarono sui miei, sollevando un sopracciglio. 

« Sembri agitata. » mi disse semplicemente, prima di spostare lo sguardo su Genji che mi aveva raggiunta. 

Mi voltai appena verso il ragazzo giapponese, cercando di recuperare il fiato che oramai era diventato pensante per la corsa. Il cuore nel petto mi batteva così forte a causa dello sforzo, oltre all'ansia di vedere Amèlie al più presto.
Genji sollevò le braccia e i palmi delle mani, nel caso fosse necessario agguantarmi.

« Lasciatemi vedere Amèlie, vi prego. » dissi loro, come un topo in trappola. Potevo superare Genji e Angela, ma non due abili combattenti nella stessa stanza e questo mi aveva portato ad avere le mani legate. 

Fareeha si appoggiò con la schiena alla porta della stanza, facendo le spallucce. « Gli ordini sono ordini, mi spiace. » 

Incrociai gli occhi dell'egiziana e per un attimo mi rivolse un'occhiata estremamente seria. Per un attimo sembrò studiarmi con attenzione, quasi cercasse di capire qualcosa che non capiva. Ma cosa c'era da capire? Dovevo vedere Amèlie, dovevo...

« Ti prego, Fareeha. Lasciami passare... dai! » la mia voce si alzò di qualche ottava e in un attimo mi ritrovai quasi ad urlare. In quel momento ero con le mani legate, spalle al muro. Genji dietro di me e Fareeha che mi bloccava la strada. 

L'egiziana aggrottò la fronte a quella mia reazione, storcendo appena le labbra. Fu solo un attimo, dato che una voce, soffocata dalla spessa porta, mi chiamò.

« Lena? »

Tutti e tre ci voltammo verso la porta, sorpresi nel sentirla ma solo io scattai immediatamente verso di essa. Amèlie era sveglia, mi aveva chiamata e io dovevo raggiungerla.
Saettai in avanti, pronta a scostare Fareeha anche con violenza se fosse stato necessario. 
L'egiziana mi afferrò per la vita con un braccio, mentre Genji si avventò su di me per bloccarmi le mani dietro la schiena. Iniziai a dibattermi con violenza, scalciando quando la donna mi issò in spalla per allontanarmi da lì.

« Amèlie! Sono qui! Sono qui! Lasciami andare! Lasciatemi andare! » urlai continuando a scalciare e a battere i pugni contro Fareeha. Ma si sapeva, l'egiziana era molto più forte di me, senza contare la sua stazza. 

« Basta così! Fareeha mettila giù, non è un sacco di patate! »

La voce di Ana irruppe in quel caos, zittendomi immediatamente. In tutto quel trambusto non l'avevamo vista arrivare. Dietro di lei, Angela mi osservava preoccupata. 
Come le disse la madre, Fareeha mi mise giù e mi lasciò andare. 
Nell'esatto momento in cui toccai terra saettai verso la porta, con l'eco delle parole dell'anziana che mi seguirono.

« Lasciatele un momento da sole. » aveva detto l'anziana signora, mentre spalancavo la porta e la richiudevo alle mie spalle. 

Non ero stata tante volte nel laboratorio di Angela, sopratutto perché non mi affascinava particolarmente il suo lavoro. Tutto era molto ordinato, come ci si sarebbe aspettato da lei. Mi guardai un attimo intorno, prima di individuare una tenda, che serviva a dividere la stanza. Mi ci avvicinai e lentamente la scostai, trovando il letto di ospedale su cui giaceva la vedova dalla pelle viola. Amèlie non sembrava proprio avere una bella cera, le sue labbra erano secche e il suo volto era estremamente pallido. Dei tubicini le fuoriuscivano dal naso, per permetterle di respirare meglio. Sentivo il lento "bip" della macchina che monitorava i battiti del suo cuore e la sacca di sangue che penzolava per la trasfusione non fu per niente una fantastica vista. 
Ciò che più mi turbò, fu notare che l'avevano legata al letto, mani e piedi, come se fosse una pazza pronta per il manicomio. Aggrottai la fronte, preoccupata, mentre andavo ad incontrare i suoi occhi gialli che in un attimo si legarono ai miei. 

« Che cosa ti hanno fatto... ? » le domandai, mentre lentamente mi avvicinai a lei. 
Essere lì, in quel momento, mi stava dando un enorme sollievo. Ero accanto a lei, ora potevo proteggerla.

« Nulla, cherì. Tu come stai? Sei pallida. » disse, non risponendo affatto alla mia domanda. Sembrava più preoccupata per le mie condizioni che per le sue. 

« Credo che tu sia la quarta persona oggi che le lo dice... » ridacchiai lievemente, facendo un passo verso il lettino, per andarle a prendere una mano. Era fredda e morbida a contatto contro la mia pelle. 
A quel tocco sentii un peso abbandonarmi il petto, facendomi sentire decisamente meglio. 
Aggrottai la fronte, quando notai che aveva calato le palpebre ed anche lei sembrava molto più rilassata rispetto a prima. 

« Che cosa è successo, tesoro? » le chiesi ancora, quasi quella domanda mi sfuggisse dalle labbra.

Amèlie aprì gli occhi, puntandoli di nuovo nei miei. Per un attimo, mi sembrò di vederla di nuovo attraverso il vetro della cella in cui mi avevano rinchiusa.
Fece per parlare ma venne brutalmente interrotta.

« È quello che vorremmo sapere anche noi. » disse Ana, scostando la tenda per entrare nella zona della "convalescenza" di Amèlie. 
Angela era proprio dietro di lei e nel vederla sveglia di affrettò ad avvicinarsi alle macchine a cui era attaccata per controllare come stessero i suoi valori. 

L'anziana Egiziana si accostò al letto, sistemandosi entrambe le mani dietro la schiena. « Credo che entrambe avete molto da raccontarmi. »

A quell'affermazione io e Amèlie ci scambiammo uno sguardo fugace.
   
 
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