Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh! Arc-V
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Autore: tbhhczerwony    21/07/2017    0 recensioni
【remake di «a simple puppet» | sora centric | ebbene sì, finalmente ritorna】
dal prologo:
Qualche giorno prima dell’accaduto, Sora era in casa sua e si stava preparando per uscire. Era già da un po’ di tempo che giravano le notizie sui ragazzi scomparsi, ma stranamente, al ragazzino non importava – anzi, in realtà pensava che non fossero vere, che utilizzavano queste notizie solamente per spaventare i ragazzi della sua età – o anche più grandi – che facevano i ribelli di fronte alle richieste dei genitori o degli adulti in generale.
“A quest’ora, sarebbe già scomparsa mezza città” pensava.
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Sora Shiun’in/ Sora Perse, Yuri /Joeri, Yuya Sakaki, Yuzu Hiraghi/Zuzu Boyle
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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original art by: 浅間 

 
— Lati positivi



Sora era disteso su una brandina abbastanza mal andata, quasi arrugginita. Come quando era all’interno del camion, aveva i capelli sciolti, ma indossava dei pantaloni e una maglietta di due taglie più grandi della sua naturale. Era ancora privo di sensi, ma si sentiva comunque il respiro soffocare. Quel posto era la reliquia di una pigione: uno scienziato aveva trasformato l’ufficio delle guardie in un laboratorio, nelle celle ci teneva delle cavie, tutte quante numerate; queste cavie erano principalmente dei ragazzi dai dieci ai quindici anni.
E a proposito di quest’ultima fascia d’età, il compagno di cella di Sora era proprio un ragazzo di quindici anni, dalla capigliatura abbastanza bizzarra: dei ciuffi che ricordavano quasi la forma di un coniglio, di colore viola; sotto il viola c’erano anche alcune ciocche di colore rosa. Questo ragazzo aveva varie cuciture sul corpo, ferite profonde, alcune chiuse dalle cicatrici e altre ancora dovevano rimarginarsi. Si vedeva dallo sguardo che non ce la faceva più a stare chiuso in quella cella, ad assistere ad altre vittime e quant’altro.
Stava guardando Sora che, nel frattempo, stava ancora coricato nella brandina privo di sensi. Entrò una folata d’aria fredda e dato che le finestre non avevano né portiere né tende – in realtà, più che finestre erano dei miseri buchi con sbarre – decise di svegliarlo.
«Ehi» gli disse, avvicinandosi e sedendosi nella brandina a fianco a lui, scuotendolo leggermente, «Ti conviene svegliarti, se non vuoi morire di freddo».
Ma il ragazzino non si svegliò, non si accorse minimamente delle parole del ragazzo, non le sentiva proprio. Sospirò, tappandogli il naso con le dita della mano sinistra. Sora, non riuscendo totalmente a respirare, si svegliò di soprassalto e con le lacrime agli occhi, nello stesso momento il ragazzo gli tolse le dita dalle narici.
«Ben svegliato» gli disse, ridacchiando.
Shiunin si accorse di essere in un posto completamente diverso, più freddo dell’interno del camion. Si guardò in giro e notò di essere dentro una cella e, davanti e a fianco alla sua ce n’erano tante altre. Ma la cosa che lo fece indispettire non era tanto il posto in cui si trovava in quel momento, ma il modo in cui il suo compagno di cella lo aveva svegliato. Si voltò verso di lui e assottigliò gli occhi, «E tu chi sei? Perché mi hai svegliato in questo modo barbaro?».
Quello si trattenne da dargli una sonora risata come risposta, «Scusa, amico, ma non potevo fare altro, dato che eri svenuto. Comunque sia, il mio nome è Yuri.» e accennò un sorriso, «E tu, sei…?».
«Shiunin. Sora Shiunin» gli rispose, «Ma ora… m-mi spieghi che posto è questo?» qualche secondo dopo aver fatto la domanda, notò le cuciture e le cicatrici nel corpo di Yuri, «E che cosa ti sei fatto...?».
«Io?» chiese il viola, guardandosi le varie ferite. Il sorriso si cancellò dal suo volto, «Queste non me le sono fatte da solo. Anzi, magari me le fossi fatto…» sospirò, «Tu non lo sai, sei appena arrivato: in questo posto c’è uno scienziato di nome Akaba Reiji che conduce degli esperimenti su noi esseri umani, ma non so perché la preda siamo proprio noi giovani».
Sora non riusciva a capire, «Aspetta, pensavo che vi rapissero solamente, perché sei pieno di ferite?» domandò quindi di nuovo, confuso.
«Lasciami spiegare» Yuri si voltò verso di lui, «Come ho già detto, questo scienziato conduce degli esperimenti su di noi e non so perché siamo proprio noi giovani la preda. Questo Akaba Reiji vuole provare a fare degli ibridi tra esseri umani e animali. Ci ha provato e ci sta ancora provando e, gli esperimenti falliti vengono scartati. Con “scartati” intendo ovviamente “uccisi”.» fece una pausa, guardando ancora le sue ferite, «Con me fortunatamente non ha ancora fatto nulla, ma non è escluso che un giorno mi prenda e mi inserisca qualche parte del corpo di un animale».
Il ragazzino dai capelli turchesi spalancò leggermente gli occhi al suo racconto, «In pratica lui uccide gli animali per dare a noi delle sembianze… di ibridi?».
Yuri annuì, «Esatto. Spero davvero che tu non possa provare la nostra stessa sensazione… ma ormai è inutile sperare, è toccato a tutti, e toccherà anche a te, prima o poi» sospirò di nuovo, «E poi… qui se non c’è almeno un po’ di vento che passa da quei buchi non c’è aria.» si guardò ancora le ferite, «Nonostante tutto però, sono curioso di sapere in cosa mi trasformerà».
Sora inarcò un sopracciglio, rimanendo leggermente scosso dalle sue parole. Come faceva a stare così tranquillo dopo tutto quello che stava subendo là dentro? Anche se in effetti, pensò, forse era proprio perché Yuri ci stava da più tempo che riusciva a sopportare tutto, o almeno, quasi tutto. Dopo la spiegazione e la brevissima chiacchierata, i due rimasero in silenzio. Shiunin rimase solo poco dopo imbarazzato alla vista di quel ragazzo – tra l’altro più grande di lui – nel suo stesso letto, seduto a fianco a lui. Ma si sapeva, in prigione poteva succedere di tutto, anche se si era cavie di uno scienziato pazzo come quell’Akaba Reiji.
«Di’ un po’» riprese la parola il turchese, «Ma oltre a quel scienziato, c’è qualche dipendente?» chiese, iniziando  a incuriosirsi sulla faccenda. Visto che doveva stare lì per un po’, voleva sapere almeno un minimo di ciò che stava là dentro.
Yuri incrociò le braccia al petto, voltandosi verso l’esterno della loro cella, «L’unico dipendente che ha è suo fratello minore, si chiama Reira e ha undici anni» dopo la risposta si voltò verso il ragazzino, «Giusto per curiosità, tu quanti anni hai?».
Sora non riuscì a rispondere subito, esitò leggermente a quella domanda, «Ho u-undici anni» balbettò, un po’ titubante, stringendo tra le mani il lenzuolo del letto, «E tu, invece?».
Il viola ridacchiò, socchiudendo gli occhi e guardando in basso, giocherellando con i suoi pantaloncini leggermente strappati, «Ho quindici anni».
 
Di notte fonda, un uomo stava lavorando al computer. Nello schermo c’erano vari numeri e codici, anche calcoli e formule. Dopo aver consultato la lavagna davanti alla scrivania, dove c’erano segnati i nomi e i cognomi dei ragazzini e ragazzi imprigionati, andò nella lista digitale al computer. Non aveva segnato l’ultimo arrivato: Shiunin Sora.
Non lo conosceva, tantomeno di vista. Sapeva solamente che lui era adatto per il suo programma “FISH” segnato a caratteri cubitali proprio in quella lavagna bianca con scritte di colori blu, nero, rosso e verde. Dopo averlo visto solo una volta, si ricordò già bene com’era fatto. Ma il resto dei dati lo cercò nella scheda scolastica.
Data di nascita: 24 maggio 2168
Quel giorno era il due dicembre del 2180, quel ragazzino non aveva neanche compiuto dodici anni e frequentava già la prima media. Chissà, forse la madre l’aveva voluto mandare volontariamente un anno prima. Ricordandosi l’aspetto fisico del ragazzino, cercò di riprodurre il suo corpo nudo e i suoi lunghi capelli. Gli rimosse le gambe, disegnando invece una coda di pesce. Non sapeva che pesce pescare, voleva solo fare un bozzetto in quel momento, giusto per avere l’idea già in testa.
Per analizzarlo meglio, decise di uscire dal suo personale ufficio e andare a vedere personalmente la suddetta cavia alla sua cella, tramite le sbarre alte che c’erano nella porta di ferro. Il ragazzino dai lunghi capelli lisci e turchesi dormiva, abbastanza tremolante, dato che c’erano forti spifferi freddi che entravano sia dal grande buco che non meriterebbe di essere chiamato “finestra” e le sbarre da cui lo scienziato stava guardando all’interno della cella.
In effetti, quell’aspetto da ipotetico tritone non ci stava poi così male nel nuovo arrivato, pensava lo scienziato. Ghignò tra sé e sé, ritornando verso il suo ufficio.
 
Solo la mattina dopo Sora si rese conto di esser stato osservato nella notte. Si ricordò vagamente lo strano sogno che aveva fatto: nel sogno, si trovava in camera sua e, da lontano, un’ombra alta e con degli occhiali dalle lenti molto luminose lo osservavano. Riusciva a vedere anche il sorriso malefico dipinto nel volto dell’ombra oscura che lo osservava.
Ricordandosi quell’incubo – perché sì, in effetti non era nemmeno considerabile un sogno vero e proprio – rimase a fissare il muro, stringendo tra le mani il lenzuolo con il quale si copriva le gambe, completamente inespressivo. Yuri, che si svegliò qualche secondo dopo di lui, lo guardò con espressione perplessa, si alzò dal suo letto e si avvicinò al ragazzino, passandogli una mano davanti agli occhi e schioccando le dita.
Si ricordò dopo tanti tentativi come lo aveva svegliato la sera prima quando era appena arrivato, così ci riprovò: gli tappò il naso con le dita e il ragazzino, finalmente, riuscì a voltarsi verso di lui e a guardarlo male, proprio come il giorno prima.
«Lo sapevo, è proprio l’unico modo per svegliarti persino quando non stai dormendo» ridacchiò, «Comunque, buongiorno».
Anche se era già passato un giorno, era come se ci stesse facendo l’abitudine a stare in stanza con lui. Forse si stava affezionando troppo in fretta— ma no, non poteva essere. Scosse leggermente la testa e ricambiò il buongiorno al ragazzo, rimanendo con la stessa aria pensierosa di poco prima.
«Ieri notte… qualcuno ci osservava, è così?» domandò improvvisamente il turchese, abbassando lo sguardo.
Yuri annuì, «In realtà penso che Akaba stesse osservando solo te» scrollò le spalle, «Fa così con tutti i nuovi arrivati: deve vedere con quale aspetto stai meglio, sicuramente sta già scegliendo in che animale tramutarti».
Sora si voltò verso di lui sgranando leggermente gli occhi, spaventato, «N-non… non voglio essere tramutato in un animale…!».
«Lui non ascolta il nostro volere.» il ragazzo sospirò, «Forse c’è bisogno che ti spieghi meglio come funziona questo posto» e iniziò a spiegare: «Quando vieni portato qui, vieni privato di ogni cosa che tu vuoi. Per esempio: quando vieni rapito hai un cellulare o un videogioco in tasca? Beh, lui te li sequestra, lasciandoli sopra la sua scrivania. Ti spoglia totalmente e, dopo averti controllato, ti mette dei vestiti vecchi che lui non usa più, oppure dei vestiti che non usa suo fratello. Ti assegna un numero, te lo scrive in rosso in una parte del corpo e ti inserisce in una cella insieme a qualcun altro: ad esempio, tu adesso sei qui con me. Dopo tutto questo, lui comincia a farti delle analisi, vuole vedere il tuo nome di battesimo, la tua data di nascita, il gruppo sanguigno e quant’altro, e infine ti assegna un animale» fece una pausa, ricordandosi di qualcos’altro, «E non è tutto. Ci dà tre pasti al giorno, ma sono molto limitati, per questo motivo è come se stessimo tutti facendo una dieta rigida. Hai presente quelle ragazze che dicono di non voler mangiare per giorni solo per dimagrire?» Sora annuì, «Ecco, lui fa lo stesso per noi. Le docce invece sono ghiacciate e piene di acqua ossigenata» Yuri si mise a ridere, «Mi chiedo a cosa serva, visto che continua a farci subire le pene dell’Inferno con i suoi tagli e le sue prove».
Il turchese rimase abbastanza angosciato dalle parole del ragazzo più grande, non pensava che esistesse una mente così malvagia, spietata e insana come quella di Akaba Reiji. Ma si ricordò di una cosa a lui abbastanza importante: da che parte del suo corpo era segnato il numero? Si alzò per un momento la maglietta, provando a vedere se era nel petto, o si alzò le maniche, provando a vedere se era in una delle braccia.
«Cos’è, sei curioso di sapere il tuo numero?» ridacchiò Yuri, mentre lo vedeva dimenarsi a cercarlo.
«Sì, mi aiuti?».
Era tutto molto imbarazzante, o almeno, lo era per Sora. Yuri non gli alzò la maglietta come fece il ragazzino prima, ma gliela sfilò direttamente e guardò attentamente in tutta la parte del torace, della schiena – spostandogli naturalmente la lunga chioma di capelli che scendeva – e le braccia, ma niente numero. Allora gli sfilò i pantaloni e, il numero assegnato era scritto nel ginocchio destro.
«Centododici…» mormorò tra sé e sé.
In quello stesso momento si sentì un urlo agghiacciante, quasi disumano. Yuri socchiuse gli occhi, pensando che lo scienziato stava già cominciando di prima mattina a fare qualche esperimento. Sperava solamente che quel giorno non toccasse né a lui né al compagno. Sora invece, cercando di non tremare dalla paura, indossò nuovamente la maglietta e i pantaloni.
«Y-yuri… ho paura…» ammise poco dopo, stringendogli le mani. Yuri, vedendo la situazione, sciolse la stretta delle mani e lo abbracciò, cercando di rassicurarlo. Il ragazzino si lasciò prendere tra le sue braccia, e affondò il volto al suo petto. Era più piccolo, perciò andava consolato molto più di quanto ne avesse bisogno lui stesso. Perché in fondo, anche lui aveva paura.
In realtà, fin dal primo istante che era stato portato lì ne aveva. Aveva sempre avuto paura di quel posto, dello scienziato e finì anche di aver paura di tutto ciò a lui sconosciuto. Le uniche persone di cui si poteva fidare erano i prigionieri tenuti lì, e insieme a loro anche di Sora; povero lui, pensava, ma non era solo, ce n’erano altri della sua età. Lui invece era l’unico quindicenne rimasto. Non c’era alcun coetaneo, tutti i quattordicenni e i quindicenni erano già stati uccisi, o come avrebbe detto Akaba Reiji, solamente scartati.
«Sora, noi usciremo da qui» si lasciò uscire dalle proprie labbra, senza neanche pensarci. Da quanto tempo lo voleva dire, da quanto, e solo in quel momento riuscì a dirlo.
Sora alzò lo sguardo, era un po’ spaventato da ciò che aveva detto il ragazzo. Scappare, in quel momento? Certo, in effetti era il momento migliore perché lo scienziato era impegnato su altro, ma se il fratello Reira li avesse scoperti, cosa sarebbe accaduto?
Yuri conosceva bene sé stesso, agiva senza saperne le conseguenze. Sorrise e accarezzò lievemente i capelli turchesi del ragazzino, «Tu non preoccuparti. Ho un piano» mormorò.
 
Yuya guardò il suo cellulare, più precisamente il registro chiamate. In effetti, era da due giorni che Sora non lo stava chiamando. Ed era molto strano, dato che di solito lo chiamava molto frequentemente. Iniziò anche lui a preoccuparsi, come Yuzu.
In effetti, l’ultima chiamata la ebbe con quest’ultima: gli raccontò che la madre di Sora aveva detto che non vedeva il figlio da molto, che non era tornato a casa e che non rispondeva alle chiamate. Cominciò a pensarla come Yuzu, che forse lo avevano preso.
«Yuya, siamo in serio pericolo, tutti quanti»
Gli risuonò in testa la voce della ragazza. Si alzò dal divano e corse fuori casa, dirigendosi poco lontano da lì, dove viveva Yuzu, appunto. Era arrivato correndo, perciò ansimava dalla stanchezza. Non appena Hiragi aprì la porta, Sakaki le sorrise.
«Sono contento di vederti»
Lei arrossì appena e gli sorrise, «T-ti serve qualcosa?» domandò, abbassando leggermente lo sguardo.
«No, sono solo venuto qui per vederti».
Era un po’ strano sentirlo parlare così. Yuzu ridacchiò, mentre le sue guance divennero più rosse, «Sono contenta anch’io, allora».
 
Alle tre del mattino, il piano architettato da Yuri iniziò. Chiamò Reira da lontano, e quello si avvicinò. Non parlò molto animatamente con lui, dato che non c’era molto da dire, anzi, in realtà c’era molta fretta. Reira acconsentì il piano di fuga dei due, ma in cambio voleva andarci anche lui insieme a loro; naturalmente non c’era altro da fare che accettare.
Il ragazzino controllò che il fratello fosse impegnato il più possibile. In effetti lo era, dato che stava ancora controllando i dati dei prigionieri attuali. Con cautela, prese le chiavi delle celle dalla tasca del camice appeso al muro e uscì dall’ufficio, dirigendosi verso la cella di Sora e Yuri.
Cercò velocemente la chiave della cella e, trovandola, aprì la porta di metallo. Successivamente i tre uscirono dall’edificio e, Sora lo guardò un’ultima volta mentre correva. Sembrava quasi un edificio abbandonato, ma purtroppo non lo era.
Si fermarono in un parco poco lontano da lì e si sedettero sul marciapiede, ansimanti per la corsa fatta.
«Ora voglio sapere perché anche tu sei venuto con noi» disse Yuri, «Insomma, so che è malvagio, ma è tuo fratello, potevi almeno parlargli e dirgli qualcosa a caso prima di andartene».
Reira assottigliò leggermente gli occhi, «Lui mi conosce bene» mormorò, «Se avessi detto qualcosa, l’avrebbe capito subito» e sospirò, «Volevo far uscire anche altri ragazzi, ma non ho fatto in tempo a dire nulla, mi hai parlato di questo troppo tardi, e ora dobbiamo stare svegli per tutto il resto della notte perché siamo ancora troppo vicini a quella prigione, se ci trovassero saremmo tutti e tre spacciati».
Sora aveva quasi le lacrime agli occhi, ma riuscì comunque a tirare su un sorriso, «Guardate il lato positivo» disse, «Vedremo l’alba insieme».
Yuri e Reira lo guardarono inizialmente straniti, ma poi il primo ricambiò il sorriso. Sì, gliel’aveva insegnato Yuya a diffondere il sorriso anche quando c’era una situazione molto critica. “Se ti senti giù, tu sorridi lo stesso e vedi il lato positivo delle cose” gli risuonò in testa.
 
Verso le dieci del mattino Yuzu stava facendo il tragitto per tornare a casa con in mano delle buste della spesa. Aveva ancora quell’aria cupa e preoccupata, ma cercava di pensare al fatto che, forse anche Yuya provava gli stessi sentimenti per lei. Altrimenti, perché le avrebbe detto “volevo solo vederti”?
Certo, capì anche per il fatto che era preoccupato, ma in fondo, ci poteva essere anche un altro motivo in più oltre la preoccupazione. E Yuya sapeva che se diceva qualcosa per consolarla, lei s’imbarazzava come niente. Ma a lui piaceva così.
Si sentì picchiettare leggermente la schiena da qualcuno, e i suoi pensieri svanirono all’istante. Davanti a sé, subito dopo, si mostrò proprio Sora, con ancora quel suo aspetto con capelli sciolti e vestiti larghi dalla prigione.
A lei scese una lacrima solitaria, lasciò cadere le buste della spesa a terra e abbracciò il ragazzino, cominciando a piangere. Aveva ragione Yuya, Sora sarebbe tornato di sicuro, in un batter d’occhio.

 

Ehilà! Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo.
Chi avrà letto lo scritto originale saprà che ho modificato un po' di cose da come le avevo scritte un po' di tempo fa (anzi, quell'ultimo capitolo farà tre anni il 19 agosto! Caspita!) ebbene, ho voluto modificare il fatto che c'erano presenti alla fuga anche i piccoli Tatsuya, Ayu e Futoshi: per il semplice motivo che mi sembrava abbastanza inverosimile far fuggire tante persone, conoscendo Yuri in questa storia, forse avrebbe voluto salvare anche altre persone, ma non vorrei fare spoiler su altro che ho in mente di scrivere. Invece in quanto a Yuya e Yuzu, non ce li sto mettendo così a caso, anche loro avranno un ruolo importante nella storia, ma non vi dico quale, perché son sicuro che potrebbe essere abbastanza intuibile, detto così. (?)
Ho voluto inserire la stessa timeline di ARC-V, per questo motivo Sora è nato nel 2168 e l'anno attuale della storia è il 2180. Perché se fosse stato il 2015, sarebbe stata la stessa timeline quasi post-GX e in teoria i personaggi non sono ancora nati. E qui tutti i personaggi passati apparsi in ARC-V sono morti, quindi magari inserirò qualche personaggio loro parente. (perché comunque non è l'universo di ARC-V, ricordo, ma un AU).
Quindi, ditemi un po', cosa ne pensate di questo cambio di idee? Le ho strutturate così in modo tale anche da dare una conclusione diversa da come la volevo dare tre anni fa (che sinceramente, non mi era piaciuta, in quanto non aveva affatto senso) e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!
E il banner... l'ho editato così a caso, e adoro l'effetto 3D che mi è uscito. Tutti i crediti della fan art vanno al rispettivo autore. (non chiedetemi perché qualche volta disegno e qualche volta uso ciò che trovo, sono così)
czerwony

 
   
 
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